MIGRANTI  - Ivana VERONESE
Come cambiano i decreti Salvini sull’immigrazione
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07/10/2020  | Sindacato.  

 

Di Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale.it

 

6 ottobre 2020 - Il 5 ottobre il consiglio dei ministri ha approvato la modifica dei cosiddetti decreti sicurezza o decreti Salvini, due leggi volute dall’ex ministro dell’interno e leader della Lega Matteo Salvini tra il 2018 e 2019, che avevano modificato profondamente le norme sull’accoglienza dei richiedenti asilo, quelle sul soccorso in mare, sulla cittadinanza e sull’asilo in Italia. Il consiglio dei ministri ha approvato un nuovo decreto con le modifiche che si chiama decreto immigrazione. A lungo il Partito democratico ha chiesto la modifica delle due leggi, incontrando delle resistenze da una parte degli alleati di governo (il Movimento 5 stelle) che avevano sottoscritto i decreti nel primo governo Conte. Le due norme erano inoltre state approvate a larghissima maggioranza nel parlamento, che in alcuni casi aveva addirittura reso più estreme le misure, come nella parte sulle multe alle navi delle ong che compiono soccorsi nel Mediterraneo. Le modifiche ai due decreti erano pronte da luglio, ma sono state approvate dal consiglio dei ministri solo dopo le elezioni regionali di fine settembre.

 

La materia di cui si occupano le due norme è vasta: va dalla riforma della legge sulla cittadinanza alla gestione dell’ordine pubblico nelle manifestazioni, e le modifiche intervengono in maniera disomogenea su alcune parti. Di fatto attraverso la modifica, senza la loro abrogazione, il governo ha neutralizzato o riformato le due leggi. Per esempio sono state modificate in maniera radicale le parti sull’accoglienza, con il ripristino di una forma di protezione umanitaria e del sistema di accoglienza diffuso, mentre su altri punti come il soccorso in mare è rimasto in piedi l’impianto del decreto Salvini, anche se il principio della criminalizzazione del soccorso in mare è stato di fatto reso inefficace. Nei suoi rilievi al decreto, il capo dello stato Sergio Mattarella aveva chiesto di diminuire le ammende, rendendole proporzionali alla violazione, ma le modifiche sono andate oltre i rilievi del presidente, perché hanno reso il procedimento penale e non solo amministrativo.

 

Tuttavia nell’ultimo anno il decreto sicurezza bis non è stato mai applicato, nonostante le navi umanitarie siano state bloccate in lunghi stand-off, prima che gli fosse assegnato un porto di sbarco. Questo punto è stato senza dubbio quello su cui il braccio di ferro tra i due partiti al governo è stato più serrato, visto che una parte dei cinquestelle ha avuto sempre posizioni vicine a quelle della Lega sul soccorso in mare.

 

Molte critiche alle modifiche sono arrivate sulla parte che riguarda la riforma della legge sulla cittadinanza: il decreto Salvini ne allungava i tempi per l’ottenimento per gli stranieri naturalizzati in Italia, portandoli da due a quattro anni. Le modifiche riducono i tempi a tre anni, ma non riportano il testo alla sua formulazione originaria, né lo migliorano ulteriormente. Inoltre non è abrogata la norma del decreto Salvini che prevede la revoca della cittadinanza per chi l’ha acquisita, in caso di condanna definitiva per reati collegati al terrorismo. Ulteriori critiche anche sulle modifiche alla parte dei decreti che riguardano la gestione dell’ordine pubblico con l’inasprimento delle pene per il reato di rissa, l’introduzione dei daspo dai locali pubblici e di intrattenimento per chi sia stato denunciato o condannato per atti di violenza. Il nuovo decreto immigrazione è strutturato in dodici articoli e dovrà essere convertito in legge dal parlamento che potrà apportare ulteriori modifiche in sede di discussione.

 

Protezione speciale

 

Si ripristina di fatto un permesso di soggiorno per motivi umanitari che era previsto dal Testo unico sull’immigrazione del 1998, ma si chiamerà “protezione speciale”. Questo tipo di permesso verrà concesso agli stranieri che presentano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o “risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”. La protezione avrà la durata di due anni e non sarà una mera estensione dei permessi per casi speciali introdotti dal primo decreto sicurezza (legge 132/2018). Diventano convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, “ove ne ricorrano i requisiti”, i permessi di soggiorno per protezione speciale, per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi, per assistenza minori.

