Antonio FOCCILLO: comunicato Stampa del 13/04/2015
Vogliamo e dobbiamo ragionare, partecipare e convincere con le nostre idee
Vogliamo e dobbiamo ragionare, partecipare e convincere con le nostre idee
13/04/2015  | Sindacato.  

 

di Antonio Foccillo

 

Questo mese di marzo ha molte date significative, a partire dalle elezioni delle RSU nel Pubblico Impiego che sono avvenute dal 3 al 5 marzo, per continuare con la commemorazione dei sessantacinque anni della UIL, alla ricorrenza dell’8 marzo di cui parleremo abbondantemente con vari articoli dedicati.

 

Tutto ciò ci porta a considerare i grandissimi sacrifici di uomini e donne che hanno realizzato in questo paese un livello di democrazia, partecipazione, tutele e diritti garantiti per i cittadini e per i lavoratori e com’è oscuro affrontare il futuro senza tenerne conto e senza seguire il loro esempio in un momento, in cui il governo e la sua leadership mette tutto in discussione, decide tutto unilateralmente, modificando profondamente le istituzioni e le tutele delle persone e contemporaneamente limita anche il diritto alla partecipazione ed al confronto.

 

Il nostro paese ha avuto la fortuna di avere uomini e donne che hanno lottato con grande eroismo, in alcuni momenti hanno subito il carcere e si sono battuti per affermare le loro idee, per rendere il popolo italiano libero, per trasmetterci quei grandi valori e quei grandi ideali di libertà e giustizia di cui erano portatori. E' stato un grandissimo patrimonio donato al popolo italiano. A quegli uomini e a quelle donne, che sono stati, per tanti di noi, maestri di vita e che ci hanno trasmesso la voglia di militare nelle organizzazioni sindacali, nei partiti, per rafforzare la partecipazione democratica, dobbiamo tanta riconoscenza. Il nostro Paese, grazie a loro è pluralista, democratico, civile, ricco di cultura e benessere. Oggi che la democrazia è viva e conquistata per continuare ad essere tale c’è bisogno sempre più di dialogo e di confronto, per permettere ad ogni soggetto di partecipare, di emanciparsi e di essere protagonista. Inoltre, nel cercare di mantener una certa continuità fra l’azione quotidiana e i valori di coesione e di solidarietà fra le persone, è necessario trovare, dallo studente al lavoratore, dal professionista all’intellettuale una motivazione per sperare in un futuro migliore. Da dove partire? A mio modesto parere, bisogna iniziare dal rileggere la Costituzione. Essa è l’essenza del convivere unitario della comunità. Essa, trasmette i valori ai nostri figli, dà un senso all’essere cittadini italiani.

 

Ogni articolo della Costituzione rappresenta la coesione di un popolo e testimonia i principi che fanno forte una nazione ed orgoglioso il popolo di viverci: dall’art. 1, che riconduce il fondamento della nostra Repubblica al lavoro, ai successivi che riconoscono alla persona il diritto di emanciparsi attraverso il lavoro, il diritto al salario, un salario che deve essere in grado di farla vivere dignitosamente. La Costituzione italiana difende, ancora, valori fondamentali quali la libertà di pensiero, di religione, di partecipazione civile. Tutto ciò può essere mantenuto anche attraverso la mediazione culturale, per mezzo dei circuiti formativi che insegnino il pensiero della convivenza e della coesione. La Costituzione permette ad ogni cittadino di essere protagonista della vita politica e quindi della democrazia. Consacra la sovranità del popolo in quanto gli riconosce il diritto di eleggere i propri rappresentanti e la partecipazione alle scelte attraverso i partiti; ma anche il diritto a partecipare alla gestione dell’economia attraverso il sindacato. Nella Costituzione vi sono le tutele di diritti fondamentale quali il riconoscimento della solidarietà e della coesione sociale, attraverso il welfare, cioè per mezzo della sanità, la previdenza, l’istruzione, l’assistenza. Eppure questa Costituzione, così significativa e pregnante di valori è stata modificata e si tenta di modificarla ancora.

