ISTAT  - Antonio FOCCILLO
Foccillo: investire in ricerca e sviluppo per rilanciare occupazione e economia
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17/11/2017  | Sindacato.  

 

 

L´Istat se da una parte registra un aumento della spesa per ricerca e sviluppo nel 2015, dall’altra nelle sue previsioni per il 2016 e 2017 ne indica un calo piuttosto significativo.

 

Gli investimenti in ricerca e innovazione in Italia sono quasi esclusivamente pubblici. La differenza, rispetto alle altre nazioni europee, è dovuta anche ai consistenti investimenti dei settori privati e delle aziende. Dalle previsioni per il 2017 si prospetta un andamento in discesa nel settore privato a fronte, invece, di uno in crescita nelle istituzioni pubbliche.

 

Sulla scorta di questi dati, ci preme ribadire come sia quanto mai necessario investire, special modo nelle settore pubblico, in ricerca e sviluppo, perché solo così, promuovendo le nostre tante conoscenze, soprattutto dei più giovani, sarà possibile rilanciare l’occupazione e l’economia del Paese. Difatti, la stessa Istat mostra l’incidenza positiva sul Pil dell’aumento di spesa registrato nel 2015.

 

Istat comunica, poi, una crescita importante del personale impiegato in attività di ricerca e sviluppo (+3,7%), anche se allo stesso tempo evidenzia che solo poco più di un terzo di chi lavora in quel settore è donna. Un gap - più incisivo nel settore privato - che non può che preoccuparci e per cui vanno pensate soluzioni di promozione della parità di genere.

 

Bisogna far presente però che il personale impiegato in ricerca e sviluppo è pesantemente sottodimensionato rispetto ai paesi d’Europa e del mondo. Ciò è ancor più grave ove si consideri che ogni euro investito in ricerca produce un ritorno economico quattro volte superiore.

 

La crescita del numero dei ricercatori a tutt’oggi, tra l’altro, è avvenuta nel solo precariato, arrivato a costituire una sorta di organico equivalente, ma parallelo nelle istituzioni. Teniamo a precisare, pertanto, che è quanto mai necessario tutelare la loro condizione lavorativa, in primo luogo attraverso la lotta agli abusi delle forme contrattuali flessibili con cui vengono il più delle volte impiegati e in secondo luogo garantendo loro di aver strumenti e risorse adeguati a far svolgere i loro compiti di ricerca in maniera puntuale ed efficiente.

 

In tal senso, se andrà in porto la stagione delle stabilizzazioni, da avviare nel triennio 2018-20, si potrà realizzare un importante primo passo per il superamento del fenomeno del precariato e per la compensazione del blocco delle assunzioni e, assieme a nuove assunzioni, si potrà finalmente avviare un reclutamento in grado di evitare la fuga dei cervelli.

 

 

Roma, 17 novembre 2017