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FEBBRAIO 2018

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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di Roma n.° 402 del 16.11.1984

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GENNAIO 2018

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SOMMARIO

Il Fatto
- Ridata dignità al lavoro pubblico - di A. Foccillo
- Intervista a Carmelo Barbagallo Segretario generale UIL. Le parti sociali devono poter contrattare le condizioni di lavoro e le retribuzioni. - di A. Passaro
- Intervista alla Ministra Valeria Fedeli. Il governo ha voluto riconoscere dignità e centralità ad settore fondamentale per il nostro Paese. - di A. Foccillo

68 anni di Uil
- Per i sessantotto anni della Uil - di P. Saija

Sindacale
- Dopo Alcoa, un epilogo positivo per Ilva - di R. Palombella
- Il contratto è stato rinnovato avendo come principio ispiratore questo modello di scuola: una istituzione costituzionale - di P. Turi
- Rinnovo CCNL Istruzione e Ricerca Settori Rua (Ricerca, Università, Afam). - di S. Ostrica
- Apprendistato di I e III livello nell’artigianato: occasione per una riflessione sul lavoro artigiano - G. Briano

Attualità
- Il nuovo contratto Istruzione e Ricerca. Uno strumento di tutela per i lavoratori e di rilancio del ruolo delle rappresentanze sindacali e della contrattazione. - di A. Foccillo
- La situazione della vertenza sul personale delle società partecipate - di A. Fortuna
- Visite fiscali nel pubblico impiego - di S. Tucci

Società
- Quello che ci manca è un rinnovato impegno politico L’indagine del Rapporto Censis – di P. Nenci

Agorà
- Piccoli comuni patrimonio straordinario del nostro Paese - di M. Novelli

Cultura
- Excursus sull’Antisemitismo – di B. Francia
- Claude Monet - di M. Dolores Picciau

Inserto
- Tre testimoni per la libertà e la giustizia - di P. Nenci

 

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EDITORIALE

Ridata dignità al lavoro pubblico

di Antonio Foccillo

Si sono concluse, finalmente, le trattative per la sottoscrizione dei contratti dei quattro comparti del pubblico impiego. Per adesso uno solo è definitivo, quello delle funzioni centrali. Gli altri tre sono le pre-intese che dopo la ratifica dei comitati di settore e della Corte dei Conti saranno sottoscritti definitivamente.

È stata una lunga maratona che ha tagliato il traguardo dopo dieci anni, infatti, l’ultimo contratto fu sottoscritto nel 2008, biennio 2008/2009. Purtroppo, a partire dal governo Berlusconi i contratti furono bloccati dal 2010. Successivamente il governo Monti, con un decreto li sospese dal 2011 al 2013. La legge di stabilità del governo Letta ha proseguito il blocco fino alla fine del 2014, che è proseguito con il governo Renzi per tutto il 2015.

A scardinare questa situazione cominciò la Corte Costituzionale che ritenne il blocco dei contratti a partire da luglio del 2015 illegittimo, perché come aveva già statuito in precedenza poteva essere considerato legittimo solo per un breve periodo (1).

Su questa sentenza si espressero molti dubbi da parte sindacale, mentre subito dopo la pronuncia cominciò il balletto delle mille interpretazioni, su come e quando avrebbe dovuto avviarsi la contrattazione. Addirittura un quotidiano sostenne che i lavoratori con il rinnovo avrebbero avuto una riduzione dello stipendio. La sentenza della Corte però confermò che il blocco dei contratti era da considerarsi una violazione della libertà sindacale e riconobbe il diritto pieno alla contrattazione, cioè non solo normativo ma anche economico.

La svolta vera, però, avvenne con l’accordo del 30 novembre 2016, che chiuse l’epoca dei lavoratori del pubblico impiego senza contratto, periodo in cui sono stati anche continuamente criminalizzati. Sindacati confederali e Governo, dopo anni di scontri, polemiche, scioperi e manifestazioni trovarono una mediazione che portò ad un accordo che per certi versi e per i contenuti può essere considerato storico. Si chiudono i dieci anni peggiori dell’attività sindacale nel pubblico impiego, mettendo fine alla riforma Brunetta che aveva riportato tutte le materie della contrattazione alla legge.

Grazie a quell’accordo, la fase dei rinnovi contrattuali del settore pubblico si può dire che ha avuto l’impulso pieno per la definizione.

