Il CNEL ha le carte in regola, di diritto e, di fatto, per esistere e per agire.
MAGGIO 2019
Intervista al Prof. Tiziano Treu
Il CNEL ha le carte in regola, di diritto e, di fatto, per esistere e per agire.
di   Antonio Foccillo

 

Presidente Treu, è di pochi giorni fa la notizia della presentazione in Senato, da parte del Ministro per i rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, di un disegno di legge volto in buona sostanza all’abolizione del Cnel. Più precisamente si intende abrogare l’art. 99 della Costituzione privandolo così della base costituzionale fino a quando, con un intervento legislativo ordinario, verrà prevista e disciplinata la sua definitiva abolizione. Cosa ne pensa al riguardo?

Penso che il disegno di legge governativo sia un grave errore perché riduce gli spazi della democrazia nel nostro paese. La Costituzione italiana e il modello costituzionale di molti paesi europei prevedono che la democrazia rappresentativa espressa dal Parlamento sia integrata e arricchita da forme di democrazia sociale; cioè dalla partecipazione delle organizzazioni della società civile alla individuazione dei grandi temi economici e sociali del paese. Così si esprime l’articolo 2 della nostra Costituzione, secondo il quale la persona si realizza non solo individualmente, ma nelle diverse organizzazioni sociali al cui interno opera.

Il CNEL è la massima espressione istituzionale della democrazia sociale partecipata, perché è composto dalle rappresentanze delle maggiori organizzazioni sindacali dei lavoratori, delle imprese e del terzo settore. Nell’ultima riunione dell’assemblea dell’8 maggio u. s. il CNEL ha espresso con forza e con ampie motivazioni la propria contrarietà all’iniziativa governativa. I risultati di questo anno di lavoro mostrano che il Cnel è un luogo vivo in cui si pratica effettivamente la partecipazione dei cittadini. I dati di recente comunicati parlano da soli: due disegni di legge, 27 documenti tecnici, 155 iniziative di confronto con oltre 199 organizzazioni e 8mila cittadini, una banca dati con 888 contratti di lavoro, punto di riferimento europeo per il CESE. Inoltre, in qualità di luogo istituzionale deputato all’ascolto e al confronto dei corpi intermedi sono state svolte 53 audizioni con istituzioni pubbliche e private sui temi quali la logistica (27), politica industriale (12), politica fiscale e tributaria, (1), pari opportunità (13).

Tali audizioni, realizzate su richiesta delle forze produttive e sociali, sono finalizzate all’elaborazione di proposte di legge e di rapporti tecnici sulle materie oggetto d’interesse da parte delle organizzazioni rappresentate al Cnel, com’è avvenuto con la costituzione del primo Forum nazionale per la parità di genere.

Il CNEL ha dunque le carte in regola, di diritto e, di fatto, per esistere e per agire. Per questo motivo ritengo che il punto non è di abolire un organismo che oltretutto opera ovunque in Europa, ma di farlo funzionare al meglio al servizio dei cittadini.

 

In varie occasioni lei ha parlato di un “nuovo” Cnel. Potrebbe spiegarci a quali innovazioni si riferisce e quindi le conseguenti differenze rispetto al passato?

Il Cnel non si è limitato a opporsi alla iniziativa legislativa del governo. Ha mostrato di essere capace di rinnovarsi non solo per migliorare il proprio funzionamento interno, ma anche per rispondere alle nuove esigenze della società italiana. Sono diverse le iniziative che caratterizzano il nuovo CNEL. Anzitutto l’apertura a nuove aree di rappresentanza non previste nella legge del 1986: in particolare la consulta del lavoro autonomo e delle nuove professioni, le quali costituiscono una parte crescente del lavoro futuro e abbisognano di nuove tutele e sostegni.

Una seconda iniziativa consiste nell’avvio di consultazioni pubbliche ai cittadini su argomenti centrali di interesse pubblico, a cominciare da quella lanciata a febbraio scorso sul futuro dell’Europa in vista anche delle prossime elezioni del Parlamento europeo.

Inoltre l’assemblea del Cnel ha deciso di riprendere l’iniziativa di fare proposte legislative su temi del lavoro e dell’economia; iniziativa finora poco praticata ma prevista dalla nostra legge istitutiva.

 

Negli ultimi mesi il Cnel ha presentato delle proposte legislative riguardanti l’istituzione presso il Cnel stesso, del Comitato Nazionale per la Produttività ovvero quella concernente il Codice Unico dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Quali sono i punti salienti dei due D.d.L. in oggetto?

Abbiamo deciso di incentrare la nostra prima attività di proposta legislativa su due temi diversi ma entrambi importanti. Il primo è di prevedere l’introduzione di un codice unico per i contratti collettivi nazionali che individui in modo certo i contratti collettivi depositati nell’archivio del Cnel e che valga anche per tutte le istituzioni che utilizzano in vario modo tali contratti, dall’Inps e Ministero del Lavoro, all’Agenzia delle entrate.

