: comunicato Stampa del 17/03/2020
"CSW64" - 64a Commissione delle Nazioni Unite sullo stato delle donne
"CSW64" - 64a Commissione delle Nazioni Unite sullo stato delle donne
17/03/2020  | PariOpportunitą.  

 

Siamo ancora in piena fase di contenimento del contagio da Coronavirus.

 

Molte donne in questi giorni sono impegnate in nuove difficoltà, fronteggiando impegni lavorativi e familiari aggravati dalle misure di contenimento del contagio.

 

Non basta dire "solo le donne possono riuscirci", non basta fare pieno affidamento sulle donne in situazioni di emergenza e poi  tornare alla "normalità" subito dopo.

 

Dalle crisi si esce con il pieno contributo di ognuno:  è questa la consapevolezza che bisogna mantenere anche ad emergenza passata.

 

Eppure, sembra difficile invertire il trend: un esempio ci arriva dalla CSW64.

 

Dal 9 al 20 marzo era prevista, come primo tra diversi eventi celebrativi per la ricorrenza di Pechino+25, la  64a Commissione delle Nazioni Unite sullo Stato delle Donne, la CSW64, che si è invece riunita un solo giorno lo scorso 9 marzo.

 

La Dichiarazione di apertura è apparsa poco efficace e per questo aspramente criticata dalle associazioni sindacali mondiali, assieme ai documenti correlati.

 

E' una presa di posizione molto forte, una "strigliata" che merita di essere condivisa con orgoglio.

 

Infatti, fare solo una analisi di quanto accaduto in questi 25 anni non può bastare per ridare slancio alle azioni in favore delle donne; la risposta dei sindacati mondiali alla dichiarazione politica esordisce affermando:

 

" ... questa Dichiarazione politica non riesce a trasmettere il messaggio di speranza, incoraggiamento e impegno che le donne di tutto il mondo si aspettano e meritano. Questo è un anno critico - un momento per riaffermare l'impegno per gli obiettivi della Dichiarazione e della Piattaforma d'azione di ampia portata adottate alla quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne 25 anni fa."

 

E senza fare sconti prosegue:

 

"La dichiarazione politica adottata dai governi durante la 64a sessione ridotta della Commissione sullo status delle donne (CSW64) avrebbe dovuto offrire una chiara valutazione dell'attuazione e un impegno ambizioso e lungimirante per ampliare l'azione. Avrebbe dovuto riconoscere le attuali minacce globali: alla pace e alla democrazia, all'ambiente, ai diritti umani, ai diritti dei lavoratori o dei diritti delle donne. Avrebbe dovuto offrire una visione progressista e femminista per contrastare queste minacce e rinvigorire il nostro progresso globale e collettivo verso l'uguaglianza di genere e la giustizia sociale.

 

La Dichiarazione politica CSW64 non ha fatto nulla di tutto ciò. Al contrario, è terribilmente debole e non presenta alcuna visione per accelerare l'attuazione della piattaforma d'azione di Pechino. Il testo annacquato offre agli Stati membri una notevole flessibilità nell'ignorare i propri obblighi.

 

Ad esempio, il linguaggio che richiede l'attuazione "piena, efficace e accelerata" della piattaforma di Pechino è minato da deboli suggerimenti che gli Stati considerano la ratifica o l'adesione alla "Convenzione sull'eliminazione della discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), la più completa, Convenzione giuridicamente vincolante sui diritti umani delle donne"."

 

Continua contestando che:

 

 "....la Dichiarazione rafforza i modelli economici falliti e le politiche di austerità e privatizzazione invocando partenariati pubblico-privato (PPP) per rispettare gli impegni per raggiungere l'uguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne e delle ragazze. 

 

I PPP e le politiche di austerità sono stati responsabili della "eliminazione sistematica delle protezioni dei diritti umani e della ulteriore emarginazione di coloro che vivono in condizioni di povertà (....) ed hanno aumentato l'onere del lavoro di assistenza non retribuito. Gli Stati hanno la responsabilità di fornire servizi pubblici di qualità e attenti al genere per tutti, che sono essenziali per il pieno godimento dei diritti umani delle donne."

