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MARZO 2017

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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FEBBRAIO 2017

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SOMMARIO

Il Fatto
- In realtà sono più di 100 - di A. Foccillo
Intervista a Carmelo Barbagallo, Segretario generale UIL. Questa Europa non ha risolto il problema delle disuguaglianze - di A. Passaro

67 anni UIL
- 67 anni fa nasceva la UIL Lettera aperta di Carmelo Barbagallo alle iscritte e agli iscritti

Sindacale
- Una proposta Uil per i fondi integrativi del P.I. - di D. Proietti
- Donna, risorsa importante anche per il welfare del nostro Paese - di S. Roseto
- La Uil tra la gente - di M. Lombardo

8 Marzo
- Il valore dell’8 Marzo - di S. Ostrica
- Donne e Previdenza. Proposte per superare le disparità di genere - di L. Pulcini
- Siamo impegnati per evitare che in futuro le donne continuino ad avere pensioni più basse degli uomini. - di L. Piersanti
- Le donne sono il cuore dell’economia europea - di T.Serafini e L. Senesi
- La natura crea delle differenze, la società ne fa delle disuguaglianze - di C. Grisanzio
- Politiche di genere, passione, tenacia e convincimento - di R. Sette

Società
- Se tu fossi sindaco di Roma… - di P. Nenci

Attualità
- ISTAT: Italia con sempre meno figli, calo anche per gli stranieri - di B. Casucci

Agorà
- Trump e la decarbonizzazione: un connubio agli antipodi - di A. Ceglia
- L’Artigianato nelle scuole. Progetto coordinamento dei lavoratori dell’artigianato Uil-Uilscuola-Irase, anno accademico 2017 - di G. Zuccarello

Inserto
- 8 Marzo: Uguali? Più meno che più - di P. Nenci

Separatore

EDITORIALE

In realtà sono più di 100

di Antonio Foccillo

La Uil ha compiuto sessantasette anni. Infatti, il 5 marzo 1950, nasceva la Uil, ma le sue origini vanno ricercate in fermenti più lontani nel passato che ci fanno dire che, in effetti, essa ha più di cento anni, perché quando è nato il movimento sindacale in Italia è stato grazie alla cultura laica, socialista e libertaria, solo successivamente sono arrivate le leghe bianche e, poi, nel 1921 i comunisti.

La Uil in questi anni si è pienamente affermata nella sua identità sociale, consolidata nel riconoscimento storico e culturale, nonostante la sparizione dei partiti di riferimento ideale che aveva all’inizio della sua storia.

Possiamo affermare che la Uil nasce nel 1950, quando sono nate anche Cisl e Cgil, proprio con quella cultura laica riformista, per una specifica necessità storica, cioè quella di contrastare il dogmatismo, e di contrastare e rifiutare le volontà egemonizzanti di una parte politica che per realizzare il fine della strumentalità politica dell’opposizione utilizzava le battaglie sindacali. Infatti, una volta allontanato il Partito comunista dal Governo ad opera di De Gasperi, il sindacato rappresentava per il Pci il terreno fertile ove spingere e dilatare un antagonismo politico di matrice extra parlamentare. Dall’altra, però, si andava consolidando, invece, quella componente di origine cattolica che all’opposto mirava a contenere il movimento sindacale all’interno di un’azione diversamente egemone da quella comunista, ma ugualmente riduttiva del pluralismo sociale e politico del sindacato.

Il ruolo dei partiti, in quegli anni, era molto condizionante sul sindacato e la conseguente mancanza di autonomia da parte dello stesso fece manifestare i primi scontri politici interni e il verificarsi delle lacerazioni che portarono alla scissione della Cgil e alla formazione della Uil e della Cisl.

Così si formarono tre organizzazioni che avevano specificità ideologiche propositive che andavano a contribuire in maniera uguale alla crescita del movimento sindacale, diversa era invece la considerazione che veniva a propagarsi nel mondo sindacale sulle tre organizzazioni. Infatti, grazie ad una maggiore capacità organizzativa e politica, secondo alcuni commentatori di vicende sindacali, Cisl e Cgil potevano lanciare più capillarmente i loro propositi, attutendo per contraltare l’estensione del messaggio lanciato della Uil.

E’ da questo fatto che derivava in molti una non corretta visione del ruolo esercitato dalla Uil, nel contesto sindacale italiano.

Un’osservazione però attenta ai fatti della storia sindacale del nostro Paese riesce a far emergere la funzione “storica” svolta dalla Uil, sia nel difendere un patrimonio di cultura sindacale non espresso dalle altre organizzazioni che nel proporre contributi innovativi.

