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DICEMBRE 2016

LAVORO ITALIANO

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Antonio Foccillo

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OTTOBRE - NOVEMBRE 2016

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SOMMARIO

Il Fatto
- La Uil si è sempre battuta per mantenere aperto un dialogo perché non ha mai perso la speranza di poter modificare le cose - di A. Foccillo
- Intervista a Carmelo Barbagallo, Segretario generale UIL - Il vero cambiamento per lo sviluppo del Paese si deve fondare sulla valorizzazione del lavoro, sulla tutela delle pensioni e sugli investimenti - di A. Passaro

Sindacale
- L’accordo sul Pubblico Impiego del 30 novembre - di A. Foccillo
- Il Testo dell’Accordo Governo Sindacati per i rinnovi dei contratti del Pubblico Impiego del 30 novembre
- Pubblico Impiego e scuola. Le relazioni sindacali, e non solo, nell’accordo politico con il Governo - di P. Turi
- Un grande risultato frutto dell’impegno e della competenza della UIL - di S. Ostrica
- Il rinnovo del Contratto nazionale dei metalmeccanici - di R. Palombella

Economia
- La Svimez denuncia l’assenza di una strategia complessiva per lo sviluppo del Mezzogiorno - di V. Russo
- Riflessioni sulle nuove teorie dello Stato moderno - di P. Nenci

Approfondimento
- Quale sistema elettorale? - di A. Fortuna

Attualità
- Clima, Ambiente e Sostenibilità: dall’Accordo di Parigi alla Conferenza di Marrakech - di A. Costi

Agorà
- La Uil una valutazione sulla nuova compagine ministeriale scacco matto del nuovo governo alle aree di crisi (scuola e mezzogiorno) Fedeli e Devincenti - di G. Turi

Conferenza di Organizzazione
- Voci dalla Conferenza di organizzazione. La passione del lavoro - di P. N

Inserto
- Salviamo il nostro futuro - di P. Nenci

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EDITORIALE

La Uil si è sempre battuta per mantenere aperto un dialogo perché non ha mai perso la speranza di poter modificare le cose

di Antonio Foccillo

Alcuni autorevoli commentatori hanno subito sentenziato che la vittoria del No al referendum sulla modifica alla Costituzione sia un’espressa volontà di lasciare tutto com’è.

Non sono d’accordo. Il voto negativo è frutto di una serie di cause e motivazioni: a partire proprio dalla volontà di cambiare la politica economica che non dà nessuna prospettiva ai giovani, alla protesta dei militanti dei partiti di opposizione; dalla volontà di salvaguardare la Costituzione alla risposta all’arroganza del potere che giustificava i suoi numerosi errori e le sue proposte (riforma della pubblica amministrazione, riforma della scuola, Jobs Act, etc.) attaccando tutti e tutto, fino a sostenere che la Corte Costituzionale è un insieme di burocrati.

In tal senso tutti gli strumenti di partecipazione democratica sono stati ridimensionati nelle loro funzioni di rappresentanza e sono aumentate le distanze fra i cittadini. Nello stesso tempo ha conquistato terreno il fenomeno di una nuova emarginazione sociale.

La società è più complessa di una singola maggioranza e le problematiche economiche, sociali e di riforma vanno affrontate diversamente dal passato. Si tratta allora di stabilire sedi dove si possa tornare a confrontarsi, senza anatemi, per giungere a decisioni politiche di portata generale. Vi è ancora bisogno che nella società vi sia condivisione sulla progettualità politica.

La Uil, anche in questa fase difficile delle relazioni, si è sempre battuta per mantenere aperto un dialogo perché non ha mai perso la speranza di poter modificare le cose.

Questo atteggiamento, aggiunto alla ricerca dell’unità con le altre due organizzazioni, ha prodotto risultati positivi: dall’accordo sulle pensioni a quello sul pubblico impiego con il governo Renzi; dalla sottoscrizione di moltissimi contratti ad un nuovo clima di relazioni con le controparti, a partire con la Confindustria.

