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LUGLIO-AGOSTO 2009

LAVORO ITALIANO

Direttore Responsabile
Antonio Foccillo

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Fax 06.47.53.208
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Edizioni Lavoro Italiano
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n.° 402 del 16.11.1984

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GIUGNO 2009

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SOMMARIO

Il Fatto
Una nuova primavera - di A. Foccillo
Intervista a Luigi Angeletti, Segretario Generale UIL. La Uil è già
nel domani - di A. Passaro

Speciale L’Aquila
Dall’Abruzzo terremotato che tenta di risorgere
A cura della redazione. Hanno collaborato: Roberto Campo, Pietro Paolelli,
Maria Cattini, Luigi Di Donato, Simone Tempesta, Avv. Angela Marinangeli,
Giustino Parisse, Prof. Mario Schietroma
e il Dott. Antonio Giuliani.

Economia
Crisi economica globale e prospettive future - di G. Paletta

Società
Cosa aspettarsi dal congresso del PD? - di E. Canettieri
La corruzione e l’evasione fiscale due facce della stessa medaglia - di G.S.

Il Ricordo
A Piero Boni - di G. Salvarani

Sindacale
Artigianato: continua l’attività UIL per rafforzare la tutela dei lavoratori artigiani
e per meglio rappresentarli - A cura del Servizio Artigianato
Quarant’anni di autunno caldo - di A. Carpentieri
Ddl 733 b, il rebus degli irregolari - di G. Casucci

Internazionale
Stampa e libertà - di A. Carpentieri

Agorà
I nuovi lavori italiani nascosti: Le due vite di Betty - di M. C. Mastroeni
La comunicazione come carburante per la macchina
fondo pensione - di G. Zuccarello

La Testimonianza
Una vita nel sindacato: Antonio Festa - A cura della Redazione

Cultura
Leggere è rileggere. Franz Werfel: una scrittura femminile azzurro pallido -
di G. Balella
Piccolo lessico editoriale - di N. A. Ross
I mostri oggi e L’Ultimo mago - di L. Gemini
Secretum secretorum - The celestinian code: L’Aquila di Celestino V - di S. Orazi

