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OTTOBRE 2006

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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SETTEMBRE 2006

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SOMMARIO

EDITORIALE
Finanziaria e dintorni, di Antonio Foccillo

INTERVISTA
Intervista a Luigi Angeletti, di Antonio Passaro

INNOVAZIONE
Intervista al Ministro Luigi Nicolais, di Alfredo Carpentieri

SINDACALE
Il Welfare che vorremmo, di Nirvana Nisi

EUROPA
Conoscere l’Europa - Le istituzioni, di Carmelo Cedrone
Se pensassimo europeo, di Camillo Benevento

INTERVISTA
Intervista a Tina Anselmi, di Piero Nenci

AGORA'
Le televisione oggi, di Gianni Salvarani
Basilicata: l’emirato del Sud d’Italia, di Carmine Vaccaro
Nuovo Mondo – L’epopea dei migranti, di Sara Orazi
Forum giovani, di Marco Abatecola
Sindacato e violenza, di Maria Anna Lerario
Il mio primo giorno in sindacato, di Teresa Casale
Il ponte sullo stretto di Messina, di Salvatore Pasqualetto

RECENSIONE
L’Italia e la Società Cooperativa, di Maria Sacchettoni

CULTURA
Come determinare una economia della conoscenza, di N. Antonio Rossi
La UIL-ANSA e la Diversità Culturale, di Gianni Balella

MERCATO DEL LAVORO
Dinamica e struttura del mercato del lavoro, di Renata Pica

INSERTO
Il mestiere donna
di Piero Nenci

Separatore

EDITORIALE

Finanziaria e dintorni

Di Antonio Foccillo

Il sindacato italiano, con il suo atteggiamento e le sue valutazioni sulla Finanziaria 2007, rischia molto della sua credibilità e della sua capacità di tenuta.

Non si può ripetere l’errore di Cofferati, che portò all’isolamento la sua organizzazione e nello stesso tempo fece considerare, impropriamente, l’intero sindacato più un attore politico di opposizione che un’organizzazione sociale.

Infatti, durante il primo governo Berlusconi, la Cgil con le sue rigidità e con le sue rivendicazioni solitarie, fece pesantemente cadere la sua capacità di proposta e scelse la strada dell’opposizione con manifestazioni unilaterali, che annullarono la possibilità di avere una proposta unitaria e quindi indebolirono il ruolo dell’intero movimento.

Oggi, si può determinare una condizione analoga, anche se da posizione diversa, se ci si lascia andare a giudizi troppo acquiescenti sulla manovra economica del Governo Prodi e non si valutano autonomamente i contenuti.

Il sindacato, si può dire, è su un crinale ed una scelta sbagliata può provocare una caduta complessiva. Troppo labile è il confine fra autonomia e simpatie politiche.

Non bisogna essere tifosi. Già troppi ve ne sono in campo politico: considerano sempre sbagliate le scelte del campo avverso e giuste quelle della propria parte.

Questo modo di fare porta ad una delegittimazione complessiva del sistema ed una caduta di autorità di qualsiasi parte.

Qui non si tratta di contestare le scelte di un’organizzazione e giustificare le proprie, ma di valutare i contenuti della manovra sulla base della propria impostazione, con riferimento al modello di società che vogliamo avere nel nostro Paese.

Si era partiti bene con una piattaforma unitaria, per la prima volta dopo molto tempo, costruita su alcune priorità che individuavano di riflesso un modello di società coeso e nello stesso tempo puntando sullo sviluppo che è, e resta fondamentale, in un Paese che, non solo vuole essere competitivo con il suo intero sistema, ma che vuole ridistribuire anche la ricchezza che di conseguenza si determina.

Tutto ciò e la capacità di mantenere l’unità nell’impostazione delle richieste aveva determinato un netto cambiamento del Governo rispetto ai contenuti iscritti nel Dpef. Ma, successivamente, alcune valutazioni sulla positività della manovra economica e alcune dichiarazioni improvvide di qualche leader sindacale che rivendicava addirittura la Finanziaria come sua, hanno riportato le lancette dell’orologio al passato.

Non si può ripetere l’errore del passato e, oggi, anche se con un atteggiamento diverso, si rischia di creare problemi all’intero movimento sindacale.

Già troppe opposizioni, nel commentare la manovra, la considerano, per discreditare il sindacato, troppo vicina alle sue richieste e addirittura qualcuno arriva a dire che è stata scritta da sindacalisti presenti nel governo.