Tutti questi contratti hanno avuto una gestazione difficile, in quanto almeno in due comparti si sono dovute rendere omogenee, passando dai dieci precedenti ai quattro odierni, disposizioni contrattuali diverse. Ognuno, tuttavia, ha mantenuto la sua specificità, pur avendo delle parti comuni, soprattutto quelle che fanno riferimento all’accordo del 30 novembre che vanno: dagli aumenti uguali per tutti i comparti e che sono pari a 85 euro medi alla salvaguardia del bonus di 80 euro; dal ripristino di relazioni sindacali, compresa l’amplificazione della contrattazione di secondo livello che mette fine agli atti unilaterali delle amministrazioni sulle materie contrattuali, alla nuova regolamentazione della malattia e dei permessi; dalla nascita del welfare aziendale all’istituzione della commissione paritetica che dovrà affrontare i nuovi inquadramenti professionali.

Vediamo, però, di analizzare sinteticamente le singole specificità.

1) Il contratto delle Funzioni Centrali è stato firmato definitivamente il 12 febbraio 2018. Di primaria importanza sono le parti che ripristinano le nuove relazioni sindacali, riconsegnando un ruolo di partecipazione ai lavoratori nei processi di riforma nelle varie amministrazioni. Gli incrementi economici sono in linea con l’accordo del 30 novembre e sono fatti salvi gli 80 euro del bonus Renzi. Positiva poi la possibilità di inserire nella contrattazione di secondo livello il welfare aziendale anche nel pubblico impiego. Si procederà, inoltre, immediatamente, tramite una commissione, alla definizione di un nuovo ordinamento professionale e a nuove classificazioni. Il contratto sottoscritto vale per il triennio 2016/2018. Regola turni, reperibilità, orario di lavoro e suo rispetto, orari flessibili, banca delle ore. Contiene alcune norme di civiltà, quali le ferie solidali, la parificazione delle unioni civili al matrimonio. Infine, vi sono normati i permessi e i congedi, le assenze, i permessi orari a recupero, le assenze per malattia e i diversi tipi di aspettative.

2) La mattina del 10 febbraio, dopo una maratona che va dalle 14,30 del giorno prima alle 8,00 della mattina seguente, si firma il contratto dell’Istruzione e Ricerca. Il contratto riguarda circa 1.200.000 dipendenti di Scuola, Università, Ricerca, Alta Formazione e Asi.

Di particolare rilievo sono il rilancio di relazioni sindacali piene e soprattutto a livello di singolo istituto o ente, che, con un nuovo modello di strumenti di partecipazione rispettoso delle singole specificità del nuovo comparto, permette di mettere un freno anche a possibili processi di autoreferenzialità o di decisionismo, come quelli previsti nella norma che nella scuola ha aperto le strade al principio dell’uomo solo al comando. Invece, si ristabiliscono la collegialità e la partecipazione di tutti i protagonisti del pianeta istruzione e ricerca, rafforzando anche il ruolo delle Rsu, riconoscendone la funzione originale e rilanciandone la capacità di regolamentazione nei luoghi di lavoro. Altro elemento di rilievo è l’aver salvaguardato la libertà d’insegnamento rinviando la regolamentazione delle norme disciplinari a una sequenza contrattuale, proprio per valutare con molta attenzione come tenere insieme l’esigenza di punire eventuali illeciti con il diritto dei lavoratori a che queste norme non incorrano in scelte senza motivazione oggettiva e che pertanto non ledano la libertà d’insegnamento.

3) È stato firmato nella notte 21 febbraio, dopo quasi dieci anni di attesa, l’accordo preliminare per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro degli enti locali. Tra Regioni, Comuni, Città Metropolitane e Camere di commercio sono 467mila i lavoratori interessati.

Oltre gli aumenti, il nuovo contratto porta in dote ai lavoratori locali molte novità. A cominciare dal riconoscimento storico delle funzioni di polizia locale con un’apposita sezione contrattuale che dà una risposta alle specificità e alle criticità decennali di questo settore, come ad esempio, il riconoscimento di un’indennità di funzione legata ai gradi e all’attività disagiata. Ma non solo! Viene rivista l’indennità di funzione dei vigili che sarà parametrata sia alla responsabilità del grado sia alle mansioni legate ai servizi operativi.

Di fronte al vano tentativo di mettere all’angolo il sindacato e la contrattazione collettiva nazionale si riafferma la centralità del confronto e della partecipazione. Si è allargata la platea dei diritti, quali permessi, congedi, aspettative, assenze per malattia, diritto allo studio, formazione, welfare, conciliazione vita-lavoro. Al tempo stesso si è provveduto a semplificare e rafforzare il sistema delle indennità per valorizzare le professionalità presenti all’interno delle amministrazioni

4) Dopo una trattativa non stop durata più di ventisette ore si è siglata, il 23 febbraio, la pre-intesa anche per gli operatori della sanità (infermieri, operatori sanitari e amministrativi) per il rinnovo del contratto 2016-2018. Sono coinvolti circa 550 mila lavoratori che dal primo aprile avranno 85 euro medi.

