Immigrazione  - Guglielmo Loy
Migranti, lo strappo di Vienna: «Stop al piano ricollocamenti»
La linea dura di Vienna sembra destinata a creare ulteriori polemiche
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28/03/2017  | Immigrazione.  

 

lastampa

 

Giornata di tensioni a Bruxelles. L’Austria: accoglieremo rifugiati da Italia e Grecia. Poi il dietrofront: già fatta la nostra parte. E l’Ungheria accusa Roma: ci ricatta

 

Marco Bresolin,  inviato a Bruxelles

 

La mattina sembrava iniziata con i migliori auspici. Con il ministro dell’Interno austriaco, Wolfgang Sobotka, che entrando alla riunione del Consiglio Affari Interni dell’Ue annuncia la decisione del suo governo: «Inizieremo ad accogliere i rifugiati da Italia e Grecia». Sembrava una svolta, forse figlia della ritrovata armonia dei Paesi Ue dopo il summit di Roma. E invece, quando i ministri si sono messi al tavolo, si è capito subito che sulla questione immigrazione l’unità è solo di facciata. Ognuno resta fermo sulle sue posizioni, soprattutto sulla riforma di Dublino, e non sembrano esserci margini per andare avanti. Non solo: nel pomeriggio da Vienna è arrivata la retromarcia sulla redistribuzione, frutto anche di uno scontro interno al governo: «Non rispetteremo il piano europeo». L’unità sfoggiata durante la foto di sabato in Campidoglio è già un ricordo.   

 

Lo schema procede a rilento e la linea dura di Vienna sembra destinata a creare ulteriori polemiche. Sobotka, esponente dei popolari, aveva annunciato di essere pronto a rispettare gli impegni presi in Consiglio, accogliendo la quota di rifugiati che spetta al Paese. Ma ha ribadito di non essere d’accordo con il meccanismo «perché ritengo che costituisca un fattore di attrazione». Però, per senso di responsabilità, ha rassicurato i colleghi: «Faremo il nostro dovere». Nemmeno il tempo di dirlo che da Vienna il suo collega di governo Hanz Doskozil (Difesa, socialdemocratico) ha messo subito in chiaro le cose: già oggi l’esecutivo austriaco è pronto ad adottare un provvedimento che prevede l’uscita dal piano di ricollocamenti.  

 

Negli ultimi due anni, ha detto Doskozil, l’Austria ha accolto «molte più domande d’asilo dell’Italia». E ha puntato il dito sugli ingressi «illegali» alla frontiera italo-austriaca: «Siamo uno dei Paesi che porta il maggior peso nella questione dei flussi migratori. Abbiamo fatto a sufficienza la nostra parte». Il titolare della Difesa ha spiegato che il provvedimento atteso per oggi tecnicamente «non è un’uscita dall’accordo Ue perché l’Austria, visti gli impegni già presi, non sarebbe neanche più tenuta ad accogliere ulteriori profughi».   

 

La Commissione aveva già minacciato più volte la procedura di infrazione per i Paesi (soprattutto dell’Est più l’Austria) che non rispettano il piano, anche se non ha mai messo in pratica una risposta seria. Per ora nessun commento sulle dichiarazioni di Doskozil (alle quali sembra essersi successivamente allineato anche Sobotka), in attesa che il provvedimento venga effettivamente approvato. A quel punto potrebbe arrivare una risposta.   

 

La posizione più dura è stata quella di Budapest. «L’Italia ricatta l’Ungheria e i Paesi dell’Europa centro-orientale sui ricollocamenti», ha accusato il portavoce del governo, Zoltan Kovacs, a Roma per un incontro informale con alcuni media.  

 

Le difficoltà a trovare un punto di intesa sono ben sintetizzate dal ministro maltese Carmelo Abela, che guida la presidenza di turno dell’Ue: «Sulla riforma di Dublino (che regola il diritto d’asilo, ndr) non ci siamo ancora». La parola che divide i Paesi è sempre la solita: «Solidarietà». «Vogliamo trovare un compromesso per la fine della nostra presidenza - ha aggiunto -. Noi facciamo del nostro meglio, ma sta anche agli Stati membri».