UIL: Lavoro Italiano | Novità nel sito
Il nostro indirizzo e tutte le informazioni per contattarci
Google

In questo numero

In questo numero
DICEMBRE 2011

LAVORO ITALIANO

Direttore Responsabile
Antonio Foccillo

Direzione e Amministrazione
Via Lucullo, 6 - 00187 Roma
Telefono 06.47.53.1
Fax 06.47.53.208
e-mail lavoroitaliano@uil.it

Sede Legale
Via dei Monti Parioli, 6
00197 Roma

Ufficio Abbonamenti
06.47.53.386

Edizioni Lavoro Italiano
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n.° 402 del 16.11.1984

Il numero scorso

In questo numero
NOVEMBRE 2011

Altri numeri disponibili

SOMMARIO

Editoriale
E’ ancora forte il bisogno di sindacato - di A.Foccillo
Il 2011 è stato uno degli anni più difficili per l’economia del nostro Paese. Gli ultimi dati confermano una condizione di recessione che preoccupa seriamente per le conseguenze sull’occupazione. Intervista a Luigi Angeletti Segretario generale UIL -
di A. Passaro

Sindacale
Tra tagli e sacrifici l’edilizia resta un volano per la ripresa - di A. Correale
Disabilità e lavoro, un legame indissolubile per una vera integrazione - di S. Ricci
Una ricorrenza: l’adesione della Uil all’ICFTU - di P. Saija
La Flessibilità possibile: parliamo di somministrazione - di D. Silvestri

Economia
I possibili impatti sulle forme pensionistiche complementari del d.lgs. 28/2010 in tema
di mediazione - di M. Abatecola
Un triste Natale - di A. Carpentieri
L’asta di liquidità a tre anni della BCE e la mancata fiducia dei mercati - di M.C. Sole

Società
Ripensare il modello di cittadinanza, di società e di contratto sociale - di G. Casucci

Agorà
La ricerca del “prezzo verde”. Nel periodo di calo del consumismo sfrenato
è una soluzione? - di M. C. Mastroeni
Come uscire dal pantano - di P. N.
Poteri forti e sperimentazioni di nuova democrazia - di G. Paletta

Elzeviro
E se al Nord....- di A.C.

Il Corsivo
E’ tutto inutile. Fanno finta di non capire! -di P. Tusco

La Recensione
“Quale sindacato per il nuovo millennio?” - di S. Danesi

Cultura
Leggere è rileggere - Retori in versi. E non. E il Carducci? - di G. Balella
Le Idi di Marzo, di George Clooney - di S. Orazi

Inserto
Il piccolo grande mondo della famiglia di oggi - di P. Nenci

Separatore

EDITORIALE

È ancora forte il bisogno di sindacato

Di Antonio Foccillo

Come ogni anno, alla fine, si fanno i bilanci delle attività. Quest’anno ci interessa in particolare il bilancio dell’azione sindacale. Proprio nel periodo in cui taluni settori dell’opinione politica e pubblica continuano a considerare il sindacato “fuori moda” risulta evidente che esso rimane, a dispetto dei suoi detrattori, un soggetto essenziale in una società dove la partecipazione e la democrazia si sono appannate. Siamo ormai alla fine di un’importante stagione i cui processi si stanno esaurendo e che ha spalancato la soglia di una nuova fase, in cui l’avvenire, purtroppo, si presenta come una scommessa. Il futuro, quindi, non è più programmabile secondo le regole certe degli istituti di fatto cancellati del welfare, ma richiede di essere affrontato con modi e scelte totalmente diversi da quelli del recente passato.

E’ essenziale dunque aver prima presente la natura politica e sociale che ha caratterizzato gli avvenimenti che abbiamo alle spalle e di quelli ancora in atto. Intendo l’elevata disomogeneità dei comportamenti, dei valori e delle attenzioni. Il movimento sindacale non rappresenta più un elemento unitario e sostanzialmente omogeneo della società, non costituisce più una forza sociale portatrice di un’unica identità rivendicativa e contrattuale. Si può dire che la post-industrializzazione ha prodotto anche un post-movimento sindacale, se con il termine di movimento sindacale si intende appunto una parte della collettività unita da un omogeneo processo d’identificazione.

E’ evidente quindi che, ancora una volta, viene messa in gioco la funzione rappresentativa del sindacato, che necessariamente deve essere e dovrà continuare ad essere reale. Questo significa dover mettere in discussione le abitudini politiche e organizzative del sindacato, le sue consuetudini professionali e culturali, le sue scelte consolidate e ripetute. Si deve, in una parola, rinnovare, partendo proprio dalla constatazione che non esiste più il vecchio modello sindacale, sino ad ieri rappresentato da un certo tipo di presenza nella società e sulla cui rappresentazione politica attrezzava i suoi comportamenti organizzativi e strategici.