Inizialmente, infatti, la Uil, come sindacato laico, socialista e libero, ha rappresentato - e d’altronde ancora rappresenta - una garanzia indispensabile al pluralismo sindacale, non ridotto alla contrapposizione di due orientamenti monolitici e selettivi, i quali avrebbero altresì alimentato politicamente la funzione dei sindacati in una presenza determinata da motivazioni estranee al loro effettivo compito sociale. Infatti, la Uil non rifiutava la battaglia per un mutamento del sistema, ma la vedeva in senso riformistico, presupponendo, conseguentemente, un sindacato portatore di un progetto forte di proposte politiche.

E in tal senso va valutata la sua proposta per politiche di partecipazione alla macro e microeconomia.

Una politica che legava lo sviluppo del Paese ad un’analisi dei comparti produttivi, per un’incentivazione delle aree considerate in ritardo per lo sviluppo dell’intero sistema.

Un’impostazione che vedeva come avversario, non il singolo soggetto produttivo e il sistema nel suo insieme, ma quelle parti del sistema che erano obsolete e incapaci di rispondere in maniera adeguata allo sviluppo economico in atto.

Per questo essa accetta un’impostazione finalizzata alla realizzazione di forme partecipative-cogestionali destinate a migliorare sia la produttività che naturalmente il reddito e, quindi, il benessere dei singoli lavoratori.

Sul terreno più propriamente sindacale la Uil ha sempre rifiutato l’impostazione ugualitaristica, ritenendola demagogica, proprio per poter meglio tutelare la responsabilità e la professionalità nel lavoro. Possiamo dunque affermare che la Uil ha contribuito in maniera determinante alla necessità per il mondo del lavoro di un pluralismo e, quindi, alla possibilità di una rappresentatività complessiva del sindacato, fondata sul rapporto diretto fra strategia politica e consenso sociale.

La Uil ha mantenuto in vita un patrimonio di proposizione sindacale che sarebbe andato disperso senza la sua nascita.

Un contenuto che è servito a migliorare tutto il movimento sindacale. In questo ruolo la Uil ha saputo così accrescere una propria specificità di organizzazione, dapprima quale soggetto di mediazione al bipolarismo politico sindacale, in seguito maturando un ruolo più fortemente propositivo, capace di aggregare l’intero movimento sindacale sui progetti e smuovendo così la tendenza alla staticità e al conservatorismo che caratterizzava le altre organizzazioni. Quindi un’azione che è diventata non solo di ricerca e riconoscimento della progettualità, ma ha anche innescato mobilità e dinamismi nel movimento sindacale e nella società. Contro una condizione delle altre organizzazioni che si sono spesso caratterizzate più per trattenere e conservare la propria rappresentanza, il che diventava quindi inevitabilmente un atteggiamento rituale e ripetitivo, al cospetto delle trasformazioni e del nuovo.

La Uil, invece, ha saputo incessantemente fermentare i parametri e le modalità politiche della propria azione anche con una velocità travolgente, addirittura, a volte, anticipatrice degli eventi.

Ricordo i tanti passaggi di questa strada: prima il protagonismo e la partecipazione, in seguito la concertazione e la politica dei redditi, poi l’attenzione per la professionalità e le nuove identità sociali, per arrivare alla fase del sindacato dei cittadini, fino alla ripetuta ricerca di unita d’azione. Infine, in questi ultimi anni, all’esaltazione dell’autonomia ed al riconoscimento degli interlocutori senza nessuna preclusione e con il massimo rispetto.

In questi anni travagliati di grandi stravolgimenti politici, di frammentazioni partitiche, di diffusa disaffezione verso la politica tradizionale e di fronte alle adesioni più da tifosi che da protagonisti oggettivi delle vicende politiche, la Uil ha sempre saputo svolgere un’azione di confronto serio sui contenuti, a prescindere dall’interlocutore che li proponeva, riprendendo nella società italiana quelle sue motivazioni ideali che l’hanno fatta forte in questi tanti anni di attività: il riformismo, la laicità, la tolleranza, la difesa del pluralismo e la valutazione delle proposte solo sul piano dei contenuti.

Alla crisi di una classe politica che sconta la mancanza di capacità di decidere per il bene comune e di dare una risposta concreta ai problemi del Paese e all’incombere di biechi populismi, la Uil ha risposto calando quei suoi valori nella partecipazione alle scelte politiche ed economiche, rimettendo al centro, in primo luogo, la lotta alle diseguaglianze e all’emarginazione sociale con l’intenzione di avviare un percorso riformista che ci consegni una società più solidale ed equa, dove si salvaguardino la persona e i diritti di cittadinanza in tutti i suoi aspetti: dal diritto al lavoro alla vita; dalla sicurezza sociale a quella personale; dal ripristino del potere di acquisto ad un fisco che recuperi la sua funzione di ridistribuzione della ricchezza e della solidarietà.