 

Rivendica che:

 

... "si dovrebbero anche adottare misure per riconoscere il valore del lavoro di assistenza non retribuito , non solo per ridurlo e ridistribuirlo. Una forte richiesta di investimenti pubblici in servizi e posti di lavoro pubblici di qualità dovrebbe accompagnare riferimenti a: il ruolo dello stato e dei servizi pubblici e delle infrastrutture di qualità nella riduzione e ridistribuzione del lavoro di assistenza non retribuito e il riconoscimento della promozione dell'equilibrio lavoro-vita senza riduzioni del lavoro e delle protezioni sociali."

 

Denuncia che:

 

la" crescita nell'uso dei paradisi fiscali,  che nascondono fino a 30 trilioni di dollari USA e negano al pubblico 500 miliardi di dollari di spesa pubblica annuale, rappresenta un evidente ostacolo ai diritti umani delle donne che avrebbero dovuto essere affrontati nella Dichiarazione. Dovrebbe esserci stato anche il riconoscimento della necessità di un'aliquota fiscale minima globale per le società, un metodo per tassare i giganti multinazionali", mentre si ignora "l'incombente crisi del debito causata dalla finanza speculativa privata".

 

I sindacati mondiali non mancano di ricordare che:

 

"La piattaforma di Pechino identifica l'ambiente come una delle sue aree critiche di preoccupazione e fornisce notevoli dettagli sull'impatto che i problemi ambientali, incluso il riscaldamento globale, hanno sui diritti umani delle donne " , censurando gli Stati in quanto "Non vi è dubbio che gli Stati abbiano perso un'altra occasione per impegnarsi nella transizione urgente, giusta ed equa, necessaria per evitare il catastrofico caos climatico. La Dichiarazione avrebbe dovuto delineare le azioni che potrebbero essere intraprese a livello globale per garantire che un nuovo accordo verde sia attuato in modo da accelerare l'uguaglianza."

 

E si chiude così:

 

 "L'ultimo paragrafo della Dichiarazione raccomanda ai governi "l'attuazione piena, efficace e accelerata della Dichiarazione e della Piattaforma d'azione di Pechino". Se sincero, questo rinnovato impegno richiede riforme immediate a livello internazionale e nazionale che non si sono concretizzate negli ultimi 25 anni."

 

Questo primo appuntamento con l'anniversario della Piattaforma di Pechino di 25 anni ha pesantemente marcato la disapprovazione verso la semplice "registrazione" dello stato dell'arte.

 

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Per buon peso, a dare l'indicatore del valore dato alle donne, quest'anno segna i 20 anni di attuazione dellarisoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza su donne, pace e sicurezza: il 2020 è però il primo anno in cui nel nostro Paese la legge di bilancio non ha rifinanziato i progetti relativi.

 

Il 2020 è anche il 10° anniversario di UNWOMEN, l'organizzazione degli Stati Uniti dedicata all'uguaglianza di genere per accelerare, lavorando con Governi e società civile,  i progressi delle donne nel mondo. UnWoman si è impegnata per realizzare i punti dell'agenda 2030 dell'ONU per lo sviluppo sostenibile, soprattutto per il GOAL5 (parità di genere) e GOAL8 (lavoro dignitoso e crescita economica).

 

Ma ognuno degli altri obiettivi ha un forte legame con la vita delle donne: sconfiggere la povertà (Goal1), istruzione di qualità (4), ridurre le disuguaglianze (10), lotta contro il cambiamento climatico (13), pace, giustizia ed istituzioni solide (16)... poichè le donne sono le prime a risentire di una cattiva qualità di vita, della mancanza di democrazia o benessere.

 

Anche per questo, la posizione della CSW64 ha davvero lasciato l'amaro in bocca.

 

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Qui il link ad alcuni documenti utili per aggiornarvi sulle dichiarazioni delle maggiori istituzioni:

 

·  Risoluzione del Parlamento europeo del 13 febbraio 2020 sulle priorità dell'UE in vista della 64a sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile (2019/2967(RSP);

 

-  Dichiarazione di apertura del sottosegretario generale delle Nazioni Unite

 

-  Posizione dei sindacati mondiali

 

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In allegato, in inglese, la pubblicazione UnWomen preparata per l'8 marzo "WOMEN’S RIGHTS IN REVIEW 25 YEARS AFTER BEIJING", i diritti delle donne 25 anni dopo Pechino.