UIL: Lavoro Italiano | Novità nel sito
Il nostro indirizzo e tutte le informazioni per contattarci
Google

In questo numero

In questo numero
MAGGIO 2009

LAVORO ITALIANO

Direttore Responsabile
Antonio Foccillo

Direzione e Amministrazione
Via Lucullo, 6 - 00187 Roma
Telefono 06.47.53.1
Fax 06.47.53.208
e-mail lavoroitaliano@uil.it

Sede Legale
Via dei Monti Parioli, 6
00197 Roma

Ufficio Abbonamenti
06.47.53.386

Edizioni Lavoro Italiano
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n.° 402 del 16.11.1984

Il numero scorso

In questo numero
APRILE 2009

Altri numeri disponibili

SOMMARIO

Il Fatto
Il Sindacato Riformista - di A. Foccillo

Intervista a Luigi Angeletti, Segretario Generale UIL. Un Sindacato Riformista
e partecipativo - di A. Passaro
Intervista a Gavino Angius. In cerca di uno sblocco per le forze di sinistra - di P. Nenci

Sindacale
Risparmio ed efficienza energetica nella Pubblica Amministrazione - di P. Carcassi
L’Europa della crisi - di N. Nisi 
Quali nuove regole per sospendere un servizio pubblico? Dibattito all’associazione
“The Polis” sul Ddl di revisione dell’esercizio di sciopero - di P. N.
Teatro Comunale di Bologna: Cofferati condannato per attività antisindacale -
di P. Parissi 
L’Istituto di Studi Sindacali e la nostra storia - di G. Salvarani

Forum
La crisi nelle varie realtà regionale - di P. Massa

Economia
Il Fondo di garanzia Inps per la previdenza complementare - di M. Abatecola
La Democrazia, le regole, l’equità - di C. Benevento
Oggi tutto è diverso da ieri. O no? - di E. Canettieri 
Alcune osservazioni sull’esito del recente G20 di Londra - di A. Ponti

Internazionale
Mister Obama, l’Avana ti aspetta - di A. Carpentieri

Il Ricordo
A sette anni dalla morte avvenuta il 18 maggio 2002. Gli amici ricordano Antonio Izzo -
di P. Nenci

Agorà
Volontario si nasce… e si diventa! - di M. C. Mastroeni 
III° Congresso del Forum nazionale dei giovani - di G. Zuccarello

Cultura
Leggere è rileggere, Friederich Dürrenmatt: La morte della pizia - di G. Balella
Il nato vecchio - di L. Gemini

Inserto
Il lavoro come forza propulsiva della Repubblica. Lo stretto rapporto tra Primo Maggio
e 2 giugno - di P. N.

