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SETTEMBRE 2014

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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LUGLIO/AGOSTO 2014

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SOMMARIO

Il Fatto
Appunti per una riflessione - di A. Foccillo
La modifica dell’articolo 18 è un’inutile prova di forza che non serve a nessuno. Intervista a Luigi Angeletti, Segretario generale UIL - di A. Passaro

Sindacale
Una stagione congressuale impegnativa per un sindacato protagonista del cambiamento - di C. Barbagallo
Quale diritto alla Salute? L’opportunità dell’assistenza sanitaria integrativa
- di C. Fiordaliso
Rilanciare la Previdenza Complementare - di D. Proietti
La vera sfida del movimento sindacale è continuare a rappresentare compiutamente e democraticamente tutte le sue anime - di R. Bellissima
Una grande Uilm - di R. Palombella
Le schede di lettura della Uil Scuola sul piano del Governo “La buona scuola”
- di N. Ranieri e L. Macro
Per andare oltre la crisi - di G. Cortese
Il III° congresso regionale Uil Milano Lombardia - di D. Margaritella

Attualità
I dieci anni di Marchionne alla guida della Fiat - di E. Canettieri

Il Corsivo
Festina Lente - di Prometeo Tusco

Agorà
Il padre del sindacato moderno - di P. Nenci
Il primo laico che guidò la Repubblica - di P. N.

Inserto
Il 1944. L’anno delle stragi - di P. Nenci

Separatore

EDITORIALE

Appunti per una riflessione

di Antonio Foccillo

Troppo gratuite sono oggi le voci che si levano a decretare la povertà ed il declino del movimento sindacale e della sua qualità rappresentativa; voci fautrici di un liberismo che derogalarizzi l’intero sistema socio-economico. Se vogliamo che queste voci siano definitivamente ridotte al silenzio dobbiamo mostrare il pulsare vivo delle nostre capacità. Capacità, che pur attraversando le diverse difficoltà, quelle della crisi economica e della trasformazione strutturale dei modelli produttivi e sociali, è dimostrato, tutti i giorni, che hanno ancora necessità di esistere proprio per difendere quelle fasce del lavoro più soggetto agli effetti di riduzione del benessere ed equità.

Per recuperare queste capacità per il movimento sindacale è essenziale aver presente la natura politica, economica e sociale che ha caratterizzato gli avvenimenti che abbiamo alle spalle e di quelli ancora in atto, intendo l’elevato indice di disomogeneità dei comportamenti, dei valori e delle attenzioni. Troppo spesso il movimento sindacale non ha rappresentato più un elemento unitario e sostanzialmente omogeneo ai bisogni della società, non ha costituito più una forza sociale portatrice di un’unica identità rivendicativa e contrattuale. Parafrasando una definizione spesso in un uso, si può affermare che la post-industrialità, dovuta anche alla finanziarizzazione dell’economia, ha prodotto anche un post-movimento sindacale, se con il termine di movimento sindacale si intende appunto una parte della collettività unita da un omogeneo processo di identificazione. Dobbiamo essere in grado di riflettere perché la rappresentatività del sindacato necessariamente deve essere reale. Questo significa saper mettere in discussione le proprie abitudini, politiche e organizzative, le proprie consuetudini professionali e culturali, le proprie scelte consolidate e ripetute.

La Uil l’ha fatto con le proposte nella Conferenza organizzativa presentando una grande piano di cambiamento. Alcuni, però, stanno mistificando, demagogicamente, facendosi paladini del rinnovamento, proponendo se stessi per questa fase. Il problema del rinnovamento è troppo vasto per cui la soluzione possa essere trovata da singoli soggetti, ma l’intera organizzazione che negli organismi statutari decide la linea. Chi continua con questo sterile ritornello evidentemente non ha compreso fino in fondo la proposta emersa da tale conferenza. Il rinnovamento, nella Uil, dal punto di vista organizzativo è già stato avviato. Bisogna proseguire anche sul piano strategico e delle azioni che si vogliono metter in campo. Lo dobbiamo fare tutti insieme, non ci sono scorciatoie e non abbiamo bisogno di unti dal signore o di singoli “profeti”.

