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GIUGNO 2010

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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Edizioni Lavoro Italiano
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n.° 402 del 16.11.1984

Il numero scorso

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MAGGIO 2010

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SOMMARIO

Il Fatto
Quale iniziativa per il futuro - di A. Foccillo
Intervista a Luigi Angeletti Segretario generale UIL: un’iniziativa di tutti i delegati
della Uil in tutte le città capoluogo di provincia per consegnare ai Prefetti
gli emendamenti della Uil alla manovra economica - di A. Passaro

Economia
Audizione alla Commissione Programmazione  Economica, Bilancio del Senato -
di L. Angeletti
Secondo Congresso Mondiale della CIS - di N. Nisi
Il credito di fronte a un crocevia della storia - di M. Masi
La condizione di milioni di anziani resta molto difficile - Intervista a Romano Bellissima -
di O. De Gaspari
La relazione annuale Covip per l’anno 2009 - di M. Abatecola
Gastronomia UE secondo i cuochi delle multinazionali - di G. Paletta
Le manovre finanziarie per affrontare la crisi: un aggiornamento - di A. Ponti
A tavola l'Ue cambia il menu degli italiani - di G. Zuccarello

Attualità
Brescia chiede verità e giustizia - di P. Nenci
Una regia occulta e un golpe sventato dietro la trattativa tra mafia e Stato
- di A. Scandura

Sindacale
La mediazione culturale nel Patronato - di M. Tabacco

Agorà
99ma sessione della International Labour Conference. I lavori della Commissione
"Decent work for domestic workers"- di G. Casucci
Studiare fa bene o fai bene a studiare? - di M. C. Mastroeni
Ricordare non vuole dire voltarsi indietro per non voler guardare avanti - di G. Salvarani
Convegno dell’Associazione "The Polis" - Presentazione del libro "Chi decide” -
di Antonio Passaro - di F. Tarra

Cultura
Leggere è rileggere. Rudyard Kipling:  "Il risciò fantasma" e altri racconti dell’arcano -
di G. Balella

La Recensione
La nostra Repubblica - di P. N.

Inserto
Lottare contro la povertà una strategia per uscire dalla crisi - di P. Nenci

Separatore

EDITORIALE

Quale iniziativa per riprendersi il futuro!

Di Antonio Foccillo

Qualche decennio fa, in ambienti accademici, politici e sindacali, si discuteva, nella prospettiva di una riforma dello “stato sociale”, di come attuare questa trasformazione e, nello stesso tempo, promuovere i diritti economici, sociali e culturali dei lavoratori. L’idea di pensare ad un nuovo stato sociale scaturiva dall’esigenza di approfondire alcuni problemi allora emergenti:

