Sono ancora i mass media il fronte più esposto alle discriminazioni e, in particolare alle discriminazioni razziali. I giornali parlano di “irregolari” e “clandestini” e troppo poco di “richiedenti asilo”. Troppo spesso, invece, fomentano lo stereotipo secondo cui gli stranieri commettono reati più degli italiani. In occasione della XI edizione della Settimana d’azione contro il razzismo, che si chiude il 22 marzo, ProNews è andata a spulciare i dati del Dossier UNAR, l’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del 2014, per sapere quanto razzismo c’è in Italia. L’analisi dell’UNAR, riferita al 2013, fotografa le situazioni “de iure e de facto”, attraverso quattro diversi indicatori statistici: l’accesso alla casa, l’accesso all’istruzione superiore, il tasso di impiego lavorativo e la tenuta occupazione.
Le sorprese, come sempre in questi casi, non mancano. L’UNAR ha infatti censito, nel 2013, 1142 casi di discriminazione. La maggior parte dei casi segnalati, il 68,7%, si riferisce a discriminazione etnico-razziale. Degli oltre mille casi in esame, ben 34,2% si riferisce a discriminazioni “a mezzo stampa” o riferite comunque all’ambito dei media: pubblicità, contenuti tv. Il dato è in aumento rispetto all’anno precedente. Nel 2012, infatti, la percentuale si era fermata al 19,6% dei casi. Altri fronti di discriminazione sono i contesti di vita pubblica, inquadrabili per il 20,4% dei casi,per l’accesso al lavoro, il 7%, e per l’accesso alla casa, il 5%. Si fermano al 4% le discriminazioni segnalate a scuola e con le forze di polizia. Particolarmente interessanti le discriminazioni negli stadi, con 118 episodi segnalati nel campionato maggiore di calcio e 55 episodi nel calcio dilettantistico.
Ma è l’informazione il terreno più minato in tema di discriminazione evidentemente perché il vocabolario non è affatto neutrale. È il caso degli “sbarchi”: su oltre 12mila articoli monitorati, sul web e sulla carta stampata, solo in 85 casi si parla di “richiedenti asilo”, preferendo, di norma, usare termini più connotati, ma anche più discriminatori, come “irregolari” e “clandestini”. Il tema è strettamente correlato anche ad un altro essenziale stereotipo della rappresentazione dello straniero in Italia, ovvero il rapporto con la criminalità. Dati alla mano, gli italiani delinquono più degli stranieri e la tendenza è in crescita. I dati statistici riportati dall’UNAR attestano che le denunce contro gli italiani sono aumentate, dal 2004 al 2012, del 37,6% mentre quelle contro gli stranieri sono aumentate del 29,6%. Il dato, già di per sé indicativo, deve essere misurato anche con il fatto che, nello stesso periodo, i residenti italiani sono diminuiti, mentre gli stranieri sono quasi raddoppiati: particolare, questo, che riduce ulteriormente l’incidenza delle denunce contro gli stranieri rispetto al totale.
“E’ una bufala – scrivono dall’UNAR – l’idea che i reati vengono commessi, per la maggior parte, da stranieri. Gli atteggiamenti di chiusura sono dettati da visioni parziali e poco chiare del fenomeno migratorio, che contrastano con il suo carattere strutturale. Si rende necessario un intervento più incisivo da parte delle istituzioni. Conoscenza e corretta comunicazione sono fondamentali per superare le resistenze, anche emotive, e i toni accesi che spesso pregiudicano la riflessione sui fenomeni migratori“.