Guglielmo Loy: comunicato Stampa del 19/11/2015
Legge di Stabilità: audizione Camera e Senato
Legge di Stabilità: audizione Camera e Senato
19/11/2015  | Economia.  

 

 

LEGGE DI STABILITA’ 2016
 
 
AUDIZIONE
 
 
 
 
TESTO DEL DOCUMENTO DI OSSERVAZIONI DELLA UIL PRESENTATO ALLE COMMISSIONI BILANCIO DEL SENATO DELLA REPUBBLICA E DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
 
 
 
 
Guglielmo Loy e Domenico Proietti – Segreteria Confederale UIL
 
 
 
 
 
                                                                                                                  Roma 2 Novembre 2015
 
 
 
 
 
Diamo atto al Governo di aver varato, per il secondo anno consecutivo, una Legge di Stabilità espansiva, cioè un provvedimento abbandona la logica del rigore dei conti a tutti i costi.
 
 
Ma proprio perché è questa una Legge di Stabilità di stampo espansivo in essa troviamo luci e ombre.
 
 
Più ombre che luci in quanto non ci sono quei provvedimenti mirati alla crescita economica.
 
 
Più ombre che luci per quello che contiene e, soprattutto, per quello che non è previsto (riforma Fornero e Sud).
 
 
È un provvedimento privo di una visione strategica di medio periodo, in grado di rafforzare e indirizzare i timidi di segnali di uscita dalla regressione.
 
 
Infatti se si analizzano nel dettaglio le varie misure, a nostro parere, esse sono una sommatoria di piccoli interventi, che non scontentano nessuno, ma neppure accontentano tutti.
 
 
Diceva un noto politico qualche anno fa: “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.
 
 
Ecco non vorremmo pensar male ma, a nostro avviso, siamo in presenza di una Legge di Stabilità di stampo, se non elettoralistico, con un respiro a breve tempo.
 
 
Nel merito, tutto ruota intorno alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, all’abolizione delle tasse sulla prima casa e a tagli di spesa insufficienti, sbagliati e lineari.
 
 
Nel dettaglio, l'aspetto più negativo è il finanziamento, risibile, per il rinnovo dei contratti dei lavoratori del pubblico impiego: i 300 milioni stanziati per il 2016 equivalgono a un incremento di soli 8 euro mensili lordi.
 
 
Questa scelta è in palese violazione della sentenza della Corte costituzionale che ha prescritto la necessità di rinnovare i contratti già a partire dal 2015.
 
 
Quel che è più grave, però, è che emerge un'indicazione regressiva: uno Stato che non si preoccupa dei propri lavoratori è uno Stato che non crede nel lavoro dei propri dipendenti.
 
 
I dipendenti pubblici hanno pagato un tributo salato all’obiettivo della stabilizzazione dei conti pubblici, mentre le retribuzioni nel settore manifatturiero e dei servizi, nonostante la crisi hanno continuato a crescere, anche se parzialmente, le retribuzioni pro capite nel pubblico impiego sono diminuite quasi del 10%.
 
 
 
 
>>Nel link sottostante lo studio in pdf