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NOVEMBRE 2006

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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di Roma n.° 402 del 16.11.1984

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OTTOBRE 2006

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SOMMARIO

EDITORIALE
Il nuovo sindacato, di Antonio Foccillo

INTERVISTA
Intervista a Luigi Angeletti, di Antonio Passaro

INNOVAZIONE
Intervista a Gian Paolo Patta, di Alfredo Carpentieri
Intervista a Vincenzo Scotti, di Piero Nenci

SINDACALE
CSI - Congresso Fondativo Vienna, di Cinzia Del Rio
Donne e violenza, di Nirvana Nisi

APPROFONDIMENTO
Il fenomeno dell’emigrazione in Italia, di Patrizia Cucchi

MERCATO DEL LAVORO
Il processo del Lavoro, di Tiziana Riggio
I contratti atipici nella riforma Biagi, di Francesca Anselmo

ECONOMIA
La concertazione è entrata in crisi, di Silvano Veronese

AGORÀ
Il problema dei problemi, i giovani, di Gianni Salvarani
A low cost’s life, di Maria Anna Lerario
…e smettiamola di invocare il mondo che cambia, di Camillo Benevento
La piccola ripresa economica del 2006, di Angelo Ponti
La direttiva sulla libera circolazione dei servizi, di Angelo Ponti

INTERNAZIONALE
La Russia di Putin, di Giovanni Paletta

CULTURA
Come determinare una economia della conoscenza 3° parte, di N. Antonio Rossi
Leggere è rileggere, di Gianni Balella
Roma e la Mostra del Cinema, di Laura Gemini

INSERTO
Comitati aziendali europei - Parere CESE, di Maria Sacchettoni
Servizio Civile e volontariato, di Piero Nenci

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EDITORIALE

Il “nuovo” sindacato

di Antonio Foccillo

La domanda che ci dobbiamo porre è come si dovrà caratterizzare il sindacalismo confederale per essere  protagonista anche in futuro?.

Viviamo in una società che, in questi anni, è profondamente cambiata. In particolare alla volontà comune e solidale si è sostituita la volontà dei singoli. Si legittima un pragmatismo esasperato che inaridisce il valore della mutualità, della progettazione condivisa.

Il nostro Paese è stato investito da un processo globale che ha riguardato tutto il Mondo e che da noi si è manifestato con la cosiddetta fine della prima Repubblica e, successivamente, con il tentativo apprezzabile, di gestirne i difficili contenuti sociali attraverso la politica della concertazione. Il passaggio di una forte perturbazione neoliberista mette fortemente in discussione la coerenza e la stessa validità della concertazione, ma il sentore di un rapido mutare del clima sociopolitico consentono, come detto, di essere ottimisti. La fine del bipolarismo mondiale ha prodotto una globalizzazione chiaramente governata dal primato dell’economia, ma la società deve riprendere il controllo del mercato perché altrimenti le leggi del mercato finiranno con il coincidere con le antiche leggi della giungla ed allora l’umanità si ritroverà proiettata indietro, di secoli, e con le tecnologie disumanizzanti che molti di noi neanche riescono ad immaginare. L’uomo, il suo valore, deve continuare ad essere il centro dell’attenzione del sindacalismo e di quelle forze politiche che si rifanno alla tradizione socialista e riformista. Le economie soggette alla globalizzazione sono in grado di non aumentare povertà, sfruttamento ed emarginazione, soltanto attraverso il mantenimento delle conquiste quali quelle dello stato sociale, in modo da ridistribuire equamente gli utili dello sviluppo economico.

È chiaro che anche lo spazio del sindacato è sottoposto ad attacchi volti a ridurne il peso ed il ruolo di ultimo, reale, soggetto collettivo di elaborazione e confronto.

