MORTI SUL LAVORO  - Ivana VERONESE
Veronese: morire di lavoro nel 2020 non vuole dire morire solo di Covid-19
30/10/2020  Sindacato.  

 

 

Morire di lavoro nel 2020 non vuole dire morire solo di Covid-19.

Le lavoratrici e i lavoratori continuano a morire a causa di infortuni nei settori dell’edilizia, in agricoltura, nei trasporti. Infortuni, quelli “soliti”, dovuti alle “solite” cause, che hanno spezzato anche quest’anno la vita di tanti lavoratori e lavoratrici impegnati a svolgere la loro attività.

Non basta indignarsi ancora una volta. Non basta contare i “soliti” dati di decessi sul lavoro, quelli che ogni mese ci ricordano che a morire sono donne e uomini, con le loro storie e le loro famiglie.

927 le denunce a settembre 2020, 104 in più rispetto al mese precedente e ben 147 in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Denunce che stupiscono e che preoccupano non poco se si considerano le attività chiuse nei mesi del lockdown, studenti e insegnanti a casa fino a metà settembre, dipendenti pubblici in smart working, almeno per il 50%, lavoratori in cassa integrazione o in ferie (obbligate). Come è possibile?

E se anche un terzo di queste denunce proviene dai contagiati per Covid-19, i nostri eroi come li abbiamo chiamati, non possiamo continuare a ignorare che Eroi ed Eroine sono tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici che ogni giorno lavorano onestamente per il nostro Paese. E che a causa del loro lavoro continuano a morire.

Non possiamo più contare e basta. Dobbiamo fermare questo incremento incessante, attraverso azioni concrete. Occorre riaprire il confronto con le Istituzioni su tematiche fondamentali come il problema dell’effettività, dell’efficacia e della capillarità della vigilanza e dei suoi organismi, della formazione dei lavoratori sulla salute e sicurezza sul lavoro, dei lavoratori fragili e del reinserimento lavorativo delle persone con disabilità. Dobbiamo fare di più. Ora. Per tutte le lavoratrici e i lavoratori che continuano a morire di lavoro ogni giorno.

Roma, 30 ottobre 2020