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APRILE 2014

LAVORO ITALIANO

Direttore Responsabile
Antonio Foccillo

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di Roma n.° 402 del 16.11.1984

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MARZO 2014

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SOMMARIO

Il Fatto
Azione politica, capacità organizzativa e valore dell’idealità - di A. Foccillo
Finalmente sta emergendo la consapevolezza che senza industria nessun altro tipo di attività potrà svilupparsi. Intervista a Luigi Angeletti, Segretario generale UIL -
di A. Passaro

Sindacale
Un’Europa che rimetta al centro il valore del capitale umano - di C. Barbagallo
La riforma dei servizi per il lavoro: un cantiere ancora aperto - di G. Loy
I Centri per l’impiego - di G. Loy
Un nuovo sindacato per un Paese più giusto - di A. Civica
Il mosaico Italia che perde i pezzi (VI) - di P. Nenci
Digitalizzazione: necessari gli investimenti ma anche le nuove competenze! -
di M. Maldone e I. Ippoliti

Economia
Europa, i rigoristi dalla doppia morale - di G. Paletta
DEF 2014: Strumenti per la gestione delle reti di trasporto (ITS). “Sistemi di Trasporto Intelligenti” - di G. C. Serafini

Agorà
Che cosa resta dell’art.18 – I casi di reintegro si contano sulle dita di una mano -
di M. Tarasconi
Il meridione è ancora una questione - di E. Canettieri
Uber nel Tpl non di linea - di A. Atzeni
Una Pubblica Amministrazione digitale: piani strategici ed assetto normativo -
di A. Taiani

Il Corsivo
Tra vecchio e nuovo - di Prometeo Tusco

La Recensione
In grazia di Dio, di Edoardo Winspeare - di Sara Orazi

Inserto
Il caleidoscopio di Eurispes 2014 - di P. Nenci

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EDITORIALE

Azione politica, capacità organizzativa e valore dell’idealità

Di Antonio Foccillo

Le dinamiche politiche di questo ultimo periodo, l’arroganza del nuovo corso, testimoniano la volontà di fare a meno di qualsiasi posizione intermedia di rappresentanza e con ciò si tende ad indebolire anche il peso politico del sindacato, nel sistema socioeconomico, per determinare, di conseguenza, un declino delle sue capacità di influenzare le scelte del governo, sia quelle economiche sia quelle politiche. Il sindacato deve, ancora di più, rivendicare con forza il suo ruolo, contestualizzando i diversi ambiti di azione sindacale, integrandoli tutti in una politica che leghi ed unisca la realtà dei luoghi di lavoro con le condizioni di sviluppo macroeconomico e le condizioni di distribuzione sociale delle tutele e delle garanzie. Da qui deve rafforzare il suo impegno nel richiedere nuovamente e con più decisione una politica di partecipazione per poter essere nuovamente soggetto interlocutore nei processi di decisione e di realizzazione delle realtà economiche, politiche e sociali. Troppe problematiche nel mondo del lavoro, ad esempio: aziende che chiudono e lasciano a casa lavoratori, i quali addirittura si rivolgono al Santo padre per essere difesi. Di fronte ai tanti drammi che riguardano i vari aspetti del lavoro e della disoccupazione, il sindacato deve rivendicare una politica da parte del governo in grado di intervenire con una reale programmazione per impegnare investimenti e riavviare, così il circuito dell’occupazione e stabilire nuove regole e garanzie a difesa del lavoro.

