Confini  - Guglielmo Loy
Migranti, la nuova Lampedusa è sulle montagne piemontesi
Per passare dall'Italia alla Francia attraversano le Alpi
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16/01/2018  | Immigrazione.  

 

Per passare dall'Italia alla Francia attraversano le Alpi. Con il rischio di congelamento e valanghe. La polizia francese rispedisce quanti trova al di là del confine. Ma la valle risponde: «In montagna non importa la nazionalità, nessuno va abbandonato»

 

di Rita Rapisardi, http://espresso.repubblica.it/

 

15 gennaio 2018 - I confini disegnati sulle mappe per un migrante restano sulla carta. Come in mare ha attraversato una distesa di onde senza interessarsi se fossero dal lato africano o da quello europeo, ma sperando solo di non morire, lo stesso è sulla neve: il nuovo confine che deve superare per passare in Francia. La rotta che dall’Italia porta oltralpe è in Val Susa, nelle Alpi piemontesi. Solo un piccolo cartello con la scritta Francia indica il passaggio tra i due Paesi e la vecchia frontiera ormai in disuso è in decadimento. Di giorno la temperatura raggiunge anche meno cinque e di notte può scendere fino a meno dodici.

 

DA CLAVIERE A MONGINEVRO SULLA NEVE

 

Claviere, l’ultimo paese italiano prima della frontiera, e Monginevro, il primo al di là, sono le nuove Libia e Lampedusa, di nuovo una partenza e un arrivo per i tanti che per essere qui hanno macinato migliaia di chilometri. I due comuni montani non raggiungono insieme i mille abitanti e le presenze si limitano per lo più agli amanti degli sport invernali e ai tanti che lavorano con il turismo in comprensori, ristoranti e hotel. Arrivando da Torino si impiega poco più di un’ora per raggiungere Claviere. L’ultima indicazione dice Claviere 6 chilometri, Francia 7. La pista di fondo, in estate un campo da golf, che costeggia la strada asfaltata che unisce i due paesini, è lunga circa tre chilometri. Con passo spedito e per chi ha le scarpe adeguate si impiega poco a percorrerla. Ma uscendo dal tratto abbattuto si sprofonda nella neve fresca per un metro e muoversi è impossibile.

 

I migranti non hanno attrezzatura né per la neve né per il freddo, il massimo sono jeans e scarpe di tela. Sono quasi tutti ragazzi provenienti dell’Africa subsahariana. Dopo aver attraversato il deserto e essere arrivati di fronte al Mediterraneo, molti sono stati trattenuti nei centri libici dove hanno subito soprusi e torture. Poi sui barconi fino a Lampedusa. Giungono in queste montagne dai centri di accoglienza sparsi sul territorio, molti con il treno che ferma nelle vicine stazioni di Oulx e Bardonecchia, le cui sale di attesa sono ormai colme. La maggior parte abita in Italia da mesi, ma per mancanza di lavoro o perché la domanda da rifugiato non va a buon fine decidono di puntare alla Francia. Parlano lingue francofone per quello mirano al paese d’oltralpe, quello che più di un secolo fa colonizzò i loro paesi d’origine: Niger, Mali, Costa d’Avorio, Senegal.

 

BARDONECCHIA, L’ALTRA VIA

 

La traversata dal colle del Monginevro è in piano anche se siamo tra 1700 e 1800 metri. Motivo per cui sta diventando la preferita rispetto a quella che da Bardonecchia, importante centro sciistico in alta Val Susa, arriva a Névache e poi a Briançon, il primo centro dove si può presentare domanda per il permesso. Da lì si passa per il colle della Scala e il versante è ripido.

 

Quest’inverno la neve è scesa in abbondanza e il tempo non è stato clemente. L’elicottero dei vigili del fuoco sorvola costantemente queste montagne, nelle ultime settimane l’allerta valanghe ha raggiunto il livello più alto. Non è impossibile che i migranti, in particolare quelli che passano dal colle della Scala, taglino la neve provocando dei distacchi.