 

L’articolo 1 del decreto introduce inoltre un nuovo principio di non respingimento o rimpatrio verso uno stato in cui i diritti umani siano violati in maniera sistematica e inoltre impedisce di rimpatriare chi ha una vita consolidata in Italia. “Non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell’esistenza, in tale stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani”, è scritto nel testo. “Non sono altresì ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno stato – prosegue il testo – qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica”.

 

Soccorso in mare

 

Nell’articolo 1 del nuovo decreto si affronta anche il punto più critico e divisivo per il governo: quello del soccorso in mare. Rimane in piedi il principio secondo cui il ministro dell’interno, in accordo con il ministro della difesa e dei trasporti, informando il presidente del consiglio, può vietare l’ingresso e il transito in acque italiane a navi non militari. Tuttavia se queste navi hanno effettuato soccorsi seguendo le convenzioni internazionali, hanno comunicato le operazioni alle autorità competenti (e nel caso di navi straniere al loro stato di bandiera), questo comma non può essere applicato. Se avviene la violazione, inoltre, deve intervenire un magistrato ad appurarlo e al termine di un processo penale possono essere inflitte multe che vanno da 10mila a 50mila euro. L’ammenda amministrativa, che arrivava fino a un milione per chi avesse salvato i migranti in mare, è diventata una multa applicabile solo al termine di un processo penale. Non è più previsto il sequestro della nave.

 

Registrazione anagrafica

 

Viene inoltre eliminato il divieto di registrazione alle anagrafi comunali dei richiedenti asilo, a cui sarà rilasciato un documento di identità valido per tre anni. Su questo punto era intervenuta anche la consulta, che a luglio aveva definito incostituzionale la norma che vietava l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, in seguito di ricorsi presentati da molti richiedenti asilo in tutta Italia.

 

Riduzione dei tempi di trattenimento nei Cpr

 

Gli stranieri che sono trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), ex Cie, in attesa di essere rimpatriati, con il nuovo decreto potranno esserlo fino a un massimo di 90 giorni (precedentemente potevano essere trattenuti per un massimo di 180 giorni), con una possibile proroga di ulteriori trenta giorni per coloro che provengono da paesi con cui l’Italia ha accordi di rimpatrio. In questo caso si ritorna a una situazione precedente a quella dell’approvazione del decreto sicurezza. È introdotta però la flagranza in differita per chi organizza proteste e danneggiamenti all’interno dei Centri per il rimpatrio, questa norma non era presente nel decreto sicurezza.

 

Sistema di accoglienza

 

Il sistema di accoglienza Sprar/Siproimi cambia ancora una volta nome e diventa Sistema di accoglienza e integrazione, di fatto viene ripristinato il sistema di accoglienza diffuso gestito dai comuni come sistema prioritario a cui accedono anche i richiedenti asilo e non solo i casi più vulnerabili, i minori e i beneficiari di protezione internazionale. Inoltre vengono distinti i servizi di primo livello per i richiedenti protezione internazionale, che includono l’accoglienza materiale, l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, i corsi di lingua italiana, e i servizi di orientamento legale e al territorio, dai servizi di secondo livello che hanno come obiettivo l’integrazione e includono l’orientamento al lavoro e la formazione professionale. L’adesione al sistema che è gestito dai comuni, sarà sempre su base volontaria e non è prevista nessuna soppressione del sistema prefettizio di accoglienza, quello che ha dato vita ai Centri di accoglienza straordinari (Cas), al centro di scandali per le condizioni di vita al di sotto degli standard minimi.

 

Cittadinanza

 

L’attesa massima per la richiesta della cittadinanza fatta da uno straniero naturalizzato in Italia passa da quattro a tre anni. Prima del decreto Salvini era fissata a due anni. Non è abrogata la norma che prevede la revoca della cittadinanza in caso si commettano reati legati al terrorismo, solo per chi la cittadinanza l’ha acquisita.

 

Le reazioni alla riforma

 

L’ex ministro dell’interno Matteo Salvini parla di modifiche peggiorative: “Si torna alla mangiatoia, si torna alla pacchia, per scafisti, trafficanti e finte cooperative. Non penso sia quello di cui ha bisogno il paese”. Il ministro per il sud e la coesione territoriale Giuseppe Provenzano evidenzia, invece, cambiamenti importanti: “Quando si recupera un ritardo sui diritti o si corregge un errore non bisogna mai esultare, rimuovere l’obbrobrio dei decreti Salvini era un atto dovuto e ci abbiamo messo anche troppo tempo per farlo”. Per Provenzano le modifiche in particolare sulla protezione umanitaria e sul sistema di accoglienza sono sostanziali. Alcuni parlamentari democratici come Matteo Orfini e Giuditta Pini chiedono di migliorare ulteriormente il testo nel passaggio parlamentare. Per Giuseppe Brescia del Movimento 5 stelle si è trattato di un lavoro “molto soddisfacente” che per mesi è stato preparato da incontri tra componenti dei due partiti al governo: il risultato è un “testo molto equilibrato che sana dei vuoti che si erano venuti a creare nella gestione dell’accoglienza”.

