La Crisi della Democrazia
MARZO 2019
Agorà
La Crisi della Democrazia
di   B. Francia

 

E' in crisi la democrazia?

L’interrogativo appena formulato non è banale, perché si tratta di una domanda che viene posta frequentemente e ripetutamente dall’élite culturale che è formata da politici, statisti, professori, giuristi. È evidente che l’Europa occidentale attualmente sia in difficoltà, poiché le democrazie appaiono deboli e, talvolta, difficili da governare. In ogni caso, sarebbe sbagliato generalizzare, poiché ogni Paese è diverso, infatti, la caratteristica principale dell’Europa Occidentale è la sua diversità e versatilità.

Ad ogni modo, anche l’Europa possiede elementi comuni che evidenziano bene il problema della governabilità. Quasi tutti i sistemi politici europei devono gestire un numero molto elevato di richieste e di obiettivi da raggiungere e, contemporaneamente, incontrano grandi difficoltà nel reggere le complessità ad esse sottese, oltre a ciò, ai sistemi politici europei spetta l’arduo compito di poter governare e semplificare la complessa macchina burocratica dello Stato.

Questi problemi sono aumentati per effetto della nuova dimensione delle questioni internazionali, nel senso che i problemi dell’Europa hanno una maggiore connotazione ed un carattere europeo più marcato. Tuttavia, malgrado questi aspetti, in un modo assolutamente incoerente, la possibilità di affrontare siffatti problemi risiede in taluni strumenti istituzionali burocratici nazionali, che appaiono sempre più inadeguati per risolverli, ma che al contempo tendono a rafforzare la loro influenza sul sistema.

La debolezza politica e la crisi della democrazia che stiamo vivendo oggi, affonda le proprie radici in un tempo lontano, durante la prima metà del Novecento. Come noto, il Novecento è stato un secolo complesso, un periodo storico in cui l’essere umano è stato offeso brutalmente dai totalitarismi, che si sono identificati nell’anti democrazia, perché espressione di una cultura arrogante che riduce gli uomini a cose, mortificandoli. Le idee pericolose affermatesi nel Novecento, sono riuscite a proliferare perché il contesto politico del tempo era a loro favorevole: assenza di democrazia e di opposizioni politiche.

Già la prima guerra mondiale, a causa delle ingiuste conseguenze imposte dal trattato di Versailles del 1919, aveva evidenziato la crisi dei principi fondanti degli Stati-Nazione europei, come la pace interna, lo ius belli, la sicurezza e lo sviluppo, tracciando la fine di quel legame tra stato e individuo che si era sviluppato nell’Ottocento. Tutto ciò ha cominciato ad acquisire tratti più marcati con l’avvento del fascismo in Italia nel 1922 e del nazismo in Germania nel 1933.

Infatti, i regimi totalitari del XX secolo hanno manipolato la memoria, l’informazione, l’idea di ciò che fosse giusto, distruggendo l’idea di democrazia che si era costruita a fatica ed assoggettando al proprio volere le coscienze del popolo dominato. In questo contesto, lo Stato-Nazione si indebolisce, entra in crisi perché i regimi totalitari lo avevano reso inanimato, senza passione, senza idee e caratterizzato da rapporti politici, lavorativi, sociali di natura gerarchica, volti a consolidare l’idea di obbedienza.

Durante la seconda metà del Novecento l’Europa è stata teatro degli orrori della storia, di pratiche volte all’annientamento del nemico, soprattutto quando il regime nazionalsocialista tedesco ha avviato il pianificato sterminio delle minoranze razziali e politiche. La fine della Seconda guerra mondiale, uno dei conflitti più cruenti che il mondo abbia mai conosciuto e che ha cambiato per sempre la storia dell’Europa, ha fatto maturare nei cittadini, nelle persone, una forte consapevolezza dei valori della libertà e della democrazia. Finalmente, con la fine della guerra, gli Stati europei hanno compreso l’impossibilità ed inutilità di un orgoglioso isolamento nazionalistico e autarchico, per tale ragione, in un clima di vivace solidarietà hanno preso corpo le maggiori organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, a tutela dei diritti dell’uomo e della pace nei singoli Paesi nel mondo e l’Unione europea, che viene posta in essere con lo scopo di mettere fine alle guerre frequenti e sanguinose tra paesi vicini, culminate nel conflitto mondiale.

Sulla scia di questi avvenimenti, dopo la seconda guerra mondiale, l’esigenza di un nuovo ordinamento costituzionale si fa sentire in Francia, che nel 1946 si dà una nuova Costituzione, la quale, nella prefazione, richiama esplicitamente i diritti e le libertà dell’uomo e del cittadino, consacrati nella “Dichiarazione dei diritti” del 1789, affermando altresì i nuovi principi delle libertà sociali e definendosi repubblica sociale. L’Italia, soppresso il regime fascista mediante la lotta clandestina nel periodo della Resistenza, in seguito ad un periodo di tregua istituzionale, si dà la prima Costituzione votata nel 1948, volta a trasformare l’ordinamento costituzionale precedente e realizzando una Repubblica democratica, basata sull’affermazione dei diritti di libertà individuali e sociali.