Il sindacato, proprio in questo contesto difficile, deve saper adeguare la sua capacità di rappresentare il lavoro verso condizioni di maggiore stabilità, puntando, senza timidezze, ad aprire uno spazio per favorire un suo impegno diretto nella democrazia economica e aziendale, e questo ruolo può rendersi efficace se è in grado di assumere potenzialità che vengono a generarsi nel sistema economico e sciale. Queste potenzialità, oggi, tracciano un orizzonte, nel quale la partecipazione nell’impresa dei lavoratori può diventare un nuovo consolidamento di una democrazia reale, grazie alla maturazione di contenuti e di strutture che consentono all’organizzazione di diversi interessi su strategie più omogenee. Certo questo non significa ignorare la diversità delle funzioni e dei ruoli che appartengono ai differenti attori sociali, così come non significa sviluppare la democrazia economica con la pretesa di cambiare i consigli di amministrazione, ma sicuramente significa sviluppare la democrazia economica verso una maggiore partecipazione per un più elevato grado di integrazione tra il lavoro, le scelte imprenditoriali e la distribuzione dei benefici e delle soddisfazioni sociali. La flessibilità della società economica, il suo alto indice di trasformazione necessario in questa fase di finanziarizzazione dell’economia, richiedono che l’ambito entro il quale vengono negoziati gli equilibri di benessere sociale sia altrettanto flessibile e tempestivo, capace cioè di intervenire ed essere operante in modo tale da tradursi efficacemente come salvaguardia della democrazia economica ed insieme aderenza ai processi che investono continuamente gli equilibri fra bisogni e contenuti differenti.

In passato, nei vari editoriali, ci siamo soffermati sulle azioni progettuali e politiche del sindacato, oggi vogliamo affrontare anche la necessità di attivare una capacità organizzativa efficace e forte che sia strettamente legata all’azione politica. Forse, fino ad oggi, abbiamo trascurato l’importanza di una simile attenzione, appoggiandoci più alle nostre qualità politiche che a quelle organizzative. Ciò non può proiettarsi oltre, abbiamo un progetto, definito nell’ultima conferenza di organizzazione, abbiamo risorse, capacità, uomini e strutture, dobbiamo superare il loro uso caotico, casuale e confuso, per imparare a saper amministrare questo patrimonio con maggiore produttività, efficienza e funzionalità.

La prima disfunzione, che si è palesata, fino ad oggi, è quella di una disomogeneità nella distribuzione e nell’uso delle risorse organizzative, dove le possibilità strutturali registrano apici di vistosa differenza da un settore ad un altro, da una struttura ad un’altra. Quello che dovrebbe essere un criterio fondamentale nell’uso delle risorse, e cioè una coerenza tra il consenso a disposizione e quello potenziale e le risorse impiegabili, è, invece a volte ignorato e trascurato. Per cui si hanno strutture con capacità consensuali limitate che dispongono di risorse sovrabbondanti ed in eccesso, mentre abbiamo delle strutture che hanno livelli di consenso effettivo o potenziali elevati e non dispongono di risorse sufficienti. E’ questo un disequilibrio che limita pesantemente la possibilità di una proiezione politica diffusa con omogeneità su tutti gli ambiti di intervento sindacale. Per questo il nostro segretario organizzativo, Carmelo Barbagallo, ha proposto nella conferenza di organizzazione, quale fondamentale obiettivo, “l’equilibrio” nella Uil.

Le cause del disagio si originano proprio nel fatto di aver trascurato l’importanza di una cultura organizzativa, fondata sul valore dell’efficienza e della professionalità. Amministrare l’organizzazione non può essere solo fatto di distribuzione delle politiche, ma vuole criteri e metodi di ottimizzazione strutturale, funzionali ad un’efficacia dei risultati ottenibili. Per realizzare consenso, e cioè iscritti, occorre valutare l’organizzazione secondo i risultati che ottiene, valutandone perciò la relazione esistente tra risorse, uso e risultato. Perché non è sufficiente l’intuizione politica affinchè il consenso si trasformi in iscritto, occorre sviluppare le leve organizzative verso una mentalità di proselitismo imprenditoriale. Vale a dire, occorre considerare l’organizzazione anche secondo i suoi processi di lavoro, di impiego economico, di funzionamento professionale, utilizzando parametri di oggettivizzazione dei modelli di verifica. Invece, i criteri di verifica sono ancora estranei all’effettiva funzionalità e capacità organizzativa, mentre dovrebbero consentire un’amministrazione delle risorse tale da avere una distribuzione razionale ed equilibrata. Questo limite strutturale discende anche da quella che possiamo chiamare etica organizzativa, che privilegi la solidarietà e la collegialità. E’ impossibile pensare una crescita dell’organizzazione senza acquisire il valore della mutualità e della socializzazione, perché solo attraverso un processo di omogeneizzazione delle risorse la nostra capacità organizzativa può maturare un grado di efficienza adeguata a sostenere la proposta politica. Certo una condizione fondamentale è quella della conoscenza per cui è necessario avere adeguate conoscenze delle effettive risorse presenti, delle capacità delle strutture, degli uomini e delle economie; questo per costruire un piano di intervento che sia omogeneo, sia nelle norme di applicazione sia nell’esecuzione. Inoltre dovrà essere prevista, come abbiamo deciso tutti insieme nella conferenza di organizzazione, ove fosse necessario, una possibile socializzazione delle risorse. Non si tratta per niente di esautorare delle responsabilità politiche, piuttosto si tratta di riconoscere una diversità tra ruolo politico e solidarietà organizzativa, perché proprio nella collegialità delle risorse e delle decisioni, in fondo, è possibile confortare la capacità politica con un’organizzazione finalmente matura per affrontare la società di oggi e quella dell’avvenire.

