CRISI DEBITO E VIE D'USCITA  - Dipartimento Internazionale
L'Europa deve affrontare il debito sociale.
Messaggio in vista del Vertice Sociale Tripartito dell'Unione Europea del 18 ottobre prossimo
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15/10/2012  | Internazionale.  

 

La crisi del debito e le vie per uscirne sono al centro di tutte i dibattiti. Come è legittimo che sia. Tuttavia, vi è anche un debito sociale, che è altrettanto cruciale quanto quello monetario, se si vuole salvare l’Europa.

 

I programmi di austerity imposti ai paesi in difficoltà, ma anche ad altri paesi che desiderano conformarsi a tali criteri, si concentrano sui tagli che colpiscono le fasce più vulnerabili della popolazione attraverso una diminuzione della protezione sociale e l’indebolimento delle relazioni industriali. È in atto un’operazione di smantellamento sistematico di quel modello sociale che ha fatto dell’Europa un’oasi di democrazia avanzata e di ridotte disuguaglianze sociali. Esiste oggi un’emergenza sociale nei paesi del Sud, mentre cresce dovunque il livello delle diseguaglianze. Alcuni programmi economici spingono l’Europa verso la creazione di zone franche inaccettabili, perché fanno concorrenza e mettono a repentaglio anche quei paesi che, oggi, se la cavano meglio. Il trattamento imposto oggi ai lavoratori di Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna, prima o poi, si rivelerà un boomerang anche per i lavoratori del Nord.

 

Intollerabile è poi la situazione dei giovani, il cui tasso di disoccupazione, in molti paesi del Sud, sfiora o raggiunge addirittura il 50%, con condizioni di lavoro precarie ormai generalizzate ovunque.

 

Il fatto é che l’austerity non porta solo all’emergenza sociale. L’austerity è anche un clamoroso fallimento:  le misure adottate finora non riescono infatti a contrastare l’onere eccessivo del debito né a ripristinare la fiducia dei mercati. Al contrario, l’austerity comporta un ulteriore indebolimento delle finanze pubbliche. Se anche la Grecia o la Spagna fossero in pareggio, in situazione di tanto decantato “deficit zero”, il loro indice di indebitamento si troverebbe comunque alle stelle a causa del collasso del PIL nazionale e della loro attività economica. Un calo esasperato dai tassi di interesse insostenibili che vengono imposti loro per soddisfare le attese dei mercati finanziari.

 

Chi ne approfitta?

 

Il capitalismo “casino’” è all’origine dei problemi cui ci troviamo di fronte oggi. Questo sistema ha fallito. Ma il capitale viene tuttora tutelato e protetto. Mentre, nei loro comodi e piacevoli uffici, le banche manipolano i tassi di interesse, i governi continuano ad adoperarsi perché sia la gente a pagare per il fallimento del sistema.

 

Le istituzioni dell’Unione Europea, in primis il Consiglio e la Banca centrale europea, e il Fondo monetario internazionale, dovrebbero puntare invece ad una effettiva giustizia fiscale, porre fine alla concorrenza e all’evasione fiscali ed istituire una tassa sulle transazioni finanziarie. Al contrario, richiedono riforme strutturali, riduzioni dei salari minimi e delle pensioni e tagli alle indennità di disoccupazione. Scelte ingiuste quanto inefficaci. E’ infatti necessario promuovere investimenti e salari dignitosi, a sostegno di una crescita sostenibile.

La CES userà tutta la propria forza ed influenza per stimolare un cambiamento di rotta. Superare in modo sostenibile la crisi presuppone il ripristino e il rafforzamento di meccanismi e di politiche che contribuiscano a ridurre le diverse forme di ineguaglianza sociale e a contrastare ed invertire la tendenza all’eccessiva concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi.

 

La CES sostiene un’Unione europea che difenda l'occupazione di qualità, salari dignitosi, progresso sociale e giustizia sociale. Ci opponiamo fermamente allo smantellamento del nostro modello sociale che tuttora costituisce un riferimento e un’ispirazione per i lavoratori del resto del mondo.

 

La CES è portatrice di un progetto sociale per l’Europa.

 

Mentre si discute oggi sull’opportunità di una nuova Convenzione, o addirittura di un nuovo Trattato, i responsabili politici devono essere ben consapevoli del nostro impegno e della nostra determinazione nell’esigere che i diritti sociali abbiano priorità sulle libertà economiche.

 

Bernadette Ségol, Segretaria generale della CES

Ignacio Fernández Toxo, Presidente della CES