Affido dei minori
APRILE 2019
Sindacale
Affido dei minori
di   Silvana Roseto

 

Nonostante l’attuale normativa sull’affido e separazione presenti ancora un ritardo di attuazione ed elementi da migliorare, a nostro avviso non è con l’introduzione di questi Disegni di Legge che si può intervenire sulla modifica del diritto di famiglia. Infatti i testi proposti riguardano trasversalmente più tematiche, dalla modifica del diritto di separazione e affido ad una più generale modifica del diritto di famiglia; apparentemente prevedono interventi a favore dei minori, ma ad una lettura più attenta sono proprio i bambini ad essere maggiormente colpiti e violati nei loro diritti.

 

Inoltre i DDL presentano elementi discriminatori nei confronti delle donne che attualmente, per diverse ragioni precisate nel prosieguo di questo contributo, risentono di difficoltà occupazionali e salariali. Qualsiasi proposta di legge, tendente a mutare il regime di affidamento dei figli in caso di separazione, deve tenere conto dell’oggettiva situazione di difficoltà delle donne italiane, particolarmente presente, peraltro, nelle regioni meridionali. Riguardo al tema della violenza verso le donne, le misure contenute in questi provvedimento rischiano di tramutarsi in una condizione che le imprigiona ulteriormente rendendo più fragili loro stesse e i figli. Infine, i DDL non prendono in considerazione i diritti delle famiglie omosessuali che intendono separarsi, dal momento che si fa riferimento ad una tipologia di famiglia intesa nel senso tradizionale (madre e padre), senza tener conto dell’ultima normativa, cd. “Legge Cirinnà”. 

 

Osservazioni generali sui DDL in discussione:

 

- sono palesemente in contrasto con le norme internazionali, nello specifico citiamo:

 

 

- ledono i diritti sanciti dalla nostra Carta Costituzionale, nello specifico gli artt 2, 3, 24, 25, 29, 30, 31, che trovano e applicazione sia  nelle sentenze della Corte Costituzionale che in quelle della Suprema Corte di Cassazione. Nel merito:

 

  1. Mediazione Familiare Esprimiamo preoccupazione rispetto all’introduzione delle figure del mediatore familiare e del coordinatore genitoriale. Riteniamo infatti che, in tal modo, da parte del legislatore si palesi una sfiducia totale nella capacità delle coppie di autodeterminarsi perché, anche quando la stessa coppia decide consensualmente di separarsi, per poi divorziare, è tenuta a far ricorso a queste nuove figure, con un allungamento e appesantimento dell’iter processuale. Inoltre i costi della mediazione familiare, che diventa obbligatoria in presenza di minori quale condizione di procedibilità, ad esclusione del primo incontro sono a carico della coppia, diventando così un forte deterrente alla separazione perché più onerosa e quindi un deterrente anche per le coppie che vorrebbero sposarsi.

 

A tal proposito riteniamo che questi disegni di legge siano sperequati, creando condizioni  favorevoli alle sole persone abbienti.

 

Ricordiamo che attualmente esiste già la possibilità di fare ricorso, in via volontaria, ai consultori familiari (L. n. 405/75), che comunque andrebbero potenziati e sostenuti, e che l’attuale normativa (art. 708 c.p.c.) prevede il tentativo di conciliazione da parte del giudice in sede di prima comparizione.

 

Quello che desideriamo rimarcare, poichè lo riteniamo assolutamente grave, è che l’istituto della mediazione è vietato dalla Convezione di Istanbul che, all’art. 48, esclude l’esperibilità della mediazione per tutte le forme di violenza che vengono annoverate nell’applicazione della Convenzione stessa. Sappiamo infatti, dai dati ISTAT, che il 51,4% delle donne separate subisce violenza dal proprio partner quando decide di interrompere una relazione, che solo una piccolissima percentuale delle donne denuncia e il più delle volte la denuncia viene trascurata. Inoltre, il 64% dei bambini assiste ed è coinvolto, sia direttamente che indirettamente, nelle situazioni di violenza tra genitori. Ed è proprio per questo che spesso i minori rifiutano di incontrare il genitore violento e maltrattante, ma questo tema lo approfondiremo a proposito della PAS.

