Decreto Legge Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di
specifiche situazioni di crisi (dl 34/2019)
MAGGIO 2019
Sindacale
Decreto Legge Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi (dl 34/2019)
di   Valutazioni Uil

 

Il parere della Uil inerente il “Decreto Crescita” tiene conto dello scarso apporto alla crescita economica già prevista dallo stesso Esecutivo nella stesura del DEF; la scarsa dotazione di risorse del provvedimento non può che pregiudicarne infatti l’efficacia. A nostro avviso il Decreto contiene provvedimenti più simili “ad accorgimenti”: una sorta di manutenzione dell’esistente con piccole modifiche del tutto insufficienti a rilanciare con forza la ripresa economica. In sintesi il Decreto non dà quelle risposte utili per affrontare i tanti nodi che attanagliano il nostro sistema produttivo.

Non esistono sostanziali novità in termini di politica industriale: l’Italia, infatti, continua a non avere una governance chiara e definita in materia di politica industriale che faccia da raccordo fra la “Strategia di Specializzazione Intelligente” ed i vari attori istituzionali e non, locali e nazionali, amministrativi e finanziari. Per rimettere in moto la crescita a livelli comparabili con gli altri Paesi leader della zona euro, e non come previsto per la nostra economia, occorrono due interventi prioritari: da una parte l’aumento degli investimenti pubblici e semplificazione e certezza legislativa in grado di attrarre gli investimenti privati, dall’altra ridurre il carico fiscale su salari e pensioni.

Come rilevato anche qualche settimana fa dall’OCSE, l’Italia tra i Paesi più industrializzati è quello dove il costo del lavoro è più alto non per i salari netti, che restano tra i più bassi d’Europa, bensì per l’enorme carico fiscale che pesa sulle buste paga. Nel nostro Paese gli investimenti pubblici sono in caduta libera: dal 2013 al 2018 si è passati da investimenti pubblici pari a 41,1 miliardi di euro a 34,2 miliardi di euro.

Per questo chiediamo al Governo ed al Parlamento, un cambiamento di rotta mettendo in campo un piano di investimenti che possa contemplare un aumento dello 0,5% del PIL ogni anno nei prossimi 5 anni. Serve modificare la Legge sul pareggio di Bilancio delle Regioni così che possano spendere le risorse che le stesse hanno a disposizione ad iniziare dall’accelerazione della spesa dei Fondi Strutturali Europei e del Fondo Sviluppo e Coesione. Contestualmente, occorre aprire una seria discussione in Europa per lo scomputo degli investimenti pubblici dal deficit, ad iniziare dal non considerare deficit il cofinanziamento nazionale dei Fondi Strutturali Europei.

Dunque, a fianco all’aumento degli investimenti pubblici, occorre procedere con una riforma fiscale complessiva, improntata sul valore della progressività che diminuisca il carico fiscale su salari e pensioni. Senza il recupero del potere di acquisto dei salari e delle pensioni l’economia rischia di non ripartire; questo, dal momento che la grande maggioranza del nostro sistema produttivo ed industriale si rivolge alla domanda interna.

E la flat tax non può essere certo la risposta, in quanto essa non servirà a dare equilibrio ed equità al nostro sistema fiscale ma, al contrario, per produrre più squilibri e più iniquità perché, di fatto, introdurrà nel nostro sistema fiscale un ulteriore regime di tassazione e finirà per favorire le fasce più alte di reddito.

Occorre concentrare gli sforzi sul contrasto all’economia sommersa e all’illegalità, con l’intento di far emergere in modo strutturale la base imponibile e la corretta concorrenza. Su questo versante, sarà cruciale la messa in campo di una reale e forte volontà politica di contrasto all’evasione, superando la politica dei condoni che, troppo frequentemente, in questi anni, sono stati presentati come una soluzione alla lotta all’evasione, non ultimo il condono fiscale che riguarda le tasse locali. Quanto al cosiddetto provvedimento “Salva Roma”, è evidente che vadano aiutati tutti i Comuni in difficoltà finanziaria, pur ritenendo che la Capitale d’Italia debba avere uno status speciale e di conseguenza finanziamenti adeguati al suo ruolo. Il tema del Mezzogiorno è particolarmente trascurato. Non si può parlare di crescita del Paese se non cresce a ritmi sostenuti il Sud.

Fatta eccezione per le ZES, che comunque potranno definirsi tali solo quando avranno un’effettiva fiscalità di vantaggio e non meri incentivi agli investimenti, il Decreto Crescita non prevede alcun intervento. Per questo la UIL popone forme di fiscalità di vantaggio che operino anche sul sistema della fiscalità locale (IRAP, Addizionali Irpef, Bollo Auto, IMU, TARI, TOSAP, ecc.) sul modello di quanto concesso dall’Unione Europea alle Azzorre. Inoltre, siamo particolarmente stupiti della mancata proroga del credito di imposta per gli investimenti in beni strumentali al Sud fino 2023.

Quanto alla riclassificazione del Fondo Sviluppo e Coesione è condivisibile il principio, ma essa non dovrà essere motivo per ritardare ulteriormente la spesa di investimenti nel Paese e, soprattutto nel Mezzogiorno. Si deve evitare che la riclassificazione sia l’occasione, come spesso è accaduto nel passato, di fare “cassa” con le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, o per non rispettare il vincolo di territorialità di impiego di tale Fondo.