Vorrei concludere con un tema che ritengo particolarmente determinante, di cui si è persa traccia, e che ha fatto inaridire tutto, cioè il valore dell’idealità. Tutti abbiamo consapevolezza del momento difficile che interessa il ruolo della politica e del sindacato, ma ciò che più determina l’attuale fragilità del ruolo sindacale, quello che a noi interessa in particolare, è l’affievolirsi di uno spirito di idealità che costituiva la spinta profonda della forza del sindacato e dei lavoratori che ad esso davano il consenso. Chiedo scusa ai miei lettori se ritorno spesso su questi concetti, ma credo che sia l’essenza stessa dell’essere rappresentanza collettiva. Quello che è in crisi, dunque, non è tanto la legittimità dell’attore sindacale nella società, anche se anche questa viene messa in discussione oggi, quanto invece la progettualità ideale che sostiene un singolo intervento. Vale a dire, è andata smarrendo cosi la forza di un’opera che nella società immetteva un ampio progetto di costruzione di valori di idee e di cultura. Così, spesso alla volontà comune e solidale si è sostituita la volontà individuale; un pragmatismo che inaridisce il valore della mutualità, della progettazione condivisa. Ovviamente i fatti che hanno concorso a questi cambiamenti sono molteplici – economici, politici, culturali, etc, ma ciò che vorrei sottolineare è l’aspetto meno razionale, eppure egualmente fondamentale, mi riferisco all’entusiasmo e alla motivazione che presiedono al nostro operare quotidiano. Se è vero che occorre professionalizzare il nostro lavoro, dotarlo di competenze specifiche e approfondite, ugualmente il movimento sindacale non funzione senza un “cuore”, perché proprio dal cuore si originano le idealità forti, quelle che si proiettano nel futuro. Solo nel connubio tra intelligenza e cuore, tra sapere e sentimento, oggi il sindacato e coloro che in esso lavorano, potranno sostenere i tempi e quel futuro che appare così necessitante di umanità e non solo di tecnologia. In tal senso il nostro congresso dovrà sforzarsi di ricercare il contenuto di un’idealità, che può rianimare il senso ed il “cuore” del nostro essere sindacalisti. Rilanciando così, con la nostra organizzazione anche, perché no, il gusto di fare attività sindacale. Una passione senza la quale forse domani saremo solo dei lavoratori nel sindacato, e non forse dei sindacalisti.

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Finalmente sta emergendo la consapevolezza che senza industria nessun altro tipo di attività potrà svilupparsi. Intervista a Luigi Angeletti, Segretario generale UIL

di Antonio Passaro

Angeletti, secondo tradizione, il numero di aprile del nostro periodico si chiude solo il giorno dopo il Primo Maggio. Partiamo dunque dall'ultima notizia, dall'ultimo avvenimento: perché quest'anno CGIL, CISL e UIL hanno scelto Pordenone per la Festa dei lavoratori?