Separatore

IL FATTO

Il Sindacato Riformista

Di Antonio Foccillo

La politica in crisi sta allontanando sempre più da se la società civile. Un nuovo tipo di contestazione di carattere sociale e politico si sta diffondendo in alcuni settori del mondo del lavoro. Il fenomeno non può essere imputabile solo ad incapacità delle classi dirigenti e comunque va affrontato e superato con la soluzione dei problemi che esso pone. Pertanto si pone, a mio avviso, la pressante esigenza di interrogarsi tutti insieme su quale futuro ci attenda. Oggi, purtroppo ci si interroga poco, tutti insieme, rispetto ai cambiamenti, ai tempi, alle nuove forme di malessere che stanno emergendo nella società. Si può dire, semplificando, che se negli anni passati l’ineguaglianza sociale possedeva le caratteristiche verticali di una differenza di classe, oggi, invece, si afferma con delle caratteristiche orizzontali, che investono l’uomo al di là di un’identità economica e sociale. In questo contesto di crisi, nonostante il progressivo disfacimento del dovere politico, il sindacato mantiene ancora un suo valore ideale: è fondamentalmente una struttura sociale sana e può contribuire, con il suo impegno, al bisogno di disintossicazione della nostra democrazia. Angeletti, nell’ultimo comitato centrale, presentando la discussione del prossimo congresso ha espresso la volontà di riproporre un modello di sindacato rivolto alla modernizzazione con una base culturale riformista. Dunque è questo un passaggio fondamentale che sottintende un modello sociale equilibrato e democratico, governato da principi riformisti, in grado di sostenere anche politiche di flessibilità, perché garantite da una rappresentatività che è sinonimo di autorevolezza. Chi non appartiene a questa cultura riformista non è in grado di affrontare le complesse problematiche poste dal neo liberismo globalizzato e pertanto si agita con l’intento di scollegare gli effetti di un processo che, invece, non può che essere continuo. Abbiamo vissuto una fase di flessibilizzazione del mercato del lavoro che ha raggiunto il punto più alto possibile, ora si deve consolidare l’occupazione, favorendone la stabilizzazione che significa certezza del reddito e delle prospettive di vita. Attualmente abbiamo un sistema fiscale che mentre si manifesta incapace a combattere efficacemente l’evasione si è addirittura moltiplicato in quattro livelli, nazionale, regionale, provinciale e comunale, per spremere soldi ai soliti contribuenti. È quindi evidente la necessità di razionalizzare un sistema che, così come si sta evolvendo, rischia di impoverire il cittadino, senza dargli la possibilità di gestire adeguatamente il proprio reddito. Simile necessità esiste per il risparmio, dove si concentrano i poteri forti e dove il cittadino è in balìa delle banche, di un mercato sempre più ostile per cui la seconda casa sta diventando sempre più il principale bene rifugio dei propri risparmi, ma forse ancora per poco. Lo scontro politico ed il sistema elettorale, inoltre, hanno prodotto l’abbandono della coesione per sostenere ognuno le tesi del proprio schieramento, con il risultato che essendo prevalsi altri valori, sono venute meno quelle posizioni di mediazioni fra interessi diversi e di solidarietà fra le persone. Cosicché l’unità del corpo sociale è stata continuamente divisa: governanti e governati, società economica e società politica. Gli strumenti di partecipazione democratica sono stati ridimensionati nelle loro funzioni di rappresentanza e sono aumentate le distanze fra i cittadini, perché vi è purtroppo la crescita di povertà, dilatatasi anche a quei ceti prima considerati non a rischio ed ha conquistato terreno il fenomeno di una nuova emarginazione sociale. Queste osservazioni discendono dall’analisi degli indicatori economici: dalla crescita, che per molti anni è stata pari a zero e che oggi - ultimi dati - porta il Pil a – 5,9; alla caduta del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni; dal debito pubblico che ha ripreso a salire all’occupazione che è sostenuta per lo più da contratti di flessibilità, etc. A nostro avviso non è più possibile, oggi, pensare di rilanciare l’economia, senza un ruolo propositivo e di partecipazione di tutte le rappresentanze economiche e sociali. Si tratta allora di stabilire sedi pronte a decisioni politiche di portata generale. Vi è ancora bisogno che la società civile ne condivida la prospettiva e la progettualità politica, pur lasciando al Governo la decisione finale di come realizzarle. Oggi più di ieri vi è bisogno che prevalga la cultura riformista. Una delle condizioni che ha consentito al nostro Paese di evolversi sempre più in senso moderno e sul piano sociale e civile sta proprio nell’affermarsi della laicità dell’uomo, della sua natura di soggetto storico, indipendente dagli ordini religiosi e rituali, con la ricerca continua di una verità, frutto del dubbio e della ragione. Il mondo del lavoro è il terreno più fertile per riconoscere ed applicare la filosofia laica e riformista, poiché maggiormente sente l’esigenza di valori portanti, propri del riformismo storico. E’ proprio con riferimento a questi valori che il movimento sindacale deve ridare smalto ideale e nuove strategie di ampio respiro alla propria azione. Non si può più essere a difesa esclusiva dei soli occupati o di interessi corporativi di casta o di ceto. Viceversa, necessita restituire ruolo centrale al progetto sociale basato sull’Uomo, ricollocando i suoi bisogni, materiali, culturali e spirituali in un quadro armonico che sappia tener conto delle trasformazioni della società - intervenendo per correggerne le storture - che si evolve con accelerazione