Novità importanti sul piano normativo, oltre ad aver ripristinato le relazioni sindacali con il rilancio della contrattazione di secondo livello, sono il non aver accettato le deroghe sull’orario europeo e il riconoscimento del tempo di vestizione di 15 minuti che può essere innalzato nella contrattazione aziendale. Sono stati riconosciuti anche incrementi alle varie indennità (lavoro notturno, pronta disponibilità e festivo), che dovranno essere anche esse contrattate a livello aziendale. Altra novità è la costituzione di una commissione paritetica che dovrà istituirsi dopo 30 giorni dalla firma di questa pre-intesa e dovrà entro luglio prevedere un nuovo sistema di classificazione e degli incarichi.

Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, ha dichiarato, dopo la firma di quest’ultimo contratto: “Giustizia è fatta. Finalmente, dopo circa 10 anni, sono stati ripristinati i diritti contrattuali di tutti i lavoratori del pubblico impiego. La firma per il rinnovo del Ccnl dei lavoratori della sanità, a cui si è giunti questa mattina, dopo giorni e notti trascorse al tavolo della trattativa, non era affatto scontata. Abbiamo chiesto al Governo un impegno per superare tutti gli ostacoli che si frapponevano al raggiungimento del risultato e la nostra determinazione è stata ripagata. A milioni di lavoratori che offrono servizi essenziali a tutta la cittadinanza deve essere riconosciuto il valore del loro lavoro: i contratti hanno questa funzione economica, sociale ed umana. Deroghe a questo diritto non sono più accettabili: tutti i prossimi rinnovi dovranno essere fatti entro le scadenze naturali. Questa battaglia e quella per ridurre il fisco ai lavoratori e ai pensionati saranno i nostri impegni già a partire dall’anno in corso”.

Ovviamente ci sono sigle sindacali, non confederali, che strumentalizzano in modo demagogico le sottoscrizioni dei contratti. Certo è facile dire che tutto va male ma bisognerebbe, di conseguenza, avere il coraggio di rinunciare con lettera scritta ad un contratto che non si è ritenuto degno di firma. È ora di finirla con questo andazzo, prima si denigra e poi si prende comunque il denigrato. Il problema che non si vuole capire che anche per arrivare a concludere questi contratti abbiamo dovuto lavorare molto, come si evince dalla breve sintesi, sia nei passaggi preliminari sia poi in trattativa. L’alternativa, senza la firma, sarebbe stata quella di altri dieci anni di blocco. Oggi, invece, abbiamo ripristinato la triennalità della contrattazione, ridando dignità, come gli altri lavoratori, anche ai pubblici, oltretutto con contratti che dovranno essere rinnovati al 1 gennaio del 2019. Per chi non vuole capire, abbiamo riaffermato anche la partecipazione nei luoghi di lavoro con la contrattazione di secondo livello dopo dieci anni di niente, cioè della sola informazione.

Quelli che criticano in buona fede non vanno demonizzati, anzi, bisogna parlargli per spiegare i contenuti. Non siamo pazzi né scemi come sindacalisti nazionali, affermazione ripresa dai social. Posso assicurare che è stato il massimo di quello che si poteva fare. Sono stato in trattativa ed ho sentito le valutazioni dei sindacati che non hanno firmato. Sono state anche le nostre considerazioni, cioè che sono pochi gli aumenti. Ebbene in buona fede si può dire che è stato difficile avere anche quegli aumenti, che oltretutto son in linea con quelli dei lavoratori privati. Tutti dovremmo ricordare che dopo la sentenza della Corte Costituzionale erano stati previsti nella legge di stabilità la bellezza di dieci euro.

Ho letto dichiarazioni di fuoco, violente ed offensive che dimostrano che esistono tanti fomentatori di odio, che si amplificano proprio nei social. Sono un laico. Amo il dubbio, la tolleranza ed il rispetto del pensiero altrui. Nonostante ciò quello che non accetto è l’odio, l’intolleranza e la violenza anche parolaia. L’ho già sperimentato personalmente all’epoca della Br, come altri, che in più rispetto a me ci hanno rimesso anche la vita.

Stiamo attenti! Non ripetiamo gli anni bui della nostra Repubblica. Ricreiamo, invece, condizioni in cui la dialettica democratica, il piacere del confronto non siano seppelliti dall’affermazione della propria supremazia. La storia è ricca di questi momenti che hanno prodotto lutti e guerre. Riflettiamoci e riprendiamo il cammino per rilanciare una società solidale, coesa e piena di umanità. Dietro ad ogni risultato ci sono sacrifici, confronti anche aspri, ma sempre rispettosi dell’altro, mai visto come un nemico ma come un interlocutore. E soprattutto si considera la conclusione di qualsiasi negoziato quando si è convinti che quello che si è raggiunto è il massimo.