Perché a Pordenone, all'Elettrolux, si sta svolgendo una vertenza emblematica per tutto il nostro Paese. Noi stiamo continuando a vivere una difficile fase di crisi, ma finalmente sta emergendo la consapevolezza che senza industria nessun altro tipo di attività potrà svilupparsi. E questo è un bene perché, per oltre vent'anni, ci siamo cullati nell'illusione che avremmo potuto avere benessere e che ci sarebbe stato un futuro anche a prescindere dalle fabbriche. Qualcuno continua a parlare di decrescita felice, ma la decrescita è sempre infelice perché ci sarà sempre qualcuno che piangerà per aver perso il proprio posto di lavoro. La vertenza Elettrolux sta anche aiutando tutti noi a comprendere quella verità essenziale. Il Primo Maggio a Pordenone, dunque, è stato l'occasione per ribadire la centralità del lavoro industriale in funzione dello sviluppo del Paese.

Un messaggio, questo, indirizzato anche al Governo?

Sì, un messaggio al Governo affinché crei le condizioni per una politica industriale fondata sulla riduzione delle tasse e dei vincoli burocratici e sulla creazione di infrastrutture. Non dobbiamo farci illusioni: il lavoro non si genera con le leggi sul mercato del lavoro. Se si prosegue sulla strada della riduzione delle tasse, se si fa davvero la semplificazione della burocrazia e se si investe in infrastrutture, allora, le imprese non chiuderanno, la disoccupazione diminuirà e l'Italia avrà un tasso di crescita superiore a tutta l'Europa.

Renzi ha annunciato che vuole riformare la pubblica amministrazione e che punterà molto sul coinvolgimento dei diretti interessati piuttosto che dei sindacati. Che ne pensi?

Le cose che abbiamo letto in queste ore a proposito della riforma della PA mi sembrano propositi buoni e condivisibili. Il fatto che il Sindacato non verrà consultato secondo gli schemi tradizionali non è un problema: che il Governo, però, faccia esattamente ciò che ha detto.

In che senso?

I lavoratori della PA non devono essere presi in giro: la consultazione sia vera e la loro opinione sia vincolante. A me, personalmente, un percorso basato sull'invio di mail non mi convince: la PA è una realtà molto complessa perché possa essere riformata con questo sistema. Tuttavia, se così deve essere, che ci sia coerenza: i lavoratori devono potere dire realmente la loro idea e, poi, la maggioranza deve valere e l'esito deve essere vincolante per il Governo.

A proposito di non prendere in giro i dipendenti pubblici, che diciamo del quinquennale mancato rinnovo dei contratti?

È uno scandalo, una cosa inaccettabile. Che i dipendenti pubblici non abbiano aumenti contrattuali di nessuna natura da così tanto tempo, è una situazione che si verifica solo per loro, mentre la crisi economica c'è stata per tutti. Riformare la Pubblica Amministrazione vuol dire, innanzitutto, lottare contro la burocrazia e non contro i dipendenti: occorre semplificare e non prendersela con gli impiegati. È l'organizzazione del lavoro della PA che deve essere modificata. I problemi esistono perché ai vertici di tutte le Amministrazioni pubbliche ci sono sempre uomini politici che, spesso, si preoccupano più del consenso che della quantità e qualità dei servizi da erogare ai cittadini.

Parliamo, ora, della proposta UIL in materia fiscale. Hai annunciato l'avvio di una raccolta di oltre 500mila firme per una petizione popolare che segni una svolta nella lotta all'evasione fiscale. Ci spieghi di cosa si tratta?

Sì, abbiamo predisposto una petizione popolare da proporre a Governo e Parlamento per una modifica della legge che prevede di dedurre le tasse rispetto a determinate spese. La delega fiscale all'esame del Parlamento potrebbe offrire un'apertura insperata: si potrebbero inserire norme con cui far cambiare verso alla lotta all'evasione fiscale. Il nostro scopo è quello di aumentare il contrasto di interesse. Si tratta di consentire al consumatore di detrarre o dedurre alcune spese così che possa essere incentivato a richiedere la fattura.

