RE-INVENTING EUROPE
GIUGNO 2018
Agorà
RE-INVENTING EUROPE
di   Barbara Francia

 

 

L’Unione Europea è stato un progetto ambizioso messo in atto da Leader lungimiranti, che, instancabilmente, hanno lavorato per la sua realizzazione. Grazie al loro impegno ed alla loro capacità, abbiamo vissuto in un clima di pace e di stabilità politica e sociale, che, troppo spesso, diamo per scontato. I Padri fondatori erano persone che, molto spesso, hanno vissuto gli anni bui delle guerre mondiali che infiammarono i popoli nel secolo scorso, vivendo sulla propria pelle la guerra moderna, che sempre più coinvolgeva le genti civili, in un crescendo di barbarie tra i popoli. Da questi drammi un gruppo di persone illuminato, animato da ideali di pace e di uguaglianza ha creato un progetto, un’idea con la finalità di perseguire una crescita armonica, che coinvolgesse tutti gli strati delle popolazioni civili, agendo per la nascita di una nuova Europa, che mirasse ad un internazionalismo pacifista. Nella speranza che per gli anni a venire non si assistesse più a quei conflitti fratricidi tra i Paesi dell’Europa continentale. Così, negli anni Cinquanta , nasce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio volta ad unire i Paesi europei sotto il profilo economico e politico, per garantire una pace duratura. I sei membri fondatori sono il Belgio, la Francia, la Germania, l’Italia, il Lussemburgo e i Paesi Bassi. Gli anni ‘60 costituiscono un periodo positivo per l’economia europea, grazie anche al fatto che i paesi dell’UE non applicano più dazi doganali agli scambi reciproci. Questo Organismo cresce, si evolve e si amplia, e, con l’adesione della Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito, il 1° gennaio 1973, il numero degli Stati membri dell’Unione europea è pari a nove. Gli anni Novanta sono un decennio fondamentale: nel 1992 è stato firmato il trattato di Maastricht, entrato in vigore nel 1993. Con il trattato di Maastricht si perseguono cinque obiettivi essenziali: rafforzare la legittimità democratica delle istituzioni; rendere più efficaci le istituzioni; instaurare un’unione economica e monetaria; sviluppare la dimensione sociale della Comunità; istituire una politica estera e di sicurezza comune. L’euro diventa la nuova moneta comune per molti europei, poiché, nel corso del decennio 2000, è stata adottata da un maggior numero di Paesi. La nascita di un mercato integrato e della moneta unica, ha contribuito ad un aumento dei volumi di scambi con vantaggi concreti per i consumatori e per le aziende, che hanno assistito ad un aumento del loro fatturato, permettendo nuovi investimenti, e quindi evoluzione, progresso. Tutto questo è stato fatto, però, tralasciando un particolare: a una reale unione monetaria non è corrisposta un’autentica integrazione delle politiche economiche e fiscali, che portassero verso un’indispensabile e imprescindibile federazione di stati sovrani, che perseguono un ideale comune di crescita e prosperità armonica tra tutti i popoli e soprattutto che coinvolgesse e permeasse rispetto a tutti gli strati della popolazione, siano essi di diverse generazioni (vecchi-giovani), o di differente stato sociale. Alla moneta comune non è conseguita, come era logico aspettarsi, una maggiore integrazione politica, pur rimanendo nell’alveo della sovranità di ogni Stato. Troppo spesso si è assistito a schermaglie e litigiosità tra gli stessi nel tentativo di difendere l’interesse particolare di questo o quel singolo stato; molto spesso promesse e impegni di collaborazioni non si sono tradotti in fatti concreti. Per esempio, l’Italia per la sua conformazione di Paese di confine dell’Europa, al centro del Mediterraneo, si è trovata sola nel tentativo di arginare gli imponenti flussi migratori, nello sforzo stoico e umanitario di dare una prima accoglienza a queste persone, che fuggivano per delle difficili situazioni dei propri paesi d’origine. Questo aspetto, accompagnato dalla crisi economica globale del 2008, ha congiuntamente investito e scosso duramente il vecchio continente, che oggi sta vivendo una profonda crisi esistenziale.

L’Europa è coinvolta in una rivalità tra nazioni, stiamo assistendo, in ciascuno Stato, allo scontro inter-generazionale (padri figli, per diritti acquisiti e che ora si rimettono in discussione); ad un arretramento della classe media per una stagnazione dei redditi reali, che, per alcuni paesi, si è trattato di una vera e propria riduzione dei redditi e, contemporaneamente, ad una riduzione dei servizi che lo Stato una volta offriva e garantiva ai propri cittadini, accompagnata, talvolta, da un inasprimento del prelievo fiscale È indubbio che l’Europa sia un organismo imperfetto, caratterizzato da asimmetrie che necessariamente vanno superate, perché la moneta unica e le istituzioni comunitarie sono ancora fragili. Per re-inventare l’Europa si deve partire proprio dalle asimmetrie, rafforzando il coordinamento con le istituzioni Europee, le quali hanno competenze diverse, non centralizzate, che talvolta rallentano i lavori di tale Organismo internazionale. È indubbio che la sfasatura più marcata sia tra l’integrazione economica e quella politica e fino a che non verrà affrontata questa decisione, la Ue rimarrà un organismo disfunzionale. Di fronte a questa difficile scelta, è alta la probabilità che gli Stati membri assumano posizioni diverse lungo il cammino dell’integrazione politico-economica. Come ha asserito il Professor Collignon, al Convegno “Re inventing Europe”, tenutosi al Cnel il 24 maggio scorso, “Europe needs to move, something has to change”.

Secondo Collignon, il processo di integrazione europea è stato un successo esemplare che ha consentito di preservare la pace, sviluppare l’economia e il benessere, armonizzare i mercati, e dare ai cittadini europei un senso di comune appartenenza. Malgrado queste premesse, secondo il Professore, in un mondo globalizzato e con 25 stati membri, le istituzioni europee non sono più adatte e gli egoismi nazionali stanno compromettendo la capacità di agire. È tempo di sostituire ai compromessi tra gli stati una democratica accettazione di responsabilità diretta da parte dei cittadini. Ed è vero. L’Europa deve cambiare, deve migliorarsi, sviluppare la flessibilità sociale necessaria, così come attuare un’integrazione fiscale e politica. Solo in tal senso si può garantire il rispetto della democrazia, aiutando concretamente i cittadini. In un mondo che è sempre stato “globale” ed è sempre più globale bisogna creare cooperazione internazionale, investendo su delle giuste politiche di occupazione, dando rilievo all’economia sociale, garantendo il rispetto dei diritti, la pace, basandosi sul principio per cui gli uomini, i cittadini, non sono un mezzo ma il fine ultimo da perseguire. I nuovi leader politici devono a riaccendere l’entusiasmo per un progetto europeo riformato, che sia solido, democratico e soprattutto, devono respingere con forza le spinte populiste che vogliono spegnere il sogno dell’Europa.

 

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