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MAGGIO 2016

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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SOMMARIO

Il Fatto
- Anche in una fase recessiva il movimento sindacale può svolgere la sua missione innovatrice - di A. Foccillo
- Siamo un sindacato di proposta, ma senza risposte c’è solo la protesta. Intervista a Carmelo Barbagallo, Segretario generale UIL - di A. Passaro

Approfondimento
- La previdenza del settore dei trasporti e servizi. Cambiare le pensioni per uomini e donne - di D. Proietti

Sindacale
- Comparti e contratti: il governo vuole la morte dei settori fondamentali per lo sviluppo del paese. - di S. Ostrica
- Definiti i nuovi comparti, occorre far ripartire subito la contrattazione. - di P. Turi
- Le prospettive del Pubblico Impiego nel Documento Economico e Finanziario 2016 - di A. Fortuna

Attualità
- Quanta sofferenza costa e a quanta gente, - di B. Casucci
- Le capitali italiane della cultura - di P. Nenci

Società
- Un’analisi dei lavori parlamentari sulla riforma costituzionale - di A. Fortuna

Agorà
- Più valore al lavoro - di M. Tarasconi

Inserto
- Tutti i Primi Maggi della Uil Su e giù per’Italia a gridare: Lavoro! - di P. Nenci - Quando l’uomo si sente onnipotente - di P. Nenci

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EDITORIALE

Anche in una fase recessiva il movimento sindacale può svolgere la sua missione innovatrice

di Antonio Foccillo

Di fronte ai dati che descrivono nel nostro Paese, nonostante gli ottimismi, una crescita molto bassa, la più bassa in Europa, non è più possibile pensare di rilanciare l’economia senza un ruolo propositivo e di partecipazione di tutte le rappresentanze economiche e sociali al fine di analizzare ed eliminare tutte le storture della politica economica finora messa in atto in modo del tutto dissennato, la quale ha collocato in primo piano la stabilità monetaria al posto della centralità dell’uomo.

è oltremodo evidente che la classe politica, di destra o di sinistra, ritenga superato e di ostacolo il ruolo del sindacato, che ormai lo si ritiene rappresentativo solo dei pensionati, che, tra l’altro, proprio per le scelte di politiche economiche dei governi che si sono succeduti in questi anni sono stati ampiamente penalizzati.

Il giudizio negativo della classe politica sta acquistando consistenza, nell’opinione pubblica, proprio perché il sindacato nell’ultimo periodo di crisi è stato costretto a difendersi e di conseguenza si è ridimensionata la sua capacità propositiva.

Viceversa, anche in una fase recessiva come quella che stiamo vivendo, il movimento sindacale può svolgere la sua missione innovatrice, anche se, in tutte le fasi di crisi e con la conseguente caduta dell’occupazione, non riesce ad esprimere pienamente la sua forza progressista a causa del cambiamento dei rapporti di forza che, come stiamo constatando in questi ultimi tempi, ha portato alla caduta del potere contrattuale dei lavoratori, cui si aggiunge una grave crisi della politica che ha tenuto e tiene nell’incertezza e nell’inefficienza non solo i partiti e le istituzioni, ma anche le forze sociali.

Il sindacato non è riuscito ancora a reagire pienamente, perché, in questo contesto di crisi della democrazia, la questione sociale che è esplosa, fatta di una realtà senza lavoro e di attacco ai diritti ed ai livelli di vita degli operai e del ceto medio, ha consentito di stimolare nell’opinione pubblica una condivisione acritica e passiva di quella operazione politico-mediatica di semplificazione e di travisamento della realtà che ha rovesciato buona parte delle colpe sul sindacato con l’accusa di essere una forza conservatrice, un ostacolo allo sviluppo ed all’innovazione.

Il Sindacato, di tutto può essere accusato ma non di ciò, anche se, purtroppo, i fatti dimostrano che, soprattutto in mancanza di una politica industriale da parte del Governo, sta rischiando di consumare le sue energie su posizioni difensive, slegate da una visione del futuro per proteggere, senza molta fortuna, posti di lavoro che, per colpe imprenditoriali, non sono più competitivi.

