Proposta di Legge 1071
OTTOBRE 2018
Attualità
Proposta di Legge 1071
di   Barbara Francia

 

Con la proposta di legge n. 1071, l’intento dei parlamentari è quello di introdurre un meccanismo di ricalcolo della quota retributiva delle pensioni e degli assegni vitalizi, che abbiano un importo complessivo pari o superiore alla soglia di 90.000 euro lordi annui. La ratio giustificativa della proposta è quella di garantire al Paese maggiore equità sociale: le risorse così attinte dovrebbero essere destinate all’integrazione delle pensioni minime e delle pensioni sociali, elevando i trattamenti dai 450 euro mensili odierni, sino alla soglia di 780 euro. A causa della forte crisi economica, negli ultimi anni, sono aumentate a dismisura le disuguaglianze e ciò ha comportato un accesso differenziato alle risorse economiche, sociali e ai servizi essenziali. Naturalmente sono state colpite le fasce più deboli della popolazione che non si sono viste assicurato il principio di coesione sociale e tutela del pieno sviluppo della persona umana (art. 3 Cost).

Pertanto, sulla base del momento storico e sociale che stiamo vivendo, appare di primaria importanza l’esigenza di conciliare crescita economica ed equa distribuzione delle risorse, garantendo il miglioramento, in modo duraturo, della qualità della vita dei cittadini. Infatti, attualmente, il contrasto alla povertà rappresenta l’obiettivo principale della politica e di tutto il Sindacato, perché, come sostiene Stiglitz, l’estrema disuguaglianza nei redditi e nella ricchezza danneggia fortemente l’economia, la nostra società, indebolendo la politica. Per quanto concerne il sistema previdenziale, l’introduzione del criterio operativo contributivo, (rispetto al retributivo), necessaria per garantire l’equilibrio e la sostenibilità del sistema stesso, è stata causa di una diseguaglianza intergenerazionale. In ogni caso, la proposta di legge 1071 presenta un grave vulnus: fa leva esclusivamente sui coefficienti di trasformazione che attengono all’età che si possiede al momento della pensione, prescindendo da un concreto ricalcolo contributivo.

Peraltro, tale proposta di Legge non effettua una reale distinzione tra chi è andato in pensione per effetto di una scelta volontaria (nel caso della pensione di anzianità) e chi è andato in pensione per il raggiungimento di limiti anagrafici (pensione di vecchiaia). Così, il meccanismo di rideterminazione introdotto, unendo il ricalcolo all’età posseduta nel momento della pensione, non valuta affatto le anzianità contributive delle persone interessate né le conseguenti differenze che sussistono tra le varie e diverse situazioni contributive, anche nel caso di stesse età anagrafiche. Tutto ciò è causa di problemi di legittimità costituzionale perché verrebbero violati i principi e i presupposti di eguaglianza, imparzialità e di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, in quanto la misura comporta una rideterminazione attraverso un unico sistema, rispetto a situazioni tra loro profondamente differenti. Corollario del principio di uguaglianza è il più generale principio di ragionevolezza, alla luce del quale la Legge deve regolare in maniera uguale situazioni uguali ed in maniera diversa situazioni diverse, con la conseguenza che la disparità di trattamento trova giustificazione nella diversità delle situazioni disciplinate.

In ogni caso, la Corte Costituzionale, ha introdotto dei correttivi sulle differenze ed iniquità che attengono al sistema previdenziale, il pilastro del welfare. Alla luce di ciò, non sono ammissibili interventi peggiorativi, irrazionali, arbitrari dei trattamenti pensionistici, perché lesivi degli interessi dei cittadini, contrariamente, gli unici interventi possibili devono essere improntati ai principi di proporzionalità e ragionevolezza. Infatti, la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 173 del 2016, ha stabilito che la misura più efficace per garantire equità sociale, improntata alla solidarietà previdenziale è il contributo di solidarietà, che si traduce in un prelievo sostenibile, atto a rispettare il principio di proporzionalità. La UIL approva pienamente questa linea di pensiero e ribadisce l’attuale necessità di un intervento sul sistema pensionistico, attuando delle strategie più efficaci e più eque.

