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OTTOBRE - NOVEMBRE 2016

LAVORO ITALIANO

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di Roma n.° 402 del 16.11.1984

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SETTEMBRE 2016

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SOMMARIO

Il Fatto
- Il voto del 4 dicembre - di A. Foccillo
- Intervista a Carmelo Barbagallo Segretario generale UIL - Questo deve essere il momento dell’unità di intenti e della solidarietà - di A. Passaro

IX Confereza di Organizzazione
- IX Conferenza di Organizzazione: QUANTA PASSIONE! - di P. Bombardieri

Sindacale
- L’accordo raggiunto con il Governo rappresenta un importante risultato, che premia la costanza e l’impegno del sindacato nella difesa e tutela dei diritti degli anziani e dei pensionati - di A. Bellissima
- La vittoria della Uilm in Ilva - di R. Palombella
- Ferrero, crescita costante della Uila. Oggi 2°sindacato in azienda - di G. Majrone
- Una prima valutazione all’indomani delle elezioni per il rinnovo delle RSU in Ilva. In Ilva votano tutti! - di P. Turi
- Uomo, Ambiente e Sostenibilità: un connubio indissolubile - di A. Ceglia
- La collocazione e l’autonomia della dirigenza scolastica alla luce dell’odierno quadro normativo. - di A. Fortuna

Società
- Arrivi nel Mediterraneo, il rebus dei migranti economici - di B. Casucci

Approfondimento
- Un partito a servizio dei lavoratori e della vita civile - di P. Nenci

Agorà
- Lo Stato Sociale al vaglio della flessibilità - di A. Fortuna

Inserto
- Quando natura e incuria distruggono il lavoro - di P. Nenci

Separatore

EDITORIALE

Il voto del 4 dicembre

di Antonio Foccillo

Il 4 dicembre saremo chiamati alle urne per “decidere” sulla revisione o meno della nostra Carta Costituzionale. Una consultazione referendaria – ricordo svincolata da quorum – che, in un modo o né l’altro, sarà cruciale per i vicini e futuri assetti dell’impianto democratico del Paese.

Per questo motivo la UIL si è posta il primario obiettivo di entrare nel merito della revisione costituzionale, di spiegarla, per informare i suoi iscritti e i cittadini su cosa dovranno pronunciarsi nel segreto della cabina elettorale e su quali potranno essere le conseguenze del voto del prossimo 4 dicembre. È questo spirito laico che contraddistingue un sindacato libero come la UIL.

Ebbene la laicità che ci caratterizza ci impone di rivendicare l’autonomia delle decisioni da ogni condizionamento da parte di chi si sente depositario di una qualsivoglia verità o dogma, che siano per le ragioni del Sì o per le ragioni del No. Vogliamo, perciò, stimolare l’indipendenza del pensiero e del ragionamento delle persone, aprendoci al dibattito sulla sostanza della riforma.

Un confronto che ci porta a presentare le motivazioni che, a nostro modo di vedere, legittimerebbero l’una o l’altra scelta, ossia le ragioni del Sì e le ragioni del No.

L’intenzione con il nostro studio, reperibile sul sito dell’organizzazione, è stata quella di render quanto più consapevoli i cittadini di com’è oggi la Costituzione e di come potrebbe essere domani. L’obiettivo è quello di fa conoscere, ragionare, discutere e confrontarsi per recuperare quegli spazi di dialogo che spesso sui giornali, sui social e nelle televisioni sono intrisi, nell’uno e nell’altro senso, di spot e scorciatoie comunicative che nulla dicono a chi ascolta e a chi legge sulla sostanza di questa legge costituzionale.

Il valore del voto e soprattutto di un voto sulla nostra Carta fondamentale non può esser lasciato a un tweet ma deve essere affidato a un confronto imparziale e obiettivo, che prescinda da simpatie, tifoserie ed appartenenze di partito.

La Costituzione è di noi tutti e rappresenta il caposaldo della democrazia che i nostri padri conquistarono settant’anni fa. Per questo il servizio che vogliamo offrire è quello rendere consapevoli le persone e portarle a decidere con cognizione, senza influenze di alcun tipo, per un voto cosciente e rispettoso dei valori che animano la nostra Costituzione.

Vorrei continuare seguendo la stessa via anche con queste poche righe, descrivendovi brevemente le novità proposte dal Legislatore, le possibili ragioni che giustificano il Sì e quelle per il No, rinviandovi per un maggiore approfondimento al nostro studio già citato.

