Indicatori Bes: per la UIL uno strumento per favorire lo sviluppo
LUGLIO 2018
Attualità
Indicatori Bes: per la UIL uno strumento per favorire lo sviluppo
di   Antonio Ceglia

 

Negli ultimi anni si sta consolidando sempre di più il dibattito internazionale sulla incapacità del prodotto interno lordo (PIL) di fornire un’immagine esaustiva della realtà e del valore di ciò che costituisce realmente la ricchezza e il benessere di una Nazione. Nasce in quest’ottica il bisogno di determinare nuovescelte politiche, nuovi scenari e soprattutto nuovi indicatori che tengano realmenteconto delle fondamentalidimensioni ambientali e sociali che caratterizzano il benessere di una società. Peril nostro Paese il punto disvolta che delinea la stradasu questa direzione, risaleal 28 luglio 2016, quandoè arrivato dal Parlamento ilsi definitivo al ddl n. 2451(legge 163/16 del 4 agosto2016), prevedendo l’inserimento degli indicatori BES(benessere equo e sostenibile) tra gli strumenti di programmazione e valutazionedella politica economica nazionale. Infatti, con la leggen. 163 il BES entra per la prima volta nel Bilancio dello Stato per rendere misurabile la qualità della vita e valutare l’effetto delle politiche pubbliche verso scelte più eque e sostenibili, al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini.

Con l’introduzione del BES nel DEF l’Italia si pone all’avanguardia rispetto all’Europa nel panorama internazionale in tema di sviluppo di indicatori sullo stato di salute del Paese che vadano oltre il PIL. Il Governo ha deciso così di anticipare, in via sperimentale, l’inserimento di un primo gruppo di indicatori nel documento di programmazione e finanza al 2017: in particolare, sono stati inclusi quattro indicatori di benessere equo e sostenibile (Reddito medio disponibile, Indice di diseguaglianza, Tasso di mancata partecipazione al lavoro, Parametri relativi alle emissioni di CO2 e di altri gas), come parte integrante della nostra strategia economica. Il concetto di benessere e di sostenibilità richiede non soltanto indicatori affidabili e adeguati, ma anche e soprattutto una condivisione e una legittimazione democratica, che significa coinvolgimento continuo ed effettivo di tutti i settori della società: politica, sociale, economica, comprese ovviamente le organizzazioni sindacali. È stato costituito un Comitato, del quale sono stati chiamati a far parte i massimi rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dell’Istat e della Banca d’Italia, insieme ad altri esperti, con l’obiettivo di proporre una selezione degli indicatori di benessere equo e sostenibile da considerare annualmente nel Documento di economia e finanza e in una relazione da presentare al Parlamento.

La scelta di andare “oltre il PIL” nella programmazione economica, cioè al di là delle misure tradizionali, si è quindi rafforzata e, con decreto ministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 15 novembre 2017, sono stati inseriti nel Def 2018 ulteriori 8 indicatori di Benessere equo e sostenibile (Indice di povertà assoluta, Speranza di vita in buona salute alla nascita, Eccesso di peso, Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, Rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli, Indice di criminalità predatoria, Indice di efficienza della giustizia civile, Indice di abusivismo edilizio), oltre ad una revisione di alcuni indicatori già adottati (ad esempio il Reddito medio disponibile aggiustato “pro capite” ed il Tasso di mancata partecipazione al lavoro scomposto per genere). Il documento che delinea la strategia triennale di politica economica del Paese sarà quindi arricchito dai nuovi indicatori per valutare la qualità delle politiche e i relativi effetti sui cittadini in termini di benessere collettivo e sostenibilità mediante un’analisi multidimensionale, con misure di miglioramento sulla diseguaglianza, sostenibilità economica, sociale e ambientale. I 12 indicatori rappresentano un indubbio passo in avanti per lo sviluppo sostenibile dell’Italia e costituiscono un paradigma di confronto che i decisori pubblici possono usare come strumento per orientare le proprie scelte, in una logica di partecipazione effettiva e di responsabilizzazione diffusa a livello sociale ed economico. È importante che questi indicatori abbiano un effetto concreto nel dibattito pubblico e sul ciclo di programmazione economica, non limitandosi a svolgere una mera funzione “decorativa” ma, al contrario, utilizzati per intraprendere un cambiamento “epocale” per il nostro Paese.

Le sfide che ci attendono sono complesse ma, mai come adesso, bisogna dare priorità a tutti quegli interventi che possono mettere l’Italia su un percorso di sostenibilità, promuovendo l’economia circolare e le politiche ambientali, il tutto in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 che l’Italia ha sottoscritto all’ONU nel settembre 2015. Occorre un’azione sinergica e concreta che veda coinvolti tutti i soggetti interessati: le Istituzioni, le Parti Sociali e il Governo, tutti accumunati da uno sguardo comune orientato alla sostenibilità, ciascuno nel rispetto del proprio ruolo e funzione. Gli indicatori del benessere equo e sostenibile serviranno a documentare questo processo di cambiamento, con la ragionevole certezza che la strada intrapresa è quella giusta e che il cambiamento che ci attende è inevitabile.

 

 

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