Le difficoltà sono sotto gli occhi di tutti e le risposte che i sindacalisti hanno dato sono state diverse. La Uil ha sempre inteso il confronto l’elemento centrale della sua azione, rifiutando di chiudersi in una difesa conflittuale e conservatrice destinata a finire con una sconfitta. Il conflitto non è escluso dalla politica riformista, ma non è l’obiettivo di essa, semmai un passaggio che si rende necessario, ma che è volto comunque a raggiungere l’obiettivo di un accordo. Il sindacato deve perseguirlo in ogni modo. Questo è il modo di fare sindacato riformista che la Uil conosce. In questo momento l’accordo che ritengo più importante è un accordo ideale: dobbiamo ridare voce alla società e riprendere spazi che il mercato ha invaso prepotentemente. Il diritto del lavoro deve riprendere una fase espansiva ed uscire dalla logica difensiva; il pubblico deve riacquistare dignità e valore di garanzia sociale; le regole devono essere vissute con partecipazione dai cittadini che devono sentirsi protagonisti dei cambiamenti e non tornare a vivere come sudditi ai quali le regole vengono imposte.

Anche quando ciò si ripercuote negativamente, perché è sotto gli occhi di tutti il prodotto di una società che ha ridotto gli spazi di confronto collettivo per delegarli a quelli virtuali dei mezzi di comunicazione di massa che ingannano la coscienza democratica e determinano l’isolamento tragico dell’uomo che non si confronta più con il suo simile e lo vede solo attraverso una lente deformante. Questo processo sembra inarrestabile e, ripeto, il sindacato resta forse uno degli ultimi luoghi dove questo dialogo, che consente all’uomo di emanciparsi, è possibile. Un modello di società condiviso solidale si deve rivelare grazie alla ripresa dell’esercizio del pensiero e del confronto. Prendiamo ad esempio lo Stato sociale che è la caratteristica dell’Europa e deve proseguire ad esserlo. L’opportunità dell’Europa unita ci può consentire di cambiarlo, ma in meglio! La cittadinanza lungi da essere un tema superato da utopie universalistiche, si fa ogni giorno più scottante. Se all’interno degli stati industrializzati la crisi economica mette in forse la distribuzione di servizi sociali e spinge a ripensare ad un’eventuale più oculata e misurata ridistribuzione degli stessi o addirittura a ridisegnare i compiti assistenziali dello Stato. Questo è in effetti lo scenario da riconoscere realisticamente, purtroppo crisi del welfare state e dilemmi della cittadinanza, corrono insieme: se la cittadinanza deve essere intesa nel suo profilo giuridico, essa comporta il riconoscimento, e la tutela, anche di quei diritti che nello Stato sociale si sono potuti sviluppare come conseguenza della ricchezza economica collegata alla industrializzazione dello Stato preso a parametro. Non dobbiamo dimenticare che le conquiste sociali e le ampliate esigenze che chiamiamo diritti sono veramente tali se non rimangono una affermazione puramente teorica e culturale. I diritti sono tali se sono garantiti e, naturalmente anche i diritti sociali rimandano ad uno status di cittadinanza che nel loro complesso li renda efficaci anche quando la società è sonnolenta, poco sensibile, o per una congiuntura sfavorevole, egoisticamente sorda alla solidarietà. Dunque la cittadinanza è agire politico autonomo e la sovranità popolare nel tempo non diventa più identità e neanche adesione ad una comunità, ma piuttosto condivisione di uno status di diritti civili, politici e sociale e di valori universali.Vale a dire lo Stato Sociale non rappresenta altro che la dimensione sociale che fa di un uomo un cittadino. Allora, proprio riferendoci alla trasformazione dei bisogni e delle aspettative il nostro impegno per contrastare lo smantellamento, e per migliorarlo e rafforzarlo rappresenta essenzialmente il nostro impegno per il cittadino. Mi rendo conto che tutto ciò può apparire astratto, ma se crediamo ancora nella funzione sociale che viene dalle idee, dai progetti e dalle idealità allora le scelte che dobbiamo fare devono essere tali da saper aggregare non solo perché rivendichiamo, peraltro giustamente, l’equità sociale, ma anche perché indichiamo un orizzonte di aspirazione e promozione dell’uomo.