Riaffermiamo la cultura laica, l’unica che può fare grande una società.

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1) Questo è il comunicato ufficiale : “La Corte Costituzionale, in relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze R.O. n. 76/2014 e R.O. n. 125/2014 ha dichiarato, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato. La Corte ha respinto le restanti censure”.

 

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L'INTERVISTA

Le parti sociali devono poter contrattare le condizioni di lavoro e le retribuzioni. Intervista a Carmelo Barbagallo, Segretario generale Uil

di Antonio Passaro

Quando i lettori sfoglieranno queste pagine, ci sarà già stato il verdetto delle elezioni politiche. Non abbiamo potuto attendere l’esito: ne parleremo nel prossimo numero. Intanto, mentre eravamo in stampa, c’è stato un grande evento sindacale di cui, invece, vorremmo già dare conto sin da ora. Mentre a Torino si svolgeva una storica assemblea unitaria dei metalmeccanici del capoluogo piemontese su crisi industriali ed Embraco, a Roma, al ministero delle Attività produttive, si teneva un incontro per salvare i circa 500 lavoratori dell’azienda del Gruppo Whirlpool. Tu, Barbagallo, unico segretario generale confederale nazionale presente all’iniziativa, hai raccontato in diretta gli esiti dell’incontro romano. Vuoi ripercorrere quei momenti?

E' stato un vero e proprio filo diretto tra Roma e Torino. Un frenetico scambio di telefonate, di whatsapp e di email tra i delegati presenti ai due incontri ha caratterizzato l’intera mattinata, fino alle conclusioni dell’assemblea. Ci avevano proposto un verbale che portava la scadenza della procedura al 30 novembre e l’accettazione dei licenziamenti a quella data. Noi non siamo stati disponibili. Il verbale, dunque, è stato cambiato e ci si è dato tempo per avviare la procedura fino alla fine dell’anno, ma da parte nostra non c’è stata, comunque, l’accettazione automatica dei licenziamenti. Insomma, abbiamo acquistato il tempo necessario a discutere, a trovare le soluzioni utili a salvare i posti di lavoro e a individuare progetti alternativi che non siano basati sul nulla. Nel corso del mio intervento dal palco, mi sono rivolto direttamente ai lavoratori dell’Embraco, ringraziandoli e confermando loro la nostra incondizionata solidarietà: hanno fatto di tutto, hanno incontrato e coinvolto tutti, portando all’attenzione della collettività un argomento importante. Il punto è sempre lo stesso: purtroppo, le multinazionali continuano a scorrazzare per l’Europa, senza che vi siano regole precise. Se una multinazionale decidesse di delocalizzare, bisognerebbe colpirli nel portafoglio e farsi restituire tutti i benefici economici ottenuti dal territorio e dallo Stato che intendono abbandonare. Il prossimo 9 marzo al ministero delle Attività produttive ci sarà un incontro proprio su questi temi, sollecitato dalla Confederazione europea dei Sindacati, al quale, ovviamente, parteciperemo anche noi che, da tempo, stiamo sollevando questo problema.

Il mese di febbraio, appena trascorso, è stato davvero molto produttivo. Dopo circa un paio d’anni, si è finalmente concluso il percorso per la riforma delle relazioni industriali e del modello contrattuale. Il documento rilancia il valore delle relazioni industriali. Il testo è stato condiviso dai tre Segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e dal Presidente di Confindustria e sarà sottoposto, nei prossimi giorni, alla valutazione degli organismi delle tre Organizzazioni sindacali. L’accordo sarà firmato al termine di questa verifica nel pomeriggio del 9 marzo. Come giudichi il conseguimento di tale traguardo?

La condivisione tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria del testo conclusivo sulla riforma del sistema contrattuale è un risultato davvero importante. Il documento coniuga il rispetto delle specificità categoriali con la volontà e la capacità di stare al passo delle innovazioni industriali ed economiche. Si punta alla valorizzazione del lavoro, alla crescita del potere d’acquisto dei lavoratori e allo sviluppo. In particolare, va sottolineata la disponibilità di Confindustria a una riforma fiscale che riduca il peso della tassazione a partire dai salari dei lavoratori. In questo primo scorcio del 2018, dopo anni di impegni e di lotte dei lavoratori, grazie all’azione unitaria del sindacato, abbiamo raggiunto due grandi traguardi: il rinnovo di tutti i contratti del pubblico impiego e la riforma delle relazioni sindacali e del sistema contrattuale. Tutto ciò è la testimonianza di quanto sia decisiva per il futuro del Paese la centralità del mondo del lavoro.