Primariamente, è opportuno “rimuovere quegli ostacoli di ordine sociale ed economico che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3 comma 2 Cost), incrementando le pensioni minime, che appartengono a coloro che si trovano al di sotto della soglia minima di povertà e ciò è realizzabile facendo leva sulla fiscalità generale con il sostegno di tutta la collettività. Successivamente, è bene porre l’accento sull’art. 5 della proposta di legge n. 1071, che è rivolto, in via diretta, a chi esercita attività sindacale. Con riferimento a tale articolo, il Sindacato tutto, considera doveroso trovare una soluzione punendo gli abusi che si sono verificati in passato a causa dell’incertezza, della non agevole chiarezza  e conoscibilità delle leggi, poiché la dialettica certezza-diritto rappresenta uno degli snodi centrali di ogni sistema giuridico. Tuttavia, è bene che ciò non si traduca in una penalizzazione dell’attività sindacale, poiché la prassi consuetudinaria degli enti previdenziali, convalidata anche dalla Corte dei conti, così come la giurisprudenza, si sono fatte carico di correggere le eventuali e minoritarie pratiche opportunistiche.

Questo meccanismo infatti consente a chi sceglie di dedicarsi all’attività sindacale di non incorrere in future penalizzazioni sulla pensione dovute al “congelamento” della propria situazione reddituale. Inoltre, per evitare che si verifichino abusi, è legittimo chiedere adeguate verifiche e controlli da parte dell’INPS sul versamento delle contribuzioni aggiuntive. In ogni caso, per la UIL, è doveroso perseguire il principio di equità sociale, fermo restando il rispetto del principio della irretroattività della Legge, come elemento cardine del nostro Stato di Diritto. Infatti, nel rispetto dei principi costituzionali, è indispensabile che la proposta di legge si rivolga ad una platea futura e che non intervenga o disponga sulle situazioni pensionistiche già determinate dalla normativa precedente, in vigore nel passato. Alla luce di quanto asserito, è fondamentale risolvere la questione della disuguaglianza economica e sociale, nelle società e fra le società, dove ha assunto un rilievo crescente, per cui appare indispensabile un’effettiva partecipazione delle Istituzioni nello sviluppo della comunità, promuovendo efficacia, efficienza e trasparenza nell’allocazione delle risorse e garantire maggiore equità sociale. Con la proposta di legge n. 1071, l’intento dei parlamentari è quello di introdurre un meccanismo di ricalcolo della quota retributiva delle pensioni e degli assegni vitalizi, che abbiano un importo complessivo pari o superiore alla soglia di 90.000 euro lordi annui.

La ratio giustificativa della proposta è quella di garantire al Paese maggiore equità sociale: le risorse così attinte dovrebbero essere destinate all’integrazione delle pensioni minime e delle pensioni sociali, elevando i trattamenti dai 450 euro mensili odierni, sino alla soglia di 780 euro. A causa della forte crisi economica, negli ultimi anni, sono aumentate a dismisura le disuguaglianze e ciò ha comportato un accesso differenziato alle risorse economiche, sociali e ai servizi essenziali. Naturalmente sono state colpite le fasce più deboli della popolazione che non si sono viste assicurato il principio di coesione sociale e tutela del pieno sviluppo della persona umana (art. 3 Cost). Pertanto, sulla base del momento storico e sociale che stiamo vivendo, appare di primaria importanza l’esigenza di conciliare crescita economica ed equa distribuzione delle risorse, garantendo il miglioramento, in modo duraturo, della qualità della vita dei cittadini. Infatti, attualmente, il contrasto alla povertà rappresenta l’obiettivo principale della politica e di tutto il Sindacato, perché, come sostiene Stiglitz, l’estrema disuguaglianza nei redditi e nella ricchezza danneggia fortemente l’economia, la nostra società, indebolendo la politica.

Per quanto concerne il sistema previdenziale, l’introduzione del criterio operativo contributivo, (rispetto al retributivo), necessaria per garantire l’equilibrio e la sostenibilità del sistema stesso, è stata causa di una diseguaglianza intergenerazionale. In ogni caso, la proposta di legge 1071 presenta un grave vulnus: fa leva esclusivamente sui coefficienti di trasformazione che attengono all’età che si possiede al momento della pensione, prescindendo da un concreto ricalcolo contributivo. Peraltro, tale proposta di Legge non effettua una reale distinzione tra chi è andato in pensione per effetto di una scelta volontaria (nel caso della pensione di anzianità) e chi è andato in pensione per il raggiungimento di limiti anagrafici (pensione di vecchiaia). Così, il meccanismo di rideterminazione introdotto, unendo il ricalcolo all’età posseduta nel momento della pensione, non valuta affatto le anzianità contributive delle persone interessate né le conseguenti differenze che sussistono tra le varie e diverse situazioni contributive, anche nel caso di stesse età anagrafiche.