Va trasformato il movimento sindacale, perché è variato il modo dello sviluppo dell’aggregazione sociale e ciò non significa che sia venuta meno la necessità dell’uomo di unirsi collettivamente, di riconoscersi in una aggregazione. Un palese esempio di come permanga il bisogno di accomunarsi, e, nel contempo, però come questo bisogno si sia profondamente trasformato nei modi e nell’identità, viene dal confronto tra il movimento giovanile mobilitato dalla grande sbornia di cambiamento degli anni settanta e quello dei tempi più recenti. Là vi era una prevalente spinta ideologizzata ed utopica, qui invece predomina un pragmatico interesse individuale correlato ad una presenza deideologizzata di natura emotiva, affettiva ed estetica. Quello che prefigura il loro futuro cresce, per forza di cose, fuori dal movimento sindacale, perché il movimento sindacale ancora non riesce a penetrare, capire e dare voce a queste esigenze. Il sindacato deve aprirsi alle nuove realtà e ciò non implica il dover abdicare alla sua funzione ideologica.

L’idealità, cioè il pensiero, la cultura e le concezioni di vita e del mondo sono parte importante del movimento sindacale in quanto attore sociale. In particolare i valori laici e riformisti della sua vocazione storica e culturale non devono essere snaturati, altrimenti rinuncerebbe a porsi come soggetto di reale partecipazione alle scelte politiche ed economiche del paese. Rinnovarsi, allora, coincide con il rinnovato compito, squisitamente politico e sociale, volto a determinare i valori, le equità e, in definitiva, la democrazia della società. Quindi se l’efficacia dell’azione sindacale passa ancora e sempre nel concorrere alla costituzione della libertà e delle eguaglianze, allora proprio su tutto ciò il sindacato deve costruire il suo impegno progettuale e strategico. In questi anni e soprattutto questi ultimi due governi hanno minacciato la funzione di rappresentanza del sindacato, ponendo fine alla concertazione e accentuando la crisi di rappresentatività per mettere in discussione non solo la credibilità del sindacato italiano, ma anche la sua funzione nella nuova società non più basata sul lavoro.

A tutto ciò è seguita una ben più grave crisi che scuote le fondamenta della democrazia parlamentare e che attiene al rapporto tra società civile – i rappresentati - e società politica – i rappresentanti - che oggi segna gran parte della vita politica-istituzionale del paese. Questa si evidenzia in una diffusa sfiducia nelle organizzazioni e nelle istituzioni politiche e coinvolge anche i sindacali. Ma si esprime soprattutto contro i rappresentati che nei diversi livelli politico istituzionali ed amministrativi raffigurano il potere di una casta contro cui, ben al di là dei tanti ed effettivi demeriti, monta nel paese una evidente protesta. Ancora oggi, nonostante tutto, resta centrale il problema di come riconquistare il consenso sociale e per invertire la pericolosa tendenza allo scollamento, alla frantumazione corporativa della società è necessario innovare la prassi sindacale consolidata e, sulla base di una appropriata analisi delle realtà sociali, inventare nuove soluzioni ai nuovi bisogni. La tendenza al rifiuto della politica, alla chiusura nel circolo vizioso dei piccoli interessi di casta e corporazione, sono tanto più preoccupanti se non si affronta, anche e soprattutto sul piano politico, il come uscire da questa che potrebbe diventare una vera e propria impasse.

Le riforme istituzionali, a partire da una nuova legge elettorale che ridia sovranità agli elettori, sono irrinunciabili per conferire efficienza, tempestività, trasparenza al potere legislativo ed esecutivo. Pre-condizioni necessarie per dare all’azione di governo e più in generale all’azione della pubblica amministrazione i livelli di credibilità ed efficienza utili a sorreggere una nuova ripresa economica, da un lato, e dall’altro, per intervenire con profonde azioni di modernizzazione dello stato sociale, tali da riequilibrare disuguaglianze e nuova emarginazione sociale. Sono dunque questi gli essenziali e significativi problemi alla base dell’attuale crisi politica, non si tratta dunque di confronto/scontro tra leaders politici, ma di una difficile partita attorno alla possibilità o meno di proseguire e rafforzare la battaglia per ridare credibilità all’azione politica. L’anno 2011 è stato l’anno della crisi economica e, soprattutto, della crisi dei valori, che ci hanno regalato il predominio della sovranità del mercato e degli speculatori sulla centralità dell’uomo, l’imposizione dei bisogni indotti (diritto principe del consumismo e della società del debito) sui bisogni primari.