L’altro grande risultato raggiunto, lo hai appena accennato, è il rinnovo di tutti i contratti del pubblico impiego. Dopo dieci anni, si è finalmente posta fine a un’ingiustizia che ha colpito tutti i lavoratori della pubblica amministrazione. Sono stati ripristinati i diritti contrattuali di milioni di lavoratori

Sì, finalmente! Giustizia è fatta. Dopo circa 10 anni, sono stati ripristinati i diritti contrattuali di tutti i lavoratori del pubblico impiego. Peraltro, i rinnovi dei Ccnl dei lavoratori di tutti e quattro i comparti, conseguiti, in questi ultimi mesi, dopo giorni e notti trascorsi ai tavoli delle trattative, non erano affatto scontati. Abbiamo chiesto al Governo un impegno per superare tutti gli ostacoli che si frapponevano al raggiungimento del risultato e la nostra determinazione è stata ripagata. Solo così è stato possibile onorare il fondamentale accordo quadro del novembre 2016, punto di riferimento in questa vicenda. A milioni di lavoratori che offrono servizi essenziali a tutta la cittadinanza deve essere riconosciuto il valore del loro lavoro: i contratti hanno questa funzione economica, sociale ed umana. Deroghe a questo diritto non sono più accettabili: tutti i prossimi rinnovi dovranno essere fatti entro le scadenze naturali. Questa battaglia e quella per ridurre il fisco ai lavoratori e ai pensionati saranno i nostri impegni principali già a partire dalle prossime settimane.

Per iniziare il percorso congressuale, che ti vedrà impegnato nei prossimi mesi in confronti diretti con decine di migliaia di attivisti della Uil, hai scelto lo stabilimento Leonardo di Pomigliano: c’erano quasi mille lavoratori. Quali temi hai affrontato? 

In una realtà come quella, il tema del rapporto tra lavoro e tecnologia è ineludibile. Noi non ci sottraiamo all’innovazione tecnologica. Vogliamo stare dentro i processi dell’industria 4.0 e di incremento della produttività, ma occorre puntare sul benessere lavorativo, ovunque. Da questo punto di vista, pure in realtà di eccellenza si può e si deve migliorare, a partire anche dagli investimenti su nuovi prodotti. Ho parlato, poi, di contrattazione e fisco. Contratto nazionale e contratto aziendale sono due pilastri irrinunciabili per tutelare i lavoratori e per garantire la crescita del potere d’acquisto, necessaria a far ripartire la domanda interna e l’economia nazionale. Inoltre, questo sarà l’anno per una battaglia per ridurre il fisco a tutti i lavoratori e pensionati: ho trovato grande attenzione ed enorme disponibilità a seguirci su questo terreno da parte di tutti i lavoratori. Infine, rivolgendomi in particolare ai delegati delle altre organizzazioni sindacali, invitati a partecipare all’iniziativa, ho ribadito il valore strategico dell’unità sindacale: dobbiamo essere uniti, perché solo così possiamo dare forza alle nostre rivendicazioni e accrescere le nostre conquiste.

Continuiamo a parlare di industria del futuro. Se ne è discusso, sempre a febbraio a Torino, a un convegno al quale voi tre leader di Cgil, Cisl, Uil avete partecipato insieme al Presidente del Consiglio, Gentiloni, ai ministri Padoan e Calenda, ai vertici delle principali Associazioni datoriali e a professori universitari ed esperti. Quali indicazioni hai dato nel tuo intervento?

La Uil ritiene che sia fondamentale fare investimenti pubblici e privati e realizzare tutte le infrastrutture necessarie a favorire il consolidamento dell’impresa 4.0 per creare le condizioni di un duraturo sviluppo economico e sociale. Bisognerà, però, fare anche un accordo con Confindustria per gestire gli eventuali effetti occupazionali: in quelle realtà interessate ai cambiamenti dettati dall’innovazione, occorrerà puntare a una riduzione mirata dell’orario di lavoro. Se non si farà come in Germania, il rischio è che in alcuni settori potrebbero esserci gravi ripercussioni occupazionali. Inoltre, sono necessari anche incrementi salariali perché, se non si ridistribuisce la ricchezza, non aumenta il potere di acquisto e le imprese che lavorano per il mercato interno non si risollevano. Le parti sociali devono poter contrattare le condizioni di lavoro e le retribuzioni, a maggior ragione in presenza delle nuove tecnologie che devono aiutare la produzione, ma anche garantire il benessere dei lavoratori.

