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MAGGIO 2012

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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di Roma n.° 402 del 16.11.1984

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APRILE 2012

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SOMMARIO

Il Fatto
Rivendichiamo il nostro giusto diritto - di A. Foccillo
Intervista a Luigi Angeletti Segretario Generale UIL. Il Governo continua ad aumentare le tasse sul lavoro invece di diminuirle - di A. Passaro

Sindacale
Lavoro Pubblico: l’intesa con Governo, Regioni e Comuni - di P. Pirani
L’intesa sul lavoro pubblico: una opportunità da non perdere - di B. Attili
I cantieri restano chiusi, la crisi peggiora: serve un tavolo con sindacati ed imprese per fissare priorità e date certe - di A. Correale
DDL Lavoro: Voucher la meta è vicina, ora in campo per la mini-aspi - di S. Mantegazza
Pubblico Impiego: rilancio del merito e della professionalità dei lavoratori - di G. Torluccio
Le “dimissioni in bianco” questione femminile e non solo… - di M. P. Mannino
Il 16 maggio 2012 a Bruxelles è nata la nuova federazione europea dell’industria “IndustriAll European Trade Union” - di C. Romanazzi

Attualità
La crisi si affronta a volto scoperto. Genova in piazza contro il terrorismo - di P. A. Massa

Economia
A proposito di spendingreview - di V. Russo
Salvare l’Italia? – di G. Paletta
'Ich bin ein Berliner'? Sono un berlinese? - di A. Ponti

Società
Migrazioni, trends demografici e mercato del lavoro in Europa - di G. Casucci
Gli elevati costi sociali dei tumori e l’impatto sulla vita lavorativa di pazienti e caregiver - di S. Ricci

Il Ricordo
Raffaele Costi - di G. Salvarani

Agorà
Silenzi e ritardi del sindacato in Europa - di C. Benevento
Per rispondere alle crisi serve un sindacato riformista. Un sindacato sicuro delle proprie potenzialità e fulcro delle riforme - di S. Fortino
Un’organizzazione è efficace se sa comunicare - di P. N.

Il Corsivo
Sebbene che siamo donne - di P. Tusco

Inserto
Le mille giornate per non dimenticare per solidarizzare, celebrare, spronare - di P. Nenci

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EDITORIALE

Rivendichiamo il nostro giusto diritto

Di Antonio Foccillo

Il dibattito sulla politica italiana è molto strano. Infatti, i suoi commentatori, dopo le ultime elezioni hanno scoperto che vi è un indebolimento della politica italiana; che vi è una separatezza dai cittadini e che la sfiducia degli italiani ha prodotto una insofferenza tale da portarli a non votare (infatti, aumenta progressivamente l’assenteismo al voto) o a votare per il primo che manifesta un’idea anti-politica o anti - partito, anche se vacuo di contenuti e, nell’esporre il suo programma, usa forzature nel linguaggio, tanto da arrivare in qualche caso alla trivialità e alla maleducazione. Essi sono gli stessi che per anni hanno sparlato dei partiti e ne hanno dimostrato con vari argomenti la scarsa rappresentatività e adesso piangono lacrime di coccodrillo chiedendo alla politica di tornare a svolgere un ruolo proposito e strategico. Certo i partiti, in generale, ed i loro rappresentanti, in particolare, non fanno niente per uscire da questa situazione ed anzi si avviluppano in spirali sempre più inutili di luoghi comuni e di discussioni tutte al proprio interno.

Nessuno espone progetti concreti per risolvere la drammatica situazione dell’economia, della disoccupazione (in particolare giovanile), della recessione e del consequenziale aumento della povertà e della emarginazione con intere regioni in mano alla malavita. Tutto questo si somma ad una mancata riforma elettorale, mentre l’attuale legge porta sempre di più alla caduta della partecipazione dei cittadini in quanto è venuta meno la possibilità, da parte degli elettori, di scegliere i loro rappresentanti. Siamo arrivati al paradosso che il Ministro del lavoro in carica, che dovrebbe svolgere la funzione pubblica a garanzia del lavoro, “auspica licenziamenti”. Sono ormai lontani, non solo in senso storico, i tempi i cui il Ministro del lavoro, Brodolini, passava la notte della vigilia di capodanno nella tenda con gli operai che protestavano per esprimere la sua solidarietà. Dopo l’esito di queste ultime elezioni parziali in cui si è verificato un vero e proprio terremoto, alcuni partiti che da vent’anni riscuotevano consenso (il Pdl e la Lega) hanno visto il loro voto ampiamente ridotto, ha tenuto la sinistra e sono avanzate liste locali ed il partito di Grillo. Non voglio dare giudizi di valore, né fare tante analisi, ma una cosa è certa: l’elettorato vuole facce nuove, vuole cambiare registro e quelli che hanno votato vogliono ancora partecipare all’agone politico e riversano i loro voti su chiunque lo permette anche a quelli che fanno solo demagogia.