Quali sono i punti cardine di questo disegno di legge costituzionale?

Esso è finalizzato al superamento del bicameralismo perfetto e all’introduzione di un bicameralismo differenziato, riformando il Senato nella sua composizione e nel suo ruolo. Ovviamente da qui discende la modifica dell’iter legis, dove i procedimenti di approvazione delle leggi si differenzieranno in base alla funzione che vi svolgerà il nuovo Senato. Si passa, quindi, da un sistema paritario delle due camere, ad oggi entrambe elettive, ad un modello, dove la seconda camera, di elezione indiretta, viene depotenziata nelle sue prerogative legislative e le si assegna, in via prioritaria, il ruolo di rappresentanza delle istituzioni e delle autonomie locali.

Ma la riforma va oltre e va ad impattare con forza sul tanto discusso Titolo V, come revisionato nel 2001, e lo fa capovolgendone i principi del decentramento legislativo ed amministrativo, che avevano pervaso quella riforma del regionalismo che certo non ha nascosto tante criticità in questi quindici anni. Assistiamo così ad un ritorno del potere legislativo verso il centro, allo Stato, onde assicurare uniformità di regolazione su tutto il territorio nazionale ai fini del superamento delle diversità territoriali e delle relative debolezze strutturali. Parallelamente all’ampliamento delle competenze dello Stato, viene soppressa la competenza legislativa “concorrente” ripartita tra Stato e Regioni, che ha creato un enorme contenzioso tra Stato e Regioni a causa delle numerose interferenze e sovrapposizioni. Seguono poi tante altre innovazioni che sono analiticamente affrontate nel nostro documento che vi invito a leggere.

Dei passi avanti con questa riforma sarebbero innegabili sotto alcuni punti di vista.

Penso alla promozione delle pari opportunità di accesso tra donne ed uomini alle cariche elettive sia alle camere sia nei consigli regionali.

La costituzionalizzazione, poi, del principio della trasparenza, come metodo generale per la prevenzione della corruzione amministrativa, in aggiunta al buon andamento e all’imparzialità dell’amministrazione.

La formalizzazione della tutela delle minoranze parlamentari attraverso l’introduzione del c.d. Statuto delle opposizioni, anche se la critica che vi si oppone è che i suoi contenuti saranno pur sempre espressione della maggioranza contingente. Ma c’è anche altro.

Le vicissitudini del cd Porcellum sono a tutti note e certamente non sono state messe a tacere con il cd Italicum, nei cui confronti si pronuncerà la Corte Costituzionale dopo gli esiti del referendum.

Gli stessi Giudici nel dichiarare l’incostituzionalità del Porcellum hanno decretato l’illegittimità del Parlamento così come eletto, il quale tuttavia ha seguito ad operare nel rispetto del principio fondamentale della continuità dello Stato. E lo ha fatto approvando l’Italicum, verso il quale non abbiamo mai esitato a manifestare i nostri forti dubbi, senonché preferisco richiamare nelle conclusioni la vostra attenzione sulla legge elettorale. Bene, a tutto questo il Legislatore ha deciso di porre rimedio introducendo un giudizio preventivo di legittimità delle leggi elettorali da parte della Corte Costituzionale ai fini della loro approvazione.

Vi segnaliamo anche delle novità per quel che riguarda gli istituti di democrazia diretta, con l’introduzione sia del referendum propositivo, rinviato però ad una sua prossima regolazione, sia di un quorum aggiuntivo ai fini della validità delle consultazioni referendarie abrogative, quale il 50% + 1 dei votanti delle ultime elezioni politiche in caso di raccolta di oltre 800mila firme valide per il quesito.

Ma quali sono le doglianze dei sostenitori e dei comitati del No?

Innanzitutto la composizione del nuovo Senato, che appare pasticciata e non rispondente a quella che dovrebbe essere la sua funzione di rappresentanza delle istituzioni territoriali, che richiederebbe semmai una rappresentanza di quei governi locali, come avviene nel modello tedesco. Senatori che svolgeranno un doppio, se non triplo, incarico in tempi, per lo più, troppo ristretti, non garantiranno un’adeguata valutazione da parte del Senato delle norme approvate dalla Camera. E ciò non fa altro che pesare su un ruolo del Senato che sembra riproporre quello della Conferenza Stato – Regioni.