Lo stesso bipolarismo politico in Italia ha diviso il paese in due. Questa contrapposizione, se accentuata, può produrre eventuali rischi di pericolosi ritorni ad un passato di scontri e violenza. Le stesse regole di un normale confronto in una società non debbono essere modificate con superficialità. Ci si dimentica che una società riesce a mantenere un minimo di coesione sociale, se vi è uno spazio non solo di rappresentanza per tutti, ma anche se questa rappresentanza sfocia in una vera partecipazione. Possono esserci, e secondo me, ci sono, nella società anche articolazioni diverse, istanze e gruppi sociali, che non sono rappresentati da nessuna delle due parti. In questo caso un sistema resta pienamente democratico solo quando riesce a coinvolgere tutti, nelle decisioni, fermo restante il ruolo che ognuno deve svolgere. Pertanto, è necessario qualche cambiamento culturale nel modo di fare e pensare delle forze politiche e sociali, pena un imbarbarimento della vita politica. Il sindacato in questo frangente, ha ancora una volta l’opportunità di contribuire a dare regole alla società, regole finalizzate ad appianare gli squilibri ed a ridurre la povertà.

Il potere e lo scontro di interessi non sono, di per sé, né buoni né cattivi. Il problema è come esprimere e mediare il potere nelle relazioni, come usarlo per il bene comune. Il rapporto fra potere e giustizia é in sostanza il punto focale della partecipazione e renderla più esplicitamente istituzionale. Per questo sono convinto che il nostro impegno a tutti i livelli non può che essere rivolto a ricercare soluzioni di dialogo, fra le diverse componenti sociali e politiche, e di partecipazione in modo da costruire un progetto unico. In una società che ha trasformato esigenze e bisogni della gente, il problema è come mantenere in essa un equilibrio sociale adeguato. A parer mio, senza organismi intermedi che rappresentano e garantiscano tutti gli interessi difficilmente l'attuale politica riuscirà a raggiungere tale obiettivo.

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Intervista a Luigi Angeletti, Segretario Generale UIL

di Antonio Passaro

D) Angeletti, entriamo nel vivo della nostra chiacchierata mensile affrontando subito la questione Alitalia. In queste settimane c’è un intenso lavorio per cercare di rilanciare la compagnia aerea italiana, a partire dalla ricerca di un partner. Quali sono le tue considerazioni?

R) Sulla vicenda Alitalia siamo costretti ad una svolta. L’Azienda ha ancora qualche risorsa ma il tempo è limitato. Serve un’opera di risanamento e di rilancio. È necessario quindi che il Governo trovi un alleato per Alitalia. La nazionalità del partner è indifferente, occorre però, avere un’idea chiara delle caratteristiche della compagnia con la quale si vuole trattare. Ruoli subordinati non sono convenienti per l’Alitalia e tanto meno per il nostro Paese. Credo che questo impegno nella ricerca di alleanze sia un fatto importante. E questo approccio fa ben sperare, anche se la condizione della nostra compagnia di bandiera resta davvero preoccupante.

D) Sempre a proposito di Alitalia, è ancora aperta la discussione sulla possibilità di avere due hub in Italia: Milano Malpensa e Roma Fiumicino. Credi che si possa sostenere questa condizione?

R) Certamente. L’Italia per la sua collocazione geografica e per alcune sue caratteristiche, può avere due hub, perché a nord è concentrato il traffico business e a Roma, che è comunque la Capitale, quello per il turismo. Ciò, ovviamente, costringe Alitalia a fare una riorganizzazione ed una ristrutturazione interna. Comunque, resta la questione di fondo: salvare la compagnia di bandiera; e questo sarà possibile se si riuscirà a realizzare un piano industriale e si accrescerà il fatturato.