Se non si capisce questa lezione e si affronta subito un veloce cambiamento per ripristinare speranze e valori solidali con politiche che abbiano l’obiettivo di una società diversa più solidale, giusta, equa e che dia pari opportunità a tutti, sarà la fine definitiva del nostro modello di partecipazione previsto dalla Costituzione. Bisogna che la politica ritorni ad essere quella con la P maiuscola, non serva del potere economico e finanziario. I partiti devono ritornare ad essere organi di partecipazione democratica e non strumento di potere dei loro rispettivi responsabili. La Politica deve riprendere l’azione per ridefinire i contenuti di una società dove siano salvaguardati la persona e i diritti di cittadinanza in tutti gli aspetti: dal diritto al lavoro al diritto alla vita; dalla sicurezza sociale e personale al ripristino del potere di acquisto ed ad un fisco che recuperi la sua funzione di ridistribuzione della ricchezza e della solidarietà. La ricerca di nuova equità e la sconfitta di una linea neo liberista in economia devono essere le battaglie della sinistra. Con l’iperliberismo e la crisi economica globale sono tornati in primo piano i temi legati alla condizione di vita del cittadino e dell’occupazione giovanile. Sono tornate attuali alcune battaglie di minoranza condotte su obiettivi di grande valore civile: pensiamo solo alla questione dell’equità fiscale.

Dunque occorrono programmi diversi, più ampi e complessi da discutere; occorre far vivere una concezione della “coesistenza” fra esperienze di pari dignità che ancora stenta ad essere accettata; occorre guardare con occhi attenti al rinnovamento, senza mostrare pericolose indifferenze; occorre ritrovare un rapporto con i giovani. Su queste basi si può dare davvero l’addio al passato e trovare nuovi assetti costruttivi da porre a confronto. Oggi questo è ancora possibile se pensiamo che la democrazia italiana esce da dure prove, confermata e consolidata da una ritrovata coscienza della gente, che bisogna avere la capacità di percepire, perché è necessario decidere sulla qualità della nostra democrazia e sul rapporto fra essa e la speranza di lavoro e di impegno delle nuove generazioni. Come spesso in Italia, nei momenti di cambiamento, ritorna il solito copione del terrorismo. Così alle problematiche dell’economia e del lavoro, si aggiunge, con la sua natura di odio e vigliaccheria, anche lo stragismo ed il terrorismo.

Ogni volta siamo convinti di averlo debellato ed ogni volta ritorna con il suo rituale carico di morte. Cui prodest? Il terrorismo debellato, ritorna come un flagello nei periodi in cui scricchiolano le istituzioni democratiche. Sarebbe finalmente utile capire e svelare chi c’è dietro e non affrontare la sola manovalanza, troppo organizzata per pensare a forme spontanee. Siamo stanchi delle solite dichiarazioni, dei soliti proclami e dei soliti propositi. Si affidino alla migliore intelligence italiana le indagini per andare a colpire chi minaccia terrore e stragi, per evitare che come per la mafia quando si deve andare a indagare sui vertici tutto si ferma. L’opera di delegittimazione adesso tocca il sindacato. Il dibattito si fa sempre più acceso e si tenta di dimostrare (sono sempre gli stessi) che anche la sua rappresentanza è in caduta libera, in barba al fatto che in Europa è uno delle poche organizzazioni che continua ad aumentare gli iscritti, nonostante la caduta dell’occupazione, e a crescere di consenso nelle varie elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie (ultimo il pubblico impiego dove quasi il 90% dei lavoratori interessati hanno votato ed i sindacati confederali hanno riscosso circa l’80% dei voti espressi). Per dimostrare i loro teoremi lo si uniforma ai partiti per assimilarlo in modo scorretto agli utilizzatori di soldi pubblici.