Se si prosegue su questa impostazione si rischia di lasciare una buona parte dei lavoratori, e tra essi un grande esercito di giovani, senza alcuna tutela e soprattutto senza prospettive.

Il “settore” produttivo in Italia si sta ridimensionando, perché non si è riusciti a limitare la differenza di produttività e competitività delle nostre aziende, conseguenza del loro diverso grado di innovazione ed internazionalizzazione.

Tutto ciò, ha una valenza sul movimento sindacale, perché indebolisce il ruolo della contrattazione nazionale ed apre nuovi spazi alla contrattazione aziendale.

Infine non si può dimenticare che sull’avvenire del Sindacato incombe, non solo la netta riduzione della consistenza e della forza della classe operaia, che trovava nel settore manifatturiero il suo ambiente privilegiato, ma anche l’accentuazione della divisione all’interno del mercato del lavoro tra ceti proletari, esposti al declino, e l’esercito di riserva di origine straniera, tra “disoccupati cronici” e “giovani precari.

Il Sindacato deve tutelare tutti i lavoratori colpiti dalla crisi; deve difenderli per essere legittimato a prospettare ai lavoratori la possibilità di costruire insieme, nonostante le difficoltà esistenti, un diverso avvenire, rendendo evidente con i fatti che anche se la linea difensiva è obbligata in questo frangente essa rappresenta la risposta ad un’emergenza che non cancella l’aspirazione a un nuovo modello di società basato su nuovi assetti economici e sociali, nuove relazioni industriali ed un nuovo assetto istituzionale.

Siccome ciò non è compito esclusivo del Sindacato bisogna impegnare le altre istituzioni, per quanto di loro competenza a contribuire a questa rinascita dell’Italia.

Noi riteniamo che si stanno accumulando grandi tensioni sociali che chiamano le istituzioni a risposte nuove ed urgenti.

In Italia e soprattutto in Europa manca finanche un dibattito sulla crisi e sono assenti iniziative adeguate per una proposta capace di ridare al progetto europeo consapevolezza dei suoi problemi e dei suoi possibili destini.

Il Movimento sindacale deve assolutamente trovare la chiave giusta per affrontare questa realtà e trovare la forza sufficiente per contrastare i processi in corso.

Anni di denunce e di lotte, di scioperi e trattative hanno messo in evidenza le ragioni e l’indignazione dei lavoratori ed hanno prodotto grandi manifestazioni di protesta, senza riuscire però ad aprire nuovi sentieri di sviluppo e di occupazione.

Il fatto è che i governi nazionali avevano delegato la loro politica economica alle ottuse politiche iperliberiste dominanti in Europa, invece, era proprio qui che bisognava intervenire e non sul governo nazionale in agonia politica, privo di qualsiasi principio di etica pubblica, tutto proiettato e perso sul terreno dei propri interessi di casta e di un’improduttiva competizione tra partiti.

Il sindacato deve opporsi efficacemente all’operazione in atto che prevede un riequilibrio delle finanze ed una diminuzione del debito semplicemente liberandosi dagli oneri derivanti dalla protezione degli strati sociali più deboli e dal mantenimento di una serie di servizi pubblici a suo tempo considerati essenziali per promuovere lo sviluppo economico-sociale e oggi ritenuti un fardello.

Anche nella cosiddetta economia del debito, una corretta concezione politica economica nazionale, seppure inserita in un contesto di economia globale, dovrebbe distinguere tra investimenti e spese superflue che non sono i consumi, poiché i primi servono per creare ricchezza futura ed i secondi servono a vivificare l’economia reale.

Il movimento sindacale non può consentire che lo Stato del benessere, cioè lo Stato che con la sua presenza nell’economia ha favorito il mantenimento di una società più equilibrata, sia destinato ad entrare in crisi e, con esso, a incrinarsi pericolosamente il “contratto sociale”, il patto di solidarietà, su cui si fonda.

Su piano valoriale bisogna evitare che la continua disgregazione degli organismi partecipativi distrugga ogni valore sociale e democratico, a cominciare da quello della solidarietà, della coesione ed integrazione sociale che danno fondamento ad uno Stato.