La previsione di un codice unico serve anzitutto a chiarire lo stato di ogni contratto, stabilendo in modo certo la sua vigenza e evitando sovrapposizioni fra diversi testi. Questo è un compito di semplificazione molto utile perchè dà certezza a tutti gli utenti.

Oltre a svolgere questo compito di semplificazione, l’introduzione del codice unico serve a facilitare i controlli sulla qualità dei contratti; perché se, ad esempio, si riscontra che il contratto collettivo con un certo codice riferito al settore alimentare viene applicato da una azienda che svolge attività di trasporto, tale discrepanza tra il codice del contratto e l’attività svolta dalla impresa rivela una anomalia sospetta, cioè la possibile adozione di un contratto contenente condizioni al ribasso rispetto a quello corrispondente alla attività della impresa.

Il secondo disegno di legge prevede l’introduzione presso il Cnel di un Comitato nazionale per la competitività secondo le indicazioni della Unione Europea. Questa raccomandazione europea chiede a ogni paese che il tema competitività, decisivo per le nostre economie (quella dell’Italia in primis che ha una debole competitività) sia oggetto di analisi congiunta da parte di tutti gli attori sociali e istituzionali in modo da individuare soluzioni condivise utili a suggerire interventi appropriati del legislatore.

La Commissione europea giustamente prevede che tali analisi della competitività vengano svolte in un luogo indipendente e non in sedi governative. Per questo noi ci siamo candidati in quanto organismo indipendente che raccoglie i principali protagonisti della vita economica e sociale italiana. E, per la nostra esperienza, siamo in grado di mettere insieme per questo lavoro comune, con la nostra regia, tutti anche gli interlocutori istituzionali che si occupano in vario modo dell’argomento: dall’Istat, alla Banca d’Italia, ai ministeri economici.

 

Presidente, un importante lavoro è stato sviluppato con attenzione particolare alle tematiche europee, attraverso una consultazione pubblica sul futuro dell’Europa e con un documento di chiusura. Quali sono i passaggi fondamentali di questo documento e cosa è emerso dal sondaggio?

La consultazione pubblica lanciata nello scorso febbraio si basa su un questionario riguardante le principali tematiche europee, suggerito dal CESE e integrato dal Cnel. Il questionario è stato distribuito attraverso le organizzazioni presenti nel Cnel che lo hanno diffuso tra le loro componenti e attraverso molte scuole seguendo le indicazioni del Ministero della pubblica istruzione.

Nei due mesi in cui è durata la consultazione sono arrivate oltre 13.500 risposte, un numero assolutamente eccezionale e molto più alto di quello raggiunto da consultazione analoghe svolte in altri paesi europei. È significativo che le risposte denotano una buona conoscenza delle questioni europee e la consapevolezza della posta in gioco di queste elezioni per il Parlamento europeo.

Mostrano inoltre quanto siano alte le aspettative dei cittadini, in particolare dei giovani, soprattutto sulle questioni sociali e del lavoro. I cittadini si aspettano che l’Europa non solo riprenda la crescita e il suo ruolo nel mondo, ma dia risposte concrete ai bisogni sociali più gravi, in particolare quelli dell’occupazione, dei salari e della qualità della vita.

Le risposte denunciano la discrepanza tra le grandi aspettative suscitate dalle promesse e dagli stessi documenti europei e i risultati non soddisfacenti realizzati su questi temi. Tutti i commenti, che noi abbiamo discusso al Cnel, anche con la presenza del prof. Prodi, rilevano come proprio questa sfasatura tra grandi promesse e insufficienti risultati sia uno dei motivi della disaffezione crescente verso l’Europa e spesso anche delle reazioni antieuropee diffuse in molti paesi, fra cui l’Italia.

Il documento del Cnel “Unire l’Europa per cambiarla” di recente approvato, è stato condiviso dalle 38 forze sociali e produttive rappresentate nel Consiglio e raccoglie anche le idee di un più ampio numero di associazioni che lo hanno discusso con noi. L’appello sottolinea anzitutto come queste elezioni segnino un passaggio cruciale per il futuro dell’Europa. Per questo contiene un forte invito ai cittadini ad andare al voto e ad informarsi per avere piena consapevolezza della posta in gioco.

Secondo il Cnel, l’Europa deve fare un salto di qualità e innovare le proprie politiche economiche e sociali non solo per mantenere un ruolo nella competizione mondiale, ma anche per poter difendere le grandi conquiste sociali fin qui raggiunte per i suoi cittadini e gli stessi valori di cui è portatrice, valori di democrazia, di solidarietà e di cultura. Per raggiungere questi obiettivi l’Europa deve accelerare il processo della sua integrazione non solo economica ma anche sociale e istituzionale. Solo se si è più uniti si può essere all’altezza delle sfide globali.