 

Sappiamo inoltre che nella maggioranza dei casi di violenza contro le donne l’ex partner chiede gli incontri protetti proprio perché in questo modo ha l’opportunità di continuare a ferire la donna e i figli. Dalla prassi giudiziaria sappiamo inoltre che molti professionisti non sanno riconoscere e distinguere le situazioni familiari conflittuali dalle situazioni violente, ed è per questo che la mediazione, diventando obbligatoria, implicherebbe il grave rischio che le madri vittime di violenza possano essere indotte a non separarsi per il timore di ripercussioni violente verso se stesse e verso i figli.

 

  1. Affido condiviso Dall’esame del DDL 735 ci sembra che l’istituto della bigenitorialità perfetta, peraltro già affermato nella legge 53 del 2006, così come riformulato sia concepito in una visione prevalentemente adultocentrica, laddove la norma (art.11 c. 1) prevede che il minore debba trascorrere tempi paritetici, indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori, e comunque “deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di 12 giorni al mese… presso il padre e presso la madre” (art. 11 c. 2), con la possibilità di recuperare queste giornate durante i periodi di vacanza. I soggetti più colpiti sono, a nostro avviso, i figli perché l’imposizione dei tempi paritetici (minimo 12 giorni obbligatori) non considera  la qualità e la quotidianità di vita a cui i bambini sono abituati, non tiene conto della loro età (soprattutto per i più piccoli), né tantomeno la loro volontà decisionale, mentre l’art. 12 della Convenzione sui diritti dell’infanzia afferma “gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”. 

 

Nello specifico questi DDL trascurano i bisogni biologici, psicologici e sociali soggettivi dei minori, con il grave rischio di generare nei piccoli un generale malessere fino ad arrivare a patologie psichiatriche gravi tra cui, solo per esempio, indichiamo quelle di adattamento, di depressione e di schizofrenia. In sostanza l’affido condiviso si concretizza in quello che viene definito “il bambino-pacco-postale” con due case e due domicili, che rischiano di spezzare a metà l’esistenza dei minori. Crediamo invece che ogni provvedimento in tema di affidamento, per essere efficace, debba adeguarsi alle specifiche esigenze di quel determinato bambino portatore di una storia specifica e unica. Riteniamo che “il superiore interesse del minore in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale deve essere una considerazione preminente”, così come previsto dall’art. 3 della Convenzione Onu diritti dell’infanzia .   

 

Ci preme sottolineare, poi, che sicuramente nelle famiglie è necessario un riequilibrio di responsabilità di cura tra i genitori, ma tutti i dati statistici confermano che nei fatti, ad esempio, il congedo parentale è utilizzato dai padri italiani solo per il 6,9 %. Inoltre, i padri separati hanno notevoli difficoltà a seguire e a prendersi cura dei figli al 50% con la madre, considerata anche la scarsa attenzione delle politiche di welfare e conciliazione, in particolare rispetto alla fattispecie  del congedo obbligatorio per i padri. In ogni caso sottolineiamo che la capacità genitoriale non si possa misurare in termini di tempo, ma sulla qualità della relazione.

 

3. Mantenimento diretto La previsione del mantenimento diretto dei figli minori, in misura proporzionale al reddito dei genitori, si basa sulla redazione di un “piano genitoriale” contenente l’indicazione di ogni singola voce di spesa che, a nostro avviso, potrebbe risultare di difficile praticabilità, in particolare in occasione di spese straordinarie. L’impossibilità di una delle parti di assolvere al mantenimento diretto determina la disposizione del giudice di un assegno periodico per assolvere al mantenimento del figlio minore, ma questo è previsto solo in via residuale e per un tempo determinato. Alla base di tale modifica dell’art. 337-ter c.c. sembra vivere un pregiudizio, e cioè che l’assegno sia una rendita a favore delle madri (ovvero di quelle figure genitoriali che ad oggi sono le maggiori destinatarie) per scopi estranei alla cura e alla crescita del minore, ma non tiene conto dei dati occupazionali e della disparità salariale tra donne e uomini nel nostro Paese. Secondo una nostra elaborazione sui dati Inps 2017, la differenza media mensile della retribuzione tra gli uomini e le donne è di euro 581 a favore degli uomini. In riferimento all’occupazione ricordiamo che il tasso di occupazione delle donne è inferiore di 19,1 punti percentuali rispetto agli uomini, con condizione più allarmante nel Mezzogiorno dove il tasso di disoccupazione femminile è superiore di 12,7 punti rispetto a quello del Nord; in particolare si riscontra una marcata concentrazione nell’occupazione a tempo parziale, un’elevata incidenza nei lavori atipici, difficoltà di conciliazione che si traducono in un aumento annuale delle dimissioni in presenza di figli piccoli, la predominanza delle donne in occupazioni e settori a cui sono associati minori livelli retributivi, la scarsa presenza nelle posizioni apicali.