La solidarietà fa riferimento alla politica sociale quale strumento di aiuto e redistribuzione sociale, in cui è compresa sia l’idea di patto intergenerazionale, ma soprattutto l’idea di bene collettivo nell’intervento dello Stato, attraverso gli strumenti che garantiscano la persona in tutta la gamma dei suoi bisogni.

La salvaguardia di un modello di Stato sociale nell’era della globalizzazione dipende dalla possibilità di creare una federazione di stati europei, a partire dall’Eurozona o da alcuni suoi paesi chiave.

Se ciò non si realizzerà verranno meno le condizioni per mantenere la solidarietà fra le diverse regioni europee, privando i popoli, non solo quelli europei, di un modello di riferimento per promuovere uno sviluppo più giusto e sostenibile a livello internazionale.

Vi sono quindi ragioni sufficienti di carattere morale, oltre che politico, per battersi al fine di ridare dignità e ruolo alla politica in Europa per un progetto di costruzione di uno Stato federale europeo.

E’ necessario quindi proporre una iniziativa politica a livello europeo per ripristinare condizioni di equilibrio nella gestione delle risorse a favore dell’intera collettività e non solo dei paesi egemoni.

In tal senso, il sindacato deve proporre nuovi modelli economici e sociali, per avviare uno sviluppo economico diverso, non più solo mercantile, considerando le modalità di un lavoro a valenza sociale complessiva.

Bisogna uscire da una logica difensiva, riproporre come centrale il problema del sociale e ripartire all’attacco, anche con obiettivi intermedi, ma ben definiti e caratterizzati.

Un nuovo modello di crescita economica, un forte progetto di rinnovamento che riaccenda le speranze sopite con una seria e corretta politica sociale, non più basata sull’assistenzialismo e le spese improduttive, ma su un percorso che mira ad una reale democrazia economica del sociale e del lavoro, che può ancora realizzarsi.

Su queste basi si può dare davvero l’addio al passato e trovare nuovi assetti e nuove strategie che impegnino il sindacato nella sua funzione Confederale.

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Siamo un sindacato di proposta, ma senza risposte c’è solo la protesta. Intervista a Carmelo Barbagallo, Segretario generale Uil

di Antonio Passaro

Maggio è stato un mese molto impegnativo per il mondo economico e sindacale, iniziato con il corteo di Cgil, Cisl e Uil, a Genova, per la Festa del Lavoro. Qual è stato il messaggio della Uil dal palco del Primo Maggio 2016?

Il Paese ha bisogno di risposte subito. Lo abbiamo detto a Genova: siamo un sindacato di proposta, ma senza risposte c’è solo la protesta. Sembra uno scioglilingua, ma è questo il compito di un sindacato. Se non arrivano risposte dall’Esecutivo entro l’estate o prima della legge di stabilità sui temi importanti per il Paese, ci saranno ulteriori mobilitazioni da concordare, ovviamente, con gli altri sindacati. Si parla molto di ripresa, ma finché la crescita sarà da “prefisso telefonico” non mi pare che si possa essere troppo ottimisti. Io giro l’Italia da Nord a Sud e mi confronto direttamente con i lavoratori, visito le fabbriche, parlo con la gente, ma questa ripresa non si vede.

A tal proposito, proprio in questo mese si sono tirate le somme degli effetti del Jobs Act sull’occupazione italiana. Purtroppo i dati non sono confortanti. Il lavoro stabile è tornato a calare, mentre si è diffusa una nuova forma di precarietà: quella alimentata dai voucher. Cosa ne pensi?

Fin dall’entrata in vigore del Jobs Act abbiamo paventato il rischio di un vero e proprio “riciclaggio” di posti di lavoro. Del resto, si è anche scoperto che alcune aziende hanno approfittato indebitamente della decontribuzione. Il Governo si faccia aiutare sulle materie che riguardano il lavoro, perché è il Paese che ha bisogno di essere aiutato a uscire dalla crisi. E i corpi intermedi non sono un ostacolo per questo tentativo. Come se non bastasse, poi, prosegue anche il boom sconcertante dei voucher, divenuti ormai la vera frontiera della precarietà e, in alcune circostanze, lo strumento per coprire il lavoro nero o, addirittura, le morti bianche. E non basterà la tracciabilità a regolarizzarne l’uso: occorre limitarne in modo significativo l’ambito di utilizzo.