D) Restando sempre in tema di trasporti, che in questo periodo stanno attraversando un periodo nero, parliamo delle Ferrovie dello Stato. Da poco il nuovo Amministratore delegato, Moretti, ha annunciato che sarà quasi inevitabile aumentare i prezzi dei biglietti del treno…

R) Non spetta ai cittadini pagare con un aggravio del prezzo del biglietto la crisi di Trenitalia. Nel 2007 avremo molte tasse e se nel 2007 aumenteranno anche le tariffe ferroviarie, dato che il treno rappresenta un mezzo di trasporto indispensabile per milioni di persone che lo usano per andare a lavorare, si verificherebbe un evidente aggravio dei costi per i lavoratori dipendenti. Credo sia invece opportuno rinviare questa decisione. E se ci saranno degli aumenti sarà bene selezionare le tariffe. Si potrebbe accettare un aumento per Eurostar e treni ad alta velocità; per il resto le tariffe devono restare quelle che sono. Il buco non deve essere ripianato da chi usa il treno per andare a lavorare.

D) Anche il trasporto pubblico locale ha i suoi problemi: il contratto non è ancora stato rinnovato. Si rischia un blocco della città come quello che si è verificato nel 2003?

R) Purtroppo il rischio c’è. Se i problemi del trasporto pubblico non dovessero essere risolti, credo siano inevitabili iniziative di lotta. Il contratto degli autoferrotranvieri va rinnovato subito, entro Natale, proprio per evitare il pericolo di incorrere in un dicembre nero.

D) Parliamo ora di Napoli, dove Cgil, Cisl e Uil svolgeranno a dicembre una serie di iniziative e manifestazioni sulla legalità, in risposta a tutti gli atti di violenza e criminalità che hanno, purtroppo, insanguinato Napoli e la Campania nell’ultimo periodo. Il sindacato quindi si muove attivamente nella lotta alla criminalità…

R) Certo. Voglio subito dire che non si tratta di fare una ‘manifestazione – spot’. Tutt’altro. Questa è una situazione complessa e di difficile soluzione. Un’organizzazione sindacale seria ha il dovere di realizzare una strategia concreta e non una sola manifestazione che servirebbe semplicemente a tacitare le nostre coscienze. Ecco perché abbiamo messo in piedi un’insieme di iniziative con gli studenti delle scuole superiori, con il mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport. Oltre, ovviamente ad una serie di assemblee nei luoghi di lavoro. Ristabilire la legalità è un dovere, per Napoli e per l’intero Paese. La legalità è una condizione per lo sviluppo, non la sua conseguenza. La condizione perché possano esserci sviluppo, posti di lavoro e quindi benessere, è che le leggi vengano rispettate.

D) Pochi giorni fa Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato una manifestazione di protesta contro i tagli alla ricerca e all’università. Quali sono le posizioni della Uil a questo proposito?

R) Noi pensiamo che ci sia bisogno di una politica per la ricerca, non di oboli. Come si può parlare di sviluppo se ricerca e Università continuano ad avere il posto delle Cenerentole? Viviamo nella società della conoscenza, in cui si cresce solo se si investe sulle persone, se si valorizza il patrimonio professionale e culturale di cui il nostro Paese è ricco. Bisogna dare prospettive concrete alla ricerca, mettere in atto una riforma che eviti la “fuga di cervelli” e valorizzi i lavoratori del settore.

D) Un’ultima domanda. Si avvicinano le elezioni per il rinnovo delle RSU nelle scuole, un momento importante nella vita di un’Organizzazione sindacale. Qual è il tuo appello?

R) Le elezioni per il rinnovo delle RSU sono un appuntamento fondamentale per il sindacato, un’opportunità per verificare la validità delle proprie scelte e misurare la capacità di far crescere il consenso intorno alle proprie idee ed alle proprie azioni. È il momento più alto di democrazia sindacale che va diffuso in tutti i luoghi di lavoro. La Uil crede nel valore della scuola italiana. Vogliamo valorizzare il lavoro di chi opera nelle scuole, e fare in modo che sia riconosciuta l’alta funzione sociale di chi educa i nostri figli. La Uil crede nella scuola e nel futuro. L’esercizio del diritto di voto è il primo passo per essere protagonisti del nostro futuro.

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