L’intenso dibattito aveva portato a indicare nella solidarietà - riconosciuto valore etico e sociale - un dovere giuridicamente fondato e nella promozione umana una prospettiva di respiro internazionale dei diritti coinvolgendo sia le singole persone che le comunità sociali. A tanti anni di distanza ancora si parla di riforma dello stato sociale, ma le prospettive sono completamente cambiate. Una crisi economica profonda ha colpito la società industriale avanzata. L’economia, divenuta regina della politica, a questo punto ha definito, in una logica tutta interna, un modello di politica macroeconomica, che non tiene al centro del suo interesse il cittadino. Il lavoratore, il salario, il conflitto sociale sono divenuti un semplice dettaglio. Bisogna affrontare il problema senza reticenze ma con molta determinazione. E’ vero che la sovranità degli Stati si è molto ridimensionata di fronte a questi problemi economici. Il problema non può essere nascosto. Sul nostro futuro pesano troppe incertezze e troppe incognite. Le tutele sul lavoro, i diritti dei lavoratori, i diritti di cittadinanza sono una risposta necessaria ai rischi di un mercato globalizzato e alle economie prive di principi sociali. Il neoliberismo ha imposto una precisa strategia di attacco ai diritti del lavoro, alle conquiste sociali, in tutto il globo. Un’ideologia che ha prodotto un’omogeneizzazione culturale, imponendo nell’opinione pubblica mondiale certezze che assolute non sono, si è trasformata in nuovo condizionamento delle menti oltre che dei mercati. La vicenda di Pomigliano si inserisce in questo contesto. Accettare la proposta Fiat, mantenere in piedi l’occupazione e l’economia dell’intero tessuto intorno (il cd. Indotto), oppure opporsi e rischiare che tutta la produzione andasse da altra parte con grave nocumento economico e sociale? Questo è il dilemma che si è trovato ad affrontare il sindacato. La Uilm ha fatto bene ad assumersi la responsabilità di sottoscrivere l’accordo. Non vi erano alternative e non poteva essere fatto diversamente. Il compito del sindacato è quello di concludere ragionevolmente patti, sempre per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, assumendosi la responsabilità anche quando è scomodo. Molto più facile è dire no a qualsiasi cambiamento. Saper dire si, diventa fondamentale, quando si ritiene, che non vi siano altre possibilità. Purtroppo il tessuto produttivo meridionale non dà molte prospettive e quindi quei lavoratori avrebbero fatto compagnia ai tanti disoccupati organizzati e non. Ebbene questo accordo ha salvato posti di lavoro ed una parte dell’economia napoletana. Infine, dal punto di vista emblematico è un segnale molto importante che una multinazionale- tale è la Fiat - in periodo di difficoltà economica faccia una forte un investimento in Italia e nel sud del paese. Il problema che si pone, alla luce di questa esperienza, è come individuare dei modelli economici, sociali e politici su cui fondare il futuro per dare una prospettiva di rilancio e sviluppo al Paese.
La globalizzazione dell’economia, infatti, ha già dimostrato di rendere, anche abbastanza velocemente, più ricchi i ricchi e più poveri i poveri e per questo motivo, deve essere necessariamente governata, poiché non è scritto da nessuna parte che sia il destino finale dell’umanità. Come si governa questo complesso processo è il rebus che anche il sindacato, come forza sociale, deve provare a risolvere. Per farlo deve, appunto, ripensare la propria strategia. Rintracciare un percorso alternativo, dopo che per un ventennio si è imposta la rivincita conservatrice sulla socialdemocrazia, non è semplice, ma non provare a farlo significherebbe accettare l’ineluttabilità di un possibile declino, così come auspicato dal disegno strategico neoliberista. Si deve riconoscere che un governo della globalizzazione non può essere affidato agli attuali organismi internazionali, tutti incapaci di opporsi alla libera evoluzione della dinamica del mercato e quindi, sostanzialmente orientati esclusivamente all’espansione, più o meno coercitiva, del modello di società coerente con quella impostazione. Fondo monetario e Banca mondiale hanno fatto pressione ed ottenuto una serie di riforme strutturali ben precise, che hanno prodotto, tra le altre cose, un ridimensionamento del potere contrattuale delle organizzazioni sindacali a livello internazionale. Si è propagandata, poi, l’ondata di privatizzazioni come un modo per liberalizzare l’economia a tutto vantaggio degli utenti e dei consumatori, ma in realtà si è solamente affidato l’insieme dei mezzi di produzione, nonché dell’erogazione di servizi strategici, alla proprietà privata che difficilmente riesce a garantire una diffusione vantaggiosa in termini di pari opportunità. Si deve, pertanto, ridare al settore pubblico un ruolo significativo, volto proprio a garantire pari opportunità, nelle società occidentali e una redistribuzione della ricchezza più equilibrata, nelle società in via di sviluppo. Già questa è una significativa alternativa da proporre nel dibattito sulla ricerca di un modello, più equo e basato fondamentalmente sul rispetto di regole e diritti. Questi due, infatti, sono i concetti guida per una strategia sindacale che punti a ridare il giusto ruolo al mondo del lavoro. Il “neo” liberismo ha puntato a ridimensionare diritti eliminando le regole. La deregulation è stata proposta come la nuova ventata libertaria, mentre in realtà ha prodotto insicurezza, prevaricazioni e spesso anche confusione. In effetti, in uno stato di diritto le regole servono proprio a dare certezze e giustizia. L’etica sociale, contrapposta sia al liberismo selvaggio, sia all’autoritarismo illiberale, prevede che una serie di regole descrivano i diritti ed i doveri per tutti i soggetti: qualcosa talmente semplice da apparire superato ad osservatori superficiali o, probabilmente, opportunamente distratti dalla sofisticata propaganda che sostiene il nuovo corso mondiale. La criticità di tale passaggio, se non risulta adeguatamente posta, fa correre il concreto rischio di involuzione democratica, per cui progressivamente s’innesta il pensiero secondo il quale le regole sono un ostacolo per la crescita e i diritti un modo per abbassare la produttività. Ne consegue che il soggetto al centro dell’attenzione non è il cittadino, l’uomo con i suoi diritti, bensì l’economia con le sue logiche, il profitto e la competitività. Una serie di riforme, anche in Europa, hanno istituzionalizzato il modello di società del libero mercato, imponendo così anche alle future generazioni un sistema che -invece - potrebbe essere messo in discussione sin da oggi. La confusione tra libertà economica e libertà politica ha fatto sì che prevalesse solo la prima, inoltre facendo credere che le regole neghino la libertà economica. Il sindacato deve quindi, innanzitutto per contrastare questa idea e, sulla base di un’opportuna riflessione, deve investire non solo le organizzazioni nazionali dei lavoratori, bensì quelle internazionali, individuando una seria proposta alternativa.

