Trasporto aereo Italiano Compagnie aeree: liberalizzazione sfrenata tra crisi e successi
OTTOBRE 2018
Sindacale
Trasporto aereo Italiano Compagnie aeree: liberalizzazione sfrenata tra crisi e successi
di   I. Viglietti

 

Tutto è cominciato, in sordina, alla fine degli anni ‘90, una rivoluzione epocale del modo di viaggiare in aereo partita in punta di piedi che, come una valanga, si è esponenzialmente diffusa cambiando radicalmente le abitudini di viaggio dei cittadini europei, ed italiani in particolare, ma anche rivoluzionando il panorama delle compagnie aeree. La rivoluzione costituita dalla liberalizzazione del traffico aereo in Europa, rappresentata dall’avvento dei vettori low cost, ha avuto nel nostro Paese, l’impatto maggiore in assoluto tra tutti i paesi occidentali. Basti pensare che la quota di mercato occupata nel trasporto aereo passeggeri italiano dai vettori low-cost è aumentata esponenzialmente negli ultimi 10/15 anni sino a giungere, partendo da zero, ad oltre il 50% del traffico nazionale, come rende noto il Rapporto e bilancio sociale dell’Enac.

Numeri alla mano nel 2017 negli aeroporti Nazionali sono transitati 174.628.241, +6,2% rispetto al 2016. Nel caso dei vettori low cost il rapporto mette in luce che la quota di mercato è pari al 50,9% (49,5% nel 2016) con 88.820.337 passeggeri (+9,27% sul 2016). Per i vettori nazionali è al 49,1% (85.807.904 passeggeri, +3,28% sul 2016). Sul fronte delle compagnie aeree si ha che Ryanair nel 2017 è stato il primo vettore operante in Italia, con oltre 36,2 milioni di passeggeri, seguono Alitalia (21,7 milioni) e EasyJet (16,5 milioni).

Sono numeri da record se paragonati al breve tempo impiegato per raggiungerli. Un risultato, quello dei vettori low cost ed in particolare di Ryanair, reso possibile dall’efficienza del modello industriale, dalla scaltrezza delle politiche commerciali e pubblicitarie, dai “buchi normativi” che hanno favorito il finanziamento pubblico continuato, dai vantaggi di una fiscalità agevolata nei paesi di sede legale, dalla compiacenza munifica degli enti locali, delle società di gestione aeroportuale e dei territori, dall’assenza di una politica di sistema del trasporto aereo ma anche, e soprattutto, dalla  pregiudicatezza nella gestione dei rapporti di lavoro con i propri dipendenti.

Lungi da noi voler pensare anacronisticamente ai “bei tempi andati” dell’aviazione civile quale trasporto d’élite riservato a pochi privilegiati, tuttavia riteniamo opportuno analizzare quali effetti la rivoluzione sregolata del trasporto aereo ha prodotto sulla qualità del servizio reso all’utenza, sulla vita delle imprese ma, soprattutto, sulla occupazione e sulle condizioni di lavoro connesse. La impetuosa trasformazione del mercato generata da boom dei low cost ha sicuramente avuto il merito di aver reso il volo un trasporto accessibile a grandi masse di popolazione. In questo senso il fenomeno ha avuto certamente un valore positivo per una parte rilevante di cittadini italiani e non. Ma a quale prezzo per la collettività e per il lavoro?

Il processo è stato violento e, soprattutto in Italia, totalmente sregolato a favore dei suddetti vettori i quali, in molti casi, hanno scaltramente approfittato di ingenti finanziamenti pubblici, favoritismi di varia natura e regimi fiscali vantaggiosi dati dai paesi nei quali era collocata la sede legale della Compagnia. L’effetto per i vettori tradizionali, quali ad esempio Alitalia e Meridiana in primis, è stato devastante. I vettori Italiani, già deboli di loro a causa di gestioni miopi, sotto capitalizzazione ed incapacità strategica nel fare sistema, sono stati travolti da un vero e proprio tsunami. Diecine le compagnie aeree italiane, anche di buon livello e storia consolidata, miseramente fallite in pochi anni. Le poche sopravvissute si dibattono da anni tra infinite crisi. È di attualità in questi giorni l’ennesimo capitolo dell’epopea di Alitalia alla vigilia di decisioni ancora una volta cruciali per il futuro di un asset strategico per il Paese (secondo ISTAT genera da sola circa l’1.5% del PIL ndr) e per le migliaia di lavoratori che da essa, e dal suo indotto, dipendono.

La Uil e la Uiltrasporti ci avevano visto chiaro sin dalle prime avvisaglie della crisi di Alitalia: incapacità manageriali, sovraccosti impropri e madornali errori strategici non potevano né dovevano essere pagati dai lavoratori, il cui costo complessivo è ben al di sotto del mercato di riferimento e la cui professionalità è stata indiscutibilmente dimostrata sul campo. I liberisti “ad ogni costo” sono soliti opporre a questi ragionamenti una considerazione tranciante: “è il mercato che si regola da solo... chi non è competitivo deve fallire ed il suo spazio verrà riempito da chi è più efficiente”. A noi però, che per missione e DNA, abbiamo a cuore i diritti e la qualità della vita dei lavoratori e degli utenti, e non solo agli utili per gli azionisti finanziari, questo non basta e non convince. Ben venga il pungolo della concorrenza ad avere imprese efficienti e produttive, nessuno sogna di tornare ai “carrozzoni di Stato” di antica memoria, ma a condizione che ciò non avvenga quasi esclusivamente a danno dei diritti e dei salari de lavoratori ed a carico della collettività (gravata da costi più o meno occulti destinati a finanziare il modello) e ad unico beneficio di azionisti e fondi speculativi.