Cambiamo argomento. Abbiamo assistito, in questi ultimi tempi, a vicende drammatiche di violenza, generati da rigurgiti razzisti e pseudo ideologici. È stata così organizzata una manifestazione a Roma, “Mai più fascismi, mai più razzismi”, promossa da 23 associazioni, tra le quali anche Cgil, Cisl, Uil. Vuoi sintetizzare le ragioni della tua presenza al corteo?

Abbiamo partecipato a questa iniziativa perché, oggi, dobbiamo lottare contro i fascismi e i nazismi che si riaffacciano, contro le xenofobie, ma anche contro tutte le violenze, comprese quelle pseudo antifasciste che, purtroppo, si sono manifestate in questi giorni. Bisogna smetterla di soffiare sul fuoco. Il Sindacato, così come è stato al tempo del terrorismo, deve essere baluardo della democrazia nel nostro Paese.

Un’ultima domanda. è partita l’unificazione dei servizi della Uil anche a livello territoriale. A tal proposito, si è svolta una Conferenza unificata dei servizi a Firenze, proprio per annunciare questa decisione da parte della Toscana. È un percorso che dovrà riguardare tutti?

Dobbiamo fare sinergia per dare più servizi di qualità ai nostri lavoratori, ai pensionati, ai giovani e ai cittadini e anche per fare spending review, vista la costante riduzione delle risorse a disposizione per questi servizi. La Toscana ha iniziata per prima ed è a buon punto, dunque. Stiamo pensando di procedere così dappertutto. Peraltro, si tratta di un’esperienza che abbiamo già fatto a livello nazionale dove, in un solo edificio operano tutti i nostri servizi. In questo modo, un cittadino che si rivolge a noi, non deve girare per differenti sedi: trova tutto nello stesso luogo. Se si facesse così anche nelle pubbliche amministrazioni, sarebbe un buon risultato.

 

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L'INTERVISTA

Il governo ha voluto riconoscere dignità e centralità ad un settore fondamentale per il nostro Paese. Intervista alla Ministra Valeria Fedeli

di Antonio Foccillo

Dopo dieci anni si è rinnovato il contratto della scuola: quali sono a suo parere gli aspetti più importanti

"Intanto, la prima cosa importante è il fatto stesso, come giustamente ha ricordato, che dopo dieci anni di mancati rinnovi sia stato sottoscritto il contratto. Il secondo aspetto importante è che quello siglato il 9 febbraio scorso è il primo contratto collettivo nazionale di lavoro per il neonato comparto ‘Istruzione e Ricerca’, che riguarda 1,2 milioni di lavoratrici e lavoratori che finora rientravano in cinque contratti distinti: della Scuola, dell’Università, della Ricerca, dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica e dell’Agenzia spaziale italiana. Questa non è una pura formalità. E a nessuno può sfuggire che ora, proprio grazie a questa firma, vengono riconosciuti alle lavoratrici e ai lavoratori di questo settore maggiori risorse economiche e tutele. Il nostro Governo è infatti consapevole del ruolo fondamentale che svolgono le nostre e i nostri docenti. E ha fatto una scelta politica importante, che è conseguente e coerente con questa consapevolezza. Non a caso per la prima volta, sottolineo anche, il contratto riconosce la scuola quale comunità educante, di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, ispirata ai valori democratici e alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. Vengono regolate la parte normativa del rapporto di lavoro e le relazioni sindacali, intervenendo sui relativi strumenti. Questo è stato deciso per consentire un corretto e proficuo confronto, per consentire alla contrattazione integrativa di finalizzare specifiche materie in tema, tra l’altro, di offerta formativa e di processi di innovazione e valorizzazione delle professionalità. Il personale docente e ATA delle scuole beneficerà non solo di miglioramenti economici per il periodo 2016-2018 ma anche di una sequenza contrattuale che servirà a studiare un nuovo modello di sviluppo professionale, adeguato ai tempi. Per i docenti, ciò potrà portare, per la prima volta, ad istituire una carriera. Entra inoltre a regime il cosiddetto ‘bonus’ dei docenti previsto dalla legge 107 del 2015 e viene data centralità all’esigenza fondamentale di garantire sempre di più il principio della continuità didattica alle ragazze e ai ragazzi. Il nuovo contratto prevede infatti che le docenti e i docenti rimangano per almeno tre anni sull’istituzione scolastica assegnata e richiesta volontariamente”.

Sono state scritte, in modo demagogico, molte inesattezze: dall’aumento dei carichi di lavoro a quello dell’orario; dalla riduzione del diritto-dovere alla formazione alle scarse risorse destinate ai docenti. Può chiarirci come stanno le cose? 