Separatore

Un’iniziativa di tutti i delegati della Uil in tutte le città capoluogo di provincia per consegnare ai Prefetti gli emendamenti della Uil alla manovra economica.
Intervista a Luigi Angeletti, Segretario generale UIL

di Antonio Passaro

Angeletti, i giorni a cavallo tra giugno e luglio hanno riservato qualche sorpresa sul fronte della manovra economica. Alcuni emendamenti hanno cercato di spostare il peso della manovra sui lavoratori dipendenti. La Uil ha fatto sentire la sua voce…

Sì, è vero. Alcuni parlamentari hanno presentato emendamenti che avrebbero generato una modifica del sistema pensionistico o avrebbero determinato il taglio delle tredicesime per alcune categorie di lavoratori, tra cui agenti di polizia e carabinieri. Scelte inaccettabili contro cui abbiamo protestato. Pare che tutto sia rientrato.

Ma occorre prestare molta attenzione per evitare che possano passare questi tentativi di peggioramento della manovra. L’1 e il 2 luglio si è svolto il Comitato Centrale della Uil e questi principi sono stati ribaditi anche nel documento conclusivo…

La discussione nell’ambito del Comitato centrale è stata approfondita e ricca di riflessioni. In conclusione è stata ribadita la posizione della Uil. La positiva valutazione sul complesso della manovra resta subordinata alla conferma definitiva di quei provvedimenti che accolgono le storiche rivendicazioni dell’Organizzazione sindacale sul fronte della lotta all’evasione fiscale e della riduzione dei costi della politica. La Uil chiede, dunque, che sia confermata la proporzione secondo cui circa i 2/3 del gettito della manovra provengono proprio dalla programmata attuazione di provvedimenti in materia di riduzione dei costi della politica e di lotta all’evasione fiscale. E’ stata, inoltre valutata positivamente la scelta di evitare incrementi della pressione fiscale che si sarebbero scaricati sui salari dei lavoratori dipendenti e sulle pensioni.

Il Comitato centrale ha confermato anche le critiche alla manovra…

E’ stato ribadito il nostro dissenso rispetto ai provvedimenti varati in materia di pubblico impiego, considerando particolarmente grave il blocco dei contratti nazionali e impegnando le strutture di categoria ad assumere le iniziative necessarie a garantire la difesa dei livelli di contrattazione e rappresentatività. Ed inoltre sono state confermate tutte le altre proposte di correzione già pubblicizzate, alcune settimane or sono, in occasione di un’audizione al Senato.

E’ stata decisa anche un’iniziativa?