Non possiamo stare a questo gioco. Per evitare che si possa andare avanti e distruggere l’unico strumento di democrazia partecipata che esiste ancora in Italia, dobbiamo reagire e rispondere colpo sul colpo accettando la discussione e dimostrando la fondatezza delle nostre ragioni. Il sindacato si deve far forza del fatto che oggi, pensare di rilanciare l’economia, senza un ruolo propositivo e di partecipazione di tutte le rappresentanze economiche e sociali è impensabile. Il sindacato nel passato è stato un rappresentante della coesione sociale, perché è stato contemporaneamente strumento di democrazia, di solidarietà, di emancipazione, di tutele e garanzia dei diritti. Inoltre, in tutti i momenti di difficoltà, si è esposto per ridare prospettive di rilancio dell’economia, chiedendo alla sua gente di sacrificarsi per il bene del paese. Oggi, più di allora, deve partecipare ai processi economici e sociali, perché è un soggetto che rivendica il riconoscimento dei bisogni primari della persona e la salvaguardia della dignità dell’individuo con tutte le prerogative riconosciutegli dalla Costituzione italiana. Tutti diritti negati dalla prassi politica dell’ideologia neoliberista. Il sindacato deve, ancora una volta, dare prospettive positive alla società, finalizzando la sua partecipazione alla cura di politiche economiche e sociali utili ad appianare gli squilibri e ridurre la povertà.

Per questo l’impegno a tutti i livelli non può che essere rivolto a ricercare soluzioni di dialogo e di partecipazione, fra le diverse componenti sociali e politiche, in modo da costruire un progetto unico. In una società che ha trasformato esigenze e bisogni della gente, bisogna mantenere un equilibrio sociale adeguato. La confusione tra libertà economica e libertà politica ha fatto sì che prevalesse solo la prima, facendo inoltre credere che le regole neghino la libertà economica. Per cambiare questo stato di cose il sindacato deve investire non solo le organizzazioni nazionali dei lavoratori, ma anche in quelle internazionali, respingendo questa ideologia neoliberista con la forza di una seria proposta alternativa. Considerare questi obiettivi come utopie irrealizzabili significa, per il sindacato, rinunciare al suo ruolo storico. Oggi il problema è come ricostruire una prospettiva dì sviluppo che favorisca nuova occupazione, uno sviluppo che produca ricchezza che venga distribuita in modo più equo e più giusto, un’amministrazione pubblica efficiente e produttiva in modo da accompagnare i processi di sviluppo.

Dopo la sbornia della finanza creativa o distruttiva si torna a proporre che, per uscire da questa crisi, bisogna che gli Stati debbano intervenire sullo stato sociale e sul debito. Il sindacato, invece, deve riprendere l’azione per ridefinire i contenuti di una società dove siano salvaguardati la persona e i diritti di cittadinanza in tutti gli aspetti, in sostanza richiedere il rispetto e la realizzazione di tutti quei diritti tutelati dalla nostra Costituzione repubblicana. Questo è il senso della manifestazione che il sindacato ha indetto per il 2 giugno a Roma dal titolo esplicativo: “Cambiare il fisco, per il lavoro, la crescita il welfare. Venendo al domani, è fuori di dubbio che il tema della modalità del processo di partecipazione, diventa elemento fondamentale e cruciale del sistema di relazioni industriali e sindacali.

Se la sfida sarà colta da tutti avremo una nuova stagione del coinvolgimento dei lavoratori per evitare che siano chiamati solo a gestire e finanziare le crisi. Ci rendiamo conto delle difficoltà che si frappongono alla realizzazione di una “nuova” coscienza politica e sociale prima di tutto nazionale, esse hanno una lunga radice storica, che comunque bisognerà tentare di sradicare per non divenire solo spettatori delle contingenze storiche attuali.