Inserto
Rapporto Istat: L’aspetto dell’Italia ai tempi della crisi - di P. Nenci

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IL FATTO

Una nuova primavera

Di Antonio Foccillo

Siamo all’interruzione dell’attività politica e sindacale per l’arrivo delle ferie di Agosto e, come ogni volta, si fanno i primi riscontri sulle questioni affrontate e le valutazioni sulle necessarie azioni da adeguare o da progettare per l’autunno. Quest’anno, si sono succeduti eventi molto gravi come il terremoto in Abruzzo (cui abbiamo dedicato molta parte della rivista per evitare di dimenticare) e la crisi economica e, forse, i primi segnali di inversione di tendenza (anche su questo tema da anni dedichiamo molti approfondimenti) e molti sono gli aspetti della nostra vita che sono cambiati. I cittadini di questo Paese si sono trovati ad affrontare una fase difficile con poche risorse e con la consapevolezza, per la prima volta, che un ciclo si è chiuso e le mutate condizioni di molti, con l’avvento delle nuove povertà e dell’emarginazione, possono determinare una svolta nel modo di pensare. Infatti, il principio del consumismo comincia a vacillare e di conseguenza vi potrebbe essere una possibile svolta anche nel ripensare i rapporti con gli altri passando dall’egoismo ed egocentrismo del passato ventennio ad una nuova forma di solidarietà fra le persone. Forse è troppo presto per essere ottimisti, ma qualche speranza esiste. Lo stesso sindacato, nel passato, ha sofferto questa sorta di mutazione nel modo di pensare ed è stato visto più come un organizzatore di risposte a richieste corporative che confederali, più vicino a rappresentare il particolare che il generale. Su questo credo che bisogna avviare una ricerca su come ritrovare il gusto per grandi progetti ideali e valoriali che diano di nuovo linfa alla militanza, nell’ottica di rappresentare la confederalità che è espressione sia delle richieste degli occupati e dei pensionati, ma anche dei disoccupati e dei deboli nella società; sia di chi lavora ma anche del modo in cui si produce e si risponde ai cittadini nell’ambito dello Stato. Il sindacato deve battersi per ripristinare, in questo Paese, una nuova cultura dell’etica, della moralità, del rispetto e dell’educazione, della solidarietà e della convivenza. Oggi si è affievolito questo bisogno di rappresentare un nuovo modello di società ma, allo stesso tempo, rispetto ad un Paese che rischia il degrado, ogni giorno che passa, dove non si rispettano le istituzioni, dove ci si lacera nello scontro fra opposti, dove ognuno pensa per sé e dove si divide ogni cosa in buona e cattiva a secondo se sei con me o contro di me, il valore di ritrovare elementi di coesione e di unità sono i più necessari ed anche i più richiesti. Quest’anno ricorrono i quarant’anni dell’autunno caldo, che al di là di tanti giudizi negativi o positivi di quegli eventi che si sono succeduti, almeno uno può essere, dai più, condiviso: è stato un periodo di grandi cambiamenti che hanno stravolto il modo di pensare ed hanno rinnovato il modo di governare. In quel periodo il Sindacato è stato uno dei pochi soggetti in grado di modificare la propria impostazione, la propria struttura organizzativa e di condividere quel bisogno di cambiamento e di rappresentanza che da tanta parte della società, della cittadinanza e dei lavoratori veniva espressa. Oggi, di fronte ad uno scenario in cui le persone sono sempre più sole e poco rappresentate e di fronte al fatto che molte delle conquiste che si erano a fatica raggiunte vengono messe in discussione, il Sindacato si deve fare promotore di proporre anche un nuovo modello di partecipazione alle scelte di politica ed in particolare di politica economica. Walter Tobagi scriveva, prima di essere ucciso dalle Brigate Rosse, sul sindacato, sul suo ruolo e sui rischi negli anni a venire. Gli scritti di Tobagi individuavano e descrivevano un’idea riformista della società, le sue tensioni, ma anche le sue aspirazioni e leggendoli si può ricostruire l’Italia degli Anni di Piombo e dei grandi conflitti sociali. Egli, in particolare, dedicava alcuni libri al sindacato. Ne vogliamo ricordare due molto significativi in tal senso: “Il sindacato riformista”, del 19791 (una riscoperta storica della concezione riformista del sindacato) e “Che cosa contano i sindacati”, del 1980,2 dove si descrive la parabola del Sindacato negli Anni Settanta. Nel primo egli scrive: “il sindacato è una componente essenziale del sistema politico democratico italiano. Lo è adesso sulla scia del