Roma – 29 giugno 2015 – Sale il limite dei compensi per “lavoro accessorio”, con conseguenze importanti anche per i lavoratori stranieri. La novità è contenuta nel Jobs Act, la riforma del lavoro, e in particolare in tre articoli del decreto legislativo pubblicato il 24 giugno che riordina le forma contrattuali (vedi sotto). “Per prestazioni di lavoro accessorio – spiega - si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile”. Finora quel limite superava di poco i 5 mila euro. Ci sono altri paletti. Innanzitutto, le prestazioni non possono superare i 2.000 euro per singolo datore di lavoro quanto questo è un’impresa o un professionista; chi già percepisce assegni di disoccupazione, di maternità o altre prestazioni dall’Inps non può fare lavoro accessorio per più di 3.000 euro l’anno; in agricoltura possono essere impiegati così, per attività stagionali, solo studenti e pensionati. Altra particolarità del lavoro accessorio è che il lavoratore non viene pagato i contanti, ma con buoni orari (o voucher) da 10 euro l’uno che il datore ha precedentemente acquistato. In quei 10 euro sono compresi anche i contributi previdenziali che verranno versati all’Inps e l’assicurazione contro gli infortuni che andrà all’Inail. Il decreto parla anche di lavoratori stranieri. Prevede infatti che “i compensi percepiti” con il lavoro accessorio “sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno”. Era così anche prima, ma ora che l’importo massimo è salito a 7 mila euro sarà teoricamente possibile rinnovare il permesso di soggiorno anche solo grazie al lavoro accessorio. Quel limite è infatti comunque superiore ai 5.830 euro di reddito annui richiesti per continuare a vivere regolarmente in Italia. Un fronte controverso sarà quello del lavoro domestico. Quanti privati, anziché assumere colf, badanti e babysitter con tutti i crismi del contratto collettivo (ferie, malattie, tredicesima, tfr ecc.), preferiranno ricorrere ai "meno impegnativi" buoni del lavoro accessorio?