Come si evince, il dopo guerra è contrassegnato dall’affermazione delle democrazie europee moderne, che costituiscono forme di governo in cui il potere risiede nel popolo, garantendo a ogni cittadino la piena libertà e uguaglianza. La democrazia del mondo antico ha come punto di riferimento la polis, mentre la democrazia dei moderni si organizza nello Stato, più precisamente in uno Stato territoriale, esteso a una popolazione decisamente più numerosa di quella della polis greca. Viene così in primo piano il problema della rappresentanza, ovvero capire come il popolo possa delegare ad alcuni rappresentanti l’esercizio del suo potere, senza rinunciare però ai propri diritti individuali. Quelli del dopo guerra, sono anni di grande fermento ideologico, giuridico, politico, culturale, tuttavia, il Novecento è stato un secolo contraddittorio, in cui si è anche affermato il concetto di democrazia formale, ovvero di quella democrazia talvolta garantita solo negli aspetti procedurali, attraverso cui si esprime la competizione delle diverse leadership in lotta, al fine di conquistare il consenso del popolo.

Il problema della democrazia come governo del popolo e la discussione dei suoi pregi e difetti sono temi a lungo dibattuti, al pari della riflessione sulla politica. Ad esempio, a partire dalla seconda metà del Novecento, la scuola elitista e molti studiosi sono intervenuti per cercare di smascherare la reale natura oligarchica del regime democratico, individuando così talune critiche al concetto stesso di democrazia. Infatti, uno dei temi maggiormente discussi dai filosofi, e dai sociologi riguarda il rapporto fra la crisi della democrazia nel Novecento e il pensiero a-democratico che, secondo alcuni pensatori, mostra e manifesta come qualsiasi regime politico si ridurrebbe ad una aristocrazia e, in taluni casi, al controllo di una minoranza organizzata e governante sulla maggioranza disorganizzata e governata.

Negli ultimi due secoli discussioni di tal genere, con particolare riguardo alla democrazia, si sono svolte attraverso un confronto con il liberalismo e il socialismo. La forma di democrazia che coincide con lo Stato liberale, con lo Stato che riconosce e garantisce i diritti fondamentali dell’individuo, quali l’inviolabilità della persona, la libertà di opinione, di stampa, di religione e d’insegnamento, è la democrazia rappresentativa o parlamentare, nella quale non è il popolo a fare direttamente le leggi, ma un gruppo di rappresentanti eletti da quei cittadini cui è riconosciuto il diritto di voto. Contrariamente, secondo le teorie socialiste le libertà come presupposto di qualsiasi democrazia non possono limitarsi all’idea astratta di giustizia in senso formale, proprio dello Stato liberale, in cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge ma diversi per ricchezza e per status sociale. Queste libertà devono porre le condizioni necessarie per arrivare a un effettivo superamento delle differenze economiche e sociali, affermando un ideale di eguaglianza.

È naturale che anche la democrazia abbia i suoi limiti, ma ancora oggi essa costituisce la migliore creazione umana, una conquista importantissima, perché è in grado di stabilire regole accettate da tutti, che consentono di giungere ad una decisione politica comune. Sono regole liberamente poste e che possono mutare, senza mai limitare la libertà del gioco democratico e della partecipazione popolare. Tuttavia, anche la democrazia si evolve, così come i meccanismi ad essa sottesi. Si evolvono e diventano più complesse le richieste e le ragioni dei popoli, che spesso non sono state soddisfatte dai sistemi politici. Attualmente, l’Europa e tutto il mondo Occidentale vivono un periodo storico complesso, poiché devono affrontare seri problemi quali l’assenza di lavoro, la povertà, la globalizzazione, la grave stagnazione economica delle classi medie, l’immigrazione.

I cittadini manifestano forte sfiducia nella democrazia rappresentativa e ciò accade soprattutto nelle regioni europee con più alta disoccupazione. Il concetto di popolo sembra essere svuotato della sua dignità e del suo storico valore, infatti l’espressione ideologica di “populismo” si identifica, più che con l’idea di popolo, con la massa, che costituisce genericamente un gruppo astratto, privo di identità culturale, contrassegnato dall’insicurezza economica e dalla degradazione dello stato sociale. Non a caso, Trump e la Brexit hanno avuto particolare successo nei distretti più disagiati o più esposti alla globalizzazione, lo stesso vale per i voti populisti nelle regioni Europee dove l’occupazione è diminuita drasticamente per l’elevata disoccupazione.

Pertanto, chi non ha più nulla da perdere è attratto dal rischio, anche dal rischio di votare partiti che non sembrano dare risposte sufficienti per risolvere i problemi complessi di oggi. Al fine di superare questa impasse, oggi più che in passato, per gestire i complessi processi contemporanei, la politica deve possedere conoscenze e competenze avanzate in tutti i settori: economico, tecnico, internazionalistico, culturale e istituzionale. Perché la crisi politica, economica, di idee, venga superata, è necessario che la politica si scuota, legandosi all’etica, al senso di responsabilità, alla capacità di guardare alla popolazione come un fine e non come un mezzo.

 

 

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