L’azione strategica del sindacato confederale deve però alzare il tiro ed essere strettamente intrecciata, a parer mio, al modello di società che si deve modificare, contribuendo a cambiare contemporaneamente la politica economica sociale e politica che si è determinata per effetto del combinato disposto della finanziarizzazione dell’economia e della politica di austerity che l’Europa con molta testardaggine ha continuato ad imporre. L’attuale condizione amplifica l’emarginazione e aumenta la povertà, pertanto, il sindacato deve riproporre una società in cui si stabilisca, non dico un giusto equilibrio, ma un equilibrio fra quelli che sono i forti e quelli che sono i deboli della società!

È necessario razionalizzare un sistema che ha impoverito il cittadino, senza dargli la possibilità di gestire adeguatamente il proprio reddito.

In Italia si è abbandonata la coesione perché sono venute meno le relazioni e la partecipazione dei cittadini che portavano a mediazioni fra interessi diversi e alla solidarietà fra le persone.

Il sindacato che ha sempre teso alla coesione sociale, deve riappropiarsi del proprio ruolo per tornare ad essere strumento di democrazia, di solidarietà, di emancipazione, di tutela e garanzia dei diritti, perché la sua azione è stata e deve essere improntata al riconoscimento dei bisogni primari della persona e alla salvaguardia della dignità dell’individuo.

Con un mercato che ha invaso prepotentemente tutte le scelte economiche, il lavoro ed i diritti devono uscire dalla logica difensiva e riprendere una fase di nuova tutela per riacquistare la dignità che gli compete. Non dobbiamo dimenticare che le conquiste sociali e le ampliate esigenze che chiamiamo diritti sono veramente tali se non rimangono un’affermazione puramente teorica e culturale. I diritti sono tali se sono garantiti.

Il sindacato in questo frangente, ha ancora una volta l’opportunità di contribuire a dare prospettive positive alla società, finalizzando la sua partecipazione a politiche economiche e sociali per appianare gli squilibri e ridurre la povertà. Per questo l’impegno a tutti i livelli non può che essere rivolto a ricercare soluzioni di dialogo fra le diverse componenti sociali e politiche e di partecipazione, in modo da costruire un progetto unico.

Venendo al domani sarà fuori di dubbio che il tema della modalità del processo di partecipazione, alla luce delle tante crisi, diventa elemento fondamentale e cruciale del sistema di relazioni industriali e sindacali. Se la sfida sarà colta da tutti avremo una nuova stagione del coinvolgimento dei lavoratori, per evitare che siano chiamati solo a gestire le crisi. Infatti, se non si fa partecipare la cittadinanza o la si chiama solo nei momenti di crisi, essa si sfiducia, cosa che è molto più distruttiva in un sistema democratico. Quando si genera l’apatia, non riconoscendo un ruolo di tutti i soggetti rappresentativi dentro il sistema decisionale, si rischia non solo la partecipazione, ma la stessa democrazia.

Di fronte a ciò piuttosto che chiudersi in difesa il sindacato confederale, deve uscire allo scoperto ed indicare un suo modello di società e di regole condivise, un modello di stato sociale, una partecipazione nella gestione dell’economia e delle scelte economiche e quindi, anche, di nuove relazioni partecipate a livello di azienda. In sintesi deve ritornare a fare politica, avendo la consapevolezza di essere soggetto rappresentativo di un vasto mondo e che in una società democratica e pluralista ogni soggetto sia legittimato e accettato anche per la sua capacità propositiva, che partendo dagli interessi particolari li inquadra sempre in un quadro di compatibilità generale del Paese.

Il sindacato deve riprendere la battaglia per riprecisare i contenuti di una società più giusta e più equa, dove si salvaguardino la persona e i diritti di cittadinanza in tutti i suoi aspetti: dal diritto al lavoro alla vita; dalla sicurezza sociale e personale; dal ripristino del potere di acquisto ad un fisco che recuperi la sua funzione di ridistribuzione della ricchezza e della solidarietà. Sono principi considerati dai più “conservatori” e “vecchi”, ma proprio in quanto tali la loro efficacia è stata ampiamente sperimentata e sono quelli che hanno dato al Paese anni di benessere e garanzie, considerando ogni individuo non un suddito ma un cittadino a pieno titolo.

La Uil con la sua storia di organizzazione laica, riformista, pluralista e tollerante può essere il soggetto in grado di assumersi questo compito, ovviamente riaffermando anche il diritto per il cittadino e per il lavoratore di essere protagonista delle scelte, partecipando e scegliendo i suoi rappresentanti nel parlamento, nella politica e nel sociale.