“Basta leggere il contratto per avere un quadro molto chiaro. La cui cornice, aggiungerei, è ancora più chiara: come Governo abbiamo fatto uno sforzo notevole per poter riconoscere adeguatamente, in termini sociali ed economici, la professionalità e il ruolo fondamentale ricoperto dalle e dagli insegnanti. L’intesa del 30 novembre 2016 tra Governo e Sindacati aveva previsto che gli aumenti giungessero sino ad 85 euro lordi al mese in media. Intervenendo per rendere disponibili ulteriori risorse nell’ambito di quelle accessorie, siamo riusciti ad arrivare a una cifra superiore. Per i docenti l’incremento va da 85,50 a 110,70 euro al mese e l’importo medio è di 96 euro. Per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario l’incremento va da 80,40 sino a 105,50 euro al mese, con media di 84,50 euro. Questo, per quel che riguarda le risorse.

Quanto alle altre obiezioni mosse al contratto e alla ‘inesattezza’, come giustamente dice lei sui carichi di lavoro, invito a leggere gli articoli dal 25 al 28, dai quali emerge chiaramente che è stata semplicemente e necessariamente aggiornata la disciplina del rapporto di lavoro delle e dei docenti rispetto alle novità introdotte con la legge 107. Viene riconosciuto che possono impegnarsi, oltre che nel lavoro d’aula, anche nelle attività per il potenziamento dell’offerta formativa previste per la prima volta dalla citata legge, sia quelle didattiche e di programmazione, sia quelle organizzative a supporto del dirigente scolastico.

Parliamo anche delle altre affermazioni inesatte che sono state fatte nei giorni scorsi, per esempio sulla mobilità o sul principio del merito venuto meno. Per quanto riguarda il primo punto faccio solo notare che nell’anno scolastico 2017-2018 il personale che ha ottenuto una sede su base volontaria ammonta all’81,33% dei docenti interessati alla mobilità, per cui il vincolo triennale riguarderà la gran maggioranza delle e degli insegnanti. Per quel che riguarda il secondo punto faccio invece notare che l’importo disponibile per il cosiddetto ‘bonus’ passa dai 200 milioni annui previsti dalla legge 107 ai 160 milioni a regime (130 milioni nel solo 2018) previsti dal contratto, pari cioè all’80% di quanto riconosciuto sino ad oggi.

Un’ultima cosa, visto che qualche giornale ha scritto che i docenti dovrebbero ridare indietro il bonus di 80 euro, mostrando come prova delle foto di buste paga di febbraio. Semplicemente, non è così: nella busta paga dei dipendenti della scuola, così come in quella di tutti i dipendenti pubblici e privati, si registra il normale conguaglio fiscale che scatta, per esempio se, durante l’anno, oltre al normale stipendio vengono percepiti compensi accessori. Ma questo non ha nulla a che vedere con il contratto, è normale prassi fiscale. La verità è che anche dopo gli aumenti previsti dal rinnovo del contratto il bonus è stato salvaguardato per le fasce retributive più basse. Anzi, ci saranno dipendenti che percepiranno il bonus per la prima volta, grazie agli effetti dell’articolo 18 della legge di Bilancio che ha innalzato, dal primo gennaio 2018, le soglie del reddito previste per accedere al bonus. In particolare la soglia di 24.000 euro, entro la quale già oggi il bonus viene percepito per intero, viene innalzata a 24.600 euro. Mentre quella di 26.000 euro, oltre la quale attualmente non si ha diritto al bonus, nemmeno in misura ridotta, passa a 26.600. Dunque, anche chi avrà redditi compresi tra 26.000 e 26.600 euro, cioè fra la precedente e la nuova soglia per l’accesso al bonus, potrà accedere per la prima volta agli 80 euro, che si sommeranno così all’incremento previsto dal rinnovo del contratto”.

Un contratto che ribalta la logica che voleva la fine dell’intermediazione sindacale. Lei che è stata anche sindacalista cosa ne pensa?