In questi giorni si sta amplificando, ancora di più, la crisi economica con fallimenti e chiusure di aziende, record di disoccupazione, pertanto quello che diventa inaccettabile è assistere ad una situazione sempre più grave che ha portato il paese alla deflazione, senza che il governo proponga misure in direzione dello sviluppo e dell’occupazione. I mass-media, in questa fase, per uscire da questa situazione tendono ad isolare due sole tra le grandi priorità che il governo dovrebbe affrontare: la riduzione della spesa pubblica ed l’eliminazione della reintegra dell’art.18 Stat. lav.

Sulla prima questione il sindacato si è battuto proponendo le sue ipotesi sia negli incontri con Cottarelli, sia nei dibattiti pubblici. Ma su questa tematica il Governo sta rinunciando, riproponendo alla fine i soli tagli lineari. Sulla seconda priorità per la Uil non ci sono dubbi. Non si deve togliere nessuna tutela a chi l’ha già. Se, invece, si tratta di individuare un diverso sistema dei licenziamenti illegittimi a coloro che, o sono disoccupati, o hanno dei contratti per i quali non sono previste tutele, è ovvio che la Uil è disponibile a discutere. Ma per arrivare, proprio considerando la proposta di “un contratto a tempo determinato a tutele crescenti”, al termine dei tre anni, che tutti i lavoratori abbiano adeguate tutele contro il licenziamento illegittimo.

Vorremmo ricordare, visto che si accusa il sindacato di tutto, questa diversificata situazione del mercato del lavoro è stata creata intanto da leggi e, soprattutto, da un uso distorto ed improprio delle tante forme di contratti flessibili che hanno determinato soltanto precarietà e “pessima” occupazione. Per la Uil restano priorità assolute creare “buona” occupazione e conseguentemente la riduzione della disoccupazione. In questo senso è arrivata l’ora di misurarsi innanzi tutto sulla questione lavoro qualificando gli obiettivi e migliorando la capacità di iniziativa. La Uil ha avanzato alcune proposte in merito ed ha chiesto al Presidente del Consiglio un incontro nel merito. L’auspicio che facciamo è che l’intero movimento sindacale recuperi la capacità propositiva predisponendo una piattaforma rivendicativa unitaria nei confronti del governo. In modo che sui contenuti della piattaforma si possano verificare i comportamenti del governo, che al momento suonano contraddittori, e preoccupanti, rispetto agli annunciati propositi e si dovrà imporre un confronto sul merito e non sugli slogans. Valuteranno poi gli italiani fra chi è realmente innovatore e chi invece restauratore. In questo quadro, anche la questione di una mobilitazione generale va affrontata serenamente, non escludendo, su tutta la tematica del lavoro, anche di arrivare a decisioni di lotta di fronte ad una involuzione degli orientamenti da parte del governo o ad un irrigidimento delle posizioni sulla legge delega che è stata presentata alle Camere e che ha contenuti, se non modificati, davvero preoccupanti.

Altro tema che, in stretta correlazione con l’occupazione, sta coinvolgendo l’intero mondo del lavoro e non solo quello sindacale, la cui importanza interessa la stessa identità che potrà assumere il sindacato nei prossimi anni, riguarda il sistema contrattuale ed i rinnovi dei contratti di categoria, in particolare nel settore pubblico, che vengono ulteriormente bloccati.

Di questo capitolo della storia del movimento sindacale dobbiamo recuperare il dibattito e la sensibilizzazione di tutti i soggetti coinvolti, perché ormai il potere di acquisto dei lavoratori si è ridotto enormemente a discapito dei consumi e di conseguenza dell’intera economia. Come dimostra ancora una volta il segnale negativo del nostro settore produttivo: infatti, i dati sul calo della produzione industriale ci riportano indietro di cinque anni. Non si può aspettare oltre, il Governo deve immediatamente investire risorse per aiutare l’economia, come ci chiede lo stesso presidente della BCE. Le risorse possono essere trovate, sia abbandonando l’austerity, sia toccando gli evasori e il malaffare. Continuiamo a sostenere la nostra disponibilità al confronto per concordare opportune misure per rilanciare sviluppo, occupazione ed aumento del potere di acquisto.