È senz’altro vero che una situazione complessa, dal punto di vista economico e dei rapporti politici all’interno della stessa maggioranza, lasciava immaginare una serie di difficoltà nella stesura del testo. È però altrettanto vero che sono venuti meno anche alcuni dei punti che, invece, avrebbero dovuto costituire delle facilitazioni nel percorso. Mi riferisco, in particolare, al deficit di concertazione riscontrato al momento della lettura del testo licenziato dal Consiglio dei ministri.

Noi della Uil abbiamo detto, proprio per mantenere la nostra posizione di forza sociale autonoma, nel valutarne i contenuti, che è una manovra fatta di chiari e scuri con parti considerate positive ed altre da cambiare ed abbiamo, non solo espresso i nostri no, ma abbiamo anche avanzato proposte di cambiamenti.

La Uil in particolare, ha adottato nel confronto un metodo limpido e conosciuto, volto responsabilmente a garantire il bene del Paese. I risultati? Una apprezzabile nelle intenzioni, discutibile nelle sue articolazioni complesse, riscrittura delle aliquote e degli scaglioni Irpef. L’intenzione di perequare la fiscalità, rilanciando la progressività, non può che vederci favorevoli. L’esito di una complessa macchina messa in moto, in particolare sul versante della fiscalità decentrata, appare, in realtà, più difficilmente in linea con le intenzioni dichiarate e, francamente, suscita più di una perplessità.

E si può affermare che proprio la modifica della precedente scelta sul Tfr, se ha trovato una significativa correzione, è frutto di questa impostazione.

Questa nostra convinzione è stata espressa nell’audizione alla Commissione bilancio della Camera e proseguirà nei prossimi confronti con i gruppi parlamentari e con i partiti politici.

Ma quello che riteniamo fondamentale è riprendere la politica di concertazione, come dallo stesso Governo proposto nella riunione, in cui c’è stato illustrato lo schema di Finanziaria, prima del varo in Consiglio dei Ministri.

La valutazione della Uil resta, per alcuni punti postivi ed in particolare per:

• ‑la significativa differenza con il DPEF in merito al rapporto tra la quantità di risorse destinate allo sviluppo e agli investimenti e i tagli;

• ‑l’inizio di una ricostruzione della progressività delle aliquote fiscali, che oltre ad essere un atto di giustizia sociale, è anche un doveroso rispetto del dettato costituzionale, anche se vi sono alcune correzioni che vanno fatte in particolare per i redditi fra i 33 mila euro fino ai 45 che, così come sono oggi congegnate le modifiche, rischiano di avere un aggravio rispetto al passato;

• ‑il rinnovato impegno nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale;

• ‑la selettività nel taglio del cuneo fiscale alle imprese, volta a favorire l’occupazione femminile, ed in particolare nel sud;

• ‑la selettività con la quale si interviene negli investimenti per lo sviluppo, finalizzati alle imprese del nord che investono nella ricerca e nell’innovazione del prodotto e alle imprese del sud che occupano lavoratori a tempo indeterminato;

• ‑una politica di sostegno fiscale al Mezzogiorno, con il credito d’imposta per nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, l’avvio del fondo per le “zone franche urbane” e il fondo per le aree sottoutilizzate;

• ‑l’avvio di una politica di lotta alla precarietà, sostanziata anche da una quota di assunzioni per i precari “storici” della pubblica amministrazione e da prime misure a sostegno dei lavoratori atipici e per l’avvio di una politica per l’emersione dal sommerso;

• ‑la decisione di non inserire nel DdL la riforma delle pensioni, correttamente rinviata ad un successivo e più approfondito confronto.

Ma, comunque, ancora esistono nel DdL elementi di criticità che la Uil ritiene fondamentali, la cui soluzione o meno, determinerà il giudizio più compiuto. Sono in particolare da approfondire, i seguenti punti:

• ‑taglio del cuneo fiscale per la parte relativa ai lavoratori. Si considera importante che questi soldi debbano essere trasferiti solo ai lavoratori dipendenti e sono proposte misure alternative, come ad esempio la non tassazione per quattro anni degli aumenti contrattuali o la detrazione ulteriore da reddito di lavoro;

• ‑riduzione dei fondi per la finanza locale con relativo aumento dell’aliquota dell’addizionale Irpef. Senza significative modifiche andrebbe ad incidere, pesantemente, sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, sminuendo gli effetti del ridisegno progressivo delle aliquote fiscali. Anche perché così com’è impostata la Finanziaria, il semplice passaggio dalle deduzioni alle detrazioni comporta un aumento notevole dell’imposizione già con le attuali aliquote a livello locale, cioè senza l’ulteriore aumento previsto;

• ‑no tax area. La nostra proposta è una perequazione della no tax area tra lavoratori e pensionati, con l’adozione di misure volte a tutelare il potere d’acquisto delle pensioni;

• ‑tickets sanitari. Si è contrari allo strumento dei tickets sanitari, poiché finiscono col colpire in particolare i lavoratori dipendenti, pertanto è suggerita una modifica del capitolo relativo;

• ‑rinnovo contrattuale del pubblico impiego. E’ necessario il rispetto delle scadenze contrattuali (2006/2007) e pertanto si rivendica il relativo adeguato finanziamento.