Tra i cavalli di battaglia delle ragioni del No, poi, vi è la contestazione di quella campagna del Sì che parlava di semplificazione e velocizzazione del procedimento legislativo.

Tesi confutata dal fatto che si passerà da un unico procedimento per la legislazione ordinaria a plurimi iter distinti in base al peso dell’intervento del nuovo Senato. Per quel che riguarda, invece, i tempi di approvazione delle leggi, il Parlamento ben ci ha mostrato la sua rapidità, a volta fulminea, nei casi di condivisa volontà politica, palesandoci che non sempre il problema dipende dagli strumenti legislativi ma delle persone che li manovrano.

Suscita preoccupazioni, ancora, il cd voto a data certa, nel quale si formalizza una chiara commistione del potere esecutivo nei lavori di quello legislativo. Il Governo, infatti, potrà decidere liberamente l’agenda dei lavori parlamentari, dando priorità a determinati provvedimenti.

E sul titolo V? Qui le ragioni del No puntano i riflettori sull’accentramento dei poteri in capo allo Stato, con buona pace del regionalismo e del principio di matrice giurisprudenziale della sussidiarietà. Le Regioni vengono svuotate della loro facoltà di regolare aspetti fondamentali di gestione del proprio territorio, che ben possono differenziarsi sulla base dei molteplici contesti locali e sociali.

Questi sono solo alcune delle ragioni del Sì e del No che abbiamo cercato di raccogliere nel nostro studio ma, quale sia la vostra scelta il 4 dicembre, vi invitiamo, però, a riflettere su un campanello d’allarme che, fin da subito, abbiamo fatto suonare, ossia l’ormai famoso combinato disposto tra la legge costituzionale e la legge elettorale, già oggi vigente a Costituzione invariata, per la Camera dei deputati.

Non ci convince in alcun modo che un unico partito possa accaparrarsi, con una vittoria risicata e con un eventuale ampio astensionismo elettorale, la maggioranza assoluta ed oltre dei seggi dell’unica camera elettiva, grazie a un premio di maggioranza abnorme che porterebbe inevitabilmente a ledere quel principio secondo il quale il voto è eguale per tutti. Così non sarebbe, perché il voto al partito vincitore risulterebbe nettamente più pesante rispetto al voto alle opposizioni e questo, ovviamente, ancor più in un contesto dove vi fosse un’unica camera elettiva, il cui partito di maggioranza è l’esatta e coincidente espressione del Governo a cui riconosce la fiducia.

Il modello costituzionale della riforma è, con ogni evidenza, incompatibile con una legge elettorale iper-maggioritaria, basti pensare alla sua incidenza sull’equilibrio dei poteri.

Un unico partito diretta espressione del Governo potrebbe decidere, senza necessità di alcuna condivisione, il Presidente della Repubblica, i membri della Corte Costituzionale e del Csm.

La paura è quella che si sostanzi, a tutti gli effetti, la via dell’uomo solo al comando e si perda definitivamente quel dialogo tra le diverse componenti parlamentari, espressione proporzionale della rappresentanza e della sovranità popolare.

Urge cambiare marcia sull’Italicum e modificarlo, correndo ai ripari, a prescindere dalla prossima chiamata alle urne del 4 dicembre e dal suo risultato. Non solo nel caso di approvazione della revisione Costituzionale per i motivi di cui sopra, ma anche in caso contrario, perché sarebbe necessario approvare una nuova legge per entrambe le camere o quanto meno rimanere con il sistema scaturito dalla pronuncia dei Giudici di legittimità sul Porcellum. Il Parlamento dovrà agire quanto prima.

L’auspicio per il 4 dicembre, tuttavia, è che le persone tornino numerose, volenterose e, soprattutto, consapevoli a votare per esprimersi sul futuro della nostra Costituzione.

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Questo deve essere il momento dell’unità di intenti e della solidarietà. Intervista a Carmelo Barbagallo, Segretario generale Uil

di Antonio Passaro

Barbagallo, sulla IX Conferenza di Organizzazione è calato il sipario. È stata un’importante occasione per tastare il polso della Uil che ha dimostrato di godere di ottima salute. E poi, c’è stato tanto affetto nei tuoi confronti: una bella e piacevole testimonianza. Sei d’accordo?