Si parla sempre più di individuare un nuovo modello contrattuale con il ritornello di puntare ad una contrattazione solo aziendale. Se passasse questa ipotesi, non solo sarebbe una negazione della storia del sindacato confederale che non può restare chiuso in azienda, ma deve essere in grado di sostenere rivendicazioni che abbraccino tutta la gamma delle riforme, ma vi è il concreto rischio che indebolendo l’efficacia negoziale del contratto nazionale e puntando solo sulla contrattazione aziendale si possa arrivare alla sostituzione della stessa con quella di una contrattazione di tipo individuale. Dunque, proprio per tutto questo, oggi ci troviamo in una delicata fase di transizione di tutte le relazioni sindacali. Le innovazioni non si fanno in corso d’opera ma a bocce ferme. Perciò è ancora più urgente chiedere ed ottenere di rinnovare i contratti ancora aperti.

Non si può giustificare questo continuo rinvio, ma dobbiamo recuperare proprio di nuovo nella contrattazione, non solo il fatto economico, ma anche il ruolo e l’espressione di esperienza quotidiana di una democrazia diretta e partecipata. Democrazia che è stata conquistata in lunghi anni di azione e lotte del movimento sindacale e che oggi appare invece dimenticata. Coinvolgere e attivare l‘interesse significa proprio ricordare e rianimare il ruolo contrattuale dei lavoratori nel ruolo di democrazia e partecipazione.

Ugualmente non dobbiamo cadere nel pensare che vi sia disinteresse su queste tematiche da parte dei lavoratori, a causa dell’alibi dei cambiamenti avvenuti, piuttosto se trasformazioni vi sono state, dobbiamo anche trasformare il nostro modo di coinvolgere e interessare.

La prossima legge di stabilità, che è senza dubbio uno strumento di pianificazione e assegnazione di risorse, il sindacato non può essere parte indiretta, ma proprio perché da essa discendono importanti effetti sui lavoratori, sui contratti pubblici e sullo stato sociale, è imprescindibile affermare un’azione di confronto e di contrattazione su quelli che ne saranno i contenuti. E’ importante affermare si da ora il diritto a parteciparvi, per la salvaguardia dell’equità e della giustizia dello stato sociale e del funzionamento dell’intera pubblica amministrazione che ne è lo strumento operativo.

Certamente non è discutibile che vi sia la necessità di riadeguare il concetto di Stato sociale, ma non può significare proseguire nel suo smantellamento, come è avvenuto fino ad oggi nell’ottica neoliberista, ma piuttosto diventa indispensabile riadeguare e razionalizzare il legame che salda lo Stato con l’economia e la società, attraverso la definizione di un’aggiornata politica pubblica, in grado di articolare la propria azione secondo una distribuzione non garantista, ma realmente finalizzata a salvaguardare l’equilibrio sociale.

Freud sosteneva nella sua opera “Il disagio della civiltà”: “Il prezzo del progresso della civiltà si paga con la riduzione della felicità, dovuto all’intensificarsi del senso di colpa”.

Questo sta avvenendo nel mondo occidentale, in particolare in Europa ed in Italia, ma noi che non abbiamo sensi di colpa e non vogliamo fare sempre più passi indietro nel nostro vivere quotidiano dobbiamo continuare e rafforzare la nostra azione per ricostruire uno spirito di idealità che è venuto meno e che riaffermi una nuova società in cui diritti e tutele abbiano ancora diritto di cittadinanza. Sta a tutti noi il compito di partecipare e che ci veda solidali verso questi obiettivi comuni, perseguendo coerentemente l’impegno per giustizia, equità sociale e sviluppo.

