Immigrazione  - Guglielmo Loy
Il ventiduesimo Rapporto ISMU sull’immigrazione in Italia: aspetti statistici
Le caratteristiche e le dinamiche del fenomeno sul piano quantitativo e qualitativo
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06/12/2016  | Immigrazione.  

 

neodemos-it

 

Gian Carlo Blangiardo

 

Lo scorso 2 dicembre è stato presentato a Milano, a cura della Fondazione Ismu, il Ventiduesimo Rapporto sulle migrazioni (2016), con cui si è fatto il punto sulla realtà della presenza straniera nel nostro Paese con un approccio multidisciplinare che considera sia le caratteristiche e le dinamiche del fenomeno sul piano quantitativo e qualitativo, sia le condizioni di contesto, nazionale e internazionale, entro cui esso va muovendosi.

 

Sul fronte statistico, il Rapporto indica il poco meno di 5,9 milioni la stima della popolazione straniera presente in Italia (regolari e non) al 1° gennaio 2016, con un aumento di 52 mila unità (+0,9%) rispetto all’anno precedente e di 150 mila rispetto al 1° gennaio 2014. L’incremento osservato nel 2015 sembra per lo più dovuto alla componente irregolare (+31 mila), mentre più modesta risulta la crescita sia dei residenti regolarmente iscritti in anagrafe (+12 mila unità) sia dei regolari non residenti (+9 mila). A prima vista l’incremento della popolazione immigrata sembrerebbe dunque modesto, ma se teniamo conto anche delle acquisizioni di cittadinanza avvenute nel 2015, il giudizio e i numeri della effettiva crescita cambiano radicalmente.

 

Poiché nel 2015 i “nuovi italiani” sono indicati in 178 mila (contro i 130 mila del 2014 e i 101   mila del 2012), se ai 52 mila stranieri presenti conteggiati in più (regolari e non) si aggiungono i coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana, la crescita reale del numero complessivo di presenti sale a 230 mila, segnando un aumento del 4% di poco inferiore al 5% del precedente anno.

 

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Tale “rivisitazione” del dato sulla crescita trova un interessante riscontro anche in corrispondenza di alcune importanti collettività. Ad esempio, il bilancio anagrafico del 2015 segnala circa 23 mila albanesi in meno, ma ne dichiara 36 mila divenuti italiani, lasciando intendere una crescita di 13 mila unità effettivamente riconducibile al saldo dei flussi di mobilità e di movimento naturale. Del tutto simile è il conteggio relativo ai marocchini – che da una crescita registrata come negativa per 12 mila unità passano a una ricalcolata in termini positivi per 21 mila – e ai tunisini (da -367 a +4974). Mentre per i peruviani l’effetto cittadinanza vale semplicemente a spiegare il consistente calo dei residenti (-5 mila), ma non consente di sostenere l’esistenza di un saldo attivo sul fronte dei movimenti (naturale e migratorio).

 

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La crescita che “c’è ma non si vede” rappresenta dunque la vera novità nel panorama migratorio che ci viene descritto dal Rapporto Ismu attraverso l’analisi dei dati statistici del 2015. Ma la sorpresa non sta tanto nella dimensione numerica del fenomeno – che certo non si ripropone con i valori degli anni pre-crisi – quanto nelle modalità con cui si è andato formando, e occultando. Nel fatto che i circa 200 mila residenti stranieri aggiuntisi nel 2015 – alimentati da un mix di saldo migratorio e naturale dosati nella proporzione di 3 a 2 – hanno trovato quasi identica contropartita nel flusso di transizione alla cittadinanza italiana.

 

Ossia in quello che può ritenersi il punto di arrivo di un percorso migratorio che porta alla definitiva appartenenza alla società ospite. Certo, i dati statistici di questi ultimi anni hanno già da tempo segnalato la progressione, con o senza crisi, della sequenza: accesso al titolo di soggiorno (regolari), stabilità dello stesso (lungo soggiornanti), naturalizzazione (nuovi cittadini). Ma è singolare osservare come l’accelerazione di questi ultimi tempi avvenga in un contesto che crea nel popolo degli stranieri oggi presenti in Italia una polarizzazione netta: tra chi ce l’ha fatta (o almeno sta andando avanti) e chi ancora arranca alla ricerca di un luogo in cui fermarsi a vivere.

 

La dicotomia è particolarmente eloquente nella contrapposizione tra la folta schiera dei circa 66 mila minorenni che nel 2015 sono diventati italiani – spesso in un contesto familiare e con buona pace delle continue critiche alla legge n. 91 del 1992 – e gli oltre 12 mila minori stranieri non accompagnati (Msna) sbarcati nello stesso anno e collocati, nel migliore di casi, entro una struttura di accoglienza, mentre le statistiche ufficiali, sempre a fine 2015, ricordano l’esistenza di oltre 6 mila Msna divenuti “irreperibili”.

 

D’altra parte, la legittima soddisfazione per aver conteggiato nel 2015 “più approdi alla cittadinanza che sbarchi sulle coste” non deve indurci a credere che tutto sia e sarà sempre sotto controllo sul fronte delle migrazioni. I numeri esposti dal Rapporto Ismu lasciano forse intendere per l’Italia un nuovo corso del fenomeno migratorio, fatto di flussi governabili e di crescita sul piano dell’integrazione, ma le dinamiche di un mondo globalizzato e sempre più in movimento possono riservarci sorprese, non necessariamente esenti da problemi.