Immigrazione  - Ivana VERONESE
Cir, migliaia di rom a rischio apolidia
«Impatto negativo da legge su sicurezza, tanti bloccati in limbo»
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05/03/2019  | Immigrazione.  

 

(da www.cir-onlus.org) - Roma, 05 marzo 2019-  In Italia, tra le 3.000 e le 15.000 persone appartenenti alla comunità Rom sono ancora a rischio apolidia e, secondo il nuovo country profile pubblicato oggi sullo Statelessness Index, non è stato fatto abbastanza per proteggere i loro diritti. Inoltre, le organizzazioni della società civile sono preoccupate per tutti coloro che hanno già ottenuto la cittadinanza italiana e che, per effetto del cd. Decreto Sicurezza, rischiano di essere rese apolidi a causa delle controverse misure in esso contenute. 

 

Il country profile, a cura del Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) e dello European Network on Statelessness (ENS), è un’estesa analisi della legislazione, delle politiche e delle pratiche italiane in materia di apolidia

 

Lo Statelessness Index è uno strumento online che valuta le misure adottate da 17 Paesi europei per ridurre il rischio di apolidia e proteggere le persone apolidi, comparando le prassi con le norme e le buone pratiche internazionali.

 

Il country profile chiarisce inoltre che, dopo l’entrata in vigore del cd. “Decreto Sicurezza”, le clausole sulla revoca della nazionalità non risultano essere in linea con la Convenzione dell’ONU del 1961 a cui l’Italia ha aderito nel 2015 ed espongono le persone al rischio di apolidia.

 

Daniela di Rado, co-autrice dell’analisi ed esperta legale del Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), dichiara:

 

“La nuova legge italiana sulle migrazioni non introduce nulla di positivo per quanto riguarda l’apolidia, ma anzi aumenta il tempo per ottenere la cittadinanza fino a 4 anni. Questa misura avrà un impatto diretto sugli apolidi che rimarranno bloccati in un limbo per anni. Invece di fare progressi verso lo sradicamento dell’apolidia, stiamo facendo passi indietro nel nostro impegno per proteggere i diritti fondamentali degli apolidi”.

 

Lo Statelessness Index evidenzia come le carenze della normativa e delle politiche italiane in materia di apolidia non garantiscano la protezione degli apolidi che vivono nel Paese, né prevengono e riducono l’apolidia, anche tra i bambini. Ancora troppo poco è stato fatto per ridurre il rischio di apolidia tra i bambini apolidi e garantire il rispetto dei loro diritti.

 

Nina Murray, co-autrice dell’analisi e Head of Policy and Research at the European Network on Statelessness (ENS) dichiara:

 

“Nessun bambino dovrebbe crescere apolide. Per un bambino, l’impossibilità di provare la propria nazionalità può avere enormi conseguenze dal giorno in cui nasce. Successivamente nella propria vita potrà incontrare ostacoli legali alla sua condizione di apolide inclusa l’impossibilità di avere un certificato scolastico, un lavoro, aprire un conto in banca o sposarsi. L’Italia ha bisogno urgentemente di adeguarsi ai propri impegni internazionali e di fare di più per prevenire l’apolidia e garantire ad ogni bambino il suo diritto alla nazionalità.”

 

Per il Country profile, clicca qui.