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SETTEMBRE 2011

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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LUGLIO/AGOSTO 2011

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SOMMARIO

Editoriale
Una nuova campagna della Uil: la riforma fiscale - di A. Foccillo
Intervista a Luigi Angeletti Segretario Generale UIL. Riforma Fiscale per giungere
ad una redistribuzione della ricchezza - di A. Passaro

Sindacale
Un contributo costruttivo della UIL-RUA al nuovo Presidente del CNR - di A. Civica
La scuola, sede di integrazione, coesione sociale, innovazione, ricerca, ha bisogno
di scelte lungimiranti - di M. Di Menna
La crisi è una grande occasione di cambiamento, impone di ripensare l’Europa
che vogliamo - di L. Visentini
L’Abruzzo cerca di tirarsi fuori dal girone infernale - di R. Campo
Lavoro dignitoso per i lavoratori migranti in situazioni di precarietà, nella UE a 27
- di G. Casucci
Un percorso storico: dal docente al computer (e ritorno). La formazione sindacale
- di P. Saija e R. Calzolari
I cento anni di attività dell’agenzia Onu del lavoro - di P. Nenci

Economia
Un capitolo importante del mercato mondiale: l’economia del narcotraffico
e il suo possibile smantellamento attraverso la legalizzazione delle droghe
- di A. Carpentieri
La pensione non è una benevolenza dello Stato - di G. Paletta
Alcuni scenari di riforma del settore finanziario - di A. Ponti

Approfondimento
Crescita: una svolta dall’Europa della ricerca e della tecnologia? Il ruolo fondamentale
di Ricerca & Innovazione nella nuova strategia di “Europa 2020” - di I. Ippoliti

Il Corsivo
I Furbacchioni. Parte seconda - di P. Tusco
I furbacchioni. Parte terza - di P. T.

Agorà
In cerca di un lavoro che non si trova. Domande, domande. E zero risposte
- di M. De Angelis
Le “certe cose” da fare e non fare ad una “certa età” - di M. C. Mastroeni
“Codice di comportamento” - di G. Salvarani
La fiumana di chi cerca rifugio - di P.N.

Cultura
Leggere è rileggere - “Cine Yara” - “Habanastation” di Ian Padròn - di G. Balella

Inserto
Le quattro sanguinose giornate di Milano del 1898: Un’intera città, i suoi lavoratori
e la sua stampa umiliati e massacrati - di P. Nenci

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EDITORIALE

Una nuova campagna della Uil: la riforma fiscale

Di Antonio Foccillo

Il mondo sta vivendo una fase difficilissima dalla quale non si riesce a capire come se ne esce e con quali prospettive. In questo periodo, la vita di tutti i giorni viene scandita dalle borse e dai rischi che derivano dagli attacchi speculativi. I messaggi che vengono dagli istituti economici e dalle istituzioni comunitarie sono tutti rivolti a chiedere ai paesi comunitari continue manovre di aggiustamento ai conti pubblici. In tutta Europa, la ricetta è sempre la stessa: privatizzazioni dei beni pubblici, interventi sul welfare, in particolare sulle pensioni e, infine, riduzione della spesa nel settore pubblico (sintomatica è la lettera della BCE al Governo Italiano).

Aumenta la speculazione e si susseguono manovre economiche dei vari governi che attuano tali ricette. Si può facilmente rilevare che si è perso anche il conto dei totali di queste manovre. Di fronte a questa situazione, nessuno si pone il problema se queste cure continue, da cavallo, rischiano di ammazzare il cavallo stesso. In questa esplosione di voci, ammonimenti e richiami gli economisti sono i più vivaci ed incitano i governi a continuare queste manovre, quasi come se fossero gli unici portatori della verità. Purtroppo, il divario fra ricchi e poveri aumenta sempre più, come pure aumenta il numero di quest’ultimi, l’emarginazione e la precarietà proprio per i costi pesanti che le popolazioni sono costrette a subire.