Il documento del Cnel si conclude con 10 proposte prioritarie: più investimenti e innovazione per un modello di sviluppo sostenibile; l’aumento graduale di risorse dell’Unione al 3% del PIL per progetti comuni sulle priorità economiche e sociali decise dal parlamento europeo senza comportare aggravi a carico di lavoratori e imprese; un social compact europeo: contrasto alle diseguaglianze e alle povertà, reddito minimo, indennità europea di disoccupazione, lotta al dumping contrattuale, gestione europea delle migrazioni, un anno di Erasmus per tutti i giovani europei: studio, servizio civile, inserimento al lavoro; un piano europeo per la formazione continua e digitale; l’avvio dell’armonizzazione fiscale e fiscalità comune per grandi progetti strategici; un’accelerazione del processo di integrazione politica: elezione del parlamento europeo e attribuzione di pieni poteri legislativi al Parlamento stesso; il potenziamento del dialogo sociale e sostegno alla contrattazione collettiva europea; promozione di consultazioni dirette dei cittadini e riconoscimento ad essi del potere di petizione verso le istituzioni europee.

 

Il Cnel è un organo costituzionale, forte strumento di democrazia partecipata e rappresentativa in linea con i prìncipi e i dettami della Costituzione. Sulla base di questi elementi inoppugnabili, lei non pensa che questi attacchi, reiterati negli ultimi anni, siano volti essenzialmente a ridurre la partecipazione dei soggetti rappresentativi nel dibattito politico-economico e sociale?

L’attacco che viene dalla proposta legislativa del governo non è diretto solo al Cnel ma ai principi di democrazia sociale che ispirano la sua esistenza. Lo si vede dalle stesse motivazioni addotte dai proponenti secondo cui fra rappresentanza parlamentare e democrazia diretta non deve esistere nessuna forma di partecipazione sociale. Questo è sbagliato perché cosi si creerebbe un vuoto pericoloso per la tenuta e per la coesione sociale.

Non a caso il medesimo atteggiamento negativo del governo si riscontra nei rapporti con le parti sociali. Questi sono ridotti al minimo e spesso sono impostati senza tener conto della reale rappresentatività degli interlocutori, convocando decine di organizzazioni a tavoli di incontro che per ciò stesso si mostrano poco produttivi e fuorvianti.

 

Può illustrarci il lavoro svolto dal Cnel in quest’ultimo anno e mezzo e quale è stato il contributo delle parti sociali sia in termini di presenza che di contenuto?

Il lavoro svolto dal Cnel in questo anno, come ho già indicato, è stato molto intenso e ha toccato punti fondamentali per la nostra società. Va sottolineato che la partecipazione dei consiglieri, scelti per le loro competenze specifiche, è stata non solo garantita nelle riunioni dell’assemblea, ma molto fattiva anche nelle diverse commissioni in cui si articola l’attività del Consiglio. Queste si riuniscono settimanalmente per approfondire i diversi settori di attività: economico, sociale, internazionale, contrattuale e del mercato del lavoro.

Oltre alle commissioni istituzionali coordinate dai due vicepresidenti (Gianna Fracassi e Elio Catania) operano altri gruppi tematici: oltre a quello sul lavoro autonomo già ricordato: un gruppo sui problemi delle migrazioni, un forum sulla parità di genere; un gruppo sull’invecchiamento attivo, un gruppo di ricerca sui BES e uno sulla valutazione delle politiche pubbliche nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, uno sulla bilateralità. Il proficuo lavoro delle commissioni e dei gruppi è testimoniato da diversi pregevoli documenti di approfondimento che sono stati ampiamente diffusi e presentati anche in Parlamento in occasione di varie audizioni, a testimonianza della attenzione che ci viene riservata in quella sede.

 

Presidente, lei ha svolto numerosi incarichi nella sua vita professionale: da professore ordinario di diritto del lavoro, Ministro dei Trasporti a Ministro del Lavoro, solo per citarne alcuni. Dal 2017 è Presidente del Cnel, come vive questo incarico rispetto a quelli ricoperti in precedenza?

Quella del Cnel è per me una esperienza diversa da tutte le altre, non solo da quelle accademiche, ma anche da quelle parlamentari e di governo.

È una posizione istituzionale di grande prestigio che richiede non meno impegno personale, ma più equilibrio di giudizio perché deve valutare tutte le posizioni rappresentate nel Consiglio che coprono l’intero spettro della società italiana. Personalmente ho sempre creduto alla concertazione sociale e ho cercato di praticarla anche nelle mie precedenti posizioni. Ma al Cnel sono chiamato a vederla e a svilupparla in tutte le sue manifestazioni, più che in ogni altro compito da me svolto finora. Sto verificando qui più che mai la complessità degli assetti sociali del nostro paese e la difficoltà di tenerne conto non solo per semplificarli ma per trarne motivi di arricchimento. Trovare sintesi utili fra le diverse posizioni è un compito difficile, il più difficile da svolgere, non solo per me. Ma vale la pena di impegnarsi ogni giorno per ricercare punti di equilibrio possibilmente ‘in avanti’.

Non basta che ci si provi nel Cnel: è un compito da svolgere quotidianamente, da tutti quelli, singoli e organizzazioni, che hanno qualche responsabilità sociale.

 

 

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