Perché un “nuovo” Patto Unitario
GENNAIO 2019
Il Fatto
Perché un “nuovo” Patto Unitario
di   Antonio Foccillo

 

 

Lo scontro politico e il sistema elettorale hanno annullato molti elementi di coesione sociale. Per sostenere ognuno le tesi del proprio schieramento politico e disconoscere la dignità del proprio avversario, si è dato vita ad altri valori che non si basano più sulla necessità di mediare fra interessi diversi e di solidarietà fra le persone ma si punta tutto sulla demagogia e sul quotidiano, facendo diventare tutti tifosi della propria posizione e considerando l’altro il nemico. A tutto ciò è seguita una ben più grave crisi che scuote le fondamenta della democrazia parlamentare e che attiene al rapporto tra società civile – i rappresentati e società politica – i rappresentanti - che oggi segna gran parte della vita politico-istituzionale del Paese. Questa si evidenzia in una diffusa sfiducia nelle organizzazioni e nelle istituzioni politiche, che coinvolge anche i sindacati. Ma si esprime soprattutto contro i rappresentanti che nei diversi livelli politico istituzionali e amministrativi vengono individuati come una casta contro cui, ben al di là dei tanti ed effettivi demeriti, monta nel Paese un’evidente protesta, creando un clima di odio e di divisione molto pericolosa. La tendenza al rifiuto della politica, alla chiusura nel circolo vizioso dei piccoli interessi di casta e corporazione, sono tanto più preoccupanti se non si affronta, anche e soprattutto sul piano politico, il come uscire da questa che potrebbe diventare una vera e propria impasse.

 

