Paura. Ma di che? Della nostra ignoranza
APRILE 2019
Agorà
Paura. Ma di che? Della nostra ignoranza
di   P. Nenci

 

Allarme! Allarme rosso! C’è una zattera nel Mediterraneo, a bordo una famiglia di africani: un uomo, una donna e tre bambini. Ci stanno invadendo! Chiudete tutti i porti! Quante volte abbiamo sentito allarmi come questo. E ora si ha paura che un’orda di decine e decine di libici stia preparando i fagotti per attraversare il mare. Comunque i nostri porti restano chiusi, l’Italia è salva. Una scheda dell’ultimo Rapporto Eurispes ci fa riflettere sul fenomeno migratorio. Ci spiega che “le migrazioni internazionali rappresentano un fenomeno pervasivo che riguarda tutte le sfere della vita collettiva: politica, sociale, economica e culturale. La percezione maggiormente diffusa al riguardo è quella di uno sconvolgimento dell’ordine sociale: per alcuni è l’inizio di un nuovo mondo, all’insegna del meticciato e della fratellanza universale; per i più è l’inizio di un’invasione”.

In realtà i dati di Eurobarometro ci dicono che il 27% degli italiani non sa stimare il numero di stranieri presenti nel Paese, un risultato di poco migliore della media europea che si attesta al 31,5%. Non sanno stimare quanti stranieri li circondano – in realtà sono il 7-8% - eppure sono convinti che siano almeno il 25%. Eurispes ha condotto una sua indagine su questo tema con il risultato che meno del 30% degli italiani intervistati ha saputo indicare correttamente l’incidenza degli stranieri sul totale della popolazione. Il 35% è tuttavia convinto che siano almeno il doppio e il restante 25% dice che sono addirittura il triplo.

I migranti internazionali nel mondo – spiega sempre la scheda di Eurispes – sono circa 235 milioni, solo il 3% della popolazione mondiale, eppure la percezione di chi se li vede nelle proprie strade li moltiplica. Si osserva infatti che “all’aumentare dell’ostilità verso gli immigrati, aumenta anche l’errore nella valutazione sulla loro presenza”. E tale errore percettivo non deriva solo da scarsa o incompleta informazione ma soprattutto dall’ottica con cui si osserva il fenomeno. Per cui chi ha interesse a far lievitare tale ostilità raggiunge facilmente il proprio intento. Va inoltre tenuto presente che i migranti che giungono in Europa non provengono dai Paesi più poveri del pianeta se non in piccola parte. Per l’Italia le nazionalità più presenti sono, nell’ordine: Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina, Filippine. Riguardo a coloro che scelgono di accasarsi da noi l’Istat dice che all’inizio del 2018 la popolazione era di 60 milioni e 494 mila (circa 100 mila in meno rispetto all’anno prima) con 337 mila stranieri in più rispetto al 2017, i quali stranieri in totale sono 5 milioni e 65 mila persone, insediate soprattutto al centro e al nord. Nel 2007 in Italia c’erano 2 milioni 593 mila stranieri, una decina di anni dopo sono diventati 5 milioni 65 mila seguendo un trend annuale molto irregolare: del 47% nel 1991, sceso al 9% nel 2004, salito al 17 nel 2008 e poi rallentato fino al 9% del 2017. Ad accrescere la paura dello straniero intercorrono fatti più o meno turbativi del vivere quotidiano che i media spesso enfatizzano ad arte: uno spacciatore africano fa più sensazione di dieci spacciatori nostrani, un femminicidio per mano straniera diventa più atroce di dieci femminicidi compiuti da uomini di pelle bianca; lo stupro di un musulmano di pelle nera spaventa più di quelli compiuti sportivamente dai ragazzi bene italiani. Le cronache dei media, poi, rappresentano l’immigrazione in Italia come fenomeno in drammatico aumento, quando invece i dati dimostrano proprio il contrario.

Nell’immaginario collettivo l’immigrato è prevalentemente maschio, musulmano, proveniente dall’Africa o dal Medio Oriente. Invece in realtà gli immigrati sono soprattutto donne, di religione cristiana e di provenienza europea. Le donne straniere residenti sono 600 mila più degli uomini. E anche sotto l’aspetto religioso: i cristiani ortodossi sono 1,6 milioni, i musulmani 1,4 milioni e gli stranieri cattolici poco più di un milione.

Un altro particolare, reso spesso spettacolare per la drammaticità della trasferta: non sono i barconi che ci stanno invadendo; solo il 15% sbarca sulle nostre coste via mare (quando non trovano una catena ai moli); la maggior parte degli immigrati arriva in Italia con un visto che, una volta scaduto, confina queste persone nel limbo dei senza permesso di soggiorno. Un altro particolare: si racconta che le carceri italiane siano colme di stranieri che hanno compiuto reati di vario genere; interrogati in proposito, gli italiani stimano che quasi la metà dei detenuti siano stranieri, invece il dato è di poco superiore al 34%, tenendo conto che è molto più facile per uno straniero finire in galera per disobbedienza ad un codice che non conosce che per un imbroglione che ha messo sul lastrico cento lavoratori ma ha saputo pagarsi un avvocato capace. Si sostiene che ogni immigrato che arriva ruba un posto di lavoro a un italiano. In realtà solo i lavoratori manuali o di bassa qualifica possono temere l’arrivo di non qualificati come loro. Insomma abbiamo una percezione distorta del fenomeno migratorio. I media forniscono spesso narrazioni ingannevoli del fenomeno migratorio: per ingenuità? Per impreparazione? O per obbedire alla voce del padrone? E ci sono partiti politici che su questa distorsione del fenomeno hanno basato la loro fortuna e vinto campagne elettorali e si apprestano ad affrontarne una prossima: milioni di italiani, opportunamente spaventati, voteranno per loro.