 

È evidente che in presenza di una strutturale disparità salariale e di un persistente basso

 

tasso di occupazione femminile, i DDL in questione rischiano di compromettere le libere decisioni delle donne sulla volontà di proseguire o meno un rapporto coniugale, soprattutto in presenza di figli.

 

Relativamente alla cessazione del mantenimento per i figli maggiorenni, con età superiore a 25 anni, sottolineiamo la disparità di trattamento per i figli dei separati, rispetto a quelli dei coniugati che continuano, invece,  ad avere il diritto allo stesso.

 

  1. Assegnazione della casa familiare

 

La previsione dell’eventuale assegnazione della casa familiare ad uno dei due coniugi, con l’obbligo del versamento “di un indennizzo pari al canone di locazione computato sulla base dei correnti prezzi di mercato” rappresenta un ulteriore discrimine nei confronti del coniuge economicamente più debole, dal momento che non considera la situazione reddituale. Ricordiamo a tal proposito che rispetto alla proprietà delle case, il 50% delle abitazioni risulta cointestata, per il 30% intestata solo all’uomo e per il 17% alla donna.

 

  1. Alienazione genitoriale (PAS) I disegni di legge pretendono di inserire nella normativa italiana l’alienazione genitoriale detta PAS (DDL 735- artt. 9, 12, 17 e 18; DDL 45 – art. 4; DDL 768 – art. 2; DDL 837 – art. 6), tra l’altro prevedendo il grave rischio, per il bambino, di essere allontanato anche dall’altro genitore (perché considerato alienante) e spostato in altro nucleo familiare.

 

Si sottolinea che nessuno Stato al mondo l’ha introdotta nel suo ordinamento, ad eccezione del Brasile che la approvò per abrogarla subito dopo.

 

Il Sottosegretario di Stato, Adelfio Elio Cardinale, in una interrogazione parlamentare nel 2012 affermò: “sebbene la PAS sia stata denominata arbitrariamente dai suoi proponenti con il termine “disturbo”, in linea con la comunità scientifica internazionale, l’Istituto Superiore di Sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico dai dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia, e dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici”.

 

La task force DSM 5 ha scelto di non inserire l’alienazione genitoriale in nessuna sezione del Manuale. Nelle riviste scientifiche viene citata come pseudoscienza presentata in tribunale.

 

Entrando nel merito sappiamo che per  l’ideatore di questa teoria, Richard Gardner (noto per le sue teorie a favore della pedofilia), il problema della relazione padre-figlio/a risiede nella madre e propone il cambio di custodia, l’allontanamento dal genitore preferito, la “deprogrammazione”: il bambino in quanto alienato deve essere forzato a frequentare il padre. In sostanza si richiede un approccio autoritario rappresentato da minacce, ricovero nei “campi speciali” chiamate “strutture protette”, dove i bambini vengono indottrinati a rigettare il genitore con cui amano e vogliono stare. Va da sé che togliere un bambino dal suo mondo (scuola, sport, amici e genitore a cui vogliono bene), isolarlo in un ambiente che non conosce, costituisce di per sé un forte trauma. Per tutti i motivi sopra esposti, la Uil ritiene che i disegni di legge sopra citati debbano essere assolutamente ritirati perché ledono i diritti fondamentali dei minori e delle madri.

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