 

Cosicché oggi, viviamo in una società in cui esistono troppe apatie, troppe deleghe fino all’abbandono della militanza politica, che rende insufficiente la partecipazione democratica! Tutto questo avviene, anche, perché non ci sono più strumenti di partecipazione in cui impegnarsi, autorità morali e ideali che svolgono la funzione di stimolo ed esempio. In questa nuova realtà che si è determinata rischia proprio la democrazia. Bisogna ridare motivazione alle persone, dimostrare loro che possono essere proprietarie del loro futuro, attraverso l’impegno personale. A volte basta anche l’impegno di uno, anche quello più piccolo, per smuovere gli altri, per rimettere in moto l’intera società. In questo processo è ancora fondamentale il ruolo del sindacato e non dobbiamo accettare la descrizione di un sindacato che ormai rappresenta la storia passata. Il sindacato è stato e continua ad essere un vigoroso strumento di questa democrazia, dal dopo-guerra, quando i lavoratori si sono rimboccati le maniche e hanno lavorato, prima, per difendere le fabbriche durante il regime fascista e poi, per costruire benessere, civiltà, democrazia e pluralismo.

 

Il sindacato ha difeso questo paese, quando le istituzioni sono state aggredite dal terrorismo e si è impegnato a sostenere l’ingresso dell’Italia in Europa. Il sindacato ha dimostrato che le grandi idee, i grandi obiettivi, come quelli dell’Europa unita, della difesa delle istituzioni, del miglioramento delle condizioni di vita, del rilancio dell’economia hanno trovato un ampio consenso e partecipazione, pur a fronte di tanti sacrifici. E’ stato, il Sindacato, a fare tutto questo e ne dobbiamo andare orgogliosi. Negli anni (dal 2000 fino ad oggi) si è verificata, su scala mondiale, una sostanziale retrocessione dei diritti del lavoro, a tutto vantaggio del capitale finanziario. Oggi, ancora più di ieri bisogna essere in grado di cogliere fino in fondo i processi che quotidianamente avvengono nella società per impostare l’attività politica in modo più funzionale alla realtà in atto e quindi svolgere la funzione più ampia, veramente politica, di aver cura degli interessi generali del Paese. Ci si deve porre il problema di com’essere all’altezza del cambiamento e come attualizzare le strategie rivendicative e sociali, ricercando nella società aggregazioni, senza mai rinunciare alla capacità di accompagnarle con principi di progresso e giustizia sociale. Si deve essere capaci di far crescere nuove forme di dialogo e partecipazione.

 

Si deve, con molta umiltà, riprendere il cammino per stimolare la partecipazione e comprendere a fondo le trasformazioni, quelle avvenute e quelle in atto. Noi non assumiamo questo metodo solo perché ci piace, ma perché accomuna la nostra voglia di modernizzare, di migliorare, di cambiare questo paese, per portarlo nel cuore come simbolo di ognuno di noi. Il nostro è un grande sindacato confederale che si distingue da quello corporativo per la sua capacità di agire strategicamente tenendo conto dell’insieme della società e non delle corporazioni d’interessi. È questo che noi trasmettiamo. Noi vogliamo che la società sia coesa e solidale e attraverso le nostre battaglie vogliamo dare garanzie, tutele e diritti ai nostri rappresentati e a tutti i cittadini. Di conseguenza ogni nostra richiesta, ogni nostra azione esprimono valori e ideali di progresso sociale. Quando noi chiediamo – come abbiamo fatto – la tutela e la dignità delle persone, che cosa significa? Se non avere un posto di lavoro, che non può essere precario. Non abbiamo bisogno di ulteriore precarietà, dobbiamo ridurla. Non possiamo pensare di costruire il futuro di questo paese attraverso la precarietà e la flessibilità. Come si può chiedere alle nuove generazioni di continuare ad essere responsabili, ad essere onesti, ad andare a lavorare tutti i giorni senza dar loro la speranza e la possibilità di costruirsi un futuro salvaguardando la propria dignità di persona?

 

Quando noi chiediamo salario e tutela del potere di acquisto non stiamo sognando la luna, ma stiamo chiedendo quello che la Costituzione italiana enuncia. Quando noi chiediamo di valorizzare il lavoro lo facciamo nell’ottica del benessere complessivo perché valorizzare la persona, motivare la persona a darle dignità di lavoratore significa dare dignità al lavoro nel suo complesso ed anche alla produzione che di quel lavoro è il frutto consegnato alla società. Se non si valorizza chi lavora, automaticamente non si può valorizzare il prodotto di quel singolo lavoro, che poi diventa un bene per la società. Sono tutte richieste concatenate che fanno parte di una strategia. Quando sosteniamo le nostre proposte su come recuperare risorse, cercando di tagliare il fisco è perché diventa difficile spiegare ad un lavoratore che deve pagare in anticipo le tasse, mentre altri vogliono e spesso possono evitare di pagarle.