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La modifica dell’articolo 18 è un’inutile prova di forza che non serve a nessuno. Intervista a Luigi Angeletti, Segretario generale UIL

di Antonio Passaro

Angeletti, come uno dei più classici tra i tormentoni, ancora una volta, torna alla ribalta della cronaca l’articolo 18: anche Renzi non sfugge al richiamo di questo numero. Al momento in cui scriviamo, non sono del tutto definiti il merito e la forma del provvedimento che il Parlamento si appresta a varare. Ma nelle intenzioni del Premier, i tempi sono molto stretti. Come ha reagito la UIL?

Sì, è vero, nelle intenzioni di Renzi i tempi sembrano essere molto stretti e una decisione conclusiva appare prossima. La UIL ha assunto una posizione netta e chiara. L’Esecutivo nazionale ha deciso che, se i provvedimenti del Governo in materia di lavoro dovessero toccare protezioni e tutele per quei lavoratori che già ce l’hanno e non prevedere tutele crescenti per coloro che non ce l’hanno, la UIL proclamerà uno sciopero generale con modalità e tempistiche che saranno definite tenuto conto delle scelte governative. Abbiamo proposte e rivendicazioni precise, tutte contenute in un documento e in un “volantone” che abbiamo diffuso a tutti i livelli della nostra Organizzazione. Nei prossimi giorni saranno avviate assemblee nei luoghi di lavoro e attivi di delegati per illustrare la nostra posizione.

Sulle iniziativa di mobilitazione, tra CGIL, CISL e UIL non ci sono valutazioni comuni. Qual è, su questa vicenda, lo stato dei rapporti tra le tre Confederazioni?

Con CGIL e CISL stiamo discutendo per trovare una posizione comune su temi importanti, su come si trova lavoro e sul Jobs Act e, a questo proposito, stiamo lavorando per implementare la piattaforma unitaria già redatta su fisco e pensioni. Noi siamo favorevoli a un’iniziativa comune, ma che non sia di facciata. Il Governo deve sapere che il nostro non è lo sfogo di un momento: noi vogliamo realizzare un’iniziativa capace di durare nel tempo. È anche vero che ci troviamo di fronte a una marea di dichiarazioni del Governo molto diverse tra loro e non possiamo assumere decisioni sulla base di queste esternazioni così differenziate. Lo ribadisco: al momento, non è ancora chiaro come sarà questo provvedimento. Appena sapremo le vere intenzioni del Governo, decideremo. Ovviamente - lo ribadisco - la nostra reazione si uniformerà a ciò che avrà stabilito l’Esecutivo.

La UIL aveva scritto a Renzi per chiedergli un incontro sulla questione in discussione. Parlando alla Direzione del suo partito, il Presidente del consiglio ha detto che aprirà le porte di Palazzo Chigi ai Sindacati per “sfidarli” sui temi della rappresentanza, della contrattazione di secondo livello e del salario minimo. Che ne pensi?

Sorvoliamo su alcune espressioni poco felici del Premier. La UIL è disponibile, comunque e come sempre, al confronto con il Governo su tutti i temi che riguardano il mondo del lavoro. Peraltro, siamo stati proprio noi a chiedergli un incontro e ci mancherebbe che, al di là dei toni che usa e degli argomenti che propone, non confermassimo la nostra disponibilità. Ciò detto, però, c’è un fatto che vorrei sottolineare. Renzi mi ha abituato a distinguere velocemente tra ciò che dice e ciò che fa: io voglio vedere cosa fa.

Il Presidente del Consiglio ha anche detto che intenderebbe trattare direttamente con i lavoratori....

Mi sembra una battuta stupenda! Renzi vuole parlare con 17 milioni di lavoratori dipendenti? Gli ci vorrà un po’ di tempo, visto che non vuole parlare con chi quei lavoratori li rappresenta.

E come replichiamo alla sua accusa al Sindacato di non applicare l’articolo 18 al proprio interno?

Semplicemente che non conosce le leggi e la Costituzione. Noi siamo organizzazioni di tendenza, come la Chiesa o i partiti, ed è per questo motivo che per noi l’ordinamento statale non prevede l’applicazione di quella norma.

Che valore dai a questa partita? Che idea ti sei fatto?