Altri punti per la Uil importanti, sono relativi ad interventi sul quale il giudizio è lo stesso positivo, ma sul quale è possibile un approfondimento.

• ‑Lotta al lavoro nero e politiche di emersione: richiesta di un più sostanziale impegno per un “lavoro di legislatura” finalizzato al superamento della precarietà verso una buona e stabile occupazione;

• ‑la mancata previsione di risorse per la stabilizzazione dei lavoratori precari negli enti locali e nella sanità, ricerca e università;

• ‑finanziamento più consistente dei fondi istituiti, come per esempio quello per le “zone franche urbane”, quello degli incampienti, quello per non autosufficienza e quello sociale.

In ogni caso la Uil ritiene opportuna l’apertura di una fase di confronto di merito che dimostri sensibilità, in particolare sui punti ritenuti fondamentali e solo alla fine del lungo iter il giudizio sarà compiuto in positivo o in negativo.

Il nostro obiettivo, infatti, resta sempre quello di essere un sindacato responsabile, autonomo dalla politica, che non si presta a nessun tipo di strumentalizzazione e persegue, con estrema coerenza, l’obiettivo di difendere i diritti dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, nell’ottica degli interessi collettivi di tutto il Paese. Siamo solo all’inizio del confronto, ci sono le premesse per portare avanti un buon lavoro, per concretizzarlo è necessario il nostro impegno coerente, senza pregiudizi di nessun tipo, rispondendo pertanto al nostro vero ruolo. Ci auguriamo di riscontrare anche nelle altre confederazioni lo stesso spirito, poiché sarebbe realmente una pessima figura quello di un sindacato spaccato sulla difesa di una piattaforma già decisa insieme.

Separatore

Intervista a Luigi Angeletti, Segretario Generale UIL

di Antonio Passaro

Angeletti, cominciamo dalla vera notizia di questo mese di ottobre: l’accordo sul Tfr. Finalmente dopo dieci anni, è stata raggiunta un’intesa che favorisce milioni di lavoratori. È soddisfatto?

Certamente. Abbiamo raggiunto un ottimo risultato. E non soltanto perché attendevamo questo momento da oltre un decennio, ma soprattutto perché milioni di lavoratori avranno finalmente la libertà e la possibilità di costruirsi una previdenza integrativa. Con la sola pensione “pubblica”, fra venti anni, avremmo avuto milioni di pensionati poveri. Ora, con il secondo pilastro previdenziale, possiamo porre rimedio a questo problema. In particolar modo saranno i giovani a trarre vantaggio dall’intesa. È stato un accordo studiato soprattutto per loro, guardando ai loro interessi, al loro futuro, perché possano avere la possibilità di garantirsi una pensione decente. Sono soddisfatto. È un’intesa che renderà il paese più moderno.

La vicenda del Tfr ha riempito pagine e pagine dei nostri quotidiani. Forse, si è anche fatta un po’ di confusione sui termini specifici dell’intesa. Ci aiuti a fare un po’ di chiarezza sul nuovo meccanismo introdotto con questo accordo?

Va detto subito che l’intesa si è resa necessaria per rimediare ad un’interpretazione assolutamente sfavorevole secondo cui il cosiddetto Tfr “inoptato” sarebbe stato trasferito all’Inps. L’intesa ha fatto innanzitutto chiarezza su questo punto: viene ribadito il principio del silenzio-assenso a favore dei fondi di previdenza integrativa. E questo è un successo della fermezza della nostra Organizzazione, da sempre attenta a garantire la creazione di questi Fondi a favore dei lavoratori dipendenti. Viene così di fatto anticipata, di un anno, la cosiddetta riforma Maroni che aveva recepito l’accordo tra tutte le parti sociali su questo argomento e la cui applicazione era stata, in maniera imperdonabile, procrastinata di tre anni.