Il fatto è che la politica ha ceduto il passo alla finanza perché, invece di tutelare il bene comune, ha tutelato i propri privilegi di casta. Direttamente o indirettamente ha subito l’imposizione egemonica della economia ed oggi, la corruzione minaccia il prestigio e la credibilità delle istituzioni, inquina e distorce gravemente l’economia, sottrae risorse destinate al bene della comunità, corrode il senso civico e la stessa cultura democratica. Naturalmente siamo ancora all’inizio di una nuova necessaria fase, fra resistenze, contraddizioni, problemi di gestione delle nuove idee; questo è un momento inevitabile, quando si cerca di voltare pagina ed il vecchio e nuovo convivono con momenti di collisione. Il sindacato può fare molto, anche oggi, tentando di privilegiare la proposta, una sua caratterizzazione sociale più moderna e, comunque, sempre solidale, con la ri-appropriazione della via della partecipazione.

La ricerca di nuova equità e la sconfitta di una linea neoliberista in economia devono essere le sue battaglie. Con l’iperliberismo e la crisi economica globale sono tornati in primo piano i temi legati alla condizione di vita del cittadino e dell’occupazione giovanile. Sono tornate dominanti alcune battaglie di minoranza condotte su obiettivi di grande valore civile: pensiamo solo alla questione dell’equità fiscale. E’ tornata in ballo la questione di un’etica che deve comunque ispirare le decisioni politiche ed economiche, in un momento nel quale i problemi acquistano valore epocale e le cui soluzioni implicano grandi responsabilità nei confronti delle generazioni future: per il loro lavoro, ma anche per l’ambiente in cui vivranno, il tipo di energia che consumeranno, la qualità della vita che i servizi pubblici offriranno.

Dunque occorrono programmi diversi, più ampi e complessi da discutere; occorre far vivere una concezione della “coesistenza” fra esperienze di pari dignità che ancora stenta ad essere accettata; occorre guardare con occhi attenti al rinnovamento del sindacato, senza mostrare pericolose indifferenze; occorre ritrovare un rapporto con i giovani. Su queste basi si può dare davvero l’addio al passato e trovare nuovi assetti costruttivi da porre a confronto; oggi questo è ancora possibile se pensiamo che la democrazia italiana esce da dure prove, confermata e consolidata da una ritrovata coscienza della gente e che oggi soprattutto è necessario decidere sulla qualità della nostra democrazia e sul rapporto fra essa e la speranza di lavoro e di impegno delle nuove generazioni.

Bisogna imporre una nuova visione della società e cioè quella dei popoli e non degli speculatori, quella della democrazia e non quella della finanza, la scelta dell’utile e non del superfluo, quella del risparmio e non dello spreco, della condivisione e non dell’individualismo, quella dell’uomo e non quella dell’economia finanziaria. In questo e per questo il sindacato, uno dei pochi strumenti che ancora esistono della democrazia partecipata, della solidarietà, dell’uguaglianza, della giustizia sociale, può e deve fare molto. Basta volerlo!

Separatore

Il 2011 è stato uno degli anni più difficili per l’economia del nostro Paese. Gli ultimi dati confermano una condizione di recessione che preoccupa seriamente per le conseguenze sull’occupazione. Intervista a Luigi Angeletti, Segretario generale UIL.

di Antonio Passaro

Angeletti, si è appena concluso un anno caratterizzato dalla crisi economica e occupazionale. Il decreto “Salva-Italia” del Governo Monti non ha convinto i sindacati che si sono ritrovati in piazza più volte, anche la vigilia di Natale, per protestare contro le misure previste e aprire un confronto.

Con il Natale in piazza, nelle sue nuove forme, si è voluta porre all’attenzione dell’opinione pubblica e del nuovo Governo la necessità di restituire centralità al lavoro. E, oggi più che in passato, abbiamo solo due strade da percorrere: la prima è quella che conduce verso una crescita della produttività e dei salari. L’altra strada, invece, che presuppone un impegno diretto dell’Esecutivo, deve condurre a una riforma del sistema fiscale, spostando il carico della tassazione a vantaggio dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Nella manovra non c’è traccia di tutto ciò.

Sullo sfondo delle iniziative sindacali di questi giorni, dunque, ci sono sia la preoccupazione sia l’obiettivo di attribuire valore al lavoro. Hai appena indicato quali sono secondo te le strade da percorrere. Come possono queste soluzioni portare alla crescita e allo sviluppo del Paese?