Si tratta, in sostanza, di un solo filo rosso che ha segnato la crescita costante di un sindacato che ha saputo fare cultura, produrre idee e valori. L’azione della Uil, in questi anni, non si è solo indirizzata a superare vecchi tabù o a trovare rimedi a difficoltà di ruolo contrattuale del sindacato, ma ha cercato di far ritrovare al sindacato uno spazio di impegno sociale che interpreti in modo moderno le esigenze nuove del lavoratore-cittadino.

Ha saputo tradurre in progetti politici e in realtà contrattuale quello che sempre di nuovo la società ed il sistema economico – sociale mano a mano venivano maturando, e questo lo riconoscono soprattutto la crescita costante degli iscritti e dei voti in tutti i momenti elettorali, dove abbiamo riscosso tanti successi.

In conclusione, non possiamo che porre l’accento sull’impegno che la Uil ha profuso nel cercare e sostenere con forza e convinzione l’unità d’azione fra le tre confederazioni. Un obiettivo per il quale la Uil, proprio per la sua radicata tradizione pluralista, ha investito e sta investendo tutte le sue forze, consapevole che soprattutto grazie alla rappresentatività complessiva del movimento sindacale - e al consenso che ne deriva - si possono raggiungere risultati reali come quelli che abbiamo ottenuto negli ultimi mesi.

Soluzioni ai problemi del Paese che la Uil, in questi sessantasette anni, grazie alla sua impronta laica e riformista, ha sempre cercato attraverso un dialogo libero e un confronto costruttivo con tutti, sempre guidata dai suoi valori e, in particolare, dalla rappresentanza dei giovani, delle donne e degli uomini che cercano o hanno un lavoro.

Idee ed impegni sui quali, in questi ultimi sessantasette anni, sono state costruite le fondamenta su cui si regge la nostra casa dei lavoratori e dei cittadini, la Uil.

Separatore

Questa Europa non ha risolto il problema delle disuguaglianze. Intervista a Carmelo Barbagallo, Segretario generale Uil

di Antonio Passaro

Quello di marzo è stato un mese denso di eventi e di novità. Segretario, cominciamo dal fatto più eclatante, che ha coinvolto direttamente i Sindacati: la vicenda dei voucher. Dopo mesi di polemiche e di discussioni, alla fine, il Governo ha optato per la soluzione più drastica e radicale: un decreto legge ne ha sancito la totale abolizione. Anche questa scelta, però, ha suscitato critiche e contrasti. Qual è la tua opinione?

La scelta di abolire i voucher ha certamente risolto un problema. Anche noi avevamo chiesto una radicale trasformazione del loro uso, perché ormai si era determinata un’inaccettabile situazione di abusi e, in alcuni casi, anche di illegalità.

Il Governo, però, è andato oltre e, per scongiurare lo scontro che avrebbe potuto innescare la consultazione referendaria, ha adottato una soluzione estrema. In questo modo, ora, si possono creare degli scompensi per alcune attività eccezionali e occasionali che vedono impegnati gli studenti, i pensionati, i disoccupati di lungo corso. Per queste situazioni occorre trovare una nuova soluzione e, per questo motivo, vogliamo puntare a un accordo con il Governo.

Serve dunque un nuovo provvedimento?

Sì, una legge è necessaria altrimenti alcune di quelle attività resterebbero senza una seppur minima forma di tutela e ricadrebbero nel “nero”. C’è già un tavolo al Ministero del Lavoro: potremmo iniziare la discussione proprio in quella sede.

Marzo è anche il mese per le celebrazioni dei 60 anni dei Trattati di Roma. È tempo di bilanci: questa Europa ha tenuto fede agli intendimenti dei suoi Padri fondatori?

Purtroppo, no. Questa Europa non ha risolto il problema delle disuguaglianze: i ricchi sono diventati più ricchi e sono anche diminuiti di numero, mentre i poveri sono aumentati e di moltissimo. Non è ciò a cui avevano pensato i nostri Padri fondatori; anzi, è esattamente il contrario di quanto era stato previsto 60 anni fa, quando era stata ideata un’Europa sociale per la crescita e il benessere dei popoli. Il malessere che, oggi, attraversa tutti i paesi della nostra vecchia Europa è la conseguenza di questa condizione negata. Né avrebbe senso un’Europa a due velocità perché la parte più lenta rappresenta la maggioranza e questa differenziazione non farebbe altro che accentuare le divergenze. Bisogna, invece, cambiare la politica economica dell’Europa che si è impoverita a causa dell’austerità ed è necessario che lavoratori e pensionati recuperino il loro potere d’acquisto. I movimenti sindacali europei devono reagire con determinazione per chiedere una concreta inversione di rotta.

A proposito del Sindacato europeo, la Ces ha realizzato uno studio che ha confermato la crisi salariale che ha colpito i lavoratori del Vecchio continente e, in particolare, quelli del nostro Paese. Sono anni, ormai, che la Uil denuncia questo stato di cose e rivendica politiche contrattuali e fiscali idonee a colmare l’attuale gap. È questa la strada per uscire dallo stallo in cui siamo finiti?