“Il dialogo, il confronto, la partecipazione e la contrattazione sono strumenti democratici positivi per governare, con il consenso e il rispetto delle diverse funzioni e responsabilità, la complessità delle società moderne. Quindi, per rispondere alla sua domanda, penso una cosa che pensavo anni fa nel mio precedente incarico di sindacalista e che penso anche oggi avendo la responsabilità di guidare il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca: non solo è positivo in sé il fatto che dopo 10 anni di mancati rinnovi sia stato siglato il nuovo contratto, ma è positivo anche il percorso e le modalità con cui il 9 febbraio siamo giunti a questa firma. Così come è positivo il futuro percorso che il contratto stesso delinea. Ricordo tra l’altro che le trattative si sono protratte per due mesi e che tra le disposizioni di carattere generali dello stesso contratto troviamo le relazioni sindacali, che si adeguano alle novità introdotte con il decreto legislativo n. 75 del 2017 che ha modificato la cosiddetta legge Brunetta. Al vecchio modello di relazioni, che si basava sugli istituti dell’informativa, della concertazione e della contrattazione, se ne sostituisce uno nuovo che razionalizza le materie oggetto di contrattazione e prevede, per la gran parte di quelle riguardanti il rapporto di lavoro, il nuovo istituto del confronto. Quest’ultimo è un modello di relazioni sindacali che consente all’Amministrazione e alle Organizzazioni Sindacali di dialogare in merito alle materie previste, giungendo ad una sintesi delle posizioni emerse, a seguito della quale l’Amministrazione può procedere. Ricordo anche che un articolo del contratto, precisamente il numero 9, istituisce il nuovo Organismo paritetico per l’innovazione, composto da rappresentanti dell’Amministrazione e delle Organizzazioni sindacali. Per la Scuola e per l’Afam l’organismo consiste in un luogo dove il datore di lavoro e i sindacati si incontrano, su un piano di parità, almeno due volte l’anno per studiare congiuntamente argomenti che riguardino, direttamente o indirettamente, i lavoratori”.

Le scelte di fondo di questo contratto sono tutte orientate ad un modello di Istruzione democratico e partecipato che restituisce anche ruolo alle autonomie delle singole istituzioni del nuovo comparto. È stato un obiettivo su cui il governo si è speso?

“Il governo si è speso per un riconoscimento adeguato, ripeto, sia in termini sociali che economici, di professionalità che sono centrali non soltanto per l’istruzione e l’educazione delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, delle nuove generazioni ma, considerato che dobbiamo costruire sempre più una società e un’economia della conoscenza, abbiamo lavorato per dare il giusto, doveroso riconoscimento alle professionalità da cui dipende il futuro dell’intero nostro Paese. L’obiettivo del governo era esattamente quello di dare un riconoscimento al valore del dialogo sociale, di ridare dignità e centralità a un settore fondamentale per le sfide che in un mondo globalizzato come quello di oggi l’Italia deve costantemente affrontare. L’obiettivo è stato quello di valorizzare le nostre scuole, che nella loro autonomia, ciascuna per la propria parte, contribuiscono allo sviluppo sociale e civile del Paese. È stato quello di coinvolgere e sostenere risorse professionali, troppo spesso in passato non riconosciute adeguatamente, che sono fondamentali per un processo di crescita sostenibile”.

Ritiene che in questo comparto della scuola, università, ricerca e alta formazione si debba investire molto di più in quanto settori essenziali per lo sviluppo economico e per il futuro del Paese?

“Intanto, le direi: sviluppo economico sì, ma che sia sviluppo sostenibile. Glielo dico perché l’impegno assunto sull’Agenda 2030 dell’Onu va portato avanti costantemente e concretamente, giorno dopo giorno. Dopodiché, in questi mesi abbiamo non solo detto che si deve investire molto di più in quella che io chiamo l’intera filiera del sapere, ma abbiamo dimostrato di volerlo e saperlo fare. Non le faccio l’elenco delle misure che abbiamo approvato in questo senso, delle cifre stanziate, degli investimenti previsti da ultimo nella legge di Bilancio, per non parlare, chiudendo il cerchio, del rinnovo del contratto dopo dieci anni. Ricordo però solo un dato generale, inconfutabile, e due cifre, molto precise. Il dato generale: prima del 2014 il settore della conoscenza era un bacino in cui andare ad attingere risorse economiche da destinare ad altre voci, un settore in cui si tagliava e basta; con i governi Renzi e Gentiloni c’è stata una netta inversione di tendenza e sulla filiera del sapere si è tornati ad investire, costantemente ed in modo sostanzioso. Le due uniche cifre che vorrei ricordare, per quel che riguarda questi anni, sono invece queste: oltre 9 miliardi per l’edilizia scolastica e, cifra record mai stanziata prima, 400 milioni per i bandi di ricerca di base, rivolti soprattutto alle regioni del Mezzogiorno e a ricercatrici e ricercatori under 40. Gliene faccio solo due, a mo’ di esempio. Vogliamo dire che non è sufficiente? Che rispetto a quanto investono altri paesi europei stiamo parlando ancora di cifre non adeguate ad affrontare le sfide dell’oggi e del domani? Sono pienamente d’accordo. Ma primo: va riconosciuto che i nostri governi hanno segnato una chiara inversione di tendenza rispetto al passato. E secondo: garantire continuità a questa esperienza di governo significa rendere strutturali, com’è necessario che sia, gli investimenti che in questi anni abbiamo fatto. Consapevoli che da essi dipende il futuro non solo dei settori dell’istruzione e della ricerca, ma dell’intero Paese”.

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