Tutto ciò va combattuto per invertire la pericolosa tendenza allo scollamento, alla frantumazione corporativa della società, innovando la prassi politica consolidata sulla base di un’appropriata analisi delle realtà sociali e inventando nuove soluzioni ai nuovi bisogni. Per fortuna ancora oggi, nonostante tutto, non bastano i social a rappresentare tutti i cittadini, resta centrale il problema di come riconquistare il consenso sociale e ciò non può che passare per la difesa della democrazia partecipata e per il riconoscimento delle rappresentanze. Invece, la politica e gli ultimi governi hanno contribuito a questo clima di sfiducia minacciando la funzione di rappresentanza del sindacato, ponendo fine alla concertazione e accentuando la crisi di rappresentatività per mettere in discussione non solo la credibilità del sindacato italiano ma anche la sua funzione nella società. Questo atteggiamento di presupponenza, arroganza e protagonismo assoluto prima o poi si scontrerà con il dissenso e ci vorranno le forze intermedie per mediare i conflitti, com’è sempre avvenuto. Ovviamente, per poter modificare questi atteggiamenti, bisogna che il movimento sindacale si renda conto che deve modificare anche il suo modo di proporsi, perché è variato il modo dello sviluppo dell’aggregazione sociale e ciò non significa che sia venuta meno la necessità dell’uomo di unirsi collettivamente, di riconoscersi in una aggregazione. Allora la discussione nelle tre organizzazioni confederali, piuttosto che continuare sui temi dell’attualità, pur essendo complicato, viste le questioni molto importanti che si agitano nell’agone politico, economico e sociale, deve, invece, affrontare come avanzare un nuovo programma di sviluppo per recuperare una maggiore occupazione e soprattutto buona occupazione. Non devono mancare anche i temi strategici, come l’analisi dell’evoluzione della crisi economica dovuta a fattori interni e, soprattutto a fattori esterni, per individuare un nuovo modello economico che favorisca la crescita, provando a cambiare anche le rigidità europee. La piattaforma unitaria, in questo senso, fondata sui valori Costituzionali, capovolge finalmente l’ipostazione difensiva e propone strategicamente proprio i contenuti di un nuovo modello di società solidale e coesa e un nuovo modello economico di sviluppo che garantisca nuove opportunità. Essa si basa sul presupposto di un nuovo modello di crescita economica, un forte progetto di rinnovamento che riaccenda le speranze sopite con una seria e corretta politica sociale non più basata sull’assistenzialismo e sulle spese improduttive, ma un percorso verso un progetto di una reale democrazia economica del sociale e del lavoro che può ancora realizzarsi. Rivendica, per questo, un nuovo modello di sviluppo fondato sui diritti e sulla qualità sociale, un nuovo welfare che ripristini giustizia e eguaglianza, politiche di solidarietà e di cooperazione internazionale. Le tante assemblee, le riunioni degli organismi e la manifestazione del 9 febbraio hanno testimoniato che nel sindacato confederale si respira un clima nuovo. La partecipazione di tantissimi lavoratori e pensionati hanno manifestato una convinta adesione e soprattutto la voglia di un nuovo protagonismo per ridare un futuro diverso al Paese e contemporaneamente si è riaffermata la volontà di riconquistare dignità e partecipazione. Sia nel gruppo dirigente sia nei partecipanti vi è stata la consapevolezza che si stavano determinando le condizioni che consentiranno di rafforzare il ruolo del sindacato nel futuro, perché si sa che il nuovo a cui bisognerà rivolgersi è già presente, non solo nelle strutture sociali ed economiche, ma già nei luoghi che si frequentano, nelle “ideologie” che attraversano le scelte economiche e sociali, nei valori che presiedono le attese. Per realizzare questa nuova capacità una condizione è assolutamente imprescindibile e preliminare ed è la necessità di rianimare il grado dialettico, conoscitivo e formativo dell’organizzazione di rappresentanza in generale. Per questo va attivata una fluidificazione delle riflessioni politiche, dei processi di coinvolgimento, per riaggregare gli scopi e gli interessi. Il sindacato da qui deve partire perché ha ritrovato una nuova fase di elaborazione unitaria. Dopo la lunga fase di crisi dell’unità sindacale che ha visto le tre organizzazioni ritrarsi al proprio interno alla ricerca di una nuova stabilità e di una nuova identità, oggi si registra la tendenza verso il recupero del rapporto unitario, alla luce delle diversità che nel frattempo si sono concretizzate. Il rapporto unitario rappresenta una condizione di riferimento per una strategia sindacale diretta ad essere rappresentativa del movimento dei lavoratori, ma bisogna evitare, ancora, che le diversità quantitative e qualitative possano diventare un nuovo freno. Il congresso della Cgil ha scelto Landini quale Segretario Generale, che ha inaugurato il suo mandato con la prima manifestazione unitaria. Una delle prime scelte cui sarà chiamato è quella di rispondere alla proposta della Uil, fatta in varie occasioni e, non ultima al congresso, da Carmelo Barbagallo, di riscrivere le nuove regole che rafforzino il processo unitario con un nuovo modello non solo politico ma strutturale. Le battaglie sindacali possono essere ancora vincenti e soprattutto coinvolgenti, se si continuerà a guardare la società, i cittadini, i lavoratori, i giovani in una nuova ottica di partecipazione e non come comparse passive di scelte fatte da altri soggetti. Ma soprattutto saranno vincenti se si presenteranno con un sistema rafforzato di unità, proseguendo sui contenuti della piattaforma unitaria che non è legata al contingente ma alla prospettiva di affermare nuovi valori e nuove tutele e diritti.

 

In questi anni abbiamo vissuto una regressione politica e culturale molto forte in materia di diritti, una distanza grandissima tra ceto politico e società. Negli anni settanta ci fu una grande affermazione dei diritti civili, oggi siamo in un’altra dimensione. Allora la legislazione italiana su alcuni punti era la più avanzata d’Europa. Ora siamo non solo fanalino di coda ma lontani culturalmente. Non si possono scindere diritti e governo dell’economia. Così alcuni diritti non ci sono riconosciuti nella loro pienezza perché appartenenti a ognuno ma sono accessibili soltanto a chi ha le risorse per poterli far diventare effettivi. Si sta rompendo lo schema indicato dal principio costituzionale di uguaglianza. Quindi, se l’efficacia dell’azione sindacale passa ancora e sempre nel concorrere alla costituzione della libertà e delle eguaglianze, allora proprio su tutto ciò il sindacato deve costruire il suo impegno. Per questo il rilancio dell’unità rappresenta la sua apertura politica, l’ampio respiro strategico che può far ritrovare quella capacità di influire nel contesto economico e sociale della nostra democrazia.

 

 

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