Tutto ciò è causa di problemi di legittimità costituzionale perché verrebbero violati i principi e i presupposti di eguaglianza, imparzialità e di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, in quanto la misura comporta una rideterminazione attraverso un unico sistema, rispetto a situazioni tra loro profondamente differenti. Corollario del principio di uguaglianza è il più generale principio di ragionevolezza, alla luce del quale la Legge deve regolare in maniera uguale situazioni uguali ed in maniera diversa situazioni diverse, con la conseguenza che la disparità di trattamento trova giustificazione nella diversità delle situazioni disciplinate. In ogni caso, la Corte Costituzionale, ha introdotto dei correttivi sulle differenze ed iniquità che attengono al sistema previdenziale, il pilastro del welfare.

Alla luce di ciò, non sono ammissibili interventi peggiorativi, irrazionali, arbitrari dei trattamenti pensionistici, perché lesivi degli interessi dei cittadini, contrariamente, gli unici interventi possibili devono essere improntati ai principi di proporzionalità e ragionevolezza. Infatti, la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 173 del 2016, ha stabilito che la misura più efficace per garantire equità sociale, improntata alla solidarietà previdenziale è il contributo di solidarietà, che si traduce in un prelievo sostenibile, atto a rispettare il principio di proporzionalità. La UIL approva pienamente questa linea di pensiero e ribadisce l’attuale necessità di un intervento sul sistema pensionistico, attuando delle strategie più efficaci e più eque. Primariamente, è opportuno “rimuovere quegli ostacoli di ordine sociale ed economico che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3 comma 2 Cost), incrementando le pensioni minime, che appartengono a coloro che si trovano al di sotto della soglia minima di povertà e ciò è realizzabile facendo leva sulla fiscalità generale con il sostegno di tutta la collettività.

Successivamente, è bene porre l’accento sull’art. 5 della proposta di legge n. 1071, che è rivolto, in via diretta, a chi esercita attività sindacale. Con riferimento a tale articolo, il Sindacato tutto, considera doveroso trovare una soluzione punendo gli abusi che si sono verificati in passato a causa dell’incertezza, della non agevole chiarezza  e conoscibilità delle leggi, poiché la dialettica certezza-diritto rappresenta uno degli snodi centrali di ogni sistema giuridico. Tuttavia, è bene che ciò non si traduca in una penalizzazione dell’attività sindacale, poiché la prassi consuetudinaria degli enti previdenziali, convalidata anche dalla Corte dei conti, così come la giurisprudenza, si sono fatte carico di correggere le eventuali e minoritarie pratiche opportunistiche. Questo meccanismo infatti consente a chi sceglie di dedicarsi all’attività sindacale di non incorrere in future penalizzazioni sulla pensione dovute al “congelamento” della propria situazione reddituale.

Inoltre, per evitare che si verifichino abusi, è legittimo chiedere adeguate verifiche e controlli da parte dell’INPS sul versamento delle contribuzioni aggiuntive. In ogni caso, per la UIL, è doveroso perseguire il principio di equità sociale, fermo restando il rispetto del principio della irretroattività della Legge, come elemento cardine del nostro Stato di Diritto. Infatti, nel rispetto dei principi costituzionali, è indispensabile che la proposta di legge si rivolga ad una platea futura e che non intervenga o disponga sulle situazioni pensionistiche già determinate dalla normativa precedente, in vigore nel passato. Alla luce di quanto asserito, è fondamentale risolvere la questione della disuguaglianza economica e sociale, nelle società e fra le società, dove ha assunto un rilievo crescente, per cui appare indispensabile un’effettiva partecipazione delle Istituzioni nello sviluppo della comunità, promuovendo efficacia, efficienza e trasparenza nell’allocazione delle risorse e garantire maggiore equità sociale.

 

 

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