Guglielmo Loy: comunicato Stampa del 07/05/2015
La diversificazione dei rapporti di lavoro nel settore del commercio al dettaglio
La diversificazione dei rapporti di lavoro nel settore del commercio al dettaglio
07/05/2015  | Sindacato.  

 

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(pubblicato a fine aprile 2015)

 

Il tema del rapporto di lavoro – ovvero quel vincolo giuridico tra lavoratore e datore di lavoro che prevede l’erogazione di una prestazione lavorativa in cambio di una retribuzione - è stato oggetto di numerosi studi da parte dell’ILO. Oggi, circa la metà della manodopera globale è salariata, ma il lavoro a tempo pieno con un contratto indeterminato e per un singolo datore di lavoro non rappresenta più il modello dominante. La diversificazione dei rapporti di lavoro, infatti, ha reso sempre più difficile capire l’esistenza di questo rapporto e ciò è particolarmente evidente nel settore del commercio al dettaglio dove forme di lavoro atipiche sono ormai considerate “tipiche”.

 

Se questa situazione sia o meno rilevante per il raggiungimento dell’obiettivo del lavoro dignitoso per tutti, in che misura e come affrontarla sono questioni che suscitano opinioni molto divergenti. Per capire meglio e delineare azioni future, l’ILO ha promosso un Global Dialogue Forum sul tema della diversificazione dei rapporti di lavoro nel settore del commercio al dettaglio e l’impatto sul l lavoro dignitoso e la competitività delle imprese. All’iniziativa, che ha avuto luogo a Ginevra il 22 e 23 aprile, hanno partecipato i costituenti dell’ILO - governi, sindacati e datori di lavoro – provenienti da circa 50 paese membri dell’organizzazione. 

 

Dal documento base di discussione del Forum, preparato dall’ILO, emerge innanzitutto che negli ultimi 20anni il settore del commercio al dettaglio è cresciuto considerevolmente e si è trasformato principalmente a causa delle innovazioni tecnologiche e del dominio sempre maggiore dei grandi rivenditori. Il lavoro autonomo è diminuito, mentre quello a tempo parziale ha registrato un’impennata grazie alla maggiore flessibilità oraria che questa modalità di lavoro offre. Un altro fattore di cambiamento del settore, è certamente dovuto alla diffusione dell’e-commerce, ovvero la compravendita di prodotti direttamente online alla quale sempre più consumatori ricorrono.

 

Il commercio al dettaglio è spesso uno dei più grandi settori di attività delle economie nazionali. Basti pensare che nel 2013, nell’UE28 il settore forniva lavoro a oltre 19 milioni di persone (62 % donne) e, alla fine del 2014, a 17 milioni negli Stati Uniti. Si tratta perlopiù di piccole imprese, nel caso dell’UE 28, il 60 % dei lavoratori è impiegato in microimprese (1-9 impiegati), il 36% in PMI (10-249 impiegati) e solo il 5% in imprese di grandi dimensioni con oltre 250 dipendenti. Tuttavia, bisogna tenere conto che nei mercati più maturi o saturi, come ad esempio quello del Regno Unito, sono i grandi rivenditori a dominare il settore.

 

Il lavoro part-time è il più diffuso, questo consente ai datori di lavoro di avere maggiore flessibilità e ai lavoratori di conciliare meglio il lavoro con la famiglia. C’è da dire anche che, in particolare in molti paesi europei, la percentuale di lavori full-time a tempo indeterminato rimane comunque la forma dominante. Secondo Eurostat, nell’UE28 questa percentuale raggiungeva il 78 % nel 2008, con differenze significative a seconda dei paesi con la Romania al 98% e l’Olanda al 46%. Sempre dati Eurostat ci dicono che nel periodo 2008-2013 la percentuale media dei lavoratori part-time era del 22 %, con un 2% della Romania e il 54% dell’Olanda. Il lavoro part-time consente ai datori di lavoro di adattare l’organico in funzione dei giorni e degli orari di maggiore o minore affluenza, riducendo in questo modo l’eccesso di manodopera. 

 

Tuttavia, alcuni paesi escludono i lavoratori part-time dall’accesso a prestazioni sociali e uno studio del 2009 della Commissione Europea faceva notare che solo il 77% dei lavoratori a tempo parziale aveva accesso a sussidi di disoccupazione e l’80% all’indennità per malattia. 

 

Per quanto riguarda la retribuzione, diversi studi di Eurofound confermano che una numero significativo di lavoratori atipici nel settore, che siano part time o temporanei, guadagnano molto meno dei loro colleghi con contratti a tempo indeterminato. Questa situazione è contraria al principio del pari retribuzione per pari lavoro contenuta nelle norme ILO e nella maggior parte delle legislazioni nazionali.