progressiva, anche sotto la spinta dell’allargamento europeo e, comunque, innanzi al nuovo scenario politico-commerciale mondiale. Prescindere da ciò potrebbe essere un errore esiziale. E’ esigenza generale che il sindacato e la Uil in particolare accentui il suo ruolo di soggetto politico trainante, giacché la “politica” sembra aver perso voglia di confronto e di dialogo, avviluppata com’è da un sistema bipolare imperfetto che annulla il rapporto con la società civile e con le parti sociali, sterilizza le ideologie, mortifica le tensioni sociali per indirizzare tutte le sue energie verso leaders che una volta investiti dal voto elettorale ed ottenuta la guida del governo o della opposizione, divengono “centrali” e che, per rimanere tali, conculcano a loro volta le forze che li hanno prescelti, convinti di essere gli unici e diretti interlocutori di un corpo elettorale, che esiste solo virtualmente nei sondaggi. In Italia siamo arrivati oggi ad un punto di svolta nelle relazioni sindacali e nella gestione della difficile situazione politica ed economica. La crisi del sistema finanziario è diventata crisi del sistema industriale e del sistema sociale ed infatti, di fronte ad una situazione così difficile e drammatica, le forze politiche, incapaci di avviare con le parti sociali tavoli di confronto e di concertazione, attente esclusivamente alle loro logiche elettorali preferiscono prefigurare ed avviare uno scenario di contrapposizione e di divisione, incuranti degli interessi generali. Certamente sarebbe più responsabile, se non doveroso, stabilire tutti assieme come porre il Paese nella condizione di vincere la sfida della globalizzazione. Comprendendo che non esistono più “frontiere protette” tutto si gioca a 360 gradi e o si è capaci di rinunciare ciascuno ai propri egoismi, agli interessi di parte, alle tutele corporative dell’oggi e si varano programmi, anche severi in cui tutti con alta responsabilità siano disposti a fare un passo indietro o il destino di questo paese sembra segnato. Il sindacato, in questa situazione in cui non viene riconosciuto come interlocutore attivo in possesso di capacità di analisi e di proposta idonea al superamento della crisi, trova sempre più difficile poter svolgere il proprio ruolo e partecipare alle politiche che interessano il mondo del lavoro. Sembra che lo si voglia marginalizzare quasi rappresentasse la voce di una coscienza sociale scomoda da ascoltare. Ecco perché, nella nostra società, c’è bisogno di maggiore spirito laico e di riformismo e il sindacato può e deve elaborare il suo modello alternativo con il quale confrontarsi, a tutto campo, con chi sente e crede di poterlo condividere. Deve diventare forza trainante e non trainata in rapporto a schematicità politiche e sociali non più valide. Un progetto ed un modello di società ove il ruolo del sindacato non abbia quale unica funzione il rivendicazionismo, ma spazi sui grandi progetti di rilancio che possano dare certezza al futuro di tutte le componenti di una società più ordinata, più giusta, più equa. Solo in tal modo può tornare ad essere il sindacato di tutti. Quindi si riavvii il dialogo con chi vuole condividere questo percorso - che parte da lontano - si apra un ampio e franco confronto. Si dia vita ad iniziative condivise che mettano nella condizione, non solo, di fare scelte sindacali strategiche per i prossimi anni, ma che pongano nella condizione di scegliere i compagni di viaggio di un progetto condiviso e sostenuto e con loro costruire quel grande contenitore laico e riformista, che manca - purtroppo da tempo- nel nostro panorama politico-sindacale. La crisi economica, all’interno degli stati industrializzati, mette in forse la distribuzione di servizi sociali e spinge a ripensare ad un’eventuale più oculata e misurata ridistribuzione degli stessi o addirittura a ridisegnare i compiti assistenziali dello Stato. Noi dobbiamo affermare con forza che i diritti sono tali solo se sono effettivamente garantiti poiché solo il pieno godimento di questi diritti concretizza la cittadinanza, ovvero la reale sussistenza del rapporto giuridico fra cittadino e Stato e, naturalmente, rientrano in questi anche i diritti sociali che non possono mancare di efficacia quando la società è poco sensibile o per una congiuntura sfavorevole, egoisticamente sorda alla solidarietà. Senza queste garanzie di cittadinanza si è stranieri in patria. Dunque la cittadinanza è agire politico autonomo e la sovranità popolare nel tempo non diventa più identità e neanche adesione ad una comunità, ma piuttosto condivisione di uno status di diritti civili, politici e sociali e di valori universali. Ci si dimentica che una società riesce a mantenere un minimo di coesione sociale se vi è uno spazio, non solo di rappresentanza per tutti, ma anche se questa rappresentanza sfocia in una vera partecipazione. Pertanto, è necessario qualche cambiamento culturale nel modo di fare e pensare delle forze politiche e sociali, pena un imbarbarimento della vita politica. Il sindacato, in questo frangente, ha ancora una volta l’opportunità di contribuire a suggerire regole alla società, regole finalizzate ad appianare gli squilibri ed a ridurre la povertà. Per questo l’impegno, a tutti i livelli, non può che essere rivolto a ricercare soluzioni di dialogo, fra le diverse componenti sociali e politiche, ma anche di partecipazione, in modo da costruire un progetto coinvolgente. In una società che ha trasformato esigenze e bisogni della gente, bisogna mantenere un equilibrio sociale adeguato. Senza organismi intermedi che rappresentano e garantiscano tutti gli interessi difficilmente l’attuale politica riuscirà a raggiungere tale obiettivo.