Sì, è stata una bella Conferenza di Organizzazione che ha dato continuità al percorso avviato quattro anni fa a Bellaria. La Uil è compatta ed è pronta a completare quei cambiamenti che si rendono necessari per essere, ancor più, all’altezza dei nostri compiti. In questi giorni, si è chiuso un percorso e ora si avvia la fase di attuazione delle decisioni che saranno dettagliate nelle successive Conferenze regionali e di categoria delle prossime settimane.

A differenza del passato, quando l’attenzione è stata rivolta soprattutto ai temi interni all’Organizzazione, questa Conferenza ha posto l’accento anche su questioni di attualità sindacale. Si è parlato dell’urgenza di rinnovare i contratti e, in particolare, di quelli del pubblico impiego, ragionando anche sull’opportunità o meno di ricorrere, subito, a forme di lotta. Puoi ribadire la posizione espressa dal palco?

Certo. Noi siamo determinati a fare il contratto dei pubblici dipendenti. Se c’è un’apertura, sono per verificarla fino in fondo. Se, invece, ci fosse una chiusura, ci comporteremmo di conseguenza. Noi pensiamo che le lotte si debbano fare quando sono necessarie e quando servono a risolvere i problemi. In questo periodo, forse, è opportuna una tregua, fino a quando non ci sarà una tregua anche nelle scosse di terremoto che stanno mettendo a dura prova il Centro Italia e, conseguentemente, l’intero Paese. In un momento così, non sarei entusiasta nel fare le lotte, mentre sono determinato a fare il contratto pubblico per poi rilanciare la partita anche nel settore privato, a partire da Federmeccanica. Chiediamo al Governo di intervenire rapidamente: dobbiamo metterlo di fronte alle proprie responsabilità. Noi chiediamo 85 euro di aumento, la stessa cifra che rivendichiamo per il settore privato: il minimo, dopo tanti anni di blocco.

Insomma, si può fare questo contratto?

Se ci sono le risorse e le condizioni, siamo pronti a fare quello del pubblico impiego anche da soli.

Sembra che Renzi stia cambiando verso: ci si può fidare?

Alla Conferenza di Organizzazione abbiamo parlato da un palco che aveva la forma di un ring: seguendo la metafora sportiva, potremmo dire che, finché l’incontro non finisce, dobbiamo continuare a combattere.

Forte è stato il richiamo alla necessità di chiudere anche i contratti del settore privato: lo hai appena ricordato ...

Spero che si trovi l’intesa con Federmeccanica, perché poi ci sono altri 24 contratti da sottoscrivere. Siamo pronti a lanciare la sfida sulla produttività: dobbiamo discutere tutti insieme del benessere dei lavoratori.

La nuova Confindustria di Boccia non sembra del tutto insensibile a questo richiamo: a Capri, al convegno dei giovani imprenditori ha manifestato qualche apertura....

D’accordo con Confindustria è stata lanciata l’idea di un Patto per la crescita del Paese. Resta, però, il problema di cui parlavamo prima. Complessivamente, sono oltre 11 milioni i lavoratori che, da meno o più tempo, attendono il rinnovo del proprio contratto: bisogna procedere rapidamente. Lo ribadisco: se non ci fossero risposte adeguate, non ci resterebbe che la lotta per ridimensionare le impostazioni delle nostre controparti. Il Paese, però, non ha bisogno di ciò, ecco perché chiediamo che ci si metta intorno ai tavoli e si trovino le soluzioni per questi contratti scaduti o in scadenza. Peraltro, se non c’è la ripresa del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati, il 75% delle imprese che lavora per il mercato interno rischia di chiudere: è anche loro interesse rilanciare il potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati e rimettere in moto il Paese per dare lavoro ai giovani.

Al termine della Conferenza, insieme a una foltissima delegazione di circa 400 attivisti e dirigenti della Uil, ti sei recato a un’udienza dal Santo Padre, organizzata in occasione dell’incontro con i movimenti popolari. Qual è il tuo giudizio sul discorso di Papa Francesco e sul suo operato?

Ancora una volta, il Pontefice ha messo al centro della sua pastorale i problemi del lavoro e del sociale, con una particolare attenzione anche al dramma dell’immigrazione. Forte è stato il suo richiamo alle tragedie che si consumano nel Mediterraneo, temi sui quali la Uil si accinge ad organizzare una grande iniziativa che punti alla solidarietà e allo sviluppo. Da laici, stiamo apprezzando ciò che dice e ciò che fa Papa Francesco: è uno dei sindacalisti cattolici in attività.

