Ginevra, 01 luglio 2015 - Dopo due anni di lunghe e difficili discussioni, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha adottato un nuovo standard internazionale che aiuterà milioni di lavoratori e imprese ad uscire dalla trappola dell’economia informale. La Raccomandazione per una transizione da una economia informale ad una economia formale è stata adottata dai Costituenti dell’ILO – governi, organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori - con 484 voti a favore, uno contrario e 5 astensioni, nel corso della 104ma sessione della Conferenza Internazionale del lavoro, conclusasi il 13 giugno.
“E’ il primo strumento internazionale” ha affermato Azita Berar Awad, Direttore del Dipartimento occupazione dell’ILO, “che copre l'economia informale in maniera olistica in quanto comprende i lavoratori salariati, le piccole imprese, gli imprenditori e i lavoratori autonomi”. Benché non sia uno strumento giuridico vincolante, essa fornisce strategie e orientamenti sulle politiche che possono facilitare la transizione, prevenire l’informalizzazione dell’occupazione formale e creare posti di lavoro dignitoso nell’economia formale.
Il 50 % della forza lavoro globale, il 91% delle PMI e un numero ancor più elevato di microimprese producono nell’ombra dell’informalità che si estende a tutti i settori economici e colpisce le donne in modo particolare, ma anche giovani, anziani, disabili e migranti. La maggioranza di queste persone non ha scelta a causa della mancanza di opportunità nell’economia formale e vengono spinti dalla loro condizione di necessità verso un mercato del lavoro parallelo fatto di soprusi, paghe miserevoli, orari di lavoro estenuanti dal quale difficilmente riescono ad uscire da soli. Lavorare nell’informalità significa non vedere riconosciuti i propri diritti, non avere opportunità di lavoro dignitoso, assenza di protezione sociale, niente dialogo sociale, bassa produttività e concorrenza sleale. In poche parole, essa rappresenta un ostacolo invalicabile alla creazione di opportunità di lavoro dignitoso, allo sviluppo di imprese sostenibili e, in ultima analisi, alla realizzazione dell’obiettivo del lavoro dignitoso per tutti nel contesto dell’agenda di sviluppo Post-2015.
E’ evidente quindi la necessità avvertita dai costituenti dell’ILO di promuovere uno strumento giuridico di riferimento che potesse indicare la strada verso politiche e misure volte a facilitare la transizione da una economia informale ad una formale. “La nuova Raccomandazione è un importante passo in avanti che porterà l’economia grigia fuori dall’ombra” ha dichiarato Virgilio Seafield, presidente della Commissione sulla transizione dall'economia informale all'economia formale della Conferenza Internazionale del Lavoro e Direttore Generale del Ministero del lavoro del Sud Africa.
Nelle regioni in via di sviluppo, l’economia informale predomina nei mercati del lavoro e rappresenta di fatto un freno per lo sviluppo sostenibile di molti paesi. Nel corso della discussione, il rappresentante del Governo dello Zimbabwe, parlando a nome del gruppo dell’Africa, ha sottolineato l’importanza di questo strumento per i paesi africani dove l’economia informale rappresenta l’80 %, concentrata perlopiù nel settore dell’agricoltura. Informalità vuol dire anche nessuna protezione sociale come è il caso del Sudan dove al 88% dei lavoratori è negata qualsiasi forma di protezione come la pensione, la copertura sanitaria o il congedo di maternità, nessun sussidio in caso di perdita del lavoro o infortunio. L’informalità è dunque negazione dei diritti più basilari.
In India, l’83% della forza lavoro, che rappresenta il 50% del PIL, si trova nell’economia informale. In Indonesia il 65%, perlopiù nel settore agricolo e delle costruzioni. Anche in molti paesi del Sud America l’economia informale è presente in maniera significativa, come nel caso della Colombia dove quasi il 50 % della manodopera lavora nel sommerso.
Il rappresentante lettone, intervenuto a nome dell’UE, ha fatto notare come l’informalità sia una realtà anche nei paesi UE dove il lavoro sommerso rappresenta il 18,3 % del PIL europeo. Un’indagine Eurobarometro del 2014, rivela che circa un cittadino europeo su dieci (11%) ha acquistato nell'anno precedente beni o servizi ottenuti da lavoro sommerso, mentre il 4% ammette di aver ricevuto personalmente pagamenti in nero come corrispettivo per lavori svolti. Inoltre una persona su trenta (3%) è stata pagata parzialmente in contanti ("fuori busta") dal proprio datore di lavoro. Il 60% indica come ragione principale dell'acquisto di beni o servizi ottenuti da lavoro sommerso il minor livello dei prezzi. Il 50% indica come motivo principale del lavoro sommerso i vantaggi per entrambe le parti, il 21% invoca la difficoltà di trovare un lavoro regolare, il 16% la percezione che le tasse siano troppo alte e il 15% l'assenza di altri redditi. Gli europei dei Paesi meridionali indicano con maggior frequenza la difficoltà di trovare un lavoro regolare (41%) o l'assenza di altre fonti di reddito (26%). I beni e i servizi per i quali è più frequente il ricorso al sommerso sono riparazioni e ristrutturazioni dell'abitazione (29%), riparazioni di automobili (22%), pulizie domestiche (15%) e alimentazione (12%). Quindi il lavoro sommerso continua ad essere diffuso in Europa, sebbene l'ampiezza e la percezione del problema siano diversi in ogni Paese.
Dunque, nessun paese è immune e, come ha affermato Guy Ryder, Direttore Generale dell’ILO “Noi sappiamo che non sarà facile, sappiamo che questa transizione è un processo complesso che richiede tempo. Ma il grande valore di questa Raccomandazione è che finalmente disponiamo di un quadro di riferimento con indicazioni che gli Stati membri possono seguire”. E aggiunge “Non si tratta solo di adottare una Raccomandazione, l’importante è metterla in pratica”.
Il nuovo strumento internazionale fornisce orientamenti agli Stati membri per:
- Facilitare la transizione dei lavoratori e delle unità economiche dall’economia informale verso l’economia formale, garantendo il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori, sicurezza del reddito, beni di sussistenza e sviluppo imprenditoriale.
- Promuovere la creazione, la salvaguardia e la sostenibilità delle imprese e di posti di lavoro dignitoso nell’economia formale nonché la coerenza delle politiche macroeconomiche, dell’occupazione, della protezione sociale e di altre politiche sociali.
- Prevenire l’informalizzazione di posti di lavoro dell’economia formale.