forte potere contrattuale conquistato sul finire degli Anni Sessanta, ma lo è stato anche in passato. Anzi proprio la presenza dell’organizzazione sindacale ha rappresentato, di per sé uno degli elementi che hanno contribuito in modo determinante a rendere democratico il nostro sistema politico”. Nel secondo affronta come nasce, si sviluppa e comincia a declinare il potere sindacale. Egli scrive: “questo saggio è la storia di quella “nuova classe” composta da migliaia di sindacalisti a tempo pieno, che formano un vero ceto politico. E’ la storia di speranze e sacrifici, entusiasmi e conquiste per milioni di uomini, ma anche di illusioni ed errori, che oggi costringono a rivedere obiettivi e comportamenti. E il ripensamento è reso più urgente e drammatico dalla piaga del terrorismo, che cerca di nascondersi dentro la fabbrica come e più che in tanti altri ambienti sociali”. Ma avverte, anche, il pericolo che un possibile declino di questa importante forza implichi un rischio per la salvaguardia della democrazia e dello sviluppo sociale ed economico. Infatti, conclude il libro con queste parole: “Gli Anni Ottanta si aprono come una stagione difficile. Il sindacato è ancora una volta in campo aperto, non può vivere sul passato. Non può vivere sulla rendita del potere conquistato nell’autunno caldo. Non può vivere con le vecchie ideologie, superate sia dal modo di produzione sia dal costume di tanta parte della nuova classe operaia. La prospettiva più grama sarebbe quella di passare dal sindacato dell’autunno a un bigio autunno del sindacato”. Sono parole che hanno un senso quasi profetico e potrebbero essere usate anche oggi per definire l’attuale situazione. Ma ovviamente come sempre si può dire non tutto è colpa del sindacato, sono mutati i costumi della società e le regole stesse del confronto sono state stravolte. Infatti, si tende a decidere sempre a più a livello di vertice, senza “le defaticanti” (così vengono definite dall’attuale classe politica) riunioni con le forze sociali e le relative mediazioni necessarie che sono le giusta conseguenza del metodo di decidere rappresentando tutti e non solo una parte. Il problema non può essere banalmente rappresentato, però, come un fatto non modificabile. Tutto è modificabile, basta metterci l’impegno e la convinzione della giustezza delle proprie valutazioni. Si può rispondere che ciò è utopico o improponibile, ma allora, se questo modo di ragionare fosse stato presente nell’arco delle centinaia di anni passati saremmo ancora all’età della pietra. Le battaglie vanno fatte sempre per cambiare le cose, valutando però il consenso sulle proprie posizioni e coinvolgendo quanto più possibile le persone che si vogliono rappresentare in un’ottica riformista che prevede piccoli passi, ma comunque modificativi del preesistente. Ci avviamo, come Uil, alla stagione dei congressi. L’unica cosa che non dobbiamo fare è quella di svolgerli come un rituale stantio e stanco, ma dobbiamo essere in grado, anche noi di modificare il preesistente con innovazioni nella proposta e nel nostro modo di essere. Discutere, discutere, discutere, liberamente, perché di fronte alle sfide che ci aspettano occorre essere tutti consapevoli che il momento è importante per fare un ulteriore salto di qualità. Dobbiamo con molta determinazione considerare chi siamo, dove vogliamo andare e chi vogliamo rappresentare. Non è pensabile accettare il ritaglio di uno spazio limitato, come sindacato nel complesso, sulla base di quello che gli altri ci vogliono assegnare. Dobbiamo recuperare determinazione e convinzione in quanto, nonostante le difficoltà, il sindacato è un soggetto importante della società che può contribuire a cambiarla in modo partecipato e coinvolgente. Possiamo essere ancora una volta un ancoraggio per tanti che attraverso il sindacato si riappropriano della loro vita e di quella dei loro figli. Sta a noi volerlo e sta a noi farlo. E’ la sfida per un intero gruppo dirigente che si fortifica solo nelle difficoltà e nel modo con cui riesce ad affrontarle e superarle. E’ possibile ricreare una nuova primavera, basta esserne consapevoli ed operare per crearne le condizioni. Noi della Uil lo possiamo fare perché ancora una volta possiamo sfruttare la nostra agilità di organizzazione, non prigioniera dell’ideologismo, ma profondamente laica e quindi disponibile a mettere in discussione tutto, compresa sé stessa, ma dando ad ognuno il diritto di parlare, per tutelare le diversità ed il pluralismo e combattere il dogmatismo ed il pensiero unico.