Tutto è modificabile, basta metterci l’impegno e la convinzione della giustezza delle proprie valutazioni. Le battaglie vanno fatte sempre per cambiare le cose, valutando però il consenso sulle proprie posizioni e coinvolgendo quanto più possibile le persone che si vogliono rappresentare in un’ottica riformista che prevede piccoli passi, ma comunque modificativi del preesistente.

Oggi più di ieri vi è bisogno che prevalga la cultura laica e riformista. Una delle condizioni che ha consentito al nostro Paese di evolversi sempre più in senso moderno e sul piano sociale e civile sta proprio nell’affermarsi della laicità dell’uomo, della sua natura di soggetto storico, indipendente dagli ordini religiosi e rituali, con la ricerca continua di una verità, frutto del dubbio e della ragione. Il mondo del lavoro è il terreno più fertile per riconoscere ed applicare la filosofia laica e riformista, poiché maggiormente sente l’esigenza di valori portanti, propri del riformismo storico. E’ proprio con riferimento a questi valori che il movimento sindacale deve ridare smalto ideale e nuove strategie di ampio respiro alla propria azione.

È necessario restituire ruolo centrale al progetto sociale basato sull’Uomo, ricollocando i suoi bisogni, materiali, culturali e spirituali, in un quadro armonico che sappia tener conto delle trasformazioni della società - intervenendo per correggerne le storture - che si evolve con accelerazione progressiva, anche sotto la spinta dell’allargamento europeo e, comunque, innanzi al nuovo scenario politico-commerciale mondiale. Prescindere da ciò potrebbe essere un errore esiziale. è esigenza generale che il sindacato e la Uil in particolare accentui il suo ruolo di soggetto politico trainante, giacché la “politica” sembra aver perso voglia di confronto e di dialogo, annullando il rapporto con le parti sociali, sterilizzando le ideologie, mortificando le tensioni sociali per indirizzare tutte le sue energie verso leaders che una volta investiti dal voto elettorale ed ottenuta la guida del governo o della opposizione, divengono “centrali” e che, per rimanere tali, conculcano a loro volta le forze che li hanno prescelti, convinti di essere gli unici e diretti interlocutori di un corpo elettorale, che esiste solo virtualmente nei sondaggi. In Italia siamo arrivati oggi ad un punto di svolta nelle relazioni sindacali e nella gestione della difficile situazione politica ed economica.

Il sindacato, in possesso di capacità di analisi e di proposta idonee al superamento della crisi, deve diventare forza trainante e non trainata in rapporto a schematicità politiche e sociali non più valide. Un progetto ed un modello di società ove il ruolo del sindacato non abbia quale unica funzione il rivendicazionismo, ma spazi sui grandi progetti di rilancio che possano dare certezza al futuro di tutte le componenti di una società più ordinata, più giusta, più equa. Solo in tal modo può tornare ad essere il sindacato di tutti. Quindi si riavvii il dialogo con chi vuole condividere questo percorso - che parte da lontano - si apra un ampio e franco confronto. Si dia vita ad iniziative condivise che mettano nella condizione, non solo, di fare scelte sindacali strategiche per i prossimi anni, ma che pongano nella condizione di scegliere i compagni di viaggio di un progetto condiviso e sostenuto e con loro ricostruire quel grande contenitore laico e riformista, che manca - purtroppo da tempo - nel nostro panorama politico-sindacale.

Separatore

Il vero cambiamento per lo sviluppo del Paese si deve fondare sulla valorizzazione del lavoro, sulla tutela delle pensioni e sugli investimenti. Intervista a Carmelo Barbagallo, Segretario generale Uil

di Antonio Passaro

Barbagallo, dicembre è stato un mese di profondi cambiamenti, iniziati con il referendum costituzionale. Ha vinto il “NO” con un distacco molto netto. Qual è la tua analisi sul voto degli italiani?