Sì, un’iniziativa di tutti i delegati della Uil in tutte le città capoluogo di provincia per consegnare ai Prefetti gli emendamenti della Uil alla manovra economica. Noi abbiamo dato una risposta articolata e differenziata ma, purtroppo, i messaggi politici passano più facilmente quando è facile riassumerli in un “sì” o in un “no” netti. Ecco perché vogliamo mettere in piedi un’iniziativa che dia visibilità alle nostre richieste, tutte incentrate – come sempre – sul merito dei provvedimenti. Dobbiamo avere la capacità di capire, gestire e dare risposte articolate ai problemi sociali.

Secondo alcuni, questa manovra non sarà sufficiente e si paventa, a breve, una manovra aggiuntiva. Qual è la tua opinione?

Non è possibile dare una risposta certa a questa domanda. Se l’economia cresce di circa l’1%, quest’anno, e se nel 2011 la crescita sarà superiore all’1%, allora questa manovra potrà bastare. Ad oggi, è probabile che tali condizioni si verifichino; ma se l’economia non dovesse funzionare, l’attuale manovra non sarà sufficiente. Il risultato, purtroppo, non può essere garantito anche perché il 23% circa della nostra ricchezza viene generato dagli acquisti di persone che abitano all’estero. E se i nostri prodotti non dovessero essere comprati, la nostra economia andrebbe a ramengo.

Qualcuno ha criticato il dialogo di Cisl e Uil con il Governo…

Noi con il Governo non abbiamo fatto nessun accordo, non c’è nessuna firma: abbiamo semplicemente cercato di discutere e di fargli fare scelte sopportabili. E siamo riusciti a difendere i lavoratori un po’ meglio di quanto sia accaduto negli altri paesi europei. Noi abbiamo chiesto che, questa volta, la maggior parte delle risorse necessarie fosse trovata altrove e cioè presso quella parte degli italiani che non hanno mai pagato una crisi. Ecco perché abbiamo chiesto provvedimenti per la riduzione dell’evasione fiscale e dei costi della politica.

Sei soddisfatto delle soluzioni trovate in materia di evasione fiscale?

La tracciabilità elettronica delle fatture, ad esempio, renderà molto più difficile evadere l’Iva. L’obbligo di pagare con carta di credito per importi superiori ai cinquemila euro dovrebbe ridurre i pagamenti in nero. Sono scelte che abbiamo rivendicato e che vanno difese.

Maggiori resistenze ci sono sul fronte della riduzione dei costi della politica. E forti sono anche le proteste da parte delle Regioni per la riduzione dei trasferimenti.

E’ vero: per attuare la riduzione dei costi della politica, le resistenze sono molto forti. Ma su questo punto occorre insistere ed evitare che eventuali emendamenti modifichino la manovra. Per quel che riguarda le Regioni, poi, è necessario che esse riducano i costi di funzionamento della macchina politica: fino a quando non lo faranno, non saranno credibili.

Un’ultima domanda. La vicenda Fiat di Pomigliano è emblematica dei nostri tempi…

Cominciamo col dire che l’esito positivo del referendum ha dimostrato che i lavoratori hanno compreso e condiviso le ragioni del nostro accordo. A questo punto il trascorrere del tempo non giova a nessuno: è giunto il momento di fissare l’incontro tra le Organizzazioni sindacali firmatarie dell’accordo e i vertici dell’Azienda, per dare attuazione ai termini dell’intesa sottoscritta lo scorso 15 giugno. Noi non abbiamo dubbi sul fatto che la Fiat terrà fede alla parola data, farà l’investimento e garantirà la sopravvivenza di Pomigliano. La scommessa che si possono produrre auto in Campania o nel Mezzogiorno è stata vinta ed è stata sconfitta l’idea che nel nostro Sud l’industria non avrebbe un futuro. Da questo punto di vista la vicenda di Pomigliano è rassicurante. La vera partita in gioco, infatti, era tra la prospettiva di mantenere e, possibilmente, aumentare posti di lavoro o, viceversa, distruggerli. In quest’ultima ipotesi si sarebbe generato un pessimo esempio per tutto il Mezzogiorno. Noi, invece, con questo accordo abbiamo evitato un pericoloso e devastante effetto domino.

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