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Note
1) Il sindacato riformista, Walter Tobagi, Sugarco, 1979
2) Walter Tobagi, 1980 - Che cosa contano i sindacati - Ed. Rizzoli

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La Uil è già nel domani. Intervista a Luigi Angeletti, Segretario Generale UIL

di Antonio Passaro

Da molti mesi ormai i lavoratori e le famiglie italiane fanno i conti con la crisi economica ed occupazionale. C’è chi pensa che la fine di questa fase sia vicina e che presto comincerà la ripresa, chi invece continua a disegnare scenari cupi. Cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo futuro?

E’ difficile valutare se questa crisi abbia già toccato il suo punto più basso e quali possano essere i tempi per la ripresa. I più indicano o auspicano la metà del 2010 come momento utile per intravedere l’uscita dal tunnel. Ma per la Uil questo momento arriverà quando gli attuali negativi dati occupazionali faranno segnare una significativa e duratura inversione di tendenza. Ciò che è certo è che il mondo che verrà sarà diverso da quello conosciuto prima che questa crisi cominciasse e riguarderà, inevitabilmente, anche il nostro Paese e la nostra realtà.

Il lavoro è l’unico patrimonio su cui può contare il nostro Paese come leva per uscire dalla crisi. Non è solo il cavallo di battaglia della Uil, ma forse l’unica vera soluzione possibile. Il lavoro, tuttavia è stato sì salvaguardato e tutelato ma non utilizzato come risorsa per innescare la ripresa. Insomma, incentivare il lavoro come mezzo per uscire dalla crisi, può effettivamente dare i risultati sperati?

Oggi, diventa essenziale la salvaguardia del posto di lavoro come una condizione da cui non è possibile prescindere se ci si pone l’obiettivo di una seppur lenta ripresa: tenere legati i singoli lavoratori al proprio posto di lavoro deve essere la priorità assoluta. E per dare concretezza a questa priorità, in una logica di emergenza, il senso di responsabilità deve indurci ad accettare soluzioni, altrimenti non condivisibili, ma oggi necessarie poiché efficaci. Rientra in questo ambito, ad esempio, l’idea di premiare le aziende che non licenzino, facendo ricorso a meccanismi decontributivi. Dunque, tutti gli sforzi e tutte le risorse devono essere concentrati verso il mantenimento dei posti di lavoro e della base produttiva: è decisamente preferibile, in questa fase, che sia finanziata l’occupazione piuttosto che la disoccupazione.

Uscire dalla crisi nel migliore dei modi possibile è dunque un obiettivo fondamentale per il futuro, non solo attraverso la valorizzazione del lavoro. Nuove politiche fiscali e contrattuali si dimostrano necessarie, così come un’attenzione tutta nuova al tema degli investimenti, importanti per un vero sviluppo economico che raggiunga i traguardi auspicati.

Risalire la china della recessione è il principale obiettivo per raggiungere il quale siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo. E se le soluzioni da attuare sul fronte della domanda passano per le nuove politiche fiscali ripetutamente indicate dalla Uil e per le nuove politiche contrattuali finalmente adottate, quelle da mettere in campo sul fronte dell’offerta passano per nuove politiche di investimento nelle infrastrutture materiali e immateriali, nella ricerca e nella formazione. In una fase di emergenza, servono procedure di emergenza: bisogna velocizzare i tempi di attuazione degli investimenti. Non possiamo più permetterci il lusso di lungaggini burocratiche che finiscono per bloccare nuove opere e, dunque, nuovi lavori e nuova occupazione.

Lo abbiamo detto più volte, i prodromi della crisi erano già evidenti con la comparsa dell’euro, che ha determinato una aumento di prezzi e tariffe con una conseguente riduzione del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e pensionati ed un calo dei consumi. Una condizione già paventata dalla Uil che, a suo tempo, aveva proposto alcune soluzioni rimaste purtroppo inascoltate.