Innanzitutto, c’è stata una grande affluenza al voto e ciò significa che c’è voglia di democrazia. Non mi aspettavo un distacco così consistente tra i SI e i NO: probabilmente, il Governo ha pensato in ritardo di cambiare verso. C’è da riflettere, in particolare, su un dato: a quanto pare, i giovani hanno votato in prevalenza per il NO. Giovani che, peraltro, lo stesso Governo aveva chiamato in causa per puntare sulle riforme. Evidentemente qualcosa non ha funzionato ed è proprio da lì che bisogna ripartire, per dare lavoro, certezze e futuro a tutti i nostri giovani.

L’esito referendario ha portato Matteo Renzi a dimettersi da Presidente del Consiglio. Abbiamo, dunque, un nuovo Esecutivo, insediatosi nel giro di poche ore. Quali sono le priorità da affrontare nell’immediato?

Chiediamo al nuovo Governo di dare continuità alle precedenti intese sulla previdenza, sul lavoro, e di procedere nell’opera di messa in sicurezza del Paese. In particolare, chiediamo di avviare la seconda fase in materia di previdenza per dare una prospettiva pensionistica ai giovani, di varare l’atto di indirizzo per sottoscrivere i rinnovi dei contratti nel pubblico impiego, di emanare i decreti per evitare i licenziamenti dei precari della pubblica amministrazione, di finanziare gli ammortizzatori sociali, di prevedere le risorse per garanzia donne. Per quanto ci riguarda, siamo pronti, come sempre, a fare la nostra parte nell’interesse dei lavoratori, dei pensionati e dei giovani in cerca di lavoro. Condividiamo, dunque, quanto affermato dal neopremier, Paolo Gentiloni, secondo il quale la priorità deve essere “lavoro, lavoro, lavoro”. Aggiungiamo anche noi altre tre volte la parola “lavoro” e così siamo in sintonia!

Lo scorso 30 novembre, Governo e sindacati hanno firmato l’accordo sul pubblico impiego propedeutico al rinnovo dei contratti. Un grande risultato per il sindacato e per i lavoratori, raggiunto anche grazie all’impegno unitario delle Confederazioni. Come valuti l’intesa? Quali sono i punti più salienti?

È un accordo che riconosce il valore del lavoro pubblico e ne valorizza la professionalità. Anche in questa circostanza, il Sindacato confederale ha saputo muoversi unitariamente, recuperando in pieno il proprio naturale ruolo contrattuale. C’è stato un grande impegno che ha dato i suoi frutti: siamo molto soddisfatti. Nel merito, abbiamo ottenuto la modifica della legge Brunetta, il superamento del cosiddetto sistema di valutazione 25/50/25, lo sblocco della contrattazione di secondo livello, la defiscalizzazione del salario accessorio, l’introduzione del welfare aziendale, il sostegno allo sviluppo della previdenza complementare e il superamento del precariato. Ora bisogna completare l’opera e passare al rinnovo vero e proprio dei contratti in tutti i singoli comparti: questo Governo deve attivare le procedure amministrative previste per l’avvio dei singoli tavoli e, nel giro di pochi mesi, si potranno definire i rinnovi. Così, finalmente, tutti i lavoratori del pubblico impiego potranno avere il concreto riconoscimento del loro diritto contrattuale.

Il 2016 doveva essere l´anno dei contratti e l’obiettivo è stato quasi raggiunto. Tra pubblico e privato, sono oltre 8 milioni i lavoratori che hanno ottenuto il rinnovo del contratto. Un grande risultato per il sindacato e per la Uil…

Sì, è proprio così. Abbiamo raggiunto un risultato eccezionale, anche perché conseguito in meno di sei mesi, grazie alla mobilitazione e all’approccio unitario del Sindacato. Ora, si devono rinnovare rapidamente i contratti rimasti aperti che coinvolgono circa 4 milioni di lavoratori e, contemporaneamente, entrare nel vivo del confronto con la Confindustria per la riforma delle relazioni industriali. Vogliamo lanciare una nuova sfida: il 2017 sia l’anno della riforma della contrattazione.

Il Paese non è ancora uscito dalla crisi e i dati macroeconomici altalenanti ne sono una conferma. Qual è la strada da percorrere? La contrattazione può essere una soluzione?