Si tratta di un’operazione politica, di un gesto simbolico per il Governo che, credo, la gente non è per nulla disposto ad accettare. Il Governo cerca di imporre un cambiamento simbolico per surrogare all’inefficacia delle cosiddette riforme, rimaste per lo più intenti non realizzati. Se davvero modificassero il sistema di protezione dei lavoratori oggi in vigore, faremmo di tutto per impedirlo perché una cosa del genere non ha senso, non la capiamo e non la condividiamo. Genererebbe un peggioramento del clima e farebbe accrescere l’insicurezza dei lavoratori: esattamente ciò di cui non abbiamo bisogno.

Eppure Renzi dice che il suo obiettivo è eliminare la precarietà...

L’intenzione del Presidente del consiglio di eliminare le forme contrattuali che generano precarietà è buona e condivisibile, ma non ha alcun senso ipotizzare - come pure è stato fatto - uno scambio tra le tutele dell’articolo 18 e l’eliminazione di quelle tipologie che alimentano il precariato. È evidente che ci sono lavoratori che hanno determinate tutele e altri invece che non hanno nulla. Bisogna fare in modo che, senza togliere a chi già ha, si protegga di più chi nulla ha.

Hai compendiato questa tua tesi in una battuta: ‘le tutele non sono spalmabili come la marmellata’. Come a dire: ‘nulla cambia per il disoccupato o il precario, se diminuiamo le protezioni ai lavoratori dipendenti’ . È così?

Io sono convinto che quella sull’articolo 18 sia un’inutile prova di forza che non serve a nessuno. Dirò di più. Al di là della discussione su questa norma, la riforma sul mercato del lavoro, nel suo insieme, potrebbe essere utile, ma senza una politica di investimenti non si creerà mai occupazione. Cito un solo dato a sostegno di questa tesi: prima del 2008, quando le aziende investivano, il tasso di disoccupazione era sotto il 7% e l’articolo 18 c’era comunque. Insomma, il Governo non si illuda che con una riforma del mercato del lavoro si possa risolvere il problema della crescita del Paese, tantomeno con un intervento sull’articolo 18. Si concentri, invece, sulle vere politiche necessarie ad attrarre investimenti.

Il Governo è un nostro nemico?

Il nemico del Sindacato, il suo vero avversario, è la disoccupazione non il Governo. Il problema è che l’Esecutivo sta facendo passare l’idea che il Sindacato sia “parente stretto” della disoccupazione: un’idea sbagliata che dobbiamo contrastare.

Negli ultimi giorni si è aperto un altro fronte: è stato proposto di inserire in busta paga il TFR per fare crescere i salari. Qual è l’opinione della UIL?

Non è la strada giusta. Il TFR è salario differito, già appartiene al singolo lavoratore: è lui, semmai, che dovrebbe poter decidere, volontariamente, dove destinarlo. Ci siamo stufati che altri - Parlamenti o Governi che siano - vogliano disporre dei nostri soldi. Peraltro, oggi, molti lavoratori destinano il loro TFR alla creazione di una posizione previdenziale integrativa. La verità è che non c’è alternativa: per far crescere i salari, bisogna continuare ad abbassare le tasse sul lavoro.

Angeletti, un’ultima domanda. Tu hai sempre considerato emblematica e importante per l’industria del nostro Paese la vicenda dell’Ilva di Taranto. Sono in corso trattative che dovrebbero portare alla vendita del colosso della siderurgia nazionale. Qual è il tuo parere?

Seguiamo con molta attenzione e con una certa apprensione la vicenda della vendita dell’Ilva. Ricordiamo, però, che la questione fondamentale non è trovare un acquirente qualsiasi, ma un imprenditore che garantisca il funzionamento dello stabilimento di Taranto. Quel sito deve tornare a produrre almeno dieci milioni di tonnellate di acciaio, poiché questa è la quantità necessaria a garantire non solo la piena occupazione dell’insediamento pugliese, ma anche il futuro dell’insieme dell’industria italiana. Queste sono le condizioni da rispettare per giudicare positivamente l’eventuale esito della vicenda.

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