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Il Governo continua ad aumentare le tasse sul lavoro invece di diminuirle. Intervista a Luigi Angeletti, Segretario Generale UIL

di Antonio Passaro

Angeletti, il drammatico terremoto in Emilia ha causato vittime soprattutto tra i lavoratori. Molti capannoni sono crollati anche a seguito della seconda scossa che ha fatto tremare nuovamente la terra nella giornata del 29 maggio proprio mentre molti prestavano la loro opera per riprendere l’attività. Come si può esprimere una concreta vicinanza a quelle popolazioni?

I cittadini e i lavoratori dell’Emilia sono stati duramente colpiti da questo evento imprevedibile e catastrofico. Noi abbiamo espresso la nostra vicinanza alle famiglie delle vittime: la perdita di tante vite umane ci addolora ed è particolarmente triste sapere che alcuni sono morti proprio mentre cercavano, con il loro impegno e il loro lavoro, di tornare alla normalità. Insieme a CGIL, CISL e Confindustria abbiamo deciso di attivare un Fondo di intervento a favore delle popolazioni, dei lavoratori e del sistema produttivo della Regione Emilia Romagna e della provincia di Mantova e, contemporaneamente, di favorire la raccolta, nei luoghi di lavoro, di contributi volontari equivalenti ad un’ora di lavoro.

Questo evento sismico ha messo a dura prova il fiorente sistema produttivo di un’area tra le più industriose del nostro Paese. Cosa bisogna fare per evitare che al dolore per la perdita delle vite umane si aggiunga la beffa di un grave danno economico?

Le imprese che operano in questa realtà territoriale hanno subito gravi danni. C’è il rischio che, da un lato, si perdano commesse e che, dall’altro, vi siano alcuni imprenditori che, per evitare il tracollo della propria azienda, decidano di spostare la propria produzione altrove. Bisogna evitare che ciò accada. Ecco perché è molto importante che parta il meccanismo degli aiuti e degli incentivi. Ma è altrettanto importante che si faccia presto: il tempo non può essere una variabile indipendente. Occorre fare le cose in regola, ma si devono accelerare tutte le procedure amministrative. Non possiamo fornire il pretesto delle lungaggini burocratiche a chi magari medita di andare via: bisogna far di tutto per evitare che questo territorio perda le sue eccellenze produttive.

Insieme a Bonanni e alla Camusso avete scritto una lettera a Monti e al ministro Fornero per una richiesta specifica a favore dei lavoratori di quelle zone colpite dal sisma. Cosa avete chiesto?

Abbiamo sollecitato lo stanziamento di risorse adeguate per il sostegno al reddito, comprensivo di contribuzione figurativa, per i lavoratori la cui attività è stata compromessa dal terremoto, compresi i lavoratori avventizi e stagionali. Queste risorse non solo devono essere adeguate ma devono anche rappresentare un finanziamento dedicato; devono essere, cioè, aggiuntive e distinte rispetto alle risorse disponibili per i cosiddetti ammortizzatori in deroga. Bisogna fare ciò anche per poter svincolare i trattamenti da eventuali vincoli normativi quali possono essere, ad esempio, quelli relativi ai requisiti soggettivi di anzianità assicurativa. Insomma se vogliamo aiutare l’Emilia e, in particolare, i suoi lavoratori e le sue imprese a rialzarsi bisogna mettere, subito, in campo una serie di iniziative che diano una spinta alla ripresa. La ricostruzione deve avvenire con una velocità assolutamente straordinaria come mai è accaduto in Italia in situazioni analoghe. Dobbiamo far vedere che c’è una parte del Paese che è in grado di reagire in maniera eccellente anche alle situazioni catastrofiche.

A causa del grave evento sismico, CGIL, CISL e UIL hanno deciso anche di posticipare la grande manifestazione organizzata per il 2 giugno a Roma, in Piazza del Popolo, per chiedere una svolta nella politica economica del governo. Quando si tornerà in piazza?

Abbiamo ritenuto opportuno rinviare al prossimo 16 giugno la manifestazione che avremmo voluto fare il 2 giugno, giorno della Festa della Repubblica, per ricordare a noi tutti che, come recita l’articolo 1 della Costituzione, la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro. Abbiamo ritenuto giusto e opportuno spostare l’iniziativa per recarci nelle zone terremotate a portare la nostra solidarietà ai lavoratori colpiti dal sisma.