Quando si romperà il filo della sopportazione? Chi può impunemente pensare che questo stato di cose non porti a qualcosa di pericoloso? Un’analisi significativa di quello che sta accadendo, che condivido, viene da Jean-Paul Fitoussi. Egli sostiene: “Per il momento niente di essenziale è ancora in gioco perché le libertà individuali sono dappertutto garantite, ma l’ascesa degli estremismi politici, la tentazione protezionista, il riemergere dei nazionalismi europei, trovano un terreno fertile nella crescente precarizzazione della società, nel declino delle classi medie, nell’aggravamento della disoccupazione e delle disuguaglianze.

“Oggi va di moda (…) perché dobbiamo confrontarci con un trilemma politico (…) i tre quesiti del trilemma riguarderebbero democrazia, sovranità nazionale e globalizzazione”. Così continua: “Bisogna superare tutti questi schematismi e concentrarsi sul vero problema che oggi esiste, la crescita delle disuguaglianze che rompe questa sì, i parametri delle democrazie al punto che minaccia anche il suffragio universale, già oggi a rischio perché esposto alle pressioni dei ricchi che controllano i think-tank, le scuole, le università i media.

Collegata alla crisi della moneta e dell’economia europea è la situazione della Grecia: tutti i giorni arrivano notizie allarmanti sulla sua situazione economica, sempre di più si parla di default e, addirittura di default controllato, ma in realtà come stanno le cose? Dimitri Deliolanes, giornalista greco, autore del libro “Come la Grecia” in un’intervista al Riformista, ritiene che tale situazione “è frutto della demagogia provocata da trucchi contabili del Pasok e dal populismo della destra”.

Egli, nell’analizzare la situazione greca, più di considerare che essa sia l’unico motivo del rischio effetto domino in tutta Europa, ritiene, invece, che sia dovuta “alle strategie promosse dalla Troika – Ue, Bce e Fmi – che si stanno rivelando del tutto inefficaci per affrontare un fenomeno che era già evidente alla fine del 2009. Gli errori sono soprattutto politici, prima che finanziari. Non è stato adottato in tempo utile un efficiente Esfs, un Fondo europeo per il salvataggio degli Stati membri.

E si è rinunciato a dotare l’euro di un ‘apparato di difesa politica comunitaria’, optando per una più autentica integrazione democratica. Il risultato è stata l’incapacità di intervenire con intelligenza, flessibilità e lungimiranza, per liberare un’economia del tutto dipendente dalle istituzioni politiche.

Queste considerazioni ci fanno convincere, ancora di più, che bisogna operare per creare istituzioni a livello internazionale per regolare la finanza speculativa ed, in Europa, bisogna arrivare a dotare l’attuale Ue di un Governo eletto dai cittadini che possa guidare le scelte dei processi economici nell’interesse dei cittadini. Venendo all’Italia, il declassamento recente, da parte di Standard & Poor’s, sul rischio di credito sovrano italiano, riassume le difficoltà che il Paese sta incontrando in questi ultimi due mesi.

Sono difficoltà che sembrano avere origine più dalla Politica che dalla Finanza, più nazionali che internazionali. Esse sono il frutto di quelle misure recentemente approvate che hanno un eccessivo peso sul fronte delle entrate ma, che difettano di quella necessaria visione a lungo termine che porti a selezionare gli imprescindibili tagli strutturali sul lato della spesa per liberare risorse utili allo sviluppo.

C’è poi il presentimento, sempre più diffuso sia nella comunità internazionale sia fra i contribuenti italiani che i risparmi previsti potrebbero non servire, essendo difficilmente realizzabili sia per l’alto tasso di evasione fiscale sia per le basse prospettive di crescita.

Il crollo delle vendite a luglio, come segnala l’Istat, conferma il peggioramento della difficile situazione economica dalla quale non riusciamo ad uscire. Su base annua, la tendenza alla diminuzione è generalizzata: diminuiscono sia le vendite di prodotti alimentari sia quelle di prodotti non alimentari.

Il contenimento delle vendite è dovuto a minori consumi ed ai pochi soldi rimasti nelle tasche degli italiani, a seguito anche della doppia manovra estiva. Questo è il risultato ottenuto da un Paese nel quale, in assenza di decisioni forti, sono ancora troppe le disfunzioni strutturali, gli eccessi e gli sprechi, la percezione di incertezza nella quale vivono lavoratori, consumatori, imprese.