Per troppi anni siamo rimasti al palo: una buona parte dei contratti è stata rinnovata da poco solo grazie alla nostra determinazione. Bisogna puntare, dunque, sul rinnovo di quei contratti che sono ancora sospesi e sulla produttività. Inoltre è arrivato il momento di agire sulla leva fiscale con soluzioni incisive e strutturali: fino a quando i lavoratori pagheranno tasse troppo alte, i salari non cresceranno e l’economia non ripartirà.

Peraltro, i dati economici degli Istituti di statistica, da un lato, ci mostrano un lieve incremento del Pil, dall’altro, parlano di un aumento del debito pubblico. Come interpretare questi valori?

Sono sempre i soliti dati contraddittori: qualcosa aumenta, qualcos’altro diminuisce. Il problema è che siamo ancora costretti a fare i conti con politiche economiche europee sbagliate che costituiscono un freno alla crescita del nostro Paese. E poiché non cresciamo, non diminuisce il debito pubblico: bisogna invertire questa tendenza. Tutti sono contro l’austerità, ma tutti continuano a praticarla.

Il Governo cerca di correre ai ripari e ha introdotto di recente il cosiddetto “reddito di inclusione”. Come giudichi questa scelta?

È una scelta importante. Sarebbe ancora più importante, però, capire se ci sono le risorse necessarie e, inoltre, fare le battaglie per evitare che aumentino i poveri. Non vorrei, insomma, che per trovare i finanziamenti a questi provvedimenti positivi si tolgano ulteriori risorse a lavoratori e pensionati. Ed è per questo che occorre far riprendere l’economia e, quindi, restituire potere d’acquisto ai lavoratori, ai pensionati e offrire occasioni di lavoro ai giovani.

Dici marzo e pensi al giorno 8: la Festa della donna. Ma le disparità di genere e i conseguenti problemi permangono...

È proprio così. Se le differenze di genere sono ancora tanto macroscopiche, purtroppo, c’è poco da festeggiare: piuttosto, per noi, l’8 marzo è un momento di impegno. Tant’è che in quella giornata abbiamo organizzato un’iniziativa su un argomento specifico e cioè sulle pensioni. Esistono, infatti, differenze notevoli anche sul terreno previdenziale che vanno assolutamente sanate. Basti pensare che l’assegno pensionistico medio delle donne è pari alla metà di quello degli uomini. Abbiamo fatto, dunque, alcune proposte che chiederemo vengano inserite, sin da subito, nella discussione in corso al Ministero del lavoro sulla seconda fase della previdenza da dedicare sia ai giovani sia al recupero di questo differenziale tra uomini e donne.

Cambiamo argomento. Di recente, il Parlamento ha approvato una legge istitutiva della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Per te, che sei sempre stato impegnato in prima persona, su questo fronte, è davvero una bella notizia...

È stato accolto l’appello che la Uil, insieme a Cgil, Cisl, Libera, Avviso Pubblico e Legambiente avevano rivolto a Governo e Parlamento per la rapida definizione di questo provvedimento. Ora attendiamo che anche le altre leggi necessarie a rafforzare la prevenzione e il contrasto alle mafie e alla corruzione abbiano il loro positivo epilogo. Il 21 marzo, la giornata prescelta per la celebrazione, non deve essere infatti solo un momento di commemorazione, ma anche di concreta affermazione della legalità, come presupposto di giustizia e di sviluppo.

E dopo pochi giorni, a Locri, un luogo simbolo del problema mafie, si è svolta, per l’appunto in un clima di rinnovata grande partecipazione, la XXII giornata in ricordo delle vittime della mafia, organizzata da Libera e Avviso Pubblico in collaborazione, tra gli altri, con Cgil, Cisl e Uil. Alcune scritte minacciose hanno confermato, paradossalmente, che la strada scelta è quella giusta: queste manifestazioni colpiscono nel segno...

Esatto. Siamo stati a Locri per dare continuità alla battaglia contro tutte le mafie. Allo scempio di chi ha scritto sui muri di quella città ‘meno sbirri’ abbiamo orgogliosamente risposto: ‘più magistrati e più lotta contro la criminalità organizzata’ che genera degrado e sottosviluppo e che depreda le nostre regioni portando soldi all’estero. Bisogna contrastare questo fenomeno e anche quello delle infiltrazioni nella pubblica amministrazione e nei gangli vitali delle nostre regioni. Più forze dell’ordine, più magistrati e più inchieste sullo sperpero di danaro pubblico: anche questo serve al nostro Mezzogiorno perché trovi la strada giusta per il suo rilancio. La Uil vuole dare forza alla voglia di legalità che è emersa da Locri, dalla Calabria e dal Paese.

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