 

Le associazioni e gli esperti evidenziano i passi in avanti della riforma, ma anche i chiaroscuri. Gianfranco Schiavone dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) giudica positivamente le modifiche nel loro complesso e il fatto che “venga introdotto un nuovo divieto di espulsione in caso di violazione di diritti umani nel paese di origine, ma anche in base al livello di integrazione raggiunta in Italia. Non si potrà rimpatriare, salvo motivi di sicurezza nazionale, chi ha una vita strutturata in Italia. Questo è un passo in avanti enorme”.

 

Per Action Aid la valutazione è più tiepida, perché le modifiche non segnano una discontinuità con “l’approccio securitario” delle norme Salvini. “Da segnalare subito però la perplessità sulla divisione tra rifugiati e richiedenti asilo per l’accesso ai servizi di integrazione nel sistema di accoglienza in capo ai comuni e la necessità di rivedere presto il capitolato di gara che disciplina centri governativi e straordinari, di cui vengono ripristinati i servizi (Cas)”. Per Filippo Miraglia dell’Arci un aspetto positivo della riforma c’è “la possibilità di convertire in lavoro molti permessi di soggiorno temporanei”. Per Action Aid sono ancora diversi gli aspetti fortemente critici che restano del vecchio impianto dei decreti sicurezza: “Le multe alle ong, la criminalizzazione del soccorso in mare e l’iter che scatta al momento dell’ingresso delle persone straniere”.

 

Gianni Rufini di Amnesty International esprime perplessità sulle multe alle ong: “Contestiamo l’idea che si debba rispettare il requisito della non violazione del codice della navigazione per non incorrere in multe e carcere: come nell’ipotesi di un intervento di una nave di soccorso in aree di competenza italiana che non rispettasse le disposizioni impartite, ad esempio forzando per necessità un blocco navale. Salvare vite umane non dovrebbe essere considerato reato in alcuna circostanza”.

 

Anche Valentina Brinis di Open Arms chiede maggiore discontinuità sul soccorso in mare: “L’entità delle multe è diminuita, ma il fatto di mantenerle manda un messaggio politico molto pericoloso continuando a screditare e colpevolizzare l’operato delle ong”. Anche Marco Bertotto di Medici senza frontiere sulla stessa linea: “C’è continuità rispetto al passato sul soccorso in mare, l’atteggiamento è lo stesso che impedisce alle navi umanitarie di svolgere le loro attività, che usa il covid come scusa per chiudere i porti, che mette in piedi un sistema di navi quarantena che è vergognoso”. Per Emergency, “siamo ancora lontani da una riforma organica volta a gestire le migrazioni come un fenomeno strutturale e non più emergenziale”. Per Paolo Naso delle chiese evangeliche invece sono stati fatti passi avanti relativamente al soccorso in mare, “perché viene ribadito il divieto dei respingimenti, ma resta imprecisato e forse ambiguo il meccanismo di contatto con i paesi tenuti a garantire l’accoglienza”.

 

Per Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone l’uso del daspo per colpire le risse e lo spaccio al di fuori dei locali, va nella direzione di far diventare amministrativi procedimenti che dovrebbero essere penali. “Il daspo è uno strumento che viene messo nelle mani delle autorità di polizia ed è meno garantista degli strumenti nelle mani di un giudice. Anche se i fini sono nobili, cioè quella di contrastare la violenza e la diffusione degli stupefacenti, mi pare che non sia questa la direzione perché non affronta il problema culturale e sociale di questo tipo di fenomeni, si usa solo lo strumento della repressione”.

 

Molto critici gli Italiani senza cittadinanza, l’associazione di figli di cittadini stranieri nati o cresciuti in Italia, sulle norme che riguardano la cittadinanza: “Prima dei decreti sicurezza la durata massima delle nostre pratiche di cittadinanza per legge era di due anni, ora diventerà di tre anni. A viverlo direttamente sulla pelle non ci sembra un miglioramento da festeggiare. Si deve fare molto di più”.