E ora alcuni fatti spiccioli ma significativi di questa paura degli “altri”. Roma, sera del 6 dicembre scorso, alla fermata della metro A di San Giovanni: due guardie arrestano una giovane nomade che ha perpetrato (o solo tentato) un furto; la figlia piccola che stava con lei resta sola e piange disperata, un tale (forse il derubato) non è contento dell’arresto, quasi strappa la donna alle guardie, la picchia sulla testa, la prende per i capelli. Per caso è presente una giornalista che cerca invano di trattenerlo, che gli grida di smetterla, che si occupa della piccola rimasta sola.

Agli spettatori questo intervento non piace e molti insultano la giornalista: è una puttana! e dicono che ora quella zoccola di zingara ci penserà prima di rubare un’altra volta. L’ha raccontato il Corriere della Sera del 6 dicembre, a pagina 27. Che eroi quei signori! Un secondo fatto: Cristina Cattaneo, medico legale del Labanof, esamina i corpi di un branco di naufraghi di un barcone naufragato il 18 aprile 2015 (un migliaio i morti, 528 individuati e tirati fuori dal mare).

Ha davanti a sé il cadavere di un ragazzo e sotto i vestiti sente qualcosa di rigido, viene scucito il giaccone e dentro gli trovano nascosta la sua pagella. Veniva dal Mali: 4 mila chilometri fino alla Libia e poi il mare, dal quale non è più uscito vivo: la sua pagella come documento di identità e di capacità; cercava una vita nuova e presentava le sue credenziali, non l’ha raggiunta. L’ha raccontato l’anatomopatologa stessa in un libro, Naufraghi senza volto.

Naufraghi senza speranza e con poca speranza anche se fossero approdati all’asciutto nell’Italia che ha paura di loro. Un terzo fatto: il giornalista del Corriere Pierluigi Battista il 19 gennaio ha pubblicato un pezzo di cui riportiamo titoli e titoletti: “Ci accapigliamo sull’arresto di un terrorista latitante, ma non c’è sindacato, associazione, partito che protesti contro lo sfruttamento disumano dei migranti. L’imbarazzante silenzio sul nuovo schiavismo. Solo ogni tanto ci accorgiamo che migliaia di disperati vengono pagati 4 euro l’ora. La parte oscura dell’immigrazione non vogliamo vederla, da questa o dall’altra parte della barricata”. Bravo. Fatto numero 4: dopo sette anni di ricerca in cinque parti del mondo, dopo aver monitorato 500 gravidanze e 60 mila neonati e seguito lo sviluppo di 1.300 di loro, l’università di Oxford ed altri centri medici (tra i quali il Sant’Anna di Torino) sono arrivati alla conclusione che se una mamma è sana mette al mondo un bimbo sano che ha un tasso di sviluppo indipendentemente dalla sua etnia. Lo si sapeva già: dagli anni ’80 quando l’antropologia molecolare ha dimostrato che tutta l’umanità ha avuto origine africana, dal 2000 quando è stato sequenziato il genoma umano. Ora lo studio sulla crescita dei neonati smentisce una volta di più che il razzismo (degli pseudoscienziati o inteso come arma politica) abbia una base scientifica. Fatto numero 5: il giocatore di calcio del Napoli, Kalidou Koulibaly, francese di origine senegalese dice che gli fa piacere essere un simbolo nella lotta al razzismo ma che “è triste che ci sia ancora bisogno di simboli antirazzisti”. E aggiunge di essere nato e cresciuto in Francia assieme ad arabi, turchi, senegalesi e francesi e di non aver mai incontrato problemi: “è un Paese che ha tante diversità culturali nella popolazione, è avanti su questo”.

Quando va a giocare a Milano invece trova i duri e puri che gli gridano buu, buuu. Il sesto fatto è un corsivo firmato da Maurizio Caprara (Corriere, 6 marzo): “Stiamo guardando dalla parte sbagliata, è ora che ci voltiamo”. Tutti presi dalla paura degli sbarchi, che dai 181 mila del 2016 sono scesi a 23 mila lo scorso anno e a 271 nei primi due mesi di quest’anno, non ci dà apprensione il precipitare demografico: in due anni è come se fosse sparita un’intera città come Sondrio o Matera. L’Italia invecchia e noi con lei oppressi da paure immaginarie o esagerate verso nemici esterni. Infine un settimo fatterello: carnevale a Formello (Roma). Tra i carri ce n’è uno che ospita bambini truccati di nero: vorrebbero far ridere ostentando cartelli dove i grandi hanno scritto “no pago affitto”, “voglio wi-fi”.

Che idea geniale!

 

 

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