Immigrazione  - Ivana VERONESE
Resa sul patto Italia-Libia. E Tripoli alza il muro anti Ong
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31/10/2019  | Immigrazione.  

 

Fra tre giorni il rinnovo automatico degli accordi col Paese dove migliaia di migranti restano ammassati in centri lager. L’ultima mossa del governo di al Serraj per bloccare le navi umanitarie: “Prima di fare salvataggi, chiedete il permesso"

 

di Alessandra Ziniti, www.repubblica.it

 

Roma, 31 ottobre 2019 -   Ancora tre giorni e, con il suo assordante silenzio-assenso, l’Italia continuerà per i prossimi tre anni a pagare la Libia per fare quel lavoro sporco che l’Europa di cui fa parte ritiene illegittimo (almeno a parole) e soprattutto contrario al rispetto dei diritti umani: e cioè riportare indietro, in un Paese dilaniato dalla guerra civile e in centri di detenzione-lager, migliaia di migranti. Letteralmente catturati e riconsegnati ai trafficanti dalla Guardia costiera libica con uomini addestrati dall’Italia e mezzi forniti dall’Italia in una zona Sar libica che - come raccontano le inchieste della Procura di Agrigento - è di fatto gestita dalla Marina italiana. Pur di affidare alle mani dei libici il “contenimento” dei flussi migratori (che solo nei primi dieci mesi del 2019 l’Ispi stima in quasi 8.000 migranti rispediti nei lager), l’Italia sembra disponibile ad inghiottire persino le ultime tracotanti iniziative del governo libico: dall’emanazione di un decreto studiato per neutralizzare i soccorsi delle navi umanitarie fino alla sconcertante riconferma a capo della guardia costiera di Zawyah di Abdurhaman al Milad, meglio conosciuto come Bija, il trafficante di uomini (sulla cui testa pende un mandato di cattura della magistratura libica) la cui visita in Sicilia e a Roma in una delegazione ufficiale nel 2017 avrebbe dovuto imbarazzare l’Italia.

 

La grande mobilitazione di associazioni e ong, il no dell’Unhcr, l’appello che corre sui social ma soprattutto i tanti dubbi solo parzialmente espressi all’interno del Pd porteranno oggi ad una riunione delle delegazioni di governo che si confronteranno ancora una volta sulla gestione dei flussi migratori, tema sempre più divisivo all’interno della maggioranza. Ma l’intenzione è quella di andare alla tacita conferma degli accordi con la Libia con il Pd rinunciatario davanti all’idea di aprire un nuovo fronte di tensione, costretto ad abbozzare davanti all’invalicabile muro eretto dal M5S che non intende minimamente recedere dal patto della vergogna.

 

E allora ecco pronti 50 milioni di euro all’anno (per dare conto solo delle cifre “in chiaro” della legge di rifinanziamento missioni) che vanno ad aggiungersi ai 328 milioni impegnati dalla UE dal 2016 per continuare a sostenere il finanziamento dei centri di detenzione in cui migliaia di migranti vengono torturati e uccisi, la dotazione di motovedette e la formazione della Guardia costiera libica che adesso ha dalla sua un nuovo strumento di vessazione nei confronti delle Ong. Quelle che sono riuscite a sfuggire alle strettissime maglie del decreto sicurezza-bis in Italia sono costrette ad operare in zona Sar libica sotto la mannaia di ritrovarsi con la polizia di Tripoli a bordo, condotte in porto e sequestrate. Questo prevede infatti il decreto emesso dal Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico il 14 settembre e inviato anche in Italia. Alle Ong che operano in zona Sar libica non è mai stato sottoposto, ma è già operativo. E, per assurdo, prevede che i naufraghi salvati non possano essere portati in Libia. Il decreto, che Repubblica ha consultato nella versione tradotta dall’ufficio immigrazione Arci, consta di 19 articoli ai quali, va da sè, nessuna Ong potrà mai sottostare non fosse altro perchè è loro imposto «di presentare una preventiva domanda di autorizzazione alle autorità libiche».

 

E ancora, senza il nullaosta libico, non potranno intervenire neanche in caso di emergenza e non dovranno « bloccare le operazioni di ricerca e salvataggio marittimo esercitato dalle autorità autorizzate dentro l’area e lasciare la precedenza d’intervento». E poi gli articoli che più destano preoccupazione perché preludono ad un intervento di tipo poliziesco e autorizzano la Guardia costiera « a salire a bordo delle unità marittime ad ogni richiesta e per tutto il tempo valutato necessario, per motivi legali e di sicurezza». La Libia non vuole «i naufraghi salvati dalle organizzazioni» ma «le barche e i motori usati» sì. Infine le sanzioni: «Tutte le navi che violano le disposizioni del presente regolamento verranno condotte al porto libico più vicino e sequestrate». Questa mattina a Roma il Tavolo asilo nazionale composto da associazioni e Ong presenterà la lettera aperta al governo. «Il codice Minniti libico - dice Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci - conferma le ragioni che ci spingono a chiedere la cancellazione degli accordi con la Libia. Per cambiare pagina si ponga fine a questa follia e si metta subito in campo un piano straordinario di evacuazione delle persone detenute».