Emblematico il caso di Ryanair, che vede la nostra Organizzazione Sindacale in prima linea ormai da molti mesi contro un modello di gestione del personale che ci ha riportati al periodo dei padroni delle ferriere. Diritti elementari e finanche umani negati, minacce e vessazioni, salari da fame: questo è il lato oscuro del volo low cost contro cui stiamo combattendo e che dobbiamo ricordare ogni volta che, quali cittadini di un paese civile, scegliamo di avvalerci dei servizi di queste imprese. Intendiamoci: fare trasporto aereo low cost in maniera corretta, rispettando i lavoratori ed i loro diritti, negoziando con il sindacato contratti soddisfacenti, fornendo servizi di qualità a prezzi competitivi e, contemporaneamente, producendo utili non è impossibile...anzi.

Sotto il profilo della negoziazione di contratti collettivi di lavoro per il personale dei vettori low cost operanti con sede stabile sul territorio italiano si distinguono, infatti, due macro - aree: quella delle compagnie che hanno scelto la strada maestra del rispetto delle leggi nazionali e del confronto con le rappresentanze sindacali e quella dei “furbetti del contrattino”. Nel primo gruppo rientrano, ad esempio, Easyjet, Norwegian, Ernst Airlines etc. etc. che hanno stipulato, con le Organizzazioni Sindacali rappresentative del personale di volo e di terra italiano (Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti), dei Contratti Collettivi di Lavoro rispettosi delle norme e leggi vigenti nel nostro Paese ed in linea con i livelli salariali e le tutele del CCNL di settore. Nel secondo gruppo, invece, si raccolgono i vettori che, con atti unilaterali o, in qualche caso, aiutati da pseudo associazioni professionali compiacenti, cercano scorciatoie più o meno ardite per evitare la strada maestra prima citata e realizzare risparmi impropri a danno dei lavoratori.

Tra questi il caso più eclatante è, appunto, quello di Ryanair la cui vertenza, che vede la Uiltrasporti, insieme a Filt Cgil, in prima fila contro gli “accordi al ribasso” da questa stipulati con una di queste associazioni professionali, ha già generato due scioperi pan europei (25 luglio e 28 settembre 2018), ed almeno due sentenze di condanna dell’azienda per comportamento antisindacale dai tribunali di Busto Arsizio e Bergamo. Ryanair è sicuramente leader del gruppo dei “furbetti del contraltino”, ma è in buona compagnia, emulata, ancorché su scala più piccola, da Compagnie quali le spagnole Vueling e Volotea ed anche dalla italianissima Blue Panorama (Gruppo UVET) la quale, dopo essere stata salvata da una pluriennale gestione commissariale in capo al MISE, rifiuta ostinatamente di negoziare un contratto collettivo di lavoro per i suoi dipendenti e, in aggiunta, secondo indiscrezioni di stampa, starebbe per delocalizzare le proprie attività nella più “comoda” isola di Malta. Un quadro a macchia di leopardo quello dei contratti di lavoro per il personale dei vettori low cost basati in Italia quindi, che vede esempi virtuosi ma che ha sinora consentito ad alcuni soggetti più spregiudicati di fare competizione sleale negando ai lavoratori salari decorosi ed allineati al mercato e, spesso, anche elementari diritti previsti dalla Legge quali ad esempio il diritto di libera adesione sindacale, il diritto alle ferie ed alla malattia retribuite, ad una pensione decorosa.

Tutto ciò, ovviamente, a scapito delle imprese “corrette” che subiscono una concorrenza sleale in termini di costi e si vedono costrette a tagliare rotte, investimenti e, spesso, purtroppo, posti di lavoro. La miglior soluzione che consentirebbe di mettere da subito ordine nella giungla dei “furbetti” è indubbiamente rappresentata da una legislazione di supporto al settore, che renda cogente e finanche conveniente per le imprese l’applicazione, quale minimo parametro di riferimento, del CCNL di Settore a tutti i lavoratori del trasporto aereo che operino stabilmente basati sul territorio Italiano. Questo consentirebbe non solo di eliminare il malcostume che, se immutato, genererà vettori sempre più spregiudicati e condizioni di lavoro sempre più degradanti, ma anche di trasferire, invece, il campo della competizione dallo sfruttamento dei lavoratori ad un ambito virtuoso di qualità e sicurezza del servizio, puntualità e trasparenza nei rapporti con la clientela, quantità e qualità dell’offerta con ampio beneficio per imprese, lavoratori, utenti e per i cittadini tutti. Noi siamo convinti che questa sia la strada maestra per uno sviluppo sostenibile e non abbiamo intenzione di fermarci fino a quando non sarà ristabilito un equilibrio dignitoso e degno di un Paese moderno.

 

 

* Coordinatore del Trasporto Aereo

 

– Dipartimento Piloti e Assistenti di Volo UILTRASPORTI

 

 

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