Dal 1 gennaio 2007, dunque, i lavoratori avranno 6 mesi di tempo per poter decidere sul proprio Tfr maturando, e avranno da scegliere esplicitamente tra diverse opzioni: destinare il Tfr ad un Fondo di previdenza integrativo o lasciare il proprio Tfr in azienda. In quest’ultimo caso, quando ci sono meno di 50 dipendenti il Tfr resterà effettivamente nelle casse dell’azienda, mentre nel caso di imprese in cui lavorano più di 50 dipendenti, il Tfr sarà destinato ad un fondo appositamente creato presso l’Inps.

Se non fosse esplicitamente indicata dal lavoratore, la destinazione del Tfr sarà comunque verso i fondi di previdenza integrativa previsti dalla contrattazione.

Passiamo ora al capitolo pensioni. È stato sottoscritto un memorandum che detta tempi e modalità della discussione. Quali saranno le richieste della Uil?

Innanzitutto chiederemo di eliminare il famoso “scalone”. Lo abbiamo detto e ripetuto decine di volte. Non funziona e non può funzionare un meccanismo per cui, all’improvviso, all’inizio del 2008, si costringerebbe parte dei lavoratori ad andare in pensione tre anni dopo. È un’assurdità. Bisogna invece, lasciare liberi i singoli lavoratori di decidere, sulla base delle proprie convenienze, se andare in pensione o prolungare la propria permanenza al lavoro. Occorre incentivare economicamente i lavoratori a proseguire nella loro attività. Questo meccanismo ha già funzionato molto bene: bisogna dargli continuità.

La finanziaria varata poche settimane fa, ed in attesa della fiducia, ha provocato giudizi molto contrastanti. Anche per la Uil c’è più di un dubbio e qualche perplessità. Quali sono i punti critici?

Ad una lettura attenta, c’è più di un punto della finanziaria che ci lascia perplessi. Abbiamo redatto un documento molto articolato proponendo emendamenti mirati. Non li ribadisco ma rimando alla lettura del testo ampiamente diffuso all’interno dell’Organizzazione e consultabile sul nostro sito.

Ma c’è un fatto, però, che  merita di essere ribadito con particolare forza.

Il cuneo fiscale è la differenza tra la retribuzione lorda e quella netta di un lavoratore dipendente. Ridurre questa differenza vuole dire ridurre il cuneo fiscale. Ciò non è stato fatto, così come promesso. Il mix della rimodulazione delle aliquote e delle detrazioni per familiari a carico non ha risolto per tutti il problema e moltissimi  lavoratori dipendenti continuano ad essere creditori nei confronti del fisco. La pressione fiscale non è diminuita; anzi, per molti di essi è aumentata. Milioni di lavoratori dipendenti che dovevano essere i veri beneficiari di questa manovra rischiano di essere beffati. E non lo dimenticheranno facilmente.

La questione fiscale resta il principale problema della nostra economia?

Si, è così. È una battaglia difficile ma che vogliamo vincere per ottenere una diversa redistribuzione della ricchezza sia a vantaggio dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, i più tartassati in questi anni per la perdita del potere d’acquisto dei loro redditi, sia a beneficio dell’intera economia. Un fisco più equo è un fisco più efficiente per tutti. La nostra proposta è nota e altrettanto chiara: detassare gli incrementi contrattuali per i prossimi quattro anni, oppure operare ulteriori detrazioni per la produzione di reddito da lavoro dipendente. Insomma, la strada da seguire è quella di ridurre davvero il cuneo fiscale ai lavoratori dipendenti.

Il pubblico impiego. Un altro fronte, un’altra battaglia?

Decisamente. I lavoratori del pubblico impiego hanno semplicemente diritto al rinnovo del contratto per vedere salvaguardato il loro potere d’acquisto. Non si può pensare di far lavorare di più e pagare di meno i lavoratori del pubblico impiego. Siamo pronti a raccogliere la sfida sulla produttività, ma il governo dovrà dimostrare di essere realmente riformista. Se non ci fosse una soluzione positiva, il sindacato è pronto allo sciopero.

Cambiamo argomento. A Foggia, pochi giorni fa si è svolta una grande manifestazione contro il lavoro nero. Trentamila persone sono scese in piazza contro quello che tu stesso hai definito un tumore della nostra società…

Il lavoro nero è una metastasi che mette in pericolo anche le cellule buone: bisogna estirparlo per evitare che il lavoro cattivo scacci quello buono. Noi aspiriamo ad un mondo nel quale si possa lavorare con dignità, lontani da nuove schiavitù. Quella del lavoro nero, non è una realtà accettabile in un paese come il nostro che è e vuole essere democratico. È necessario perciò, ripristinare la legalità perché sia ridata dignità alle persone ed al loro lavoro.

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