Per quanto riguarda la crescita della produttività e dei salari sono stati fatti passi avanti sia con la riforma del sistema contrattuale sia con il consolidamento e il rilancio di siti industriali, come quello della Fiat di Pomigliano, per assicurare continuità e sviluppo occupazionale. Spetta alle parti sociali affrontare questi temi e al Governo sostenere le scelte condivise con provvedimenti adeguati e conseguenti.Sul fronte fiscale, invece, è necessario ridistribuire la ricchezza a vantaggio dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, dando così più risorse a categorie di cittadini con un’alta propensione al consumo. Solo in questo modo sarà possibile far crescere la domanda, incrementando l’occupazione in quelle realtà produttive che offrono beni e servizi soprattutto sul mercato interno.

Il Governo attuale ha prospettato alla popolazione numerosi e immediati sacrifici…

Sino ad ora, le preoccupazioni dell’emergenza hanno spinto il nuovo Esecutivo verso soluzioni che rischiano di generare un impoverimento di larghissime fasce della popolazione. Così ci si allontana dallo sviluppo e ci si avvicina alla recessione. Bisogna avere, invece, il coraggio di cambiare passo e di scommettere sul lavoro. Lasciamo da parte falsi problemi e vuoti simulacri e concentriamoci sulle vere questioni che impediscono la crescita. Su questo terreno, la Uil è pronta a fare la propria parte.

Parlando di lavoro, nel programma “Crescitalia” anticipato dal Governo nella conferenza stampa di fine anno del Premier Mario Monti, è presente un capitolo sulla riforma del mercato del lavoro e presto il Governo convocherà le Parti Sociali sull’argomento. Quali rischi vedi all’orizzonte?

Purtroppo non è difficile prevedere che nel corso di questo nuovo anno ci sarà un aumento della disoccupazione, non solo per effetto della recessione, ma anche perché le centinaia di migliaia di persone che sono ora in cassa integrazione, con queste prospettive, difficilmente potranno rientrare nei luoghi di lavoro. Questo è l’aspetto più serio e anche più drammatico da affrontare. Ciò che è certo è che, sul mercato del lavoro, il Governo deve prendere decisioni sagge, serie e concrete, mettendo in atto interventi che davvero aiutino a creare occupazione. Se bisogna cambiare le regole sul mercato del lavoro è necessario coinvolgere anche le imprese: la trattativa va fatta con tutti e tre gli attori. Troverei curiosa una discussione senza il coinvolgimento di chi quelle regole deve poi applicarle.

Ma non è solo sul mercato del lavoro che vorresti un confronto con il Governo: politica fiscale, liberalizzazioni, riduzione dei costi della politica sono gli altri temi sui quali è necessario intervenire con una discussione allargata alle Parti Sociali. Si riaprirà una stagione di concertazione?

La concertazione è l’ultimo dei nostri problemi, l’importante è fare bene. Ciò che serve sono decisioni razionali e che funzionino. Noi pensiamo di poter dare seri contributi in questa direzione ma i riti non sono il nostro problema principale né la nostra missione. Gli esperimenti sociali lasciamoli a un’altra epoca adesso si tratta di prendere decisioni concrete che aiutino sul serio a creare posti di lavoro e sostenere la ripresa del Paese evitando una recessione che avrebbe impatti devastanti a livello sociale.

Nel consueto discorso di fine anno il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha chiesto ai sindacati di avere uno spirito costruttivo. Cosa ne pensi?

Il Presidente ha lanciato un appello importante in cui ricorda il ruolo fondamentale per il Paese svolto dalle organizzazioni sindacali e, contemporaneamente, riconosce che le sfide da vincere non si presentano mai nello stesso modo. Se in passato i nostri problemi erano riconducibili a due parole chiave quali “inflazione” e “terrorismo”, il capo dello Stato ha spiegato che i problemi da risolvere ora sono la scarsa produttività, l’evasione fiscale e la competitività.

Si è dunque appena concluso il 2011. Qual è il bilancio di questo lungo e complesso anno?

Il 2011 è stato uno degli anni più difficili per l’economia del nostro Paese. Gli ultimi dati confermano una condizione di recessione che preoccupa seriamente per le conseguenze sull’occupazione. Peraltro, l’anno appena trascorso ha segnato una crisi del sistema politico di cui non si intravedono ancora soluzioni adeguate alla necessità di governare efficacemente il Paese. E’ stato un anno travagliato che avrà strascichi, forse ancor più negativi, anche per il 2012. Bisogna scongiurare il rischio di un lento impoverimento. Bisogna evitare che diminuiscano i posti di lavoro e che il lavoro venga pagato sempre meno. E la strada da percorrere è quella che ho indicato poc’anzi.

Valid XHTML 1.0 Transitional Valid CSS! [Valid RSS]