Qualche settimana fa, i pensionati sono scesi in piazza con Cgil, Cisl e Uil proprio per chiedere al Governo una svolta nelle politiche della previdenza: dalla riforma della legge Fornero, alla flessibilità in uscita, al recupero del potere d’acquisto delle pensioni, e poi ancora fisco, welfare, sanità e non autosufficienza. “A testa alta” è stato lo slogan dell’evento…

È stata una grande manifestazione. Piazza del Popolo era gremita da oltre 60mila persone che hanno aderito alla mobilitazione di Cgil, Cisl, Uil di categoria. Segno, questo, che si tratta di una questione fondamentale che riguarda la vita quotidiana della gente. I pensionati italiani hanno manifestato per la difesa e la rivalutazione delle pensioni, un futuro occupazionale per i giovani e la modifica della legge Fornero. Anche in questo caso, se non arrivano risposte, la prosecuzione della mobilitazione sarà inevitabile. Perché, altrimenti, cosa diciamo a questi pensionati? E ai lavoratori? E a coloro che aspettano la flessibilità verso la pensione? Cosa diciamo ai giovani che chiedono la staffetta generazionale? E a tutto il Paese che aspetta misure in grado di dare davvero spazio alla ripresa?

Proprio sulle pensioni e sulle politiche previdenziali, il Governo ha, finalmente, aperto un dialogo con i sindacati. Lo scorso 24 maggio hai incontrato, con i tuoi colleghi di Cgil e Cisl, il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Tommaso Nannicini. Com’è andata?

Dal punto di vista del metodo abbiamo iniziato con il piede giusto, mi auguro che sia così anche quando affronteremo il merito. Abbiamo inseguito questo incontro per lungo tempo e, finalmente, siamo riusciti a ottenerlo. Noi abbiamo presentato la nostra piattaforma e le nostre posizioni sono chiare e note. Discuteremo ora su due tavoli: uno relativo alle pensioni e l’altro ad alcuni temi del lavoro. A quest’ultimo proposito, noi pensiamo che debbano essere regolamentati, in particolare, i voucher e gli ammortizzatori sociali. Al momento abbiamo affrontato solo i titoli, non siamo ancora entrati nel merito. Ci rincontreremo a giorni e verificheremo. Di positivo c’è che si è aperto un confronto con il Governo, che auspico sia leale, concreto e completo. Non la chiamerei concertazione, né darei altri aggettivi.

Cosa si aspetta dai prossimi incontri, quando si entrerà nel vivo del confronto?

Vogliamo discutere nell’interesse del Paese, dei lavoratori, dei pensionati e dei giovani in cerca di lavoro. Ci aspettiamo risposte alle nostre rivendicazioni, alla nostra piattaforma. Speriamo che questo confronto si concluda positivamente e di non essere costretti a mettere in campo altre iniziative. Non pensiamo di ottenere tutto e subito, vogliamo discutere seriamente delle prospettive, ma, come ho detto poc’anzi, dobbiamo restituire potere d’acquisto ai pensionati, rivalutando le pensioni, e ai lavoratori, rinnovando i contratti pubblici e privati. Occorre, inoltre, dare stabilità ai giovani, riducendo drasticamente la precarietà che oggi trova spazio nell’abuso dei voucher. Per quel che riguarda, poi, la flessibilità in uscita siamo contrari alle penalizzazioni e sosterremo le nostre argomentazioni al tavolo di confronto.

Di pensioni ha parlato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, specificando la necessità di separare l’assistenza dalla previdenza. Un vero e proprio cavallo di battaglia della Uil, da lungo tempo...