Separatore

Un Sindacato Riformista e partecipativo. Intervista al Segretario Generale della Uil Luigi Angeletti.

di Antonio Passaro

Angeletti, parliamo subito del XV Congresso della Uil. Il Comitato centrale ha deciso: si farà a Roma dal 2 al 4 marzo 2010 e sarà il Congresso dei sessant’anni della Uil…

Sì, infatti per il giorno successivo, a conclusione del Congresso, si è pensato di organizzare anche una giornata celebrativa: ci è sembrato giusto far coincidere la conclusione della stagione contrattuale con i sessant’anni della Uil. Peraltro, non è la prima volta che vi è concomitanza tra data congressuale e giornata del 5 marzo: è già successo a Torino nel 2002. Così sarà una giornata di festa per la Uil e per tutti i delegati.

Al Congresso si parlerà anche delle prospettive di un Sindacato riformista?

La nostra ambizione è costruire un Sindacato riformista che sia punto di riferimento nell’affrontare e risolvere i problemi di tutti i lavoratori. Questo è l’obiettivo che ci prefiggiamo con il nostro prossimo Congresso. Serve un Sindacato in grado di affrontare le questioni della riduzione delle tasse, del mercato del lavoro, della contrattazione, della previdenza, senza impacci ideologici, attento solo agli interessi quotidiani e concreti di tutti i lavoratori.

Un sindacato riformista e partecipativo. Ma come dar corpo a questa partecipazione?

Non credo che i modelli classici di partecipazione siano veramente applicabili in Italia. Oggi è cambiata la percezione che il lavoratore ha del lavoro, è cambiato questo rapporto soprattutto per i giovani ai quali non interessa più tanto avere maggior potere in azienda: gli interessa, piuttosto, la cosiddetta ‘qualità della vita’, il ‘viver bene’. Insomma, il rapporto tra lavoratore e lavoro è meno ideologizzato e questo finisce per avere influenza anche sul minore o maggiore gradimento dei diversi modelli partecipativi. Ecco perché io penso che si debbano sviluppare forme di partecipazione utili e politicamente percorribili in Italia, puntando sul consolidamento e lo sviluppo degli Enti Bilaterali che offrono servizi ai nostri rappresentati e che sono vicini anche ai lavoratori della piccole imprese.

Nel corso della tua relazione al Comitato centrale di Fiuggi hai parlato della necessità di adattarsi ad una “cultura della differenza”. Puoi spiegare cosa intendi?

Sarà la fine di questa fase a produrre “differenze”, che saremo costretti a percepire e ad affrontare secondo canoni non tradizionali. Ridurre il peso della finanza e accrescere, invece, quello dell’economia, sarà una risposta alla crisi che stiamo vivendo. Ma poiché i lavori, le imprese e i lavoratori non sono, tra loro, tutti uguali, c’è chi uscirà dalla crisi più forte e chi non ne uscirà affatto. Ebbene, il Sindacato è cresciuto nella cultura dell’uguaglianza e non in quella della differenza e, dunque, dovrà imparare ad affrontare situazioni complesse in cui, contemporaneamente e sullo stesso territorio, dovrà gestire assunzioni, in una realtà, e cassa integrazione, in un’altra. Il Sindacato dovrà confrontarsi e fare i conti con questa novità.