Insomma, occorre trovare una soluzione che impedisca ai contribuenti di trovarsi di fronte alla solita domanda: "200 euro senza Iva o 250 con l'Iva?"...

Esatto. Peraltro, l'Iva è una delle tasse più evase e dobbiamo mettere in campo un sistema che consenta di ridurre considerevolmente questo fenomeno. Certo, questa proposta non è l'unica, ma è la più efficace per contrastare l'evasione fiscale che, in Italia, rappresenta un vero e proprio scandalo e un problema sociale. Con la nostra petizione, inoltre, chiediamo anche la riorganizzazione dell'apparato statale con la creazione di una vera e propria struttura per l'accertamento, l'introduzione di una sanzione che preveda, per chi evade, l'interdizione all'accesso alle agevolazioni fiscali e, infine, il potenziamento del ruolo degli enti locali in questa battaglia contro l'evasione.

Si stima che, ogni anno, vengano sottratte alla collettività oltre 180 miliardi di imposte. C'è il rischio che il sistema dei controlli non riesca a stanare queste situazioni di illegalità fiscale?

È difficile che si operino più di 200mila controlli all'anno: il che significa che per un singolo soggetto è possibile un controllo approfondito solo ogni 20 anni. L'evasione fiscale può contare su un'area di impunità dovuta all'esigua pattuglia di ispettori di cui è dotata l'Amministrazione finanziaria. Sono circa 33mila i lavoratori operativi civili, la metà degli addetti presenti in Francia e nel Regno Unito e un quarto di quelli occupati in Germania. Un dato, questo, che fa giustizia anche delle tante illazioni circa il presunto eccessivo numero dei lavoratori della Pubblica Amministrazione nel nostro Paese.

Nel mese di Aprile, il Governo ha varato il DEF. Qual è il tuo giudizio?

Il DEF va nella direzione giusta: si pone il problema dell'occupazione come obiettivo della politica economica del Governo. Fino ad ora ci si è preoccupati del bilancio e del debito con il risultato, che è sotto gli occhi di tutti, di essere tra i primi della classe per il rispetto del deficit e tra gli ultimi per i posti di lavoro.

E cosa pensi delle misure contenute nel decreto per il taglio dell'Irpef?

Sono la terapia migliore, la più efficace. Non è la sola cosa da fare, ma è la più importante affinché si riprendano un po' i consumi, la produzione e, quindi, l'occupazione. Sono soddisfatto. Sono anni che chiedevamo una riduzione delle tasse per i lavoratori dipendenti e, finalmente, questa volta vengono ridotte e in maniera significativa: 80 euro sono una cifra apprezzabile. Alla fine di maggio, 10 milioni di lavoratori avranno un aumento in busta paga grazie alla riduzione delle tasse. Ora occorre pensare agli incapienti e, soprattutto, ai pensionati che ne avrebbero maggior diritto. L'altro aspetto molto importante, che va nella direzione da noi indicata, è l'impegno a ridurre i centri di spesa: sarà una vera rivoluzione. Questo deve essere l'inizio: l'importante è che tutto ciò che è stato detto venga realizzato.

Un'ultima domanda. Si torna a parlare di salario minimo per legge. C'è molta confusione su questo punto. Qual è la posizione della UIL?

Il salario minimo è stato introdotto lì dove sono stati eliminati i contratti nazionali: adottarlo in Italia produrrebbe, per i prossimi anni, una riduzione dei salari, perché verrebbe fissato a una cifra inferiore a quella prevista negli attuali contratti. A differenza di ciò che accade in altri Paesi, da noi non ci sono lavoratori che non siano coperti dai contratti nazionale. Quella del salario minimo, dunque, al di là delle buone intenzioni, sarebbe un'operazione con un solo risultato: la riduzione media dei salari italiani. Un obiettivo ingiusto ed economicamente dannoso perché si produrrebbe un'ulteriore caduta della domanda interna.

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