Noi condividiamo totalmente le parole del Capo dello Stato circa la necessità nel nostro Paese di evitare ogni confusione tra il sistema previdenziale e le prestazioni, garantite ad ogni cittadino, di sicurezza sociale da finanziare con la fiscalità generale. Se questo principio fosse attuato, come la Uil chiede da tantissimi anni, si evidenzierebbe che la spesa per le pensioni pura in Italia è del 10,15% del Pil, largamente in media con gli altri paesi dell’Unione europea. La grande operazione verità e trasparenza sul nostro sistema previdenziale passa, innanzitutto, da questa separazione che può essere subito realizzata attuando due leggi dello Stato, che già prevedono la separazione contabile della spesa previdenziale da quella assistenziale.

Altro tema fondamentale per la crescita del Paese e per una vera ripresa è quello che riguarda la contrattazione. Da pochissimi giorni si è insediato il nuovo Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. Cosa accadrà?

Cgil, Cisl, Uil sono stati gli unici a predisporre una proposta unitaria sul nuovo modello di relazioni industriali e sul nuovo sistema contrattuale. Ci auguriamo che la Confindustria si renda conto che il Paese deve riprendere la strada dello sviluppo. Al termine dell’Assemblea, con Boccia, ci siamo salutati e ci siamo impegnati a incontrarci al più presto per recuperare il tempo perduto. Anche in questo caso, auspico un confronto serio e serrato nell’interesse dei lavoratori, dei giovani e del Paese. Abbiamo anche apprezzato l’invito al Governo a non intervenire sulla materia. Se cominciamo a discutere, troveremo le soluzioni.

Intanto, però, restano al palo alcune importanti trattative per il rinnovo del contratto, a partire da quella dei metalmeccanici. Federmeccanica è rimasta ferma sulle sue posizioni e Fim, Fiom e Uilm si preparano a uno sciopero di 12 ore. Situazione difficile anche nel terziario, nel commercio e nei servizi. Così come nel pubblico impiego.

È chiaro – e l’ho detto più e più volte – che se i lavoratori non recuperano il potere d’acquisto, se non si adeguano le pensioni, se non si offrono occasioni di lavoro ai giovani, questo Paese la riprese la vedrà solo col binocolo. I colleghi tedeschi dell’industria metalmeccanica hanno firmato accordi per incrementi salariali del 4,8%. È questa la strada da seguire. La Federmeccanica, invece, vorrebbe dare aumenti solo al 5% dei lavoratori del proprio settore. Lo hanno capito i tedeschi, lo ha detto anche la Bce: è indispensabile evitare che l’inflazione zero si riversi sui salari, perché l’obiettivo è la crescita. Senza un incremento del potere d’acquisto dei lavoratori, non ci sono le risorse per acquistare beni e servizi delle imprese. Chi nega il rinnovo del contratto compie un suicidio economico.

La Uil è al fianco di tutti i lavoratori. Mi auguro che prevalga, ovunque, il buonsenso, altrimenti saremo costretti a proseguire nelle nostre lotte.

Maggio è stato un mese di novità e avvicendamenti. Anche il Dicastero dello Sviluppo Economico ha un nuovo Ministro, Carlo Calenda…

Auguro al neo Ministro Calenda “buon lavoro”. Ha tante vertenze strategiche e molte questioni complesse da affrontare: migliaia e migliaia i posti di lavoro da tutelare.

Un’ultima domanda: FCA e Google hanno firmato un accordo di cooperazione tecnologica nel campo dei veicoli a guida autonoma. L’industria 4.0 è il futuro. Cosa ne pensa?

Sono convinto che l’accordo tra la FCA e Google è destinato a rivelarsi una scelta vincente. Sono mesi che stiamo sollecitando la politica e le imprese a occuparsi dell’evoluzione che ci sta traghettando verso l’industria 4.0. Nanotecnologie, digitalizzazione, guida remota saranno alcuni dei principali pilastri su cui si costruirà il prossimo futuro. Bisogna attrezzarsi per far fronte a questa rivoluzione e per evitare conseguenze drammatiche dal punto di vista occupazionale. Almeno in questo settore, l’intesa tra l’industria automobilistica italo-americana e il colosso del web pone le premesse per evitare di essere sopraffatti da tali problemi. Anche il Sindacato deve prepararsi a gestire questa nuova fase: la Uil è pronta a iniziare questo nuovo cammino per confermare la centralità e il valore del lavoro.

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