L’unica alternativa è una seria e lungimirante riforma fiscale che veda da un lato un’equa redistribuzione del reddito e dall’altro una “due diligence” nelle politiche di spesa che, tagliando gli sprechi e gli eccessi, favorisca il recupero del deficit come l’Europa ci chiede, ma anche, nuovi investimenti e nuova occupazione.

In tal senso, la Uil, dopo il risultato positivo della campagna sui costi della politica, rilancia con tre manifestazioni nazionali, proprio la questione fiscale. Infatti, per la Uil una riforma fiscale deve essere intesa “a raggiungere una distribuzione della ricchezza sufficiente ad innescare la ripresa dei consumi, riequilibrando il carico fiscale a vantaggio di tutti coloro che hanno il sostituto d’imposta”.

Inoltre, la Uil propone “un’alleanza tra i sindacati confederali, ma anche con le organizzazioni, le federazioni, le associazioni che rappresentano tutti i lavoratori dipendenti, a tutti i livelli, e tutti i pensionati”. Infine, la Uil proporrà “una forma di astensione dal lavoro di un’ora che sia in grado di coinvolgere tutti quei lavoratori che abbiano il sostituto d’imposta”.

In questo momento d’impasse, dove tutti cercano di trovare la chiave di volta, questa proposta della Uil è l’unica possibile e concreta per dimostrare che è possibile, in questo Paese, se vi è la volontà politica, una forma di aggregazione e coesione per rideterminare contenuti di una nuova “mission” che sia condivisa e motivante e rilanciare, così la partecipazione democratica dei cittadini nelle scelte di politica economica.

Ormai la conflittualità e l’incapacità della classe politica italiana, nell’emergenza attuale, sta dimostrando al mondo di non essere in grado né di facilitare le cose né di voler evitare un possibile punto di non ritorno, non essendo in grado di intraprendere alcuna riforma credibile. L’unico aiuto che questa classe politica può dare agli italiani sembra sia solamente l’indizione di nuove elezioni prima che sia troppo tardi.

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Riforma Fiscale per giungere ad una redistribuzione della ricchezza. Intervista a Luigi Angeletti, Segretario generale UIL.

di Antonio Passaro

Angeletti siamo già in stampa mentre arriva la classica notizia dell’ultima ora: la Fiat ha ufficializzato la sua uscita da Confindustria. Ma ha anche confermato il Suv a Mirafiori e un nuovo motore a Pratola Serra. Un tuo commento a caldo…

L’uscita della Fiat dalla Confindustria è una questione che attiene ai rapporti tra l’azienda automobilistica e l’associazione imprenditoriale e su cui i sindacati non possono avere, più di tanto, voce in capitolo. Ci riguardano e ci interessano molto, invece, le decisioni su Mirafiori e Pratola Serra. Queste scelte rientrano nel rispetto dei patti sottoscritti con Fiat e sono una premessa per garantire l’occupazione e lo sviluppo negli stabilimenti italiani del Gruppo.

Anche a Pomigliano, siamo sulla buona strada per la produzione della nuova Panda. Tutto è cominciato da lì. Fu una giusta partenza, dunque?

Non vi è dubbio: con l’accordo di Pomigliano abbiamo salvato la più importante fabbrica del Sud. Se avessimo seguito le mode del momento, ora avremmo 5 mila persone in cassa integrazione, senza considerare l’indotto. E lo stesso ragionamento vale per gli altri stabilimenti della Fiat.

Parliamo ora delle iniziativa messe in campo dalla Uil per sollecitare le riforme necessarie per la crescita. Sono state organizzate tre manifestazioni: una si è già svolta a Napoli il 30 settembre e le altre due si terranno a Firenze il 14 e a Milano il 21 ottobre. Ridurre le tasse sul lavoro: questo bisogna fare. Perché?

Intanto va detto che in Europa si sta facendo una politica all’ombra del pareggio dei bilanci che rischia di produrre un po’ più di disoccupati. Quello che potevamo fare in Italia, e cioè dare una spinta all’economia, non lo abbiamo ancora fatto. E questo lo si può ottenere solo in un modo: riducendo le tasse sul lavoro. Il livello di tassazione, oggi, è concentrato soprattutto sul lavoro e questo frena i consumi, l’occupazione e lo sviluppo.