Noi, per parte nostra, vigileremo attentamente perché ciò non accada e chiediamo al Parlamento di fare altrettanto con monitoraggi continui per il rispetto della clausola di impiego dell’80% delle risorse al Mezzogiorno. Inoltre chiediamo al Governo e al Parlamento di mettere rimedio al pasticcio sulla decontribuzione per le assunzioni al Sud.

Infatti, queste partono dal mese di maggio 2019 e non dal primo gennaio, come previsto dalla Legge di Bilancio e inoltre la dotazione finanziaria non è sufficiente a coprire la domanda con il rischio di esaurire le risorse nei prossimi due mesi. Insomma, dopo gli annunci roboanti in tema di decontribuzioni al Sud, la montagna ha partorito il topolino. Infine, riteniamo fondamentali investimenti strumentali e in risorse umane per migliorare la capacità amministrativa della pubblica amministrazione nazionale e locale per un’efficace erogazione degli investimenti, un migliore utilizzo delle risorse ordinarie e dei Fondi Strutturali Europei e come presidio sociale nel territorio.

Investire nel capitale umano è precondizione per stimolare gli investimenti pubblici e privati, soprattutto nel Mezzogiorno. Il Decreto, da questo punto di vista dà una parziale risposta ad un piano straordinario di assunzioni che vada oltre il solo turn over, al fine di favorire il necessario ricambio generazionale e, quindi, l’allineamento dell’età media della popolazione lavorativa della Pubblica Amministrazione ai livelli europei. Vanno poi trovate adeguate risorse per il rinnovo dei contratti nella pubblica amministrazione scaduti lo scorso dicembre.

 

Nel merito dei singoli provvedimenti riteniamo che:

- in tema di impresa 4.0, accogliamo favorevolmente la reintroduzione del super ammortamento dei beni strumentali al 130% che a nostro avviso andrebbe reso strutturale insieme all’iper ammortamento che invece non è stato prorogato. Per rilanciare e rafforzare il Piano Impresa 4.0 servono misure a sostegno della conoscenza, quali Competence Center e cluster tecnologici, in supporto alla cooperazione tra imprese e centri di ricerca. A tal fine è utile e necessario rendere strutturale l’attuale Credito di Imposta Ricerca, in scadenza al 2020, per consentire una pianificazione di medio e lungo periodo, rispristinando i massimali di intensità di aiuto tagliati con le Legge di Bilancio del 2019. Sempre in abito impresa 4.0 ed in generale come strumento di coordinamento delle politiche industriali e di sviluppo sarebbe necessario il riprestino di un confronto permanente fra Governo e Parti Sociali;

- ancorché condivisibile l’intento del Governo per il rafforzamento della capitalizzazione delle PMI riteniamo del tutto insufficienti le risorse stanziate ed inefficaci gli strumenti previsti. La Uil propone di ripristinare l’ACE quale strumento di agevolazione per la ricapitalizzazione delle imprese. Anche in merito alla riforma della Nuova Sabatini, apprezzando l’eliminazione del tetto massimo di rifinanziamento e le nuove modalità di erogazione, confermiamo un giudizio critico ritenendolo parziale. Giudichiamo interessante il ripristino di uno strumento legislativo in favore dell’aggregazione fra imprese;

- sulla tutela del Made in Italy e quindi sui due provvedimenti inerenti il Registro dei Marchi Storici di Interesse Nazionale e la tutela dell’Italian Sounding, pur condividendo le intenzioni del legislatore, come Uil riteniamo tali misure ancora insufficienti e bisognose di un confronto con le Parti sociali al fine di renderle davvero efficaci. Per quanto riguarda, in particolare, la tutela dei Marchi Storici consideriamo essenziale rendere obbligatoria, per le aziende in possesso dei requisiti, l’iscrizione al Registro dei Marchi Storici di Interesse Nazionale. Giudichiamo, invece, positivamente l’attenzione posta nei confronti dei consumatori e, da questo punto di vista, riteniamo importante prevedere, oltre ad ulteriori incentivi, che nei casi in cui il territorio di produzione sia parte integrante del marchio storico tale specifica abbinata al marchio debba decadere d’ufficio allorquando venga posta in atto una delocalizzazione anche interna al territorio nazionale;

- rispondono ad una nostra sollecitazione gli interventi riguardanti il sostegno al reddito dei lavoratori sia nella aree delle crisi complesse sia per quelli riguardanti la chiusura della E45. Tuttavia, in tema di aree di crisi complessa, riteniamo fondamentale il coinvolgimento delle Parti Sociali per modernizzare questo strategico strumento di politica industriale;

- gli interventi in materia di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile coniugano due importanti esigenze ambientali e sociali di utilizzo del Fondo Sviluppo e Coesione a favore dei Comuni per la manutenzione degli edifici pubblici, l’illuminazione pubblica e la mobilità sostenibile;

- apprezzabili, ma ampiamenti insufficienti per far ripartire l’edilizia, il settore più colpito dalla crisi, sono gli interventi riguardanti il rifinanziamento del Fondo di Garanzia per l’acquisto della prima casa e gli incentivi in materia di prevenzione antisismica e di efficientamento energetico privato.

 

 

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