2,3 milioni di stranieri lavorano regolarmente. 466 mila risultano disoccupati. A causa della crisi non rinnovati quasi 155 mila permessi di soggiorno. Gli stranieri versano allo Stato (16,6 miliardi di euro), più di quanto ricevono in spese e servizi (13,5 miliardi di euro). Contribuiscono per l’8,8% del PIL. Tasso di devianza tra gli stranieri in forte diminuzione.
Roma, 30 ottobre 2015 - Secondo l’Istat gli occupati stranieri nel 2014 sono risultati 2.294.000 (1.238.000 uomini e 1.056.000 donne), più di un decimo degli occupati complessivi (10,3%), con un tasso di occupazione nuovamente in leggero aumento. Tuttavia in 6 anni, a partire dal 2008, i lavoratori stranieri sono stati quelli che hanno subito maggiormente la crisi e il loro tasso di occupazione ha perso nel complesso 8,5 punti percentuali, a fronte di un calo, tra gli italiani, di 2,7 punti percentuali. Nel 2014 tra gli stranieri i disoccupati ammontano a 466.000, il tasso di occupazione è del 58,5% (55,4% tra gli italiani) e il tasso di disoccupazione del 16,9% (12,2% tra gli italiani).
Vanno anche segnalati 13.108 cittadini non comunitari con disabilità iscritti agli elenchi provinciali del collocamento obbligatorio, l’1,9% degli iscritti complessivi (dato al 31 dicembre 2013).
Per effetto della crisi, e della conseguente disoccupazione, sono stati 154.686 i permessi di soggiorno, in prevalenza per motivi di lavoro e di famiglia, che, giunti a scadenza, non sono stati rinnovati, con il conseguente obbligo, per gli interessati, di lasciare l’Italia (+6,2% rispetto al 2013). In agricoltura, uno dei settori maggiormente esposti a sfruttamento, nel 2014 i lavoratori nati all’estero (tra cui è incluso un certo numero di italiani di ritorno) sono stati 327.495. Di questi e degli altri lavoratori si occupano sempre più anche i sindacati, con un numero di iscritti stranieri pari a 1.092.615 tra Cgil, Cisl, Uil e Sei-Ugl. Si tratta del 7,7% degli iscritti complessivi, ma l’incidenza sale al 12,9% se si guarda ai soli lavoratori attivi.
Secondo una stima riportata nel Dossier, le entrate fiscali e previdenziali ricollegabili ai lavoratori immigrati sono state nel 2013 pari a 16,6 miliardi di euro, mentre il totale delle uscite sostenute nei loro confronti è stato di 13,5 miliardi (saldo positivo di 3,1 miliardi di euro). Peraltro, nel 2013 il contributo al Pil nazionale assicurato dagli occupati stranieri è stato di 123.072 milioni di euro (l’8,8% del totale). In particolare, essi versano in media tra i 7-8 miliardi di contributi l’anno ma, non riuscendo tutti a maturare il diritto alla pensione, l’Inps ha stimato che abbiano lasciato nelle casse previdenziali oltre 3 miliardi di euro improduttivi di prestazioni.
Attualmente, i cittadini non comunitari beneficiari di pensioni previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti sono 35.740 (lo 0,2% di tutti i beneficiari), mentre i titolari di pensioni assistenziali sono 51.361 (l’1,4% del totale).
A livello abitativo, la morosità incolpevole ha motivato nel 2014 circa il 90% delle richieste di sfratto in Italia, coinvolgendo molte famiglie immigrate. I costi d’affitto nelle aree metropolitane, dove gli immigrati sono più numerosi, risultano decisamente più alti e superano il livello considerato “oneroso” (la soglia del 30% del reddito). Molti capifamiglia stranieri hanno trovato un rimedio alle peggiorate condizioni di vita nel rimandare temporaneamente la moglie e i figli nel paese di origine. D’altra parte, complici la crisi occupazionale e le restrizioni nella concessione dei mutui, l’affitto resta la scelta maggioritaria da parte delle famiglie di immigrati (62,8%), seguito dall’acquisto dell’abitazione (19,1%), a cui si aggiunge un 9,8% di persone in coabitazione con parenti o altri connazionali e un 8,3% dimorante presso il luogo di lavoro (Osservatorio nazionale Immigrati e casa - IX Rapporto).
È comprensibile che gli immigrati partecipino numerosi ai bandi per l’assegnazione di alloggi pubblici (arrivando spesso a rappresentare il 50% delle domande), ma la percentuale di alloggi effettivamente assegnati loro è, quasi sempre, inferiore alla loro incidenza sulla popolazione.
Sul versante della multireligiosità, secondo la stima elaborata dal Dossier che fa riferimento agli stranieri residenti in Italia a fine 2014, i cristiani sono quasi 2 milioni e 700mila (il 53,8% del totale, con prevalenza degli ortodossi), i musulmani più di 1 milione e 600mila (32,2%), i fedeli di religioni orientali (induisti, buddhisti, sikh e altri) più di 330mila, gli ebrei circa 7.000, i seguaci di religioni tradizionali 55mila, gli appartenenti a gruppi religiosi più difficilmente classificabili 84mila, mentre ammontano a 221mila gli atei e gli agnostici. Un panorama multireligioso estremamente articolato, ma che non trova ancora un adeguato riconoscimento in un contesto giuridico di cui da tempo si auspica un perfezionamento.
Degna di rilievo è anche la constatazione che nel periodo 2004-2013 le denunce penali con autori noti sono passate da 692.000 a circa 897.000; ma mentre quelle verso italiani, a fronte di una popolazione in leggera diminuzione, sono aumentate da 513.618 a 657.443 (+28,0%), quelle a carico di stranieri, a fronte di una popolazione più che raddoppiata, sono diminuite da 255.304 a 239.701 (-6,2%). Al 30 giugno 2015 i detenuti nelle 198 carceri italiane sono stati 52.754, di cui 17.207 stranieri, ovvero il 32,6% del totale, quattro punti percentuali in meno rispetto a cinque anni fa: nel contesto di una decrescita della popolazione detenuta, gli stranieri sono diminuiti in misura maggiore rispetto agli italiani.