Dunque, la priorità resta la riforma fiscale?

Guardando all’immediato futuro, urgono le riforme, a partire da quella fiscale. La Uil ritiene che un primo passo decisivo per un’inversione di tendenza possa giungere da una redistribuzione della ricchezza sufficiente ad innescare la ripresa dei consumi, condizione di partenza per una crescita del Pil e dell’occupazione. Quella redistribuzione può essere operata riequilibrando il carico fiscale a vantaggio di tutti coloro che hanno il sostituto di imposta.

Sono anni che si insiste su questa battaglia: possiamo vincerla da soli?

Perché questa battaglia abbia possibilità di successo in tempi rapidi, è necessaria un’alleanza tra i sindacati confederali ma anche con le organizzazioni, le federazioni e le associazioni che rappresentano tutti i lavoratori dipendenti, a tutti i livelli, e tutti i pensionati. A sostegno di questa battaglia, poi, la Uil proporrà una forma di astensione dal lavoro di un’ora che sia in grado di coinvolgere tutti quei lavoratori che abbiano il sostituto di imposta.

C’è poi la questione dei tagli alla politica. Resta questo l’altro fronte della battaglia della Uil?

Ciò che della manovra economica non ci sta bene, in modo particolare, è che invece di tagliare i costi della politica, hanno rinviato questa decisione. La Uil, perciò, continuerà a rivendicare un’immediata, vera ed efficace riduzione dei costi della politica, da perseguire attraverso una diminuzione dei livelli decisionali, una razionalizzazione dei centri di spesa e un’eliminazione degli sprechi.

Si torna a parlare di possibili interventi sulle pensioni. La Uil è contraria. Quali le motivazioni?

L’età media effettiva di pensionamento in Italia è uguale a quella della Francia ed è inferiore di soli tre mesi a quella della Germania. Anche i dati dell’Inps dimostrano che quello previdenziale è un falso problema. Il Governo non pensi di trovare soldi nei bilanci delle pensioni. L’unica cosa accettabile è l’incentivo a rimanere al lavoro, magari prevedendo di inserire in busta paga i contributi di chi, pur avendo i requisiti per la pensione, rinvia l’uscita. L’unico problema vero è che le pensioni sono troppo basse e che quelle dei giovani di oggi rischieranno di essere al di sotto della soglia della povertà. Chi ha un sistema contributivo, quando smetterà di lavorare, prenderà il 60% dello stipendio medio degli ultimi dieci anni. Se questo è il tema allora siamo disposti a parlarne.

Qual è il tuo giudizio sulla patrimoniale?

La patrimoniale sarebbe accettabile a una sola condizione: che i proventi che ne derivino servano a finanziare una riduzione delle tasse sul lavoro. Ma se fossero utilizzati diversamente, ad esempio per mantenere le Province, allora noi non saremmo d’accordo.

Lo scorso 21 settembre Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno definitivamente ratificato l’accordo interconfederale del 28 giugno: un passo importante. Intanto, l’associazione datoriale ha varato un manifesto per la crescita. Cosa ne pensi?

Spero che Confindustria non si limiti a generici auspici. Servono proposte chiare e non “ecumeniche”. Insomma, può essere un’iniziativa interessante a patto che non sia solo un elenco dei desideri.

Abbiamo lasciato per ultimo il “piatto forte”: lo sciopero dei lavoratori del pubblico impiego per il prossimo 28 ottobre. Questa volta è stata la Uil a proclamare, da sola, uno sciopero generale, anche se di categoria…

Noi pensiamo che la riforma della Pubblica Amministrazione è necessaria per modernizzare e rendere più efficienti i servizi ai cittadini. Ma ciò è possibile solo con il coinvolgimento dei lavoratori del pubblico impiego ai quali, a questo proposito, deve essere adeguatamente riconosciuto il valore del proprio lavoro.

La UIL ritiene che una politica che deprima la Pubblica Amministrazione e mortifichi il lavoro pubblico sia fortemente contraria agli interessi del Paese. Occorre rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono, nel settore, l’esercizio della contrattazione ed avviare a soluzione i problemi del precariato.

Queste sono le ragioni di uno sciopero necessario e che si rivelerà anche utile per gli interessi dei lavoratori e del Paese.

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