 

I passaggi non mai stati così tanti come quest’anno, si parla di 10-20 persone al giorno. Complice l’impossibilità di attraversare altrove, prima infatti Ventimiglia era il passaggio prediletto. Tentano a ogni ora del giorno e della notte, con la luce o senza, singolarmente o in piccoli gruppi. Per il soccorso alpino, che non dispone di molte persone e la maggior parte sono volontari abitanti della valle, è difficile capire se c’è qualcuno in pericolo. Non si esclude che con il disgelo qualche cadavere emerga dalla neve.

 

RIPORTATI INDIETRO DALLA POLIZIA FRANCESE

 

A passare per queste vie sono soprattutto giovani uomini. Ma non mancano le donne. Una di queste qualche settimana fa, racconta un abitante, è stata trovata a Monginevro dalla gendarmerie, la polizia francese, rifugiata in un bagno per stare al caldo. È stata caricata a forza su una volante e nonostante fosse infreddolita e non in buone condizioni di salute è stata riportata oltre il confine. E’ ormai consuetudine, denunciano i volontari che la “Paf”, la polizia di frontiera, agisca anche su territorio italiano: «Arrivano nelle stazioni di Bardonecchia e Oulx e attuano una specie di blocco, spaventano i migranti con la loro presenza e non li fanno salire sui treni. Non controllano neanche i documenti, è sufficiente avere la pelle non bianca. Li riportano indietro senza preoccuparsi, anche abbandonandoli in strada». Ormai la gendarmerie fa’ da spola tra territorio francese e italiano, come racconta un volontario dei vigili del fuoco di Monginevro: «Ne soccorriamo decine ormai, entriamo in azione quando la polizia ci chiama perché qualcuno sta male. L’ospedale più vicino è Briançon, sono curati e quando stanno meglio il medico firma e la polizia li riporta in auto in Italia».

 

LA VALLE SI ORGANIZZA

 

Come gli abitanti di Lampedusa anche la valle porta aiuto. Perché la cosa più importante, dicono, è rispettare la regola principale della montagna, chi è in pericolo va aiutato sempre, non interessa la nazionalità. Anche per questo è nata la rete solidale “Briser les Frontières”, abbattere le frontiere, composta da cittadini italiani e francesi. Sostengono la libera circolazione delle persone che vogliono migliorare la propria condizione di vita. Hanno messo in piedi una raccolta di indumenti pesanti e creato una rete di persone per ospitare i migranti per qualche notte. Portano pasti caldi ai tanti che arrivano qui. Hanno anche organizzato una marcia percorrendo lo stesso tratto che i migranti affrontano ogni giorno.

 

Accanto alla solidarietà viaggia l’attacco al governo. Accusano il ministro dell’Interno Marco Minniti di aver permesso con il decreto  da lui firmato la creazione in Libia di quelli che definiscono campi di concentramento. «Quando andavo a scuola e si studiava la cartina politica e quella fisica, da un lato i capoluoghi di provincia e regione, dall’altro i nomi di montagne e fiumi», racconta Daniele membro della rete, «Noi non siamo politici, guardiamo alla seconda mappa. Non facciamo passare la gente, ma li aiutiamo a non morire».

 

Per questi attivisti che da sempre si battono per le loro montagne con il movimento NoTav, il treno ad alta velocità, sostenere la libera circolazione è fondamentale. «Paradossalmente una scatoletta di tonno ci mette mezzora ad attraversare decine di chilometri con un treno merci che devasta le montagne e costa milioni, mentre una persona è bloccata solo perché è nata in un paese povero», racconta un altro attivista. Ma non a tutti interessa questa storia. Sul versante francese molti sono stufi di avere a che fare con questa emergenza. «Ormai siamo invasi», si sente dire in giro. Nei bar ai piedi delle piste sciatori stanchi trovano ristoro in una cioccolata calda, guardano il cielo scongiurando le nuvole. Le vite dei migranti sono solo una chiacchiera da bar, poi si passa in fretta a parlar d’altro, sugli smartphone si consulta il meteo sperando nel bel tempo per il mattino dopo.