Ma il tema della manifestazione resta lo stesso...

Sì. Il titolo della manifestazione è “Il valore del lavoro”; un titolo che condensa il significato dell’iniziativa. Noi pensiamo che ci sia bisogno di una svolta nella politica economica del governo che punti sulla valorizzazione del lavoro, a partire da una riduzione delle tasse a favore dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Noi siamo un sindacato assolutamente responsabile, non abbiamo mai anteposto i nostri interessi a quelli generali del Paese. Ma, oggi, il senso di responsabilità non può trasformarsi in afasia: basta rigore, la misura è colma, l’Esecutivo deve cambiare passo e deve guardare ai lavoratori. Con questa politica di rigore non raggiungeremo nessuno degli obiettivi dichiarati dal Governo.

Per la UIL oltre agli obiettivi anche le soluzioni restano sempre le stesse, giusto?

Certamente. È necessario cambiare la politica economica riducendo le spese, a partire dai costi della politica, che sono gli unici tagli da fare e, poi, bisogna ridurre le tasse sul lavoro utilizzando i proventi della lotta all’evasione fiscale. La verità è che non c’è ancora nella nostra leadership politica e soprattutto nel governo la consapevolezza di quanto sia fallimentare l’idea di salvare il Paese pensando solo al pareggio di bilancio e al ‘fiscal compact”.

Proprio mentre scriviamo ci giunge la notizia del taglio agli sgravi sui premi di produttività. È un altro errore?

Il taglio agli sgravi sui premi di produttività è un fatto vergognoso. È un’ulteriore stangata per gli operai. Il Governo continua ad aumentare le tasse sul lavoro invece di diminuirle. Così non si va da nessuna parte. La crescita resterà una parola vuota. Di lavoro ce ne sarà sempre meno e sarà sempre più costoso.

E la riforma del lavoro? Ogni tanto giungono delle novità dalla discussione in Parlamento...

...Ogni volta che modificano il testo lo peggiorano: non c’è più niente da modificare.

Altro punto critico è la vicenda degli esodati. Cosa chiede la UIL al Governo?

Il Governo deve riconoscere formalmente il diritto di andare in pensione con le precedenti norme a tutti coloro che hanno sottoscritto un accordo prima dell’entrata in vigore della nuova riforma, senza alcuna esclusione. Il Governo deve impegnare se stesso e il Parlamento a trovare le risorse necessarie a garantire questo diritto. Ogni altra scelta rappresenterebbe solo un’ulteriore prepotenza. Peraltro, le risorse necessarie potrebbero essere facilmente reperite dai risparmi conseguiti con la stessa riforma delle pensioni.

Cambiamo argomento. L’Amministratore delegato di Ansaldo energia è stato ferito in un agguato di stampo terroristico. C’è preoccupazione per questi rigurgiti di violenza?

Il grave attentato subito da Roberto Adinolfi ci preoccupa seriamente: i fenomeni terroristici possono trovare nuovo impulso in un clima di tensione sociale. Il terrorismo in Italia è una malattia endemica. Ciclicamente si manifesta con più o meno virulenza, ma non l’abbiamo mai soppresso, purtroppo. La UIL, come sempre, vigilerà perché ogni rigurgito di violenza sia impedito sul nascere.

Un’ultima breve domanda. In Confindustria inizia l’era di Giorgio Squinzi. Qual è il tuo giudizio sul suo intervento di insediamento?

È stato un intervento abbastanza ecumenico: ha raccontato quelli che sono i nostri mali. Ha concentrato la sua analisi sulla necessità di una riforma della Pubblica Amministrazione dimenticando, però, secondo me, che per riformarla è necessario, in primo luogo, la riforma del sistema politico perché è la politica che comanda sulla Pubblica Amministrazione. Ecco perché occorre ridurre i costi della politica e, soprattutto, semplificare i centri decisionali. Sono certo, comunque, che il dialogo che ha caratterizzato il rapporto con la Marcegaglia - alla quale mi piace riconoscere doti di lealtà, coraggio e professionalità - potrà proseguire anche con il nuovo Presidente di Confindustria.

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