Avevamo posto la necessità, anzi l’urgenza, di far crescere i redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati come potente leva anticiclica, nella prospettiva di una ripresa della domanda interna che solo soggetti dall’alta propensione marginale al consumo avrebbero potuto garantire. Fino ad un recente passato, non abbiamo trovato alleati in questa battaglia. Ora qualcosa sembra muoversi e su questo punto c’è una maggiore attenzione da parte di tutto il mondo del lavoro che sta comprendendo come il vero problema del nostro paese sia quello di spezzare il circolo vizioso “bassi salari- bassa produttività” E’ rimasta, tuttavia, inascoltata la nostra rivendicazione per un fisco più equo, uno degli strumenti più potenti di redistribuzione del reddito. Ma non intendiamo rassegnarci. Continuiamo a chiedere un sistema fiscale più giusto ed efficace e, nel frattempo, continuiamo ancora a chiedere terapie d’urto per invertire una tendenza che vede premiati gli evasori e tartassati i percettori di redditi fissi. Noi proponiamo, dunque, anche in vista della prossima finanziaria, una detassazione della tredicesima poiché solo se lavoratori dipendenti e pensionati pagheranno sin da subito meno tasse, lo Stato sarà costretto a moltiplicare gli sforzi per stanare milioni di evasori.

Il nuovo sistema contrattuale va nella direzione di valorizzare il lavoro attraverso la crescita dei salari e della produttivita...

Sì, il nuovo sistema contrattuale può dare un serio contributo all’inversione di tendenza che tutti attendono: non è possibile che il nostro Paese sia collocato negli ultimi posti della classifica dei redditi in Europa. Il vecchio sistema, che ha continuato a vivere per troppo tempo dopo che erano stati conseguiti gli obiettivi prefissati, ha contribuito a trainare i nostri salari verso il basso. Avremmo dovuto cambiare quel modello già molti anni or sono, da quando cioè la sua funzione era divenuta del tutto decontestualizzata, ma le resistenze della Cgil hanno rallentato i tempi. E sulla nuova strada la stessa Cgil non ha voluto seguirci.

Gli accordi separati ormai non ci sorprendono più. I sindacati hanno preso strade diverse. È davvero conclusa la stagione dell’unità sindacale?

E’ ormai chiaro che è definitivamente sparito dal nostro orizzonte la prospettiva di un’unità sindacale “purchè sia”, a prescindere cioè dal conseguimento di risultati utili: non può essere questo il parametro di riferimento delle nostre scelte. Il futuro dell’azione sindacale è segnato dalla volontà di tutelare gli interessi dei lavoratori in una dimensione di sviluppo del Paese. Sarà questa la cifra del nostro agire che condivideremo con chiunque vorrà condividerla.

Il mondo che rappresentiamo e che vorremmo continuare a rappresentare e davvero cambiato nel profondo. Ma cosa è realmente accaduto nella mente della gente?

Io penso che siamo entrati in un’epoca in cui non si fanno più sogni collettivi ma solo sogni individuali. Il compito del Sindacato, dunque, è molto più complesso: portare a sintesi miriadi di sogni individuali è davvero impresa ardua, quasi impossibile. Allora è un altro l’esercizio culturale da mettere in campo: flessibilizzare la propria capacità di rappresentanza. Di assoluto restano il valore della persona e del lavoro mentre le ideologie vanno definitivamente estromesse dal perimetro del mondo del lavoro.

Angeletti, un’ultima domanda. A marzo 2010 si svolgerà il XV Congresso della Uil. Con quale spirito ci si incammina verso questa meta? Quali le prospettive?

Oggi più che mai, serve un sindacato laico e riformista, capace di autonomia assoluta dalla politica ma soprattutto di attitudini, in egual misura, negoziali e partecipative. Su queste basi, la Uil apre il cantiere del nuovo sindacato riformista. Un progetto che guarda alla società civile, agli intellettuali, al mondo delle associazioni e del cosiddetto terzo settore ma anche ad altre importanti espressioni della rappresentanza sindacale. E’ giunto il tempo di lavorare per un nuovo processo unitario capace di dare voce e sostanza ad un riformismo sociale diffuso, la cui attuazione è ancora ostacolata dagli egoismi corporativi ma a cui la storia sta ormai dando ragione circa la capacità di interpretare i fenomeni e di individuare le soluzioni. Al Congresso vorremmo affrontare anche queste tematiche, in una dimensione e con una prospettiva di alto livello. La Uil è già nel domani e vuole continuare ad esserci, insieme ai lavoratori che rappresenta, da protagonista.

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