 

Un altro aspetto che caratterizza il settore è il gap salariale tra donne e uomini. Secondo Eurostat, ad eccezione dell’Ungheria, in tutti i Paesi dell’UE questo gap è molto più ampio nel settore del commercio al dettaglio rispetto all’insieme del settore privato. In Italia, le donne con un lavoro full-time guadagnano il 20% in meno degli uomini, ma quelle con un contratto part-time guadagnano l’11% in più. La spiegazione più accreditata di questa tendenza è che le lavoratrici part-time hanno più esperienza dei loro colleghi maschi e, questa differenza, si sta sempre più consolidando nel momento in cui le donne considerano il part time come una modalità di lavoro stabile che scelgono liberamente, mentre per gli uomini si tratta di una soluzione temporanea. Tra i grandi rivenditori italiani, il gap è dovuto all’effetto combinato della più elevata percentuale di lavoratrici part-time e il fatto che posizioni che richiedono qualifiche più elevate vengono offerte solo su base full time, benchè gli orari di lavoro effettivo siano imprevedibili. In effetti, tra i grandi rivenditori italiani si ricorre spesso agli straordinari da parte dei lavoratori part-time a seconda dell’afflusso dei clienti e per coprire i turni della domenica. Inoltre, sempre in Italia, nel 2009 sembra che il part time fosse più diffuso tra i lavoratori non permanenti (57%) rispetto a quelli permanenti (37%). 

 

Dal punto di vista della formazione, il settore scarseggia e ciò è dovuto in gran parte alla ridotta partecipazione delle micorimprese, la stragrande maggioranza, ad attività formative. In effetti, nella maggior parte dei paesi, il numero di imprese che fa formazione aumenta con il crescere delle dimensioni dell’impresa. La formazione, sostengono studiosi esperti del settore, è fondamentale. Quando i rivenditori vedono il personale come risorsa essenziale del loro vantaggio competitivo, utile ad ottimizzare le vendite e i profitti, e quindi non come un costo da ridurre, essi creano un circolo virtuoso che va a beneficio dell’azienda. Sono molte le imprese negli Stati Uniti e in Spagna che hanno costruito questo circolo virtuoso garantendo ai propri dipendenti formazione, salari più elevati, maggiori prestazioni e opportunità di carriera. Anziché adeguare l’organico all’affluenza, come fanno molte altre aziende, questi imprenditori illuminati diversificano le mansioni del personale assicurando una formazione polivalente. Questa “multifunzionalità” comporta vantaggi anche per il lavoratore che può contare su orari più prevedibili e il cliente viene servito più rapidamente. Inoltre, in queste aziende il turnover del personale è minore rispetto ad altre. 

 

Un altro aspetto riscontrato è che più le aziende frammentano il loro mercato del lavoro interno combinando lavoratori atipici e tipici, minore sarà la fedeltà e il senso di appartenenza del lavoratore all'azienda. 

 

Ma in che modo i costituenti dell’ILO possono rispondere alla diversificazione dei rapporti di lavoro nel settore? Benché l’ILO abbia sempre considerato il lavoro full-time con un contratto a tempo indeterminato e con un singolo datore di lavoro il modello dominate di rapporto di lavoro, è evidente che oggi questo non è più l’unico. Una proliferazione di contratti part-time, a tempo determinato, il lavoro interinale e altre forme rappresentano oggi la normalità e il settore del commercio al dettaglio ce lo conferma. Questa diversificazione è il risultato di cambiamenti delle politiche e delle società, ad esempio il crescente numero di donne che entra nel mercato del lavoro e nuovi modelli familiari. Gli stessi rapporti tra lavoratore e datore di lavoro stanno cambiando e questo ha inevitabili ripercussioni i sulla vita delle persone. 

 

Inoltre, sostiene lo studio ILO, il rapporto di lavoro è anche un rapporto di interdipendenza dove dipendenti e datori di lavoro devono stabilire un certo livello di cooperazione per raggiungere i rispettivi obiettivi. Da un lato, i datori di lavoro possono investire nella loro capacità di produzione di beni e servizi, dall’altro i dipendenti devono assicurare questa produzione. Allo stesso modo, i dipendenti possono ottenere riconoscimenti materiali per i loro sforzi solo se danno ai datori di lavoro i mezzi per raggiungere i loro obiettivi. 

 

Queste sono considerazioni, conclude lo studio, di cui i policy makers e i costituenti dovrebbero tener conto quando cercano soluzioni soddisfacenti nel tentativo di conciliare l’interesse dei rivenditori per aumentare la flessibilità dell’impresa e la preoccupazione dei lavoratori di ottenere un lavoro dignitoso in un contesto di diversificazione dei rapporti di lavoro.