Immigrazione  - Guglielmo Loy
Ungheria vota domenica su quote/migranti. La sfida di Orban all’UE
L'Ungheria fa parte di un gruppo di paesi est europei accomunati nel rifiuto delle quote
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30/09/2016  | Immigrazione.  

 

Budapest, 30 set. (AdnKronos) - "Volete consentire all'Ue di decidere sulla ricollocazione obbligatoria in Ungheria di cittadini non ungheresi senza il consenso del parlamento (di Budapest)?". E' questo il quesito che i votanti si troveranno sulle schede elettorali quando domenica i seggi apriranno per il referendum con cui l'Ungheria del premier conservatore e nazionalista Viktor Orban vuole affossare il piano di ripartizione dei rifugiati tra i paesi Ue tramite un sistema comune di quote. Nei giorni scorsi Orban ha tra l'altro proposto di espellere i rifugiati in attesa di una decisione sulla loro richiesta di asilo "in una grande isola o in una zona lungo la costa dell'Africa settentrionale".  

 

L'Ungheria fa parte di un gruppo di paesi est europei accomunati nel rifiuto del progetto sulle quote. Il primo piano di redistribuzione deciso da Bruxelles prevedeva la sistemazione di 160mila persone, 2300 delle quali in Ungheria. Budapest non ha mai tradotto in pratica il compito richiestole e il premier Orban ha adito la Corte di Giustizia dell'Unione Europea per contestare la decisione.

 

Un altro passo compiuto dall'Ungheria in uno dei momenti più drammatici della crisi è consistito nell'edificare un muro anti-migranti lungo 164 chilometri alla frontiera con la Serbia per impedire ogni ingresso. Di fronte all'ondata di critiche che l'ha investita, Budapest ha citato l'esempio delle barriere esistenti nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla. Budapest ha quindi annunciato che non avrebbe più rispettato le regole sulle richieste di asilo nell'Unione Europea, quelle della Convenzione di Dublino, e quindi che non avrebbe più riaccolto i migranti entrati nella Ue attraverso il territorio ungherese e quindi usciti dal paese. Ultima tappa, quella del referendum di domenica, che dovrebbe dare l'ultimo colpo di piccone al tentativo di dare una risposta comune alla crisi migratoria.

 

Anche se, da Bruxelles, il commissario europeo alle Migrazioni e agli Affari Interni Dimitris Avramopoulos, ha precisato che "a quanto ci risulta, il referendum ungherese" sui programmi di trasferimento di rifugiati all'interno dell'Unione Europea che si terrà il 2 ottobre "si riferisce alle decisioni che verranno prese nel futuro" sulla materia. "Le decisioni già concordate da tutti gli Stati membri, in ogni caso, rimangono le stesse", ha precisato. L'unico partito ungherese a fare apertamente campagna a favore del 'sì' è quello liberale, che però ha un solo deputato in parlamento. Per il 'no' si battono invece il governo di destra (Fidesz-KDNP) e il partito di estrema destra Jobbik. A sinistra, socialisti e coalizione democratica, i partiti di sinistra, esortano a boicottare il voto.

 

In caso di vittoria - molto probabile - del no (unico dubbio è la percentuale di votanti ma l'affluenza dovrebbe superare il 50% degli aventi diritto), Orban ne farà chiaramente uno strumento per far leva sull'Unione Europea, anche se il diritto europeo prevale sulla consultazione e in caso di violazione palese delle norme comuni il rischio che il paese corre è quello di andare incontro a sanzioni pecuniarie.     

 

Il commissario Avramopoulos tuttavia rispondendo recentemente ad una domanda su eventuali procedure di infrazione, ha risposto: "Non siamo ancora a quel punto, le procedure di infrazione" per gli Stati Ue che non implementano le decisioni prese in merito al trasferimento dei migranti all'interno dell'Unione, ma "siamo qui per convincere i Paesi". Tuttavia, "la legge dell'Ue non è opzionale e quello che gli Stati membri hanno deciso deve essere implementato. La Commissione si riserva il diritto di intraprendere azioni legali, ma ora ci focalizziamo sui miglioramenti".

 

Se è vera l'ipotesi formulata da alcuni, secondo cui il referendum è stato voluto soprattutto ad uso interno, ossia come mezzo per il premier Orban per tenere a bada l'elettorato di estrema destra anche in vista delle elezioni generali del 2018, non mancherà però di avere ripercussioni a livello europeo: i risultati del voto potranno essere sfruttati politicamente da tutti i partiti populisti anti-migranti alla vigilia di due importanti appuntamenti elettorali per l'Europa: le presidenziali francesi e le elezioni politiche tedesche, entrambi fissati per il 2017.

 

E in vista della vittoria ormai quasi scontata del 'no' al voto, gli osservatori si interrogano sulle prossime mosse che Orban si riserva di compiere nell'ambito di quella che appare sempre più come una "contro-rivoluzione culturale" che sta conducendo contro Bruxelles. "Ha già fatto capire di avere un'agenda europea che va aldilà della questione migratoria - sottolinea Peter Kreko, direttore di PoliticalCapital, think tank di Budapest, citato da FT - Punta ad essere una forza di trasformazione all'interno dell'Ue".

 

Contro le misure prese dall'Ungheria sui migranti si è espressa recentemente anche Amnesty International denunciando che "migliaia di richiedenti asilo, compresi minori non accompagnati, subiscono violenze, respingimenti illegali e detenzioni arbitrarie da parte delle autorità ungheresi, che hanno approntato un sistema palesemente destinato a scoraggiarli". In un nuovo rapporto, dal titolo 'Speranze abbandonate: l'attacco dell'Ungheria ai diritti dei rifugiati e dei migranti', Amnesty ha reso noto che centinaia di richiedenti asilo sono lasciati per mesi in condizioni degradanti in attesa di conoscere il loro destino mentre molte altre persone riuscite a entrare in Ungheria vengono respinte in Serbia o trasferite illegalmente in centri di detenzione.

 

"Orban ha sostituito lo stato di diritto con uno stato di paura. Il suo intento di impedire a rifugiati e migranti di entrare in Ungheria è stato accompagnato da una serie ancora più preoccupante di attacchi nei loro confronti e contro le garanzie internazionali che dovrebbero proteggerli - ha dichiarato John Dalhuisen, direttore di Amnesty per l'Europa - Il trattamento orribile loro riservato e l'adozione di procedure d'asilo labirintiche rappresentano un cinico stratagemma per scoraggiare i richiedenti asilo a raggiungere e varcare una frontiera sempre più militarizzata. Nel contesto della deleteria campagna referendaria, la velenosa retorica anti-rifugiati sta raggiungendo i suoi massimi livelli".