Non si può parlare di Paese democratico senza una politica a favore dell’inclusione sociale
FEBBRAIO 2019
Sindacale
Non si può parlare di Paese democratico senza una politica a favore dell’inclusione sociale
di   Djejemal Gerard

 

Mi chiamo Gerard, sono emigrato in Italia dalla Costa D’Avorio nei primi anni Novanta del secolo scorso. Sono cittadino italiano e ho una famiglia numerosa. Lavoro da anni in un’azienda edile stradale e sono iscritto alla FenealUil, dove ho sempre trovato risposta ai miei problemi e a quelli dei miei colleghi. Per prima cosa voglio esprimere gratitudine al paese che mi ha ospitato e che mi ha dato la possibilità di sentirmi parte di esso in tutto e per tutto. In principio non è stato semplice, come potete immaginare, ma con l’impegno e i sacrifici sono riuscito ad integrarmi perfettamente. Eppure, a tutt’oggi, mi sento ancora come all’inizio del mio cammino. Anzi, la situazione è peggiorata: c’è un ritorno alla paura del diverso e della differenza del colore della pelle, oltre che al pregiudizio dello straniero che ruba il lavoro e che viene ritenuto un malvivente, ancora prima di mettere piede in Italia. Molte case dove viviamo sono state costruite sul lavoro e sul sudore anche dei lavoratori stranieri, e a volte pure sul loro sfruttamento. Non si può parlare di Paese democratico senza una politica a favore dell’inclusione sociale, senza un piano per l’immigrazione e contro lo sfruttamento e senza un piano per incrementare il lavoro, fondamentale per la crescita! Sono anni che faccio il muratore e ne vado fiero, perché so quanto vale il mio lavoro. Quando sento dire che le grandi Opere Pubbliche, Strade, Autostrade, Ponti e Ferrovie, non sono necessarie allo sviluppo del Paese, mi chiedo se, tra qualche anno, non ci ritroveremo con più disoccupati che occupati. Non può essere solo il reddito di cittadinanza a risollevare il paese dalle difficoltà e a rilanciare i consumi.
 
Occorre ragionare su come migliorare la cassa integrazione, per garantire un percorso che possa integrare chi perde il posto di lavoro. Io voglio lavorare, voglio continuare a lavorare fino alla pensione, voglio che i miei contratti mi portino dei veri aumenti e non siano impoveriti da tasse e trattenute, voglio meritarmi quello che l’INPS mi darà, quando me lo darà. Senza dimenticare che i lavori non sono tutti uguali. A 67 anni non ci si può trovare in un cantiere e fare il lavoro che io faccio tutti i giorni! Non basta la quota 100, bisogna considerare seriamente quali sono i lavori gravosi e logoranti e tenerne conto per tutti quelli che, come me, lavorano nei cantieri, in agricoltura, nelle cave e sulle strade, in situazioni di pericolo di infortuni e dove le stagioni hanno pure il loro peso. Bisogna creare posti di lavoro per rilanciare il Paese, adottare politiche rivolte alla famiglia e garantire dignità a tutti, anche alle persone che giungono nel nostro paese per dare opportunità ai propri figli, e che devono essere considerate delle risorse utili allo sviluppo, e non dei parassiti. Il Sindacato è una grande forza di democrazia, e dobbiamo rafforzare sempre di più la sua azione per tutte le categorie di lavoratori.
 
 
 
 
 
 
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