Mentre siamo in stampa, ci giunge la notizia della vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane. Qual è il tuo primo commento?

Il popolo americano ha democraticamente scelto Donald Trump come proprio Presidente. Per quel che ci riguarda, da un lato, dobbiamo semplicemente prendere atto di questo risultato, dall’altro, dobbiamo valutare quali possano essere le conseguenze per l’Europa e anche per il nostro Paese. La cooperazione internazionale in politica estera e le relazioni economiche e politiche tra la UE e gli USA avranno un nuovo corso.

Le analisi di alcuni politologi paventano una sorta di effetto domino con il rischio di un’esasperazione dei nazionalismi, di politiche protezioniste e di un’accentuazione delle dinamiche disgregatrici dell’Unione europea. Che ne pensi?

L’Europa deve rispondere a questo rischio con un cambio della politica economica, puntare agli investimenti per la crescita, a una maggiore coesione, a una convergenza verso l’alto di standard sociali e ambientali. Abbiamo bisogno di un’Europa sociale e dei popoli per dare risposte alle aspettative di cittadini che chiedono concretezza, certezze, occupazione e sviluppo e che, oggi, avvertono le Istituzioni europee troppo lontane o, addirittura, come un intralcio. Noi, insieme alla Ces, siamo pronti a fare la nostra parte per rivendicare una vera svolta nella politica europea che consenta a tutti i cittadini di guardare al futuro con più fiducia e determinazione.

Torniamo in Italia. Purtroppo, alla fine del mese di ottobre c’è stata un’ennesima forte scossa di terremoto nelle regioni dell’Italia centrale, già duramente colpite nello scorso mese di agosto. Altri piccoli centri, questa volta, in particolare in Umbria e nelle Marche, hanno subito ulteriori gravi danni. Che fare?

Questi ripetuti e drammatici eventi tellurici stanno mettendo a durissima prova le popolazioni del centro Italia alle quali va tutta la nostra solidarietà e vicinanza. Ancora più di prima, questo deve essere il momento dell’unità di intenti e della solidarietà. Il Sindacato è pronto a fare la propria parte e a dare il proprio contributo nelle forme e nei modi che converremo, insieme, tra Cgil, Cisl e Uil e d’intesa con le Istituzioni preposte a governare l’emergenza e a progettare la ricostruzione. Occorre fare presto e bene, accelerando i tempi sia per l’attuazione delle misure urgenti sia per l’avvio dei progetti di più lungo periodo per la messa in sicurezza del nostro Paese. Sosterremo, dunque, il Governo nella sua scelta di chiedere all’Europa le deroghe e gli aiuti necessari ad affrontare una situazione di tale straordinaria difficoltà.

Un’ultima domanda. Il prossimo 4 dicembre si andrà alle urne per il referendum sulla riforma costituzionale. La Uil ha espresso una posizione molto chiara e anche molto apprezzata. Tu ne hai parlato, pubblicamente, con il Presidente del Pd, Matteo Orfini, nel corso di un dibattito organizzato dallo stesso Partito. Puoi spiegarci le ragioni della decisione assunta?

Noi vogliamo evitare, come è successo sino ad ora, le tifoserie per il SI e per il NO indipendentemente dal merito. Vorremmo che i cittadini, e in particolare i lavoratori e i pensionati iscritti alla Uil, decidessero non solo con la propria coscienza, ma con conoscenza. Ecco perché abbiamo predisposto uno studio sugli effetti degli esiti del referendum, che stiamo distribuendo ai nostri dirigenti, militanti e iscritti. Nella riforma ci sono richieste che noi della Uil abbiamo avanzato già molto tempo fa come, ad esempio, la riduzione dei costi della politica e dei parlamentari. Dall’altro lato, però, c’è la preoccupazione per il combinato disposto della riforma con l’Italicum, tant’è che oggi sono in molti a chiedere una modifica di questa proposta di sistema elettorale: speriamo che il Presidente del Consiglio prenda atto di ciò e che intervenga in tal senso. Noi sappiamo che nella Uil ci sono iscritti che potrebbero votare per il SI e altri per il NO: a noi spetta fornire gli strumenti perché loro decidano in piena coscienza e conoscenza. Anche così avremo fatto bene il nostro lavoro.

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