A cura del Dipartimento Politiche Migratorie UIL
Roma, 18 giugno 2015 – Indetto dalla Commissione Europea, si è tenuto lo scorso 10 giugno a Bruxelles, presso l’hotel Mariott, un workshop di confronto tra i partner sociali in materia di mobilità per motivi di lavoro. L’argomento di discussione è stato il Labour Mobility Package reso noto in primavera dalla stessa Commissione, e relativo alle condizioni e limiti di spostamento dei lavoratori europei tra gli stati membri, per motivi professionali.
Erano presenti all’evento numerosi rappresentanti sindacali e del mondo imprenditoriale, provenienti da vari paesi.
La riunione è stata moderata da Jordi Currell, Direttore Dipartimento Lavoro, Legislazione Sociale e Dialogo Sociale della DG EMPL. Per la Commissione, il Labour mobility package è stato illustrato da Michel Servoz, Direttore Generale della DG EMPL.
Per il sindacato, la delegazione era guidata da Luca Visentini, Segretario Confederale CES. Per i sindacati italiani era presente Giuseppe Casucci.
La premessa metodologica è che il libero movimento delle persone vale nell’Unione Europea come nell’area economica europea. Per un lavoratore dell’Unione questo significa avere il diritto di potersi muovere tra gli Stati membri per lavorare, ma anche per cercare un’occupazione. E nel fare ciò si aspetta una libertà di movimento ed una protezione migliore, rispetto ad altri lavoratori non della UE.
La CES supporta una libera ed equa mobilità per tutti. In condizioni di equità e libertà, la mobilità diventa una grande opportunità per un upgrade individuale e sviluppo economico e sociale per i cittadini ed i lavoratori dell’Unione.
Malgrado i principi, purtroppo, molti ostacoli si frappongono ai lavoratori europei che intendano cambiare la residenza o cercare lavoro in un altro stato membro: i lavoratori mobili sono spesso sottoposti a discriminazioni e trattamento iniquo in settori come la sicurezza sociale, le condizioni di lavoro, il salario, l’accesso al welfare, la formazione; ma anche la tassazione.
In particolare i lavoratori frontalieri spesso affrontano condizioni di particolari discriminazione, a causa anche del loro status mal definito, riconosciuto e protetto.
Secondo un rapporto della Commissione, il mercato del lavoro europeo rimane frammentato a causa dei seguenti fattori:
(i) basso livello di mobilità intracomunitaria (solo lo 0,3% dei cittadini dell'UE si muovono ogni anno all'estero);
(ii) Mismatch geografico, dovuto a cause strutturali (inadeguatezza delle competenze, tendenze demografiche) strutturali e congiunturali (disoccupazione), ragioni che portano ad un aumento della divergenza nei tassi di disoccupazione e domanda di lavoro tra i paesi dell'UE;
(iii) le grandi differenze nelle regole del mercato del lavoro tra gli Stati membri.
Per la Commissione, l'obiettivo principale del pacchetto di mobilità del lavoro è quello di contribuire a un mercato interno più recettivo e più equo nell'UE, come evidenziato nel programma di lavoro della Commissione 2015. Affrontando le questioni legate alla libera circolazione dei lavoratori e il distacco dei lavoratori, per la CE si creeranno le condizioni per continuare a facilitare la mobilità della manodopera all'interno dell'UE. Allo stesso tempo, il Labour mobility package “mira a migliorare la capacità di 'Stati membri di prevenire frodi e abusi, sia per quanto riguarda il distacco dei lavoratori e l'accesso alle prestazioni di sicurezza sociale”.
Negli ultimi anni, in effetti, si è registrato un aumento della propaganda contro cittadini dell'UE e dei lavoratori mobili, relativa a presunti abusi del diritto comunitario e nazionale, in relazione alle prestazioni sociali legate al diritto di libera circolazione. Questo ha spinto alcuni Stati membri ed amministratori pubblici locali a limitare l’accesso alle prestazioni sociali per cittadini o lavoratori europei mobili, ad espellerli dal territorio del Paese ospite, di perseguirli e discriminarli sulla base della loro nazionalità.
La CES nega fermamente che questi abusi siano tanto diffusi e che vengano dai lavoratori mobili o dalle loro famiglie, e aggiunge che comportamenti come quello di negare le indennità di mobilità o disoccupazione (pagate dai lavoratori o dai loro datori di lavoro) viola quanto previsto dal Trattato dell’Unione. In ogni caso episodi di limitazioni all’accesso alle prestazioni sociali ed anche inviti a lasciare il paese si ripetono, specie quando un lavoratore mobile perde l’impiego e non riesce a trovarne un altro in tempi rapidi. La Commissione, ed alcuni Stati Membri, valutano che questi abusi esistano.