Il vero cambiamento per lo sviluppo del Paese si deve fondare sulla valorizzazione del lavoro, sulla tutela delle pensioni e sugli investimenti. Il 75% delle nostre imprese produce beni e servizi per il mercato interno e se non aumenta il potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati e se non si dà lavoro ai giovani facendo investimenti pubblici e privati, la domanda interna non aumenta, le imprese rischiano di chiudere, l’occupazione non cresce e l´economia stenta a decollare. Le statistiche confermano, purtroppo, che, tra i Paesi europei occidentali, il nostro è quello con i salari più bassi. Serve, dunque, un nuovo modello contrattuale che punti sullo sviluppo e sull’innovazione. Sin dalla sua iniziale proposta, la Uil ha ritenuto che fosse necessario modificare l´attuale sistema prendendo a riferimento parametri di crescita, sia a livello nazionale sia nella contrattazione di secondo livello. Per quel che riguarda, poi, la produttività, la Uil considera che essa possa aumentare se si punta sul cosiddetto benessere lavorativo. Con alcune importanti associazioni datoriali abbiamo già siglato le intese sulle nuove relazioni industriali: ora dobbiamo impegnarci perché ciò riguardi tutto il mondo del lavoro.

E, per l’appunto, è ripartito il confronto tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria: al centro della discussione il “Patto per la fabbrica”. Qual è lo stato della trattativa?

Quella con la Confindustria è stata un avvio positivo perché abbiamo condiviso l’obiettivo di dare un contributo alla ripresa economica del nostro Paese. Noi puntiamo alla crescita produttiva e dell’occupazione, con particolare riguardo al Mezzogiorno, ma anche alla riqualificazione e alla formazione dei lavoratori per affrontare la sfida dell’Industria 4.0. Ora inizierà il lavoro tecnico per giungere poi, nella seconda metà di gennaio, a una prima valutazione “politica” sul lavoro svolto. Si è discusso anche di bilateralità, welfare e rappresentanza, altri temi che saranno oggetto del confronto avviato. Serviranno, inoltre, risposte sulle crisi industriali e sugli strumenti necessari alla loro gestione. Questo cammino dovrebbe condurre a una nuova intesa nei primi mesi del prossimo anno.

La Cgil ha presentato tre referendum che, di fatto, chiedono l’abolizione del Jobs Act. La Corte Costituzionale si esprimerà, nelle prime settimane del nuovo anno sull’ammissibilità dei quesiti referendari. Qual è il parere della Uil?

Aspettiamo l’11 gennaio per conoscere la decisione della Consulta. Riteniamo che le norme sbagliate del Jobs Act, contro cui abbiamo fatto uno sciopero generale, debbano essere cambiate a livello contrattuale. Peraltro, sono già stati firmati alcuni rinnovi contrattuali che pongono rimedio ad alcuni errori del Jobs Act. Anche il confronto aperto con Confindustria, ad esempio, può essere utile in tal senso: se vogliono discutere ed evitare che ci sia un ulteriore e lacerante referendum nel nostro Paese, noi siamo disponibili a fare la nostra parte. Così come abbiamo chiesto al Governo di non intervenire sulle materie del lavoro, allo stesso modo riteniamo che la scelta referendaria non sia adeguata a risolvere questi problemi, senza contare il rischio che, per una simile consultazione, si possa non raggiungere il quorum. Vedremo come comportarci. Quel che è certo è che i diritti del lavoro non devono essere usati per lotte politiche. Se, poi, il Governo dovesse convocarci per apportare modifiche al testo, noi siamo pronti a sederci al tavolo e a discutere sul merito.

Il 2016 volge al termine: è stato, lo abbiamo già detto, l’anno dei contratti. Cosa ti aspetti dal 2017?

Vorremmo che il 2017 fosse l’anno della salvaguardia e dello sviluppo dell’occupazione e del rilancio dell’economia, con una particolare attenzione ai giovani e al Mezzogiorno. Bisognerà impegnarsi per la soluzione delle crisi che stanno interessando molte realtà del privato e dei servizi. Basta con l’austerità predicata da una parte dell’Europa, perché di austerità si muore.

In una battuta, qual è il tuo augurio per tutti i nostri iscritti?

Che il futuro non sia una speranza, ma una conquista. L’anno che verrà sarà molto difficile e impegnativo, ma se lo affronteremo con determinazione e forza di volontà, riusciremo a raggiungere altri importanti risultati. Buon anno a tutti.

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