Chiudiamo il capitolo dedicato al Comitato centrale con una notizia: Carlo Fiordaliso entra a far parte della Segreteria confederale…

Sì, il Comitato centrale ha deciso l’integrazione della Segreteria confederale votando all’unanimità l’ingresso di Carlo Fiordaliso nel massimo organismo della Uil. Carlo è un dirigente sindacale di grande esperienza, Segretario generale di categoria dal 1977, da anni a capo della FPL, la categoria con il maggior numero di iscritti attivi. Si tratta di un ritorno in Confederazione di cui siamo tutti molto felici: gli diamo il bentornato e gli auguriamo un proficuo lavoro.

All’inizio del mese di Maggio, il ministro Sacconi ha presentato il Libro Bianco sul Welfare. Qual è il tuo giudizio?

Il Libro Bianco si prefigge obiettivi ambiziosi: in un Paese come il nostro, provare a coniugare meriti e bisogni è una sfida decisiva. Ma questi obiettivi vanno perseguiti con determinazione e trasparenza, coinvolgendo le parti sociali. In questa prospettiva, ribadisco che la funzione degli Enti Bilaterali può essere decisiva poiché questi Enti possono essere un importante strumento di partecipazione.

Da molte settimane ormai la Fiat tiene banco sulla scena economica mondiale. Dopo l’accordo con l’americana Chrysler, proprio in queste ore è in discussione l’acquisizione, da parte della casa automobilistica torinese, della tedesca Opel. La vicenda è molto complessa. La Fiat ce la può fare?

La vicenda è davvero molto complessa poiché coinvolge il governo tedesco, soprattutto, ma anche quello americano, per gli intrecci con GM e c’è, poi, interessamento di altri Paesi europei, oltrechè della Commissione. Per l’acquisizione dell’Opel, al momento, esistono più offerte: dunque è davvero difficile esprimersi. Tuttavia, io credo che l’offerta della Fiat per rilevare l’Opel sia l’unica di tipo ‘industriale’ oggi in campo, l’unica che possa rappresentare una risposta strutturale per la casa automobilistica tedesca, se l’obiettivo è quello di crescere, di espandersi, di aumentare le quote di mercato.

Ma c’è chi teme che una scelta del genere possa avere ripercussioni sui livelli occupazionali degli stabilimenti dei due gruppi e, dunque, anche su quelli italiani. A Pomigliano e a Termini Imerese c’è molta preoccupazione…

Comprendo le preoccupazioni ma io non credo che esistano ragioni industriali per le quali gli stabilimenti italiani della Fiat dovrebbero chiudere: se ci fosse un’intesa con Opel si creerebbe un grande gruppo al mondo è questa sarebbe una buona cosa. Piuttosto quel che io temo sono le possibili pressioni e i condizionamenti politici che dovessero giungere dal governo tedesco sulla Fiat affinché siano tutelati i posti di lavoro in Germania, al di là di scelte razionali e funzionali dal punto di vista industriale. E’ normale che il governo tedesco possa fare un tentativo in questa direzione, così come io credo che Marchionne non si farà condizionare politicamente più di tanto. In ogni caso, deve essere chiaro che noi non accetteremo tagli all’occupazione negli insediamenti industriali italiani che fossero frutto di questa logica politica.

Parlando di Fiat, non possiamo non fare un inciso sulla grande vittoria della Uilm nelle elezioni per il rinnovo delle Rsu nello stabilimento di Cassino

Una grande vittoria, hai detto bene, e un grande lavoro dei dirigenti e dei delegati Uilm di quella realtà che meritano le congratulazioni e il plauso di tutta l’Organizzazione. La Uilm si consolida come primo Sindacato in uno dei più grandi stabilimenti italiani avendo ottenuto 1476 preferenze, pari al 39,13% dei consensi e 15 seggi. Rispetto alla precedente tornata elettorale la lista della Uil è cresciuta di 9 punti percentuali. Una bella iniezione di fiducia per il futuro della nostra Organizzazione.

Valid XHTML 1.0 Transitional Valid CSS! [Valid RSS]