Da qui alcuni obiettivi del Labour mobility package, che includono:
1) Una possibile revisione dei Regolamenti UE di coordinamento della sicurezza sociale (regolamenti 883/2004 e 987/2010);
2) Una revisione mirata della direttiva sul distacco dei lavoratori (direttiva 96/71 / CE).
I regolamenti 883 e 987 coprono una vasta gamma di prestazioni di sicurezza sociale, basate su copertura assicurativa e residenza. A seguito di sviluppi nei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri – dice la Commissione Europea - l'attuale quadro legislativo si è sviluppato, nel corso degli ultimi decenni, attraverso un processo di continuo adattamento per rispondere alle esigenze di un numero crescente di Stati membri e dei cambiamenti della realtà sociale. Stati membri che devono affrontare la necessità di riprogettare i propri sistemi di welfare per fornire un sostegno adeguato pur essendo finanziariamente sostenibili, in modo da far fronte a demografici e altre sfide a livello nazionale.
Il Regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale entra in gioco quando più di uno Stato membro è coinvolto. Invece di armonizzare i sistemi nazionali di sicurezza sociale, il Regolamento prevede il coordinamento dei diritti di sicurezza sociale nelle situazioni transfrontaliere. Gli Stati membri dell'UE restano responsabili dell'organizzazione e del finanziamento dei rispettivi sistemi di sicurezza sociale. Il raggiungimento di un sistema modernizzato di coordinamento della sicurezza sociale che risponda alla realtà sociale ed economica degli Stati membri è uno dei driver centrali per la Commissione.
Per quanto riguarda una revisione mirata della direttiva sul distacco dei lavoratori, la Commissione intende garantire che la direttiva 96/71 / CE si attui in conformità con l'obiettivo generale di garantire un equilibrio tra la libertà di fornire servizi transfrontalieri, la tutela dei lavoratori interessati e la tutela delle condizioni di parità tra locali e concorrenti stranieri. Secondo la Commissione, alcuni elementi della direttiva andranno chiariti. In particolare:
1. Problemi relativi all'attuazione, il monitoraggio e l'applicazione delle condizioni di lavoro applicabili, compresa la tutela dei diritti dei lavoratori distaccati;
2. Problemi relativi all'abuso dello status dei lavoratori distaccati al fine di eludere o aggirare la normativa;
3. Problemi relativi al modo di stabilire una comprensione comune sulla controversa interpretazione dei termini e delle condizioni di lavoro dei lavoratori distaccati come stabilito dalla direttiva 96/71 / CE.
Lavoratori frontalieri:pur rappresentando solo una piccola quota del mercato del lavoro europeo (1,2 milioni), i lavoratori frontalieri danno un importante contributo all’economia di diversi Stati membri. I lavoratori frontalieri incontrano gli stessi ostacoli degli altri lavoratori mobili, ma anche specifiche discriminazioni dovute al fatto che essi lavorano in un paese ma risiedono in un altro.
Sono quattro le aree che costituiscono specifico ostacolo alla mobilità di questi lavoratori: sicurezza sociale e vantaggi sociali; tassazione diretta e vantaggi fiscali; legislazione del lavoro; norme concernenti l’ingresso ed il soggiorno di cittadini di Paesi Terzi. Per quanto riguarda la sicurezza ed i vantaggi sociali, i lavoratori frontalieri appartenenti a Paesi della UE o della EEA o Svizzera, che sono residenti in uno di questi Paesi ma che lavorano in un altro, sono soggetti alle regole contenute nel Regolamento EC 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Spesso questo lavoratori sono costretti ad un doppio sistema di tassazione (nel Paese dove lavorano ed in quello di residenza) e spesso non riescono a godere di benefit sociali a causa di risiedere ed operare in due Paesi diversi. Da qui la richiesta della CES di imporre un armonizzazione dei sistemi e la fruizione dei diritti sociali, alla pari degli altri lavoratori.
La CES ha invitato la Commissione europea a chiarire prima di tutto le sue intenzioni e gli obiettivi per il rilascio di un pacchetto mobilità.
Il Mobility package dovrebbe prima di tutto essere mirato a rinforzare il diritto alla libera circolazione, a rimuoverne gli ostacoli, ad implementare pienamente l’equo trattamento a tutti i livelli, in modo da prevenire i rischi di dumping sociale legato alla mobilità.
La CES pensa anche che i supposti abusi, quand’anche in qualche caso esistessero, non possono essere la base o l’obiettivo principale per una revisione dei regolamenti 883/2004 e 987/2009. La Ces dunque chiede alla Commissione di considerare il suo punto di vista, quando comincerà il processo di revisione;
Inoltre, la CES invita la Commissione europea a fornire un'analisi approfondita e cifre concrete riguardanti l'attuazione del diritto al movimento libero ed equo, gli ostacoli esistenti e eventuali abusi connessi alla protezione sociale nella dimensione della mobilità.