 

Un paese è solidale e coeso se le persone che hanno un alto reddito ne mettono un pezzetto a disposizione degli altri: è così che si realizza la solidarietà, il welfare, il benessere di tutti. Noi vogliamo che il fisco sia giusto con i deboli e sia forte con i forti, che ritorni ad essere, come dice la nostra Costituzione, uno strumento di ridistribuzione della ricchezza. Noi siamo convinti che il benessere di questo paese si è costruito non solo con il settore produttivo, primario, secondario e terziario, ma anche attraverso i servizi pubblici che hanno permesso a tutti i cittadini italiani di fruire dei loro diritti a prescindere dal ceto, dal luogo di nascita e della capacità economica. Se questo paese ha raggiunto questo livello di civiltà e di democrazia è anche grazie a servizi della Pubblica amministrazione, a chi ci opera tutti i giorni, a chi fa tanti sacrifici, lavorando senza grandi soddisfazioni economiche e morali.

 

Senza voler entrare nel merito specifico delle riforme che si sono avviate o che si annunciano, voglio solo ricordare che la P.A. è un patrimonio di tutti e che la sanità pubblica, la previdenza pubblica, l’assistenza pubblica, la scuola pubblica e l’università pubblica sono fonte di ricchezza per il nostro paese. Ogni discussione, ogni proposta di rilancio del nostro paese passa per l’efficienza della macchina pubblica. Tutti i governi, nei loro programmi, hanno puntato a parole sempre a ridurre la spesa pubblica con tagli lineari che hanno ridimensionato il servizio ai cittadini. Solo a parole si vuole incentivare la Pubblica amministrazione ma ogni volta che i programmi sono giunti a concretizzarsi sono incominciate le dolenti note, relative alle compatibilità economiche. Cosicché, invece degli incentivi, ogni Finanziaria ha previsto, per questi settori, una riduzione degli investimenti.

 

Infine un breve commento sulla Uil e sulla sua nascita avvenuta sessantacinque anni fa. Negli anni 50 proprio nel momento in cui si divideva il sindacato - da uno sono nati tre sindacati - i nostri padri fondatori hanno puntato su grandi valori: l’indipendenza, l’unità, il pluralismo e il confronto non ideologico. Allora, dobbiamo ripartire da lì. Noi siamo un sindacato che vuole discutere, che vuole ragionare, non abbiamo nemici da mettere al bando, noi abbiamo interlocutori, noi vogliamo essere forti, ma vogliamo esserlo attraverso la nostra capacità di costruire idee. Noi siamo un sindacato che discute di merito per valorizzare la persona, le sue qualità e la sua conoscenza.

 

Noi rispettiamo i valori degli altri, perché facciamo della tolleranza la nostra ragione di vita. Tolleranza e laicità sono nostri valori, che affermano due principi fondamentali. Il primo vuole sostanziare il diritto di ognuno a parlare. Il secondo sostiene che ognuno non può imporre agli altri in senso dogmatico la propria idea. Noi non vogliamo dogmi, non li vogliamo imporre e non li accettiamo, ma vogliamo costruire la proposta attraverso il processo dialettico.

 

Vogliamo e dobbiamo ragionare, partecipare e convincere con le nostre idee. Per questo dobbiamo aprirci alla società e dialogare con tutti perché dietro la protesta spesso c’è solo la volontà di essere riconosciuti come persone che vogliono conquistare il diritto alla vita. Siamo anche un sindacato riformista perché vogliamo cambiare senza stravolgere, senza rivoluzionare, ma con il buon senso e con la riflessione. Infine, questo sindacato è anche un sindacato pluralista. Ha avuto una storia fatta di diverse posizioni ideologiche, che al suo interno sono riuscite a convivere. Ma un grande sindacato si misura anche dal lavoro che i suoi dirigenti, dal centro al rappresentante di base, fanno tutti i giorni. E se il consenso cresce, se le adesioni aumentano, se le nostre liste sono votate è perché essi riescono a trasmettete questi valori.

 

La nostra è una vita di sacrificio, proprio per questo va vissuta con passione e tensione morale. La nostra quotidianità è fatta di tanto lavoro, però è un’occasione di grande fermento di democrazia e di partecipazione. E fino a quando ci saranno queste possibilità, questo paese sarà forte. Ma la nostra azione deve essere in grado di collegare ogni fatto, ogni lotta, ogni rivendicazione